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Titolarità del credito: prova cessione e fallimento

Un debitore, dopo la chiusura del suo fallimento, si oppone a un decreto ingiuntivo contestando la titolarità del credito del cessionario. Il Tribunale rigetta l’opposizione, affermando che la prova della titolarità del credito può basarsi su un quadro indiziario complessivo, inclusa la mancata contestazione della comunicazione di cessione. Inoltre, chiarisce che i creditori possono agire anche dopo la chiusura del fallimento, pur non essendosi insinuati al passivo.

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Cessione del Credito e Fallimento: Come Provare la Titolarità

Quando un credito viene ceduto più volte e il debitore originale fallisce, come può l’ultimo creditore dimostrare la propria titolarità del credito? Una recente sentenza del Tribunale di Ancona offre importanti chiarimenti su questo tema, analizzando gli oneri probatori del creditore cessionario e la posizione del debitore tornato ‘in bonis’ dopo la chiusura della procedura fallimentare. Il caso esamina l’opposizione a un decreto ingiuntivo, dove il debitore contestava non solo la legittimazione del creditore, ma anche la stessa sopravvivenza del debito a seguito del fallimento.

I Fatti di Causa: Dal Finanziamento all’Opposizione

La vicenda trae origine da un contratto di finanziamento stipulato nel 2008. A seguito dell’inadempimento del debitore, il credito veniva ceduto a diverse società nel corso degli anni. Nel frattempo, nel 2010, il debitore, titolare di una ditta individuale, veniva dichiarato fallito. La procedura fallimentare si chiudeva nel 2016 senza che né il creditore originario né i suoi successori si insinuassero al passivo.

Anni dopo, l’ultima società cessionaria del credito otteneva un decreto ingiuntivo per circa 13.000 euro. Il debitore proponeva opposizione, sostenendo che il credito fosse estinto a causa della mancata insinuazione al passivo fallimentare e, in subordine, contestando la prova della catena di cessioni che avrebbe dovuto dimostrare la titolarità del credito in capo alla società ricorrente.

La Prova della Titolarità del Credito dopo Cessioni Multiple

Uno dei punti centrali della controversia riguarda la prova della legittimazione attiva del creditore. Il debitore aveva specificamente contestato la carenza di prova della cessione avvenuta tra la banca originaria e la prima società acquirente.

Il Valore degli Indizi e la Mancata Contestazione

Il Tribunale ha stabilito che, in caso di contestazione, non è sufficiente il solo avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, la prova della titolarità del credito può emergere da un quadro indiziario complessivo. Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto provata la cessione sulla base di tre elementi cruciali:
1. L’estratto dell’elenco dei crediti ceduti, sottoscritto dalla cedente, che individuava in modo inequivocabile la posizione contrattuale del debitore.
2. La comunicazione inviata tramite raccomandata al debitore nel 2016, con cui si notificava l’avvenuta cessione.
3. La mancata contestazione di tale comunicazione da parte del debitore all’epoca dei fatti.

Questi elementi, uniti alla documentazione relativa alle successive cessioni, sono stati considerati sufficienti a dimostrare che la società opposta era l’effettiva titolare del diritto di credito.

La Posizione del Debitore Fallito e Tornato in Bonis

Un’altra questione fondamentale era se il creditore potesse ancora agire, non avendo partecipato alla procedura fallimentare. Il debitore sosteneva che la mancata insinuazione al passivo avesse estinto il debito.

Il Principio della Cassazione: Agire Dopo la Chiusura del Fallimento

Il Tribunale ha respinto questa tesi, richiamando un consolidato orientamento della Corte di Cassazione (sent. n. 26806/2022). È stato chiarito che, con la chiusura del fallimento, il debitore torna ‘in bonis’, riacquistando la piena capacità di disporre del proprio patrimonio. Conseguentemente, egli resta debitore verso i creditori non soddisfatti, indipendentemente dal fatto che questi si fossero o meno insinuati al passivo. La partecipazione alla procedura concorsuale è una facoltà, non un obbligo, e la sua omissione non comporta la perdita del diritto di credito.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il giudice ha rigettato integralmente l’opposizione del debitore. In primo luogo, ha affermato il principio secondo cui il creditore può agire nei confronti del debitore tornato ‘in bonis’ anche se non si è insinuato al passivo fallimentare. In secondo luogo, ha ritenuto pienamente provata la titolarità del credito in capo alla società opposta sulla base del quadro probatorio complessivo. Infine, ha dichiarato tardiva l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione, sollevata dal debitore solo nelle memorie conclusive e non, come previsto, entro la prima udienza.

Sulla base di queste motivazioni, il Tribunale ha confermato il decreto ingiuntivo, dichiarandolo esecutivo e condannando l’opponente al pagamento delle spese legali.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Creditori e Debitori

La sentenza offre spunti di riflessione importanti. Per i creditori cessionari, evidenzia l’importanza di conservare tutta la documentazione idonea a provare l’intera catena delle cessioni, poiché la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale può non essere sufficiente in caso di specifica contestazione. Per i debitori, la decisione ribadisce un principio fondamentale: la chiusura del fallimento non cancella i debiti. I creditori insoddisfatti conservano il diritto di agire per il recupero delle proprie somme, e le eccezioni procedurali, come quella sulla mediazione, devono essere sollevate tempestivamente per non decadere.

Un creditore che non si è insinuato nel passivo fallimentare perde il suo diritto di credito dopo la chiusura del fallimento?
No. Secondo la sentenza, che richiama la giurisprudenza della Cassazione, la chiusura del fallimento fa cessare gli effetti sul patrimonio del fallito. Il debitore “tornato in bonis” resta obbligato verso i creditori non soddisfatti, anche se questi non si erano insinuati al passivo, poiché la partecipazione alla procedura fallimentare è una facoltà, non un obbligo.

In caso di cessioni multiple di un credito, come può l’ultimo cessionario dimostrare la propria titolarità del credito se il debitore la contesta?
L’ultimo cessionario ha l’onere di produrre i documenti che dimostrino l’intera catena delle cessioni. Tuttavia, la sentenza chiarisce che la prova può emergere da un quadro indiziario complessivo. Nel caso di specie, sono stati ritenuti sufficienti l’estratto dell’elenco dei crediti ceduti, la comunicazione della cessione inviata al debitore e da questi mai contestata, e i contratti delle successive cessioni.

Entro quale termine va sollevata l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione obbligatoria in un’opposizione a decreto ingiuntivo?
L’eccezione deve essere sollevata dall’opponente, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado. Nel caso esaminato, l’eccezione è stata sollevata per la prima volta in sede di memoria conclusiva e, pertanto, è stata ritenuta tardiva e respinta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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