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Transazione commerciale: interessi a strutture sanitarie

Una struttura sanitaria privata ha citato in giudizio un’Azienda Sanitaria Locale per il mancato pagamento di prestazioni. La Corte di Cassazione ha stabilito che il contratto tra una struttura sanitaria privata accreditata e l’amministrazione pubblica rientra nella nozione di transazione commerciale. Di conseguenza, in caso di ritardo nei pagamenti, la struttura ha diritto agli interessi di mora maggiorati previsti dal D.Lgs. 231/2002. La sentenza della Corte d’Appello, che aveva negato tali interessi, è stata annullata con rinvio.

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Transazione commerciale: Interessi Maggiorati per Strutture Sanitarie Accreditate

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale per i rapporti tra sanità privata e pubblica amministrazione. La Suprema Corte ha stabilito che il contratto tra una struttura sanitaria accreditata e l’Azienda Sanitaria Locale (ASL) costituisce una transazione commerciale. Questa qualificazione apre le porte all’applicazione del D.Lgs. 231/2002, che prevede tutele più forti per il creditore in caso di ritardi nei pagamenti, inclusi interessi di mora a un tasso più elevato.

I Fatti di Causa

Una società che gestisce un laboratorio di analisi cliniche ha fornito prestazioni per conto del Servizio Sanitario Nazionale tra il 2010 e il 2013. A seguito di un contenzioso, la Corte d’Appello ha condannato l’Azienda Sanitaria Locale a pagare alla società un saldo di circa 52.000 euro. Tuttavia, i giudici di secondo grado hanno respinto la richiesta della società di vedersi riconosciuti gli interessi di mora secondo la disciplina speciale prevista per le transazioni commerciali (D.Lgs. 231/2002). La Corte d’Appello ha ritenuto che il rapporto tra la struttura accreditata e l’ASL non potesse essere qualificato come tale.
Contro questa decisione, la società ha presentato ricorso in Cassazione.

La Nozione di Transazione Commerciale e l’Errore della Corte d’Appello

Il cuore della controversia risiedeva nella corretta interpretazione del rapporto contrattuale. La Corte territoriale aveva escluso l’applicabilità del D.Lgs. 231/2002, basandosi su una giurisprudenza relativa al diverso rapporto tra ASL e farmacie. La società ricorrente ha invece sostenuto che il proprio rapporto, regolato da un contratto scritto accessivo a una concessione di accreditamento, avesse tutte le caratteristiche di una transazione commerciale.
La questione era quindi stabilire se la prestazione di servizi sanitari da parte di una struttura privata accreditata, in favore dei cittadini e con corrispettivo a carico della P.A., rientrasse in questa definizione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza impugnata. Gli Ermellini hanno ribadito un principio di diritto già consolidato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 35092/2023): i contratti stipulati dopo l’8 agosto 2002 tra strutture sanitarie private accreditate e la pubblica amministrazione sono a tutti gli effetti transazioni commerciali ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. 231/2002.
Questi rapporti, infatti, presentano le seguenti caratteristiche:
1. Sono contratti a favore di terzo (il paziente).
2. Sono ad esecuzione continuata.
3. Prevedono l’erogazione di una prestazione da parte della struttura privata a fronte di un corrispettivo da parte dell’amministrazione pubblica.

La Corte ha sottolineato che l’errore dei giudici d’appello è stato quello di applicare un principio valido per le farmacie, il cui rapporto con le ASL non è regolato da uno specifico contratto individuale, ma da un quadro normativo differente. L’elemento dirimente, come già chiarito in precedenti pronunce, è proprio l’esistenza di una ‘specifica convenzione stipulata tra la struttura privata e la ASL di riferimento’.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione ha conseguenze pratiche di grande rilievo. L’applicazione del D.Lgs. 231/2002 comporta non solo il diritto a un tasso di interesse di mora più elevato rispetto a quello ordinario, ma anche una disciplina specifica sulla decorrenza di tali interessi, che scattano automaticamente senza necessità di una formale messa in mora.
Questa ordinanza rafforza la posizione delle strutture sanitarie private accreditate nei confronti della pubblica amministrazione, garantendo una tutela più efficace contro i ritardi nei pagamenti. La Corte d’Appello dovrà ora riesaminare il caso, attenendosi al principio di diritto enunciato dalla Cassazione, e ricalcolare gli interessi dovuti alla società, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Un contratto tra una struttura sanitaria privata accreditata e una ASL è una transazione commerciale?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che le prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate sulla base di un contratto scritto con la pubblica amministrazione (stipulato dopo l’8 agosto 2002) rientrano nella nozione di transazione commerciale ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 231 del 2002.

Quali sono le conseguenze se la ASL paga in ritardo una struttura accreditata?
In caso di ritardo nel pagamento del corrispettivo, la struttura sanitaria privata accreditata ha diritto agli interessi legali di mora nella misura speciale prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n. 231 del 2002, che sono superiori a quelli ordinari. La disciplina speciale regola anche la decorrenza automatica degli interessi.

La disciplina per le strutture accreditate è la stessa delle farmacie?
No. La Corte ha chiarito che il principio è diverso. Il rapporto tra le strutture private accreditate e le ASL è regolato da uno specifico contratto, che lo qualifica come transazione commerciale. Il rapporto con le farmacie, invece, non ha questa caratteristica e segue regole differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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