Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5185 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5185 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 40/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in MILANO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOMERAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME COGNOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 1600/2023 depositata il 17/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Organa RAGIONE_SOCIALE con atto notificato il 1 aprile 2022, illustrato da successiva memoria, ha proposto ricorso per cassazione ex art. 360 cod.proc.civ. avverso la sentenza n. 1600/2023, pubblicata in data 17 maggio 2023, con la quale la Corte di Appello di Milano, a fronte della transazione conclusa tra Intesa Sanpaolo S.p.A. e i signori COGNOME e COGNOME fideiussori come i signori COGNOME e COGNOME della debitrice RAGIONE_SOCIALE sul presupposto della sussistenza di un vincolo di solidarietà tra i fideiussori, ha riformato la sentenza del Tribunale di Milano n. 9123/2021 revocando il decreto ingiuntivo n. 28547/2017 emesso in data 9 dicembre 2017 e riducendo il credito ( medio tempore acquistato da RAGIONE_SOCIALE, in applicazione del principio giurisprudenziale per cui, in caso di transazione parziale, quando l’importo pagato dal condebitore che ha raggiunto l’accordo è inferiore alla quota che faceva idealmente capo a quest’ultimo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto. Su tale punto, pertanto, veniva riformata la sentenza di primo grado che, invece, aveva ritenuto non applicabile il principio di cui all’art. 1304 cod.civ. da parte degli opponenti per mancata prova dell’effettivo pagamento dell’importo indicato nella transazione da parte dei coobbligati in solido.
Gli intimati NOME COGNOME NOME COGNOME e Intesa Sanpaolo S.p.A. non hanno formulato difese nel presente giudizio.
Motivi della decisione
Il ricorso si fonda sui seguenti due motivi:
1) Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod.proc.civ., in relazione al motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 cod.proc.civ., per omessa o apparente motivazione relativamente alla sussistenza di un vincolo di solidarietà tra fideiussioni distinte, in quanto, nell’accogliere il terzo motivo di appello proposto da COGNOME e COGNOME la Corte d’Appello avrebbe ridotto il credito di un importo pari alle quote ideali oggetto di transazione tra Intesa e i signori COGNOME e COGNOME, in applicazione del principio di diritto sancito da Cass. S.U. 30/12/2011, n. 30174, senza esplicitare le ragioni e gli elementi considerati per ritenere sussistente un vincolo di solidarietà tra i fideiussori. Il motivo denuncia che la sentenza risulterebbe carente di motivazione o avere una motivazione meramente apparente e assertiva, in quanto mancherebbe un passaggio motivazionale indispensabile sulla sussistenza dei presupposti di applicabilità al caso concreto del principio di diritto individuato;
2)Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1292, 1294, 1304 e 1946 cod.civ., in relazione al motivo di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., per avere la Corte d’Appello di Milano applicato il principio di diritto relativo agli effetti della transazione che abbia riguardato solo la quota del condebitore solidale in assenza dei requisiti per sussumere il caso concreto nella fattispecie delle co-fideiussioni con vincolo di solidarietà tra i fideiussori. Denuncia che la Sentenza impugnata sia viziata per violazione e, comunque, per falsa applicazione degli artt. 1292, 1294, 1304 e 1946 cod.civ., posto che la fattispecie concreta non è sussumibile nella fattispecie astratta della cofideiussione e, dunque, non vi erano i presupposti per l’applicazione dell’art. 1304 cod.civ. o comunque per la riduzione del credito nei termini e nei modi indicati dalla Corte d’Appello. Nel caso di specie sarebbe stato dato atto che le fideiussioni omnibus sono state rilasciate da ciascun garante con atti
separati e in tempi successivi, fatto che le rende fideiussioni plurime e non una co-fideiussione, come risultante anche dall’art. 11 delle fideiussioni ove indica che: ‘ La fideiussione ha pieno effetto indipendentemente da qualsiasi garanzia, personale o reale, già esistente o che fosse in seguito prestata a favore della Banca nell’interesse del debitore medesimo. Quando vi sono più fideiussori ciascuno di essi risponde per l’intero ammontare del debito garantito anche se le garanzie sono state prestate con un unico atto e le obbligazioni di alcuno dei garanti sono venute a cessare per qualsiasi causa od abbiano subito modificazioni, anche per remissione o transazione da parte della Banca ‘.
Le censure vanno considerate congiuntamente essendo entrambe attinenti alla medesima questione inerente allo scomputo, dall’ammontare del residuo debito, di quanto versato in pagamento da parte di due co-fideiussori in forza di una transazione.
La Corte d’appello sul punto ha inteso applicare il principio sancito con la sentenza n. 30174 del 30/12/2011 delle Sezioni Unite della Suprema Corte, là dove ha sancito in relazione agli effetti della transazione che ha riguardato solo la quota del condebitore solidale, ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto” (citando Cass. n. 22231 del
20/10/2014; Cass. n. 17893 del 27/08/2020). Trasponendo tale principio al caso di specie, ha dedotto ‘ che essendo il pagamento effettuato dai due condebitori solidali di euro 45.000 ciascuno, e quindi di un importo inferiore alla quota che faceva idealmente capo ai due condebitori (pari ad euro 56.326,45 ciascuno), il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto. Ne consegue che il debito residuo deve essere ridotto dell’importo di euro 112.652,90 ‘.
I motivi sono infondati. Alla fattispecie de qua sono stati applicati sedimentati principi di diritto in tema di transazione parziaria su parte del debito garantito da più fideiussori, non rilevando in tale situazione, ai fini del computo della somma residua, la tipologia delle fideiussioni (cofideiussioni o fideiussioni plurime). Va innanzitutto osservato che l’art. 1304, comma 1, cod.civ., nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere, si riferisce esclusivamente all’atto di transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri condebitori, che non hanno alcun titolo per profittarne (Cass. Sez. 1 -, Ordinanza n. 7094 del 03/03/2022; Sez. 1, Sentenza n. 20107 del 07/10/2015; Cass. SU 30174 del 30/12/2011).
Le violazioni dedotte, pertanto, non rilevano nel caso in questione, in quanto si tratta pacificamente di una transazione parziaria che ha inciso sulla sola quota dei fideiussori che l’hanno stipulata, in base alla quale gli altri condebitori non
cui potrebbero mai giovarsi dell’ effetto estintivo di all’ art. 1304 cod.civ., in base al principio sopra esposto cui si intende dare continuità. Sicché, la regolamentazione data alla fattispecie dalla Corte di merito si dimostra corretta poiché fa riferimento al principio per cui la transazione pro quota , in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva rispetto al debitore che vi aderisce, non può coinvolgere gli altri condebitori, i quali dunque nessun titolo avrebbero per profittarne, salvo ovviamente che per gli effetti derivanti dalla riduzione del loro debito in conseguenza di quanto pagato dal debitore transigente. E, sul punto, è altrettanto incontestato che le fideiussioni, per quanto separate e distinte l’una dall’altra, siano andate a garantire il medesimo credito.
Considerato che la transazione parziaria non può né condurre ad un incasso superiore rispetto all’ammontare complessivo del credito originario, né determinare un aggravamento della posizione dei condebitori rimasti ad essa estranei, neppure in vista del successivo regresso nei rapporti interni, la giurisprudenza è pervenuta alla conclusione che il debito residuo dei debitori non transigenti è destinato a ridursi in misura corrispondente all’ammontare di quanto pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito. In caso contrario, se cioè il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al transigente, il debito residuo che resta tuttora a carico solidale degli altri obbligati dovrà essere necessariamente ridotto (non già di un ammontare pari a quanto pagato, bensì) in misura proporzionale alla quota di chi ha transatto, giacché altrimenti la transazione provocherebbe un ingiustificato aggravamento per i soggetti rimasti ad essa estranei (cfr. Cass. S.U. 30174 del 30/12/2011, in motivazione).
Alla luce di quanto sopra, pertanto, avendo la Corte di merito applicato correttamente il suddetto principio al pagamento parziario del debito effettuato dai due fideiussori, non è ravvisabile né la violazione in iure dedotta, né il vizio di apparenza di motivazione.
Non è a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese del giudizio di cassazione, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del/la ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 10/1/2025