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Trasferimento d’azienda: licenziamento inefficace

La Corte di Cassazione chiarisce che in un trasferimento d’azienda, il licenziamento emesso dal precedente datore di lavoro dopo che la cessione è avvenuta è legalmente inefficace (‘tamquam non esset’). Il rapporto di lavoro prosegue automaticamente con il nuovo titolare ai sensi dell’art. 2112 c.c., e non vi è alcun onere per il lavoratore di impugnare l’atto di recesso, in quanto proveniente da un soggetto non più legittimato. La Suprema Corte ha annullato la decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato la decadenza dell’azione della lavoratrice.

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Il Trasferimento d’azienda e la Sorte del Rapporto di Lavoro: Analisi dell’Ordinanza 3235/2024

L’ordinanza in esame affronta una questione cruciale nel diritto del lavoro: la validità e l’efficacia di un licenziamento comunicato dal datore di lavoro cedente dopo che è già avvenuto un trasferimento d’azienda. La Corte di Cassazione, con una decisione chiara e in linea con il suo orientamento consolidato, ribadisce un principio fondamentale a tutela del lavoratore: il licenziamento intimato da chi non è più titolare del rapporto è giuridicamente inesistente e, pertanto, non deve essere impugnato.

I Fatti del Caso

Una lavoratrice si vedeva recapitare una lettera di licenziamento da parte della società per cui aveva lavorato. Tuttavia, pochi giorni prima di tale comunicazione, il ramo d’azienda in cui era impiegata era stato oggetto di una retrocessione, tornando nella titolarità della società originaria. La lavoratrice, ritenendo che il suo rapporto di lavoro fosse automaticamente proseguito con il nuovo soggetto (il cessionario), agiva in giudizio per far accertare la continuità del rapporto e per ottenere il pagamento di differenze retributive, anche nei confronti della società cessionaria.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva ritenuto che la lavoratrice fosse decaduta dal diritto di contestare il recesso. Secondo i giudici di merito, indipendentemente da chi fosse l’effettivo datore di lavoro al momento della comunicazione, la lavoratrice avrebbe dovuto impugnare il licenziamento entro il termine di 60 giorni previsto dalla legge 604/1966. Non avendolo fatto, la sua azione non poteva essere accolta.

Il Principio sul Trasferimento d’Azienda e Licenziamento

L’articolo 2112 del Codice Civile stabilisce un principio cardine: in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano. Questo passaggio avviene ex lege, ovvero automaticamente per effetto della legge, senza necessità di un nuovo contratto o del consenso del lavoratore.
La questione centrale è: cosa accade se il cedente, dopo il trasferimento, licenzia il dipendente? La risposta della Cassazione è netta: quell’atto è tamquam non esset, come se non fosse mai esistito. Il cedente, infatti, ha perso la legittimazione a gestire il rapporto di lavoro, che è ormai nella sfera giuridica del cessionario.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, accogliendo il ricorso della lavoratrice. Le motivazioni si fondano su una giurisprudenza pacifica e consolidata.

I giudici hanno chiarito che la disciplina sui termini di decadenza per l’impugnazione del licenziamento si applica solo quando l’atto di recesso proviene dal soggetto che è effettivamente il datore di lavoro. Quando, come nel caso di specie, il licenziamento viene intimato dopo che il rapporto di lavoro si è già trasferito per legge in capo a un nuovo soggetto, l’atto è radicalmente inefficace.

La Corte ha sottolineato che l’azione del lavoratore non era volta a impugnare un licenziamento (invalido o nullo), ma a far accertare l’effettività del passaggio del rapporto di lavoro al cessionario, avvalendosi proprio degli effetti protettivi dell’art. 2112 c.c. In questo scenario, non si discute di vizi del licenziamento, ma della sua totale inesistenza giuridica per difetto di legittimazione del soggetto che lo ha emesso.

Di conseguenza, non sorge alcun onere di impugnazione per il lavoratore. Pretendere il contrario significherebbe vanificare la tutela inderogabile prevista dalla normativa sul trasferimento d’azienda. La Corte ha inoltre ribadito che il passaggio del rapporto comporta anche la continuità della solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti di lavoro maturati prima del trasferimento, un aspetto che la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso proprio a causa della presunta incontestabilità del licenziamento.

Conclusioni

L’ordinanza 3235/2024 rafforza un importante baluardo a protezione dei lavoratori. Stabilisce in modo inequivocabile che la continuità del rapporto di lavoro garantita dall’art. 2112 c.c. non può essere aggirata da un licenziamento tardivo e illegittimo del precedente datore di lavoro. I lavoratori che si trovano in una situazione simile possono far valere la prosecuzione del rapporto con il nuovo titolare dell’azienda senza il timore di incorrere in decadenze, poiché l’atto di recesso del cedente è privo di qualsiasi valore giuridico. Questa pronuncia offre certezza e riafferma la centralità della tutela del posto di lavoro nelle operazioni di riorganizzazione aziendale.

Se un’azienda viene trasferita, il licenziamento comunicato dal vecchio datore di lavoro dopo il trasferimento è valido?
No, secondo la Corte di Cassazione, tale licenziamento è radicalmente inefficace (tamquam non esset), perché proviene da un soggetto che non è più il datore di lavoro.

È necessario impugnare entro 60 giorni il licenziamento ricevuto dal vecchio datore di lavoro dopo un trasferimento d’azienda?
No, non è necessario impugnarlo. Poiché il rapporto di lavoro è già passato ex lege al nuovo datore di lavoro, l’atto di recesso del precedente titolare è privo di effetti e non fa scattare alcun termine di decadenza.

In caso di trasferimento d’azienda, il nuovo datore di lavoro è responsabile per i crediti maturati dal lavoratore prima della cessione?
Sì. L’ordinanza ribadisce che il passaggio ope legis del rapporto di lavoro comporta anche la continuità della responsabilità solidale tra cedente e cessionario per i debiti maturati in precedenza, come previsto dall’art. 2112 c.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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