Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21319 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21319 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7346-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso il decreto n. cronologico 32/2021 del TRIBUNALE di SIRACUSA, del 26/01/2021 R.G.N. 4836/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
Oggetto
Fallimento
Opposizione stato passivo
R.G.N. 7346/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 26/02/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Siracusa, in composizione collegiale, con il decreto in epigrafe indicato ha respinto l’opposizione proposta dall’attuale ricorrente per cassazione avverso il decreto emesso dal giudice delegato ai fallimenti dello stesso Ufficio con il quale era stato dichiarato esecutivo lo stato passivo del fallimento SIM s.p.a., in relazione al parziale rigetto dell’istanza di insinuazione al passivo del credito dallo stesso vantato.
Il Giudice delegato aveva escluso il credito vantato dal lavoratore per il trattamento di fine rapporto, relativamente alle somme conferite al fondo di previdenza complementare trattenute dal datore di lavoro e da questi non versate, ritenendo il lavoratore privo della legittimazione attiva.
Il Tribunale, in composizione collegiale, nel respingere l’opposizione ha sottolineato che legittimato a chiedere le quote di TFR annualmente maturate e non versate dal datore di lavoro era esclusivamente il Fondo di previdenza (vertendosi in una ipotesi di cessione del relativo diritto al Fondo) e che il lavoratore poteva agire in via surrogatoria ma, nel caso in esame, per il principio di immutabilità della domanda e per la natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo (che impediv a ogni modifica dell’originaria istanza) tale possibilità non era praticabile avendo il lavoratore agito iure proprio .
Avverso tale decreto il lavoratore soccombente ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Il fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.lgs. n. 252 del 2005 nonché degli artt. 75, 81 e 100 c.p.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale erroneamente interpretato come ‘cessione’ il concetto di ‘conferimento’ di cui al comma 7 dell’art. 8 del Decreto legislativo n. 252/2005, escl udendo la legittimazione attiva del ricorrente in violazione degli artt. 75, 81 e 100 c.p.c.
Con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per non avere ritenuto il Tribunale che l’onere della specifica indicazione del modulo negoziale (se delegazione o cessione) è a carico del curatore e che, in caso di mancata prova da parte del curatore, l’espressione ‘conferimento’ dell’art. 8 del Decreto legislativo n. 252/2005 dovesse essere interpretata come delegazione e non come cessione.
Con il terzo motivo il ricorrente si duole della violazione degli artt. 1269 e 1270 c.c., per non avere il Tribunale ritenuto che il meccanismo di adesione a fondi di previdenza complementare configuri la fattispecie della delegazione di pagamento di cu i all’art. 1269 c.c. e che, ai sensi dell’art. 1270 co. 1 c.c., il delegante potesse revocare la delegazione sino a quando il delegato non avesse assunto l’obbligazione in confronto del delegatario e non avesse eseguito il pagamento.
Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 comma 3 del D.lgs. n. 80/1992 c.c., in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c., per avere il Tribunale interpretato e considerato il Fondo complementare privato come
soggetto legittimato alla surrogatoria di diritto al lavoratore per l’equivalente dei contributi omessi, versati a norma del comma 2 e non il Fondo di Garanzia INPS.
Con il quinto motivo si obietta la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 12 e 13 del D.lgs. n. 252/2005, per avere il Tribunale ritenuto che la natura del TFR potesse mutare a seconda che il lavoratore scegliesse espressamente di versarlo al l’INPS o ad un fondo privato o rimanesse inerte.
I motivi, riassunti come sopra dalla parte ricorrente, in quanto connessi, vanno esaminati congiuntamente e meritano accoglimento, richiamandosi le argomentazioni esposte nei precedenti di questa Corte (v. Cass. n. 18477/2023, nonché Cass. n. 16166/2023; n. 16279/2023; n. 6047/2024; n. 6048/2024; n. 7189/2024; n. 7193/2024, n. 11198/2024, queste ultime concernenti fattispecie sovrapponibili a quella in esame; cui adde , più di recente, Cass. n. 28995/2024; n. 28991/2024; n. 28984/2024; n. 28992/2024; n. 28980/2024).
In dette decisioni è stato affermato il seguente principio di diritto: ‘In tema di previdenza complementare, il generico riferimento, contenuto nell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 252 del 2005, al ‘conferimento’ del TFR maturando alle forme pensionistiche complementari, lascia aperta la possibilità che le parti, nell’esplicazione dell’autonomia negoziale loro riconosciuta dall’ordinamento, pongano in essere non già una delegazione di pagamento (art. 1268 cod. civ.) bensì una cessione di credito futuro (art. 1260 cod. civ.). In caso di fallimento del datore di lavoro, la legittimazione ad insinuarsi al passivo per le quote di TFR maturate e accantonate ma non versate al Fondo di previdenza complementare spetta, di regola, al lavoratore, stante lo scioglimento del rapporto di mandato in
cui si estrinseca la delegazione di pagamento al datore di lavoro, salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del Fondo predetto, cui in quel caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 legge fall.’ .
8. Il decreto impugnato -che non si è attenuto al suddetto principio -va, quindi, cassato con rinvio al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, affinché proceda all’accertamento della natura negoziale del conferimento del lavoratore, allo scopo di verificare se si tratti di cessione o di mera delegazione, e decida la causa attenendosi a quanto statuito in sede di legittimità. Il giudice di rinvio provvederà inoltre alla regolazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Siracusa, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 26 febbraio