Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 647 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 647 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29764/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale p.t, NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE PER L’ATTRAZIONE DEGLI RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del Responsabile della Funzione Affari legali e societari, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO
NIBBY INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 1175/2020 depositata il 13/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
con decreto n. 5671/2006 alla società RAGIONE_SOCIALE veniva ingiunto il pagamento a favore di RAGIONE_SOCIALE ora Agenzia Nazionale per l’attrazione degli RAGIONE_SOCIALE Sviluppo RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, dell’importo di euro 215.837,05 per non avere adempiuto agli obblighi di restituzione delle agevolazioni ottenute ai sensi della l. n. 44/1986;
l’ingiunta proponeva opposizione e, in riconvenzionale, chiedeva che fosse accertato un suo credito verso l’ingiungente di euro 171.126,44 a titolo di contributo per spese di gestione concesso e non erogato e di condannare Sviluppo Italia a restituire quanto residuato dalla compensazione delle reciproche ragioni di credito; il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 17742/2012, rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo e la domanda riconvenzionale, ritenendo, ai fini ancora di interesse in questa sede, che la domanda riconvenzionale era stata avanzata dopo la transazione del 21 gennaio 1999 con cui la richiedente aveva rinunciato ad altri diritti derivanti dal contratto di finanziamento e dopo che Sviluppo Italia aveva chiesto il pagamento del debito, denunciando l’inadempimento della SCAC, e che ciò rappresentava una ragione ostativa alla proposizione di qualunque richiesta di altrui inadempimento in forza del precedente contratto;
la Corte d’appello di Roma, presso cui la SCAC impugnava solo la statuizione di rigetto della domanda riconvenzionale, con la sentenza n. 1175/2020, resa pubblica in data 13 febbraio 2020, ha respinto il gravame;
dopo aver richiamato i cinque motivi di appello, li ha esaminati unitariamente e ha ritenuto che la transazione intercorsa tra le parti aveva carattere conservativo e non novativo e che quindi l’inadempimento agli obblighi nascenti dalla transazione aveva legittimato l’Agenzia Nazionale a chiedere l’esecuzione del contratto originario, senza alcun rilievo dell’ulteriore questione introdotta dall’appellante con l’opposizione a decreto ingiuntivo e riguardante la mancata erogazione dell’intero contributo in conto spese di gestione;
la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza sulla base di due motivi;
resiste con controricorso l’Agenzia RAGIONE_SOCIALE;
la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
la società ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1) con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 99 e 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma n. 4, cod.proc.civ.;
si duole che la Corte d’appello non abbia pronunziato sui motivi di appello, limitandosi a riesaminare una delle questioni dibattute in primo passata in giudicato in quanto non impugnata per acquiescenza espressa, e di avere considerato la questione della domanda riconvenzionale come priva di rilievo; in particolare:
1.1) lamenta che con il primo motivo d’appello aveva censurato il rigetto della domanda riconvenzionale sulla base degli argomenti introdotti in giudizio tardivamente da Sviluppo Italia che,
costituitasi tardivamente, era decaduta dalla facoltà di formulare eccezioni di merito, che il denunciato inadempimento a fondamento della domanda di Invitalia non integrava tempestiva eccezione di inadempimento avverso la domanda riconvenzionale e infine che l’agenzia non aveva preso posizione sui fatti costitutivi della pretesa, avendo solo sollevato l’eccezione di transazione incompatibile con la negazione di un diritto basato su prova documentale;
1.2) con il secondo motivo d’appello aveva denunciato vizio di ultrapetizione in cui era incorso il Tribunale nel respingere la domanda riconvenzionale nonostante non fosse mai stata provata la sussistenza di una clausola contrattuale che configurasse la morosità quale ostacolo all’erogazione di ulteriori finanziamenti ;
1.3) con il terzo motivo d’appello , proposto in via subordinata, aveva rilevato che, ove ritenuta tempestivamente formulata, l’eccezione di inadempimento avrebbe dovuto essere considerata idonea a paralizzare la domanda riconvenzionale basata sull’anteriore o coevo inadempimento dell’Agenzia;
1.4) con il quarto motivo d’appello si era lamentato che il Tribunale non avesse considerato che la transazione si riferiva solo al mutuo; era stata censurata la sentenza di prime cure per non avere il Tribunale esaminato la questione di ove la clausola di rinuncia ad ogni ragione di credito fosse stata considerata estesa al
1.5) con l’ultimo motivo d’appello nullità della transazione per difetto di res litigiosa contributo in conto di gestione;
il motivo è inammissibile, perché non è stata colta dalla ricorrente la ratio decidendi della sentenza impugnata;
la Corte territoriale ha ritenuto che tutti i cinque motivi di appello ‘erano relativi alla stessa questione della natura della domanda azionata dalla appellata Agenzia Nazionale, alla sua causa petendi e alla dimostrazione della sua fondatezza’ (p. 2) ed ha esaminato, come anticipato, proprio e solo la questione avente ad oggetto la
domanda dell’Agenzia Nazionale, riservando alla domanda riconvenzionale la seguente affermazione: ‘senza alcun rilievo dell’ulteriore questione introdotta dall’appellante con l’opposizione a decreto ingiuntivo e riguardante la mancata erogazione dell’intero contributo in conto spese di gestione’ (p. 3);
il ragionamento della Corte d’appello si è dipanato in questi termini:
la transazione intercorsa tra le parti aveva carattere conservativo e non valenza novativa;
il mancato rispetto della transazione conservativa -pacificoaveva fatto rivivere il rapporto originario;
l’Agenzia Nazionale era legittimata a chiedere la restituzione di quanto erogato alla società RAGIONE_SOCIALE, morosa nella restituzione delle rate e dei contributi che le erano stati erogati, non rilevando che non avesse erogato l’intero contributo in conto spese di gestione; nella sostanza la Corte territoriale ha disatteso l’appello della odierna ricorrente, proprio perché ha escluso -una volta ritenuta non novativa la transazione con conseguente ripresa di vigore del rapporto originario – che, a fronte della sua accertata morosità, l’odierna ricorrente potesse pretendere l’erogazione di ulteriori importi;
questo ha inteso la Corte d’Appello quando ha affermato: ‘…poiché il mancato rispetto delle nuove condizioni ed entità del pagamento del debito ‘in c/mutuo e morosità pregressa’ è risultata circostanza pacifica ed incontestata, non vi è dubbio che la società appellata ben poteva azionare l’originario rapporto e chiedere la restituzione di quanto erogato alla società finanziata (risultata morosa nella restituzione delle rate e dei contributi erogati dalla I.G. ora Ag. Nazionale Investimenti e Sviluppo Impresa)…’
la stessa società ricorrente, a p. 4 del ricorso, riproduce alcuni passaggi della sentenza di prime cure, da cui si evince che il contratto di finanziamento prevedeva espressamente che la
morosità sarebbe stata d’ostacolo alla erogazione di ulteriori finanziamenti;
in altri termini: i rapporti tra le parti erano regolati non più dalla transazione, ma dall’accordo originario e questo prevedeva che la morosità della SCAC le avrebbe precluso il diritto di ricevere ulteriori finanziamenti, di conseguenza la società finanziata non aveva alcun credito da opporre in compensazione;
2) con il secondo motivo la società ricorrente denuncia la violazione dell’art. 91 cod.proc.civ. e dell’art. 1, comma 17 della l. n. 228/2012 di modifica della l. n. 155/2002, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., chiedendo la cassazione della statuizione della condanna al pagamento delle spese processuali e al contributo unificato, quale effetto dell’accoglimento del primo motivo di ricorso;
non si tratta di un motivo da scrutinare, giacché la ricorrente chiede solo in via prognostica che, a seguito dell’accoglimento del primo motivo, venga eliminata la condanna alle spese: ma tale effetto sarebbe consequenziale alla mera applicazione dell’art. 336, primo comma, cod.proc.civ.
il ricorso va dunque dichiarato inammissibile;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali e agli accessori di legge, in favore del/la controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 26/10/2023 dalla Terza