Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4141 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4141 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26401/2021 R.G. proposto da:
CAPOZZA NOME, PELLINO NOME, elettivamente domiciliate in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avv . COGNOME NOME
(EMAIL), rappresentate e difese, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (EMAIL).
–
ricorrenti – contro
COGNOME NOME.
–
intimato – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 1814/2021 depositata il 15/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Le sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 1814/2021, pubblicata in data 15 luglio 2021 e notificata il 16 luglio 2021, con cui la Corte d’Appello di Bologna rigettava l’appello avverso l’ordinanza ex art. 702 ter cod. proc. civ., con cui il Tribunale di Ravenna le ha condannate al pagamento, in solido, di somme in favore del sig. NOME COGNOME, in particolare rilevando che <>.
L’ intimato NOME non ha svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti denunciano <>.
Lamentano che la corte territoriale si limita a mere osservazioni (con il seguente, censurato, passaggio: <>), invece di motivatamente decidere in merito all’eccezione sollevata da esse appellanti COGNOME e COGNOME per dedotta violazione, da parte
del tribunale in prime cure, degli artt. 101 e 112 cod. proc. civ. e degli artt. 3, 24 e 111 Cost.
Con il secondo motivo denunciano <>.
Lamentano che la corte territoriale ha errato nel ritenere la transazione non novativa ed ha così erroneamente escluso che il regresso del COGNOME fosse su di essa fondato, ritenendolo invece fondato sulla sentenza resa dal Tribunale di Ravenna n. 1584/2013, comunque erroneamente considerata come passata in giudicato, perché invece sarebbe stata <> da una pronuncia della Corte d’Appello di Bologna che <> avrebbe dichiarato la cessazione della materia del contendere.
Con il terzo motivo denunciano <>.
Lamentano che in maniera del tutto arbitraria la corte di merito ha esonerato il COGNOME dall’onere della prova, in base al bilancio di liquidazione finale, dell’effettiva riscossione di somme da parte delle signore COGNOME e COGNOME in qualità di socie.
I motivi, che per la loro connessione possono essere scrutinati congiuntamente, sono infondati.
E’ opportuno precisare, per quanto rileva nella presente sede di giudizio, che la controversia tra le parti trae origine dall’esercizio dell’intentata azione di regresso del COGNOME nei confronti delle odierne ricorrenti successivamente alla stipula di un accordo transattivo sottoscritto esclusivamente dal medesimo stipulato con numerosi creditori, peraltro in assenza di
partecipazione e consenso da parte delle signore COGNOME e COGNOME.
L’accordo, in particolare, veniva sottoscritto dal COGNOME per evitare un’azione esecutiva intrapresa a suo carico in esecuzione della sentenza n. 1584/13 del Tribunale di Ravenna -impugnata avanti alla Corte d’Appello di Bologna che aveva poi dichiarato estinto il gravame- la quale condannava in solido il geom. COGNOME (nella misura del 20%), la società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, poi cancellata dal registro delle imprese, le cui socie erano le odierne ricorrenti COGNOME e COGNOME (nella misura del 30%) e la ditta RAGIONE_SOCIALE, parimenti cancellata (nella misura del 30%), a risarcire a COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME i danni patiti ai sensi e per gli effetti dell’art. 1669 cod. civ.
Tanto premesso, le doglianze che compongono i motivi anzitutto trascurano che il giudice d’appello ha rilevato che, a fondamento del regresso esercitato dal COGNOME, si pongono sia la sentenza del Tribunale di Ravenna sopra citata sia la transazione firmata dal COGNOME medesimo con le parti creditrici, altresì precisando, diversamente da quanto prospettato nel ricorso, che <> (cfr. pag. 5-6 della sentenza impugnata).
Siffatta motivazione supera il vaglio del sindacato di legittimità, dal momento che è del tutto conforme al costante orientamento di questa Corte, secondo cui, appunto, la rinuncia agli atti, compiuta in appello, di un giudizio definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione investe soltanto gli atti del procedimento di gravame e comporta il passaggio in giudicato della pronuncia in conseguenza della sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione, in quanto l’estinzione, a norma dell’art. 310 cod. proc. civ., rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo (Cass., 02/04/2003, n. 5026; Cass., 16/03/2017, n. 6845).
4.1. Inoltre, con motivazione congrua e scevra da vizi logicogiuridici, la corte territoriale ha altresì rilevato: <> (cfr. pp. 7 e 8 dell’impugnata sentenza).
Anche tale passaggio motivazionale è conforme agli insegnamenti di questa Corte, che ha già avuto modo di affermare che la transazione può avere efficacia novativa soltanto in presenza di una manifesta volontà delle parti nel senso di addivenire alla costituzione di un nuovo rapporto sostitutivo di quello precedente; va peraltro rilevato che l’accertamento della natura novativa o meno di una transazione costituisce accertamento di fatto che, se come nel caso di specie congruamente motivato, non è sindacabile in sede di legittimità (Cass., 10/02/2003, n. 1946; Cass., 06/10/2020, n. 21371; Cass., 11/11/2016, n. 23064).
Parimenti infondata è poi la censura delle ricorrenti in ordine alla non corretta applicazione, da parte della corte di merito, del disposto di cui all’art. 1304 cod. civ.
Giova anzitutto premettere che questa Corte ha già avuto modo di affermare che la norma sopracitata -nel consentire, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, che il condebitore in solido, pur non avendo partecipato alla stipulazione della transazione tra creditore e uno dei debitori solidali, se ne possa avvalere- si riferisce esclusivamente all’atto di transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, mentre non include la transazione parziale che, in quanto tesa a determinare lo scioglimento della solidarietà passiva, riguarda unicamente il debitore che vi aderisce e non può coinvolgere gli altri con
debitori che non hanno alcun titolo per profittarne (Cass., 03/03/2022, n. 7094; Cass., 06/07/2020, n. 13877).
Si è poi precisato, nell’ipotesi della mancata adesione alla transazione intervenuta inter alios , che <<l'unico effetto che tale mancata accettazione sortisce nel rapporto tra coobbligati è di non far equivalere l'importo globale del debito solidale in misura pari alla somma pagata dal transigente e, pertanto, di consentire a chi ne vuole rimanere estraneo di far valere un debito risarcitorio, in ipotesi, per una quota minore di responsabilità personale (Cass., 22/11/2018, n. 30176; Cass., 03/03/2011, n. 5108; v. anche Cass., 15/07/2003, n. 11065, secondo cui ove il coobbligato non abbia consentito al pagamento o non abbia partecipato alla transazione, può contrastare la domanda di regresso formulando tutte le possibili eccezioni in ordine alla sua responsabilità e all'entità del risarcimento).
Orbene, nel caso di specie la corte territoriale: a) ha rilevato, richiamando il disposto dell'art. 1299 cod. civ., l'esistenza di un titolo del COGNOME ad esercitare l'azione di regresso, unitamente al fatto che il medesimo ha interamente anticipato ai creditori quanto convenuto nella transazione, migliorativa rispetto alle statuizioni di condanna emesse dal Tribunale di Ravenna; b) ha altresì rilevato che tale sentenza è passata in giudicato, non solo perché il giudizio di appello è stato estinto per rinuncia ex art. 306 cod. proc. civ., ma anche perché <> (v. p. 8 sentenza impugnata); c) ha ritenuto infondata l’invocazione
dell’art. 1304 cod. civ. da parte delle allora appellanti ed odierne ricorrenti, affermando che <> (p. 9 sentenza impugnata).
La corte territoriale ha dunque sostanzialmente fatto applicazione dei suindicati insegnamenti di questa Suprema Corte, dato che nel caso di specie, rispetto al diritto di regresso legittimamente fatto valere dal COGNOME, le odierne ricorrenti non hanno mai contestato l’an ed il quantum dell’obbligazione solidale accertata dalla sentenza del Tribunale di Ravenna passata in giudicato, e con l’instaurazione del procedimento sommario nei due precedenti gradi di merito hanno solo genericamente ed immotivatamente prospettato la loro intenzione di non volersi avvalere della intervenuta -e più vantaggiosatransazione stipulata dal COGNOME con i creditori.
6. Del pari infondato è il terzo motivo.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che in tema di effetti della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti, il disposto dell’art. 2495 cod. civ., comma 2, implica che l’obbligazione sociale non si estingue ma si trasferisce ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione, sicché grava sul creditore l’onere della prova circa la distribuzione dell’attivo sociale e la riscossione di una quota di esso in base al bilancio finale di liquidazione, trattandosi di elemento della fattispecie costitutiva del diritto azionato dal creditore nei confronti del socio (Cass., 13/12/2022, n. 36407 ;
Cass., 22 giugno 2017, n. n. 15474; Cass., 6 dicembre 2019, n. n. 31933).
Come emerge dalla lettura della sentenza impugnata (v. p. 9), la corte territoriale ha correttamente attribuito al COGNOME l’onere della prova e lo ha ritenuto assolto, motivando in riferimento alle produzioni documentali offerte, tra cui la Relazione del liquidatore al bilancio finale di liquidazione con l’allegato prospetto di riparto, svolgendo dunque una motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici; inconferenti sono dunque le ulteriori considerazioni delle ricorrenti, che finiscono per sollecitare un riesame del fatto e della prova precluso in sede di legittimità (v. tra le tantissime, Cass., 02/02/2022, n. 3119; Cass., 11/10/2018, n. 25348; Cass., 28/06/2018, n. 17036; Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. .
Non è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità, in quanto l’ intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 26 ottobre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME