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TFR datore di lavoro fallito: il diritto del lavoratore

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10082/2025, ha stabilito che il lavoratore ha il diritto di richiedere l’intero ammontare del suo TFR al datore di lavoro fallito, anche per le quote che l’azienda avrebbe dovuto versare al Fondo di Tesoreria dell’INPS. La sentenza chiarisce che il TFR mantiene sempre la sua natura di credito retributivo e l’inadempimento del datore di lavoro non trasferisce il debito all’INPS, legittimando pienamente l’azione del dipendente nell’ambito della procedura fallimentare.

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TFR datore di lavoro fallito: La Cassazione chiarisce i diritti del lavoratore

Il recupero del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una delle maggiori preoccupazioni per un lavoratore quando l’azienda entra in crisi. La situazione si complica ulteriormente quando si parla di TFR del datore di lavoro fallito, specialmente con riferimento alle quote che, per legge, dovrebbero essere versate al Fondo di Tesoreria dell’INPS. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto cruciale, rafforzando la tutela dei dipendenti.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un lavoratore che, dopo la cessazione del rapporto di lavoro, aveva chiesto di essere ammesso allo stato passivo del fallimento della sua ex società datrice di lavoro per ottenere il pagamento del TFR maturato. Il tribunale di merito aveva accolto solo parzialmente la sua richiesta, respingendo la domanda per le quote di TFR relative al periodo in cui l’azienda, avendo più di 50 dipendenti, avrebbe dovuto versare gli accantonamenti al Fondo di Tesoreria INPS. Secondo il giudice di primo grado, la mancata prova del versamento e la specifica normativa rendevano il lavoratore non legittimato a richiedere tali somme direttamente al fallimento.

Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di diverse norme di legge e rivendicando il suo diritto a insinuare l’intero credito per TFR nel passivo fallimentare.

La Decisione della Corte sul TFR del datore di lavoro fallito

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente il ricorso del lavoratore, cassando la decisione del tribunale. Gli Ermellini hanno affermato un principio fondamentale: il lavoratore è sempre legittimato a domandare l’ammissione al passivo fallimentare per l’intero importo del TFR maturato, anche se il datore di lavoro non ha versato le relative quote al Fondo di Tesoreria INPS.

In assenza della necessità di ulteriori accertamenti, la Corte ha deciso nel merito, ammettendo il lavoratore allo stato passivo del fallimento per l’intero credito richiesto, oltre a interessi e spese legali.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nella natura giuridica del TFR e nelle responsabilità del datore di lavoro.

1. Il TFR è retribuzione differita: La Corte ribadisce che il TFR costituisce a tutti gli effetti un credito retributivo del lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Il suo pagamento è semplicemente posticipato al momento della cessazione del rapporto. Questa natura non cambia, neanche dopo la riforma del 2007 che ha introdotto l’obbligo di versamento al Fondo di Tesoreria per le aziende più grandi.

2. L’obbligo di versamento non trasferisce il debito: L’obbligo di versare le quote di TFR all’INPS è un meccanismo di garanzia per il lavoratore, ma non trasforma l’INPS nel debitore principale. Il datore di lavoro rimane l’unico titolare dell’obbligazione di corrispondere il TFR. L’omesso versamento delle quote al Fondo di Tesoreria è un inadempimento del datore di lavoro, che non può ripercuotersi negativamente sul diritto del lavoratore.

3. La legittimazione del lavoratore: Di conseguenza, il lavoratore ha il pieno diritto (e dovere) di agire contro il proprio datore di lavoro insolvente per recuperare l’intero credito. L’insinuazione al passivo fallimentare è la strada obbligata per l’accertamento del credito, un passo necessario anche per poter, in un secondo momento, accedere al Fondo di Garanzia dell’INPS. È irrilevante, quindi, distinguere tra TFR maturato prima o dopo il 2007: il diritto del lavoratore a insinuarsi al passivo rimane intatto per la totalità della somma.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per i Lavoratori

Questa ordinanza offre una tutela solida e chiara ai lavoratori coinvolti in procedure di fallimento. Il messaggio della Corte di Cassazione è inequivocabile: il TFR del datore di lavoro fallito spetta integralmente al lavoratore, che deve richiederlo insinuandosi nel passivo dell’azienda. L’inadempienza dell’azienda, che non ha versato le quote all’INPS, non può essere usata come scudo per negare un diritto fondamentale del dipendente. I lavoratori si trovano così in una posizione più sicura, potendo contare su un orientamento giurisprudenziale che conferma la loro titolarità sul credito TFR, indipendentemente dalle mancanze contributive del datore di lavoro.

Se il mio datore di lavoro fallisce senza aver versato il TFR al Fondo di Tesoreria INPS, perdo il mio diritto al TFR?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il TFR mantiene la sua natura di credito retributivo. L’omesso versamento da parte del datore di lavoro è un inadempimento che non elimina il suo debito, pertanto il lavoratore ha pieno diritto di richiederne il pagamento insinuandosi al passivo del fallimento.

Chi è il debitore del TFR se l’azienda ha più di 50 dipendenti? L’azienda o l’INPS?
Secondo la sentenza, il debitore principale rimane sempre il datore di lavoro. L’obbligo di versare le quote al Fondo di Tesoreria INPS è una forma di garanzia, ma non trasferisce la titolarità del debito all’INPS. In caso di inadempimento, il lavoratore deve agire contro il datore di lavoro (o il suo fallimento).

L’insinuazione al passivo fallimentare per il TFR è necessaria anche per le quote che dovevano essere versate all’INPS?
Sì. La sentenza afferma che il lavoratore è legittimato a domandare l’ammissione al passivo per l’intero importo del TFR maturato, indipendentemente dal periodo di maturazione e dall’obbligo di versamento al Fondo di Tesoreria. Questa procedura è un passo fondamentale per l’accertamento del credito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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