Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22130 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22130 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 31/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6109-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Liquidatore pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrenti – avverso la sentenza n. 179/2021 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 30/08/2021 R.G.N. 96/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N.6109/2022
COGNOME
Rep.
Ud 25/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Brescia confermava la sentenza con cui il tribunale di Bergamo aveva accertato che gli attuali controricorrenti in epigrafe indicati, erano passati alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE in data 9 marzo 2019 , in forza di retrocessione di azienda ex 2112 c.c., con diritto al pagamento delle retribuzioni maturate da tale data e fino alle dimissioni per giusta causa intervenute il 10 settembre 2019, oltre che dell’indennità sostitutiva del preavviso e della 13^ mensilità e del TFR complessivamente maturato.
La corte territoriale, dopo aver ricostruito le vicende di passaggi circolatori dei dipendenti presso varie società a seguito di cessioni di rami d’azienda, affitti d’azienda e retrocessioni, aveva qualificato tali vicende come afferenti ad un complessivo fenomeno di trasferimento di azienda, regolato dall’art. 2112 c.c.
In tale contesto aveva quindi ritenuto non idonei gli accordi individuali sottoscritti dai lavoratori nel 2015 e nel 2016, volti ad escludere la responsabilità solidale della originaria società RAGIONE_SOCIALE e della attuale RAGIONE_SOCIALE; il primo perché intervenuto successivamente alla cessione del ramo d’azienda da parte del fallimento RAGIONE_SOCIALE, che, in qualità di cessionaria, ex 2112 c.c. era divenuta responsabile in solido di tutti i debiti maturati dalla cedente verso i prestatori di lavoro. Peraltro, l’accordo del 2016 era ritenuto valido solo tra gli originari contraenti, con esclusione della RAGIONE_SOCIALE
La corte aveva validato con più argomenti e ragioni la sussistenza di un articolato trasferimento d’azienda per il quale, al fine, la società RAGIONE_SOCIALE, a seguito di ultima retrocessione, era rientrata in possesso dei beni dalla affittuaria RAGIONE_SOCIALE, e dunque erano ad essa riferibili le pretese dei lavoratori.
Avverso detta decisione era proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui resistevano con controricorso i lavoratori.
Le parti depositavano successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è dedotta la violazione degli artt. 2112 e 2113 c.c., art. 13 c.p.c. per apparente e contraddittoria motivazione.
La ricorrente censura la decisione per aver ritenuto che RAGIONE_SOCIALE fosse responsabile per le somme dovute ai lavoratori dal fallimento RAGIONE_SOCIALE assume che l’acquisto all’asta del ramo di azienda era libero da debiti antecedenti e dunque costituiva discontinuità rispetto al passaggio dei lavoratori, con inapplicabilità 2112 c.c.
Deve osservarsi che la corte di merito ha valutato elementi di fatto quali i vari passaggi che avevano riportato al fallimento RAGIONE_SOCIALE, in sede di retrocessione del ramo di azienda, i debiti nei confronti dei lavoratori, e, dunque il passaggio degli stessi, in termini di responsabile solidale della RAGIONE_SOCIALE quale cessionaria del successivo trasferimento dello stesso ramo di azienda da parte del fallimento; tali circostanze hanno costituito le ragioni della valutazione espressa con giudizio che non contrasta le disposizioni ritenute violate. In sostanza il motivo, pur facendo riferimento al vizio di violazione di legge, nasconde una censura al merito della valutazione assunta.
Questa Corte di legittimità ha chiarito che <> (Cass. nn. 8758/017- 18721/2018). Il motivo è pertanto inammissibile.
2)Con il secondo motivo è denunciata la violazione dell’art. 2112 c.c. per aver, la corte d’appello, con motivazione apparente, ritenuto che, pur essendosi verificata una nuova assunzione dei dipendenti in data 14.10.2016, ci sia stata continuità nel rapporto di lavoro.
Anche in questo caso il vizio denunciato, afferente formalmente alla violazione di legge, nasconde una critica alla valutazione in punto di fatto operata dal giudice. Questi ha valutato tutte le circostanze dedotte (buste paga) ed ha pure indicato come non fornita la prova di un eventuale accordo derogatorio dell’art. 2112 c.c., con ciò
esprimendo una statuizione che risulta adeguatamente motivata e priva di irragionevoli percorsi logici. Il motivo è dunque inammissibile (Cass. nn. 8758/017- 18721/2018).
3)Con il terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 2112 c.c. con riguardo alla risoluzione del rapporto di lavoro avvenuta in data 8.3.2019 ed alla retrocessione del luglio 2019. È contestata, ancora una volta, la valutazione della corte circa la risoluzione del contratto nel marzo 2019, per inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, ed il rientro, per retrocessione, del complesso aziendale alla RAGIONE_SOCIALE. La corte ha esaminato e valutato la vicenda (anche esaminando il Verbale di riconsegna del complesso aziendale) ed ha giudicato sussistere la retrocessione. Si tratta di una valutazione di merito espressa con adeguata motivazione, non più esaminabile in questa sede di legittimità.
4)- Con ultimo motivo è denunciata la violazione degli artt. 115 e 132 c.p.c. e 116 c.p.c., per omesso, prudente apprezzamento delle prove. Come già in molte occasioni affermato dal Giudice di legittimità <> ( ex multis Cass. n. 19011/2017; Cass. n. 16056/2016).
La valutazione richiesta non può neppure trovare sponda sul versante dell’esame della motivazione e della sua denunciata carenza e contraddittorietà, in quanto le Sezioni Unite di questa Corte, con la
sentenza n. 8053/2014 hanno chiarito che <>.
L’assenza di precise indicazioni inerenti una delle ipotesi sopra enunciate rende quindi inammissibile la censura.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 8.000,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 25 giugno 2025.
Il Presidente NOME COGNOME