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Transazioni commerciali sanità: guida agli interessi

Una società di factoring ha agito per il recupero di un credito, originato da prestazioni sanitarie fornite da una casa di cura a un’Azienda Sanitaria Locale. Le corti inferiori avevano respinto la domanda per vizi contrattuali e mancanza di prova dell’accreditamento. La Corte di Cassazione, pur confermando il rigetto della domanda principale, ha stabilito un principio fondamentale: le prestazioni sanitarie erogate da strutture private in regime di accreditamento costituiscono transazioni commerciali. Di conseguenza, in caso di ritardato pagamento, anche parziale, sono dovuti gli interessi moratori previsti dal D.Lgs. 231/2002, superiori a quelli legali.

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Transazioni Commerciali Sanità: Quando si Applicano gli Interessi di Mora?

Il rapporto tra strutture sanitarie private accreditate e la Pubblica Amministrazione è spesso complesso, specialmente quando si tratta di pagamenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: le prestazioni sanitarie rientrano nelle transazioni commerciali sanità e, in caso di ritardo nei pagamenti, danno diritto a interessi di mora più elevati. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa: Un Credito Conteso

Una società specializzata in factoring aveva acquisito un credito vantato da una casa di cura privata nei confronti di un’Azienda Sanitaria Locale (ASL). Il credito derivava da prestazioni sanitarie erogate diversi anni prima. Non ricevendo il pagamento, la società di factoring aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro l’ASL.

L’ASL si era opposta al decreto, sostenendo di non essere il soggetto tenuto al pagamento (difetto di legittimazione passiva) e contestando la validità del titolo. In particolare, il contratto originario su cui si basava la pretesa era scaduto e non rinnovato. Nel corso della causa, la società di factoring aveva tentato di introdurre un nuovo contratto, ma i giudici lo avevano considerato una modifica inammissibile della domanda iniziale.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’ASL. Le corti avevano ritenuto che la pretesa creditoria non fosse fondata, principalmente per due motivi: la produzione del nuovo contratto era tardiva e il contratto originario del 1999 era scaduto e non poteva considerarsi tacitamente rinnovato, a causa di un divieto di legge. Inoltre, mancava la prova dell’accreditamento definitivo della struttura sanitaria, un requisito essenziale per poter richiedere pagamenti alla Regione e agli altri enti pubblici coinvolti.

Le Transazioni Commerciali Sanità Secondo la Cassazione

La società di factoring ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse questioni. La Corte Suprema ha rigettato i primi due motivi, relativi a questioni procedurali sulla modifica della domanda e sulla legittimazione passiva degli enti pubblici. Tuttavia, ha accolto il terzo motivo, quello relativo agli interessi.

Durante il processo, l’ASL aveva effettuato un pagamento parziale. La Corte d’Appello, pur negando l’esistenza del credito principale, si era pronunciata sulla richiesta di interessi su tale somma, negando l’applicabilità del tasso previsto per le transazioni commerciali (D.Lgs. 231/2002). La Cassazione ha ritenuto questa decisione errata.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nell’interpretazione della natura del rapporto tra la casa di cura accreditata e l’ente pubblico. La Corte ha affermato in modo chiaro che il contratto con cui una struttura sanitaria privata accreditata si impegna a fornire prestazioni per conto del Servizio Sanitario Nazionale è riconducibile alla nozione di ‘transazione commerciale’ ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 231/2002.

Questo decreto disciplina i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, prevedendo tassi di interesse moratorio significativamente più alti di quelli legali. La Corte ha sottolineato che, sebbene la Corte d’Appello avesse negato il credito principale, la questione degli interessi sulla somma già pagata era passata in giudicato e doveva essere decisa correttamente. Poiché il rapporto rientra nelle transazioni commerciali sanità, in caso di ritardo nell’adempimento, l’ente pubblico è obbligato a corrispondere gli interessi moratori nella misura prevista dall’art. 5 del medesimo decreto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza stabilisce un principio di grande importanza pratica. Le strutture sanitarie private che operano in regime di accreditamento sono considerate a tutti gli effetti operatori economici che prestano un servizio in cambio di un corrispettivo. Pertanto, la loro attività rientra a pieno titolo nel campo di applicazione della disciplina a tutela dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Per le pubbliche amministrazioni, ciò significa che ritardare i pagamenti a queste strutture comporta l’obbligo di versare interessi di mora più onerosi. Per le case di cura, rappresenta un rafforzamento della loro posizione contrattuale e uno strumento in più per garantire la tempestività dei pagamenti.

I pagamenti per prestazioni sanitarie erogate da una clinica privata in regime di accreditamento sono considerati transazioni commerciali?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contratto tra una struttura sanitaria privata accreditata e l’ente pubblico per l’erogazione di prestazioni è riconducibile alla nozione di transazione commerciale ai sensi del D.Lgs. n. 231/2002.

Quali interessi si applicano in caso di ritardato pagamento da parte della Pubblica Amministrazione per servizi sanitari accreditati?
In caso di ritardo, si applicano gli interessi moratori previsti per le transazioni commerciali dall’art. 5 del D.Lgs. n. 231/2002. Tali interessi sono calcolati a un tasso superiore rispetto a quello legale ordinario.

Perché la Corte ha deciso sugli interessi pur avendo confermato il rigetto della domanda principale sul credito?
Perché la questione della debenza degli interessi sulla somma parzialmente pagata in corso di causa era diventata autonoma e passata in giudicato. La Corte d’Appello si era pronunciata su di essa, commettendo però un errore di diritto nel non qualificare il rapporto come transazione commerciale, errore che la Cassazione ha corretto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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