Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10082 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10082 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 803-2024 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO DI RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
– intimato –
avverso il decreto n. cronologico 10257/2023 del TRIBUNALE di REGGIO CALABRIA, del 11/12/2023 R.G.N. 2624/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
R.G.N.803/2024
COGNOME.
Rep.
Ud.26/02/2025
CC
Fatti di causa
1.Il tribunale di Reggio Calabria, prima sezione civile, giudicando in sede di opposizione alla stato passivo, ex art. 98 l. fall., proposta da NOME COGNOME ha accolto parzialmente il ricorso ed ha ammesso l’opponente allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in via privilegiata, ai sensi dell’articolo 2751 bis n. 1 c.c., oltre che per gli importi già riconosciuti dal curatore per l’importo di euro 1255,39. Il tribunale ha rigettato, invece, le altre domande, compensando le spese di lite.
2.- In particolare, ha respinto la domanda di ammissione al passivo della quota riguardante il TFR relativo al periodo di lavoro maturato con la cedente RAGIONE_SOCIALE per mancanza di prova del quantum, nonostante la prova documentale (CUD) del quantum maturato dal 2001 er a corrispondente ad € 15.558,14.
Il tribunale ha rilevato che il rapporto di lavoro con RAGIONE_SOCIALE era continuato con la cessione del ramo di azienda alle dipendenze della RAGIONE_SOCIALE ed in seguito il rapporto di lavoro era cessato per dimissioni volontarie l’1/7/2022; il credito era liquido esigibile ed azionabile. Ha pure rilevato in diritto che la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12009/2018) consentiva l’ammissione al passivo del lavoratore, ma solo per le somme non versate al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE dopo l’1/1/2007 (ex art. 1, commi 755 e 756, legge n. 296/2006); mentre per le somme maturate precedentemente ‘non vi era legittimazione del lavoratore per l’insinuazione al passivo’ e doveva trovare applicazione ‘il vecchio art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, che prevede il pagamento dell’RAGIONE_SOCIALE con il diritto alla surroga dell’ente previdenziale per il TFR maturato sino al 31/12/2006′; tuttavia la somma di TFR reclamata del lavoratore
era quella di € 15.558,14, maturata dall’1/1/2001 (fino al 2019).
3.- Della somma spettante come TFR dopo il 1.1.2007 non risultava provato però, anno per anno, il momento in cui dovesse essere versata all’RAGIONE_SOCIALE , sicché non era possibile l’ammissione al passivo sic et sempliciter in quanto la somma pretesa poteva in ipotesi riguardare anche un periodo ante 2007 (per il quale non c’era legittimazione); in tali casi il mancato assolvimento dell’onere della prova di fatti costitutivi della propria pretesa ricadeva sul ricorrente, il quale doveva dimostrare il diritto fatto valere.
4.- Contro il decreto ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME con due motivi. Il fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione è rimasto intimato e non ha svolto attività difensiva. Il ricorrente ha depositato memoria. Il collegio ha autorizzato il deposito della motivazione nel termine di 60 giorni dall’udienza.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 105 l. fallimentare, 47 l. n. 428/1990 e 2112 c.c., in relazione all’art. 360 n. c.p.c., per essere il decreto errato nella parte in cui il tribunale non ha ritenuto sussistente il fatto costitutivo del diritto all’ammissione allo stato passivo della somma vantata a titolo di TFR alla luce del fatto che la società RAGIONE_SOCIALE nel 2017 era stata ammessa al concordato preventivo con un piano di tipo prevalentemente liquidatorio; era stata regolarmente avviata la procedura di consultazione sindacale con esame congiunto ex art. 47, legge 428/1990; il passaggio dei lavoratori era avvenuto ai sensi dell’art.105 legge fallimentare ed art. 47 legge 428/1990; veniva espressamente esclusa la responsabilità dell’acquirente RAGIONE_SOCIALE per i debiti relativi all’azienda sorti
prima della data di efficacia dell’acquisto del bene; il lavoratore era stato assunto ex novo dalla cessionaria in data 1/2/2019 che aveva provveduto ad accantonare e pagare unicamente il TFR maturato a decorrere da tale data; dagli atti del giudizio era emersa non solo l’insolvenza del cessionario, ma anche la cessazione del rapporto a seguito dell’acquisto del ramo di azienda, posto che con le dimissioni il lavoratore aveva comunque cessato ogni rapporto di lavoro.
2.- Col secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 c.p.c., 2120 c.c., 2, legge 297/1982, art. 1, commi 755 e 756, legge n. 296/2006, in relazione all’articolo 360 n. 3 c.p.c., essendo il decreto impugnato viziato nella parte in cui il tribunale non aveva ammesso al passivo il TFR a seguito della cessazione del rapporto di lavoro, avendo sostenuto che per la parte del TFR maturato presso il cedente fallito fino al 31.12.2006, dovesse rispondere il RAGIONE_SOCIALE; mentre per il periodo successivo dall’1.1.2007, in cui si sarebbe dovuto versare il TFR al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, non sarebbe stato possibile accertare il quantum di Tfr maturato nel periodo corrispondente.
I due motivi di ricorso sono fondati.
3.1. Il tribunale, pur prendendo atto delle dimissioni rassegnate dal lavoratore in data 1 luglio 2022, e quindi della cessazione del rapporto di lavoro, necessaria, secondo la normativa applicabile ratione temporis, ai fini dell’esigibilità del tfr dal cedente e della sua ammissione al passivo fallimentare; e pur dando atto della prova documentale del credito per TFR, relativo al periodo di lavoro svolto alle dipendenze del cedente RAGIONE_SOCIALE dal 2001, corrispondente ad € 15.558,14, non ha comunque ammesso al passivo il credito rivendicato dal lavoratore per TFR, per due concorrenti motivi (‘problemi’) esplicitati nel decreto qui opposto:
1) perché per le somme maturate fino al 31.12.2006, secondo il tribunale, dovrebbe applicarsi l’art. 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297, il quale prevederebbe il pagamento del TFR da parte dell’RAGIONE_SOCIALE con diritto alla surroga, ed il fallimento non sarebbe invece legittimato passivo alla domanda di insinuazione al passivo per tfr;
2) perché per le somme maturate nel periodo successivo, a partire dall’1.1.2007, il datore di lavoro ed il fallimento potevano invece rispondere del TFR (il tribunale richiama Cass. n. 12009/2018) nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non avesse versato al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE le somme dovute a titolo di TFR (attraverso ‘il contributo’ ex art. 1, comma 755 757 legge n. 296/2006). Tuttavia, nel caso di specie, era carente la dimostrazione del quantum poiché la somma dovuta a titolo di TFR era provata documentalmente nel suo ammontare complessivo, maturato dal 2001 al 2019, ed esso poteva comprendere anche somme risalenti al periodo precedente al 2007, non potendo individuarsi anno per anno quanto fosse stato maturato soltanto con riferimento al periodo successivo al 2007.
4.- Tali i fatti di causa e le premesse di diritto tenute presente dal decreto impugnato, emergono però evidenti gli errori logici e giuridici in cui è caduto il giudice del merito.
4.1 È opportuna una breve ricostruzione sistemica della regola di diritto applicabile alla fattispecie del mancato pagamento del TFR da parte del datore di lavoro (in questo caso cedente ex art.2112 c.c.) sottoposto a procedura concorsuale fallimentare.
4.2. Deve ricordarsi, in primo luogo, che il TFR dei lavoratori è regolato unitariamente nel settore privato dall’art. 2120 c.c. prevedendosi che ‘in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato’, e , quindi, indipendentemente dalle
motivazioni che l’hanno determinato, ‘il prestatore di lavoro ha diritto ad un trattamento di fine rapporto’.
4.3. Secondo la concezione risalente, mai messa in dubbio da questa Corte di legittimità, il tfr ha natura retributiva (Cass. n. 6333 del 05/03/2019; anche a fini fiscali, Cass. n. 6117 del 01/03/2019) costituendo un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Esso matura durante lo svolgimento del rapporto ed è costituito dalla somma degli accantonamenti annui di una quota della retribuzione rivalutata periodicamente. 4.4. L’art. 2122 c.c. stabilisce che, in caso di morte del lavoratore, il TFR maturato e spettante al lavoratore alla data del decesso sia corrisposto sotto forma di indennità sostitutiva
ai superstiti.
4.5. Analoga natura retributiva hanno anche le indennità di fine rapporto erogate nel settore pubblico, ridotte al paradigma comune della retribuzione differita (Cass. n. 25621/2024) nell’àmbito di un percorso di tendenziale assimilazione alle regole dettate nel settore privato dall’art. 2120 del codice civile, ricordato anche da Corte cost. n. 159 del 2019: ‘le indennità in esame presentano una natura retributiva, avvalorata dalla correlazione della misura delle prestazioni con la durata del servizio e con la retribuzione di carattere continuativo percepita in costanza di rapporto. Esse rappresentano il frutto dell’attività lavorativa prestata (sentenza n. 106 del 1996, punto 2.1. del Considerato in diritto) e costituiscono parte integrante del patrimonio del beneficiario, che spetta ai superstiti «nel caso di decesso del lavoratore in servizio (sentenza n. 243 del 1997, punto 2.3. del Considerato in diritto)’.
4.5. Bisogna poi porre in evidenza che il diritto al TFR si prescrive in 5 anni decorrenti dalla data della risoluzione del rapporto (art. 2948, comma 5 c.c.); quando è riconosciuto da
un provvedimento giurisdizionale passato in giudicato esso si prescrive invece in dieci anni (art 2953 c.c.). Detto termine può essere interrotto con l’insinuazione del credito del lavoratore nello stato passivo e ricomincia a decorrere, per l’intera sua durata (cinque anni), dalla data di chiusura della procedura concorsuale. La legge n. 297/1982 non ha previsto un particolare termine di prescrizione entro il quale deve essere presentata la domanda di liquidazione del TFR a carico del RAGIONE_SOCIALE di garanzia. La giurisprudenza, con orientamento consolidato, ha riconosciuto alle prestazioni del RAGIONE_SOCIALE di garanzia natura di credito previdenziale, distinto e autonomo rispetto al credito vantato nei confronti del datore di lavoro; pertanto, si applica il termine di prescrizione ordinario decennale, fatti salvi eventuali atti interruttivi nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di garanzia notificati dopo la maturazione del diritto (Cass. 26 maggio 2015, n. 10824.) 4.6.- Il d.lgs. n. 252/2005 prevede la possibilità per il lavoratore di optare per il versamento del TFR al sistema di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. In caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle quote di TFR al RAGIONE_SOCIALE questa Corte ha già ripetutamente statuito che rimane ferma (normalmente) la titolarità del TFR in capo al lavoratore anche ai fini della sua legittimazione attiva e della sua insinuazione al passivo fallimentare (Cass. sentenza n. 18477 del 28/06/2023 e n. 16266 del 08/06/2023; salvo che dall’istruttoria emerga che vi sia stata una cessione del credito in favore del RAGIONE_SOCIALE, cui in tal caso spetta la legittimazione attiva ai sensi dell’art. 93 l. fall.).
5. A questo punto, oltre alle norme codicistiche fin qui evocate, è necessario richiamare le varie regole che mirano a garantire l’effettività del pagamento del TFR che, essendo una prestazione da corrispondere di regola alla cessazione del rapporto -spesso anche dopo decenni dalla sua maturazione – si espone al rischio
dell’inadempimento (come dell’insolvenza) del datore di lavoro in modo più frequente e per cifre più elevate rispetto a quelle spettanti mensilmente a titolo di retribuzione, alla cui mancata corresponsione il lavoratore è in grado di reagire più tempestivamente, anche solo per contenere il danno.
5.1. Tale funzione di garanzia è assolta in primo luogo dalle norme che (come l’art.29 del d.lgs. 276/2003) mirano a coinvolgere nel pagamento del TFR, in via solidale, altri soggetti, di regola maggiormente solvibili, come il committente (o il subcommittente) nel contratto di appalto.
5.2. La medesima funzione di garanzia esplica nel campo degli appalti pubblici l’art. 105, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che ha sostituito l’art. 118, comma 6 del d.lgs. n. 163 del 2006), il quale estende la responsabilità solidale prevista dall’art. 29 del d.lgs. 276/2003 all’aggiudicatario, in solido con il subappaltatore.
5.3. Nella direzione del rafforzamento del credito del lavoratore per TFR particolare rilievo assumono le regole dettate dalla legge n. 297/1982, in adempimento della Direttiva CEE n. 80/987 del 20 ottobre 1980, per l’ipotesi di insolvenza o di esecuzione individuale infruttuosa.
In questo caso la garanzia nel pagamento del TFR passa attraverso un’apposita assicurazione sociale alimentata dallo speciale contributo stabilito dall’art.3, ultimo comma della l. n. 297/1982. La stessa legge prevede testualmente all’art. 2 l’istituzione presso l’RAGIONE_SOCIALE di un RAGIONE_SOCIALE di garanzia ‘per il trattamento di fine rapporto con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c. spettante ai lavoratori o loro aventi diritto’.
Una volta erogata la prestazione, il RAGIONE_SOCIALE ha azione di regresso nei confronti del datore di lavoro ed è surrogato di diritto al
lavoratore ed ai suoi aventi causa nel privilegio spettante sul patrimonio dei datori di lavoro ai sensi degli artt. 2751 bis e 2776 c.c. per le somme da esso pagate (art. 2 comma 7 l. 297/1982).
5.4. Infine vanno richiamate le norme dettate della legge n. 296/2006 (art. 1, comma 755 -757) che garantiscono il pagamento a carico dell’RAGIONE_SOCIALE attraverso la raccolta delle quote di TFR, sotto forma di contributi mensili che il datore di lavoro è tenuto a versare presso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE istituito presso la RAGIONE_SOCIALE dello Stato e gestito dall’RAGIONE_SOCIALE, relativamente ai rapporti di lavoro intrattenuti con un’impresa sopra i 50 dipendenti.
Il pagamento del TFR viene effettuato materialmente all’esito della cessazione del rapporto dallo stesso datore di lavoro ammesso a conguagliare le somme erogate con i contributi dovuti all’RAGIONE_SOCIALE. Il mancato versamento delle quote di TFR tramite contributi o il recupero del conguaglio delle quote di TFR versate al RAGIONE_SOCIALE, senza corresponsione effettiva al lavoratore, realizzano una fattispecie di inadempimento del datore (che rileva anche in questo giudizio).
5.5. Deve essere ora posta in evidenza come la raccolta delle quote di TFR attraverso la denuncia mensile Uniemens da parte del datore miri, pure essa, a ‘garantire’ (art.1,comma 755 l. n.296/2006) il TFR del lavoratore attraverso l’effettività della racco lta dei contributi, essendo l’Istituto dotato di incisivi poteri di verifica e sanzionatori ai fini della regolarità dei pagamenti e di rapida riscossione ed esecuzione in caso di omesso pagamento mensile (avvisi di addebito, cartelle ed intimazioni di pagamento).
6.- Alla stregua delle premesse svolte, essendo il rapporto di lavoro del ricorrente di cui si tratta pacificamente cessato per dimissioni nel 2022, nessun dubbio può sussistere, anzitutto,
quanto al suo diritto di insinuarsi al fallimento per la quota di TFR azionata nei confronti del cedente per il periodo precedente l’1.1.2007, non essendo comunque tenuto ad escutere anche il cessionario.
7.- Ed invero, a differenza di quanto affermato dal tribunale, il diritto del lavoratore di ricevere le prestazioni maturate fino al 31.12.2006 e poste a carico del RAGIONE_SOCIALE si perfeziona al verificarsi dei presupposti stabiliti dalla legge n. 297/1982, i quali sono sempre stati così indicati da questa Corte: a) insolvenza del datore di lavoro e verifica dell’esistenza e misura del credito in sede di ammissione al passivo; b) formazione di un titolo giudiziale ed esperimento non satisfattivo dell’esecuzione forzata, in ipotesi di datore non assoggettabile a procedure concorsuali; c) cessazione del rapporto di lavoro.
E’ del tutto evidente , pertanto, che nel caso in esame sussista la legittimazione passiva del datore, e per esso del fallimento, e quella attiva del lavoratore anche per le quote di TFR maturate per il periodo precedente al 2007, essendo quella dell’insinuazione al passivo la strada obbl igata che il lavoratore deve percorrere per giungere al RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE in relazione al TFR maturato, anche nelle imprese sopra i 50 dipendenti, fino al 31.12.2006.
Solo dopo la formazione dello stato passivo dichiarato esecutivo il lavoratore potrà infatti effettuare la domanda all’RAGIONE_SOCIALE nel termine prescrizionale di dieci anni. Il RAGIONE_SOCIALE garantisce il pagamento dell’intero TFR nella misura in cui è stato accertato nell’ambito della procedura concorsuale o individuale aperta a carico del datore di lavoro.
8.Per il periodo successivo, a partire dall’1.1.2007, la stessa natura retributiva del TFR è stata riaffermata da questa Corte anche di recente (ordinanza n. 16928 del 19/06/2024; v. pure Cass. 13/7/2022, n. 22131) richiamando quanto già sostenuto
da Cass. n. 24510/2021 e n. 19708/2018, nelle quali, anche dopo la modifica della disciplina del trattamento di fine rapporto, è stato sostenuto che nel nuovo e più composito panorama normativo (ex art. 1, comma 755 -757 legge n. 296/2006, che prevede, per le aziende con almeno 50 dipendenti, il versamento degli accantonamenti presso il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) resta fermo il fatto che il t.f.r. costituisca a tutti gli effetti un credito del lavoratore, la cui esigibilità è subordinata alla cessazione del rapporto.
9.- Ne consegue che le quote accantonate del t.f.r., tanto che siano trattenute presso l’azienda, quanto che siano versate al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE dello Stato presso l’RAGIONE_SOCIALE ex art. 1, comma 755 -757 legge n. 296/2006, ovvero conferite in un fondo di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sono intrinsecamente dotate di potenzialità satisfattiva futura e corrispondono ad un diritto certo e liquido del lavoratore, di cui la cessazione del rapporto di lavoro determina l’esigibilità.
10.- Va pertanto ribadito che il lavoratore è legittimato a domandare l’ammissione al passivo per le quote di t.f.r. maturate e non versate dal datore di lavoro fallito al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE gestito dall’RAGIONE_SOCIALE, posto che il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa e non perde la titolarità passiva dell’obbligazione di corrispondere il t.f.r. stesso (Cass. n. 12009 del 16/05/2018), con trasferimento di essa ad esclusivo carico dell’RAGIONE_SOCIALE.
11.Il mero richiamo effettuato dall’art. 1, comma 755 757 legge n. 296/2006 delle norme in tema di ‘contributi’ vale ai fini procedurali e della più agevole riscossione del credito maturato mese per mese dal lavoratore e del rafforzamento delle garanzie del lavoratore in sede previdenziale; ma in caso di inadempimento, non produce alcuna automatica immutazione della natura sostanziale del TFR, intesa come
retribuzione differita ex art. 2120 c.c.; né tale richiamo incide sulla modalità di calcolo delle suddette quote e della relativa base imponibile, che restando regolata dall’art. 2120 c.c. è diversa da quella propria dei contributi previdenziali.
12.- Del resto, se si negasse la concomitante natura retributiva del TFR regolato dalla legge n. 296/2006 e si affermasse l’esclusiva natura previdenziale delle somme dovute, anche nell’ipotesi in cui le quote di TFR non fossero state versate (come capita frequentemente in caso di insolvenza del datore e come è comprovato anche dal caso in esame), lo stesso lavoratore, come quello qui ricorrente, subirebbe inevitabilmente la falcidia della prescrizione (dei c.d. contributi, rilevabile d’ufficio anche in se de di legittimità; v. Cass. n. 31282 del 29/11/2019), senza alcuna automaticità della sua prestazione ex art. 2116 c.c. Nessun TFR potrebbe essergli erogato dall’RAGIONE_SOCIALE per le quote relative a contributi prescritti (v. infatti, testualmente, circolare RAGIONE_SOCIALE n.70/2007 che ammette l’automaticità nei limiti della prescrizione). Il lavoratore non avrebbe poi nessuna azione nei confronti del datore di lavoro né, in ipotesi, nei confronti del committente. Il ricorso qui proposto andrebbe rigettato.
13.- Lo stesso RAGIONE_SOCIALE che dovrebbe insinuarsi al fallimento al posto del lavoratore, subirebbe la falcidia della procedura concorsuale fruendo il credito dell’istituto del minore privilegio di cui all’art. 2554 c.c. e non certo del privilegio di cui all’art. 2751- bis , n. 1, c.c. (che viene invece utilizzato in sede di surroga del RAGIONE_SOCIALE).
14.- Evidenti le ricadute, anche a livello costituzionale, di una simile conclusione che mentre pregiudica le risorse occorrenti all’Istituto per far fronte ad un credito certo dei lavoratori o dei loro eredi, pone pure a carico definitivo di alcuni lavoratori (i dipendenti di imprese sopra i 50 dipendenti) la perdita di un
proprio diritto che sarebbe divenuto ( solo per essi) estinguibile in corso di rapporto attraverso la prescrizione della strumentale provvista contributiva. E senza che lo stesso lavoratore (titolare in teoria del credito ex art. 2120 c.c.) sia neppure legittimato all’interruzione della prescrizione per contributi, facoltà di cui come è noto è esclusivamente dotato il creditore l’RAGIONE_SOCIALE. Nemmeno potrebbe il lavoratore in discorso fare ricorso all’azione per la costituzione della rendita vitalizia ex art.13 l. n.1338/1962 che consente di sanare l’omissione contributiva nell’a.g.o. solo in materia di invalidità, vecchiaia e superstiti, ma non certamente per TFR. La stessa legge n. 296/2006 sembra escludere inoltre (v. Cass. n. 25035/2023) per le prestazioni a carico del RAGIONE_SOCIALE anche l’intervento del RAGIONE_SOCIALE di garanzia (posto che l’art. 1 comma 756 della stessa legge prevede che il contributo di cui si tratta vada corrisposto al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al ‘netto del contributo stabilito dall’art. 3, ulti mo comma della legge 297/1982’; ma per la tesi contraria, che ammette l’intervento del RAGIONE_SOCIALE anche per i lavoratori il cui TFR è versato al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, v. circolare RAGIONE_SOCIALE n.70 del 2023.
15. Per tutti i motivi fini qui esposti, questa Corte di legittimità ha sempre affermato, e qui ribadisce, che in mancanza di versamento all’RAGIONE_SOCIALE delle quote di TFR, sotto forma di contributi, non si produce immutazione nella natura retributiva del TFR ed il datore di lavoro ed il committente continuano a rimanere obbligati nei confronti del lavoratore al pagamento della prestazione ex art. 2120 c.c. ed ex art. 29 d.lgs. n. 276/2003, con decorrenza della prescrizione dalla cessazione del rapporto.
16. In più recenti arresti in materia di omesso versamento delle quote di tfr (Cass. n. 16928 del 19/06/2024; Cass. 13/7/2022, n. 22131) è stato riaffermato che “le disposizioni in esame
delineano un sistema in cui l’intervento del RAGIONE_SOCIALE, nei casi in cui è previsto, dà luogo ad un rapporto trilaterale tra il datore di lavoro, il RAGIONE_SOCIALE ed il prestatore di lavoro, in virtù del quale: a) il primo è obbligato nei confronti del secondo a versare il TFR, al pari di quanto avviene per le contribuzioni previdenziali; b) il secondo è tenuto ad erogare le prestazioni secondo le modalità previste dall’art. 2120 cod. civ., nei limiti della quota maturata a decorrere dall’1 gennaio 2007, mentre la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro; c) la materiale erogazione del TFR è affidata al datore di lavoro anche per la parte di competenza del RAGIONE_SOCIALE, salvo conguaglio sui contributi dovuti al RAGIONE_SOCIALE stesso ed agli altri enti previdenziali”.
17.L’art.1, comma 757, prevede che la liquidazione del trattamento di fine rapporto e delle relative anticipazioni ad opera del RAGIONE_SOCIALE ‘di cui al comma 755, limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati al RAGIONE_SOCIALE medesimo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro’.
18.- Questa Corte ha pure chiarito in proposito (cfr. Cass. n. 10354/2016 ) con orientamento che qui si condivide, che l’onere probatorio del lavoratore che agisca nei confronti del committente del datore di lavoro per il pagamento del TFR riguarda il fatto costitutivo del suo diritto, rappresentato dal rapporto di lavoro subordinato ovvero, in ipotesi di solidarietà ex art 29 d.lgs. 276/2003, dal contratto di appalto ( nel senso dell’impiego nei lavori appaltati) e non anche l’effettivo versamento da parte del datore di lavoro dei contributi dovuti al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ( a norma della L. n. 296/ 2006, art. 1, comma 756, seconda parte; v. pure Cass. n. 24510 del 10/09/2021)
19.- Se è vero quindi che il versamento dei contributi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE costituisce fatto estintivo della pretesa dei
lavoratori nei confronti del datore di lavoro-appaltatore e, di conseguenza, nei confronti del committente, obbligato solidale ex lege, quest’ultimo ha l’onere di allegazione e di prova dell’avvenuto versamento ove lo opponga in eccezione.
20.- Alla stregua di tutte le premesse svolte non rileva quanto affermato dalla già citata Cass. n. 25035/2023 che, nella diversa ipotesi cui lo stesso TFR sia stato versato al RAGIONE_SOCIALE, ha negato la natura retributiva del TFR ai fini della rivalutazione e degli interessi (ex art. 16, comma 6, l. n. 412/92).
21.In proposito, va ricordato che per l’ipotesi di omesso versamento delle quote di TFR all’RAGIONE_SOCIALE (o in ipotesi di conguaglio senza versamento al lavoratore), con la successiva già richiamata ordinanza n. Cass. n. 16928/2024 cit., emessa per lo stesso RAGIONE_SOCIALE in oggetto ed in relazione ad un decreto avente contenuto analogo a quello ora impugnato, questa Corte ha già ribadito che sussistano tutti i presupposti delineati dalla legge per riconoscere la concomitante legittimazione passiva del fallimento RAGIONE_SOCIALE (Cass. 16 maggio 2018, n. 12009; Cass. 10 settembre 2021, n. 24510; Cass. 13 luglio 2022, n. 22131); decidendo altresì nel merito la causa con l’ammissione del lavoratore nel passivo fallimentare.
22. Ed invero è stato pure di conseguenza correttamente chiarito che, contrariamente a quanto affermato nel decreto impugnato, è ‘indifferente il periodo di maturazione (tempo per tempo) del credito per T.f.r., in ragione del mancato versamento datoriale delle somme trattenute a titolo di contributi alla lavoratrice, comportante la sua ammissione allo stato passivo del fallimento della datrice di lavoro per l’importo insinuato.’
23.- Infine va ricordato che, anche ai fini della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle quote di tfr al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE,
secondo l’univoca giurisprudenza di questa Corte, rimane ferma, come regola di base, la titolarità del TFR in capo al lavoratore e la sua legittimazione attiva ai fini della insinuazione al passivo fallimentare (Cass. sentenze n. 18477 del 28/06/2023 e n. 16266 del 08/06/2023).
24.- Il ricorso va quindi accolto, con la cassazione del decreto impugnato e, decidendo nel merito in assenza di necessità di ulteriori accertamenti in fatto, in relazione ad esso va disposta l’ammissione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n.1 c.c., per l’ulteriore credito di € 15.558,14 €. oltre interessi ai sensi degli artt. 53 e 54 l. fall., con regolazione delle spese dei giudizi di merito e di legittimità secondo il regime di soccombenza.
25.- Devono essere quindi affermati i seguenti principi di diritto: 1.In tema di TFR per il periodo successivo all’1.1.2007, ex art. 1, comma 755 -757 legge n. 296/2006, le quote maturate dal lavoratore e non versate dal datore di lavoro al RAGIONE_SOCIALE gestito dall’RAGIONE_SOCIALE, per le aziende con almeno 50 dipendenti, mantengono la natura di crediti retributivi del lavoratore che corrispondono ad un diritto certo e liquido la cui esigibilità è subordinata alla cessazione del rapporto; ne consegue che il datore di lavoro non è un mero adiectus solutionis causa, né perde la titolarità passiva dell’obbligazione di pagare il t.f.r. con trasferimento di essa ad esclusivo carico dell’RAGIONE_SOCIALE, e che, pertanto, il lavoratore è legittimato a domandare l’ammissione al passivo fallimentare del datore di lavoro fallito.
2.- In ipotesi di omesso versamento delle quote di TFR al RAGIONE_SOCIALE, il mero richiamo effettuato dall’art. 1, comma 755 -757 legge n. 296/2006 delle norme in tema di ‘contributi’ non produce alcuna automatica immutazione della natura
sostanziale del TFR, intesa come retribuzione differita ex art. 2120 c.c. ma vale ai fini procedurali e della più agevole riscossione del credito maturato mese per mese dal lavoratore e del rafforzamento delle garanzie che ne conseguono in sede previdenziale per il lavoratore.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa il decreto impugnato in relazione ad esso e, decidendo nel merito, ammette il lavoratore allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in via privilegiata, ai sensi dell’art. 2751 bis n.1 c.c., p er l’ulteriore credito di € 15.558,14 per T.F.R., oltre interessi ai sensi degli artt. 53 e 54 l. fall.
Condanna il RAGIONE_SOCIALE alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio, che liquida: per il giudizio di merito, in € 100,00 per esborsi e € 2.500,00 per compensi professionali; per il giudizio di legittimità, in € 200 ,00 per esborsi e € 3.000,00 per compensi professionali; tutto oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso nella Adunanza camerale del 26 febbraio 2025