Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22807 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22807 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 29957 -2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALEgià s.p.a.) -c.f./p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del legale rappresentante pro tempore , RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. NUMERO_DOCUMENTO -in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliate in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME e alla ‘RAGIONE_SOCIALE e, per quest’ultima, all’avvocato NOME COGNOME le rappresenta e difende in virtù di procure speciali su fogli allegati in calce al ricorso.
RICORRENTI
e
RAGIONE_SOCIALE / Unione Banche Italiane per il RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. 06195820151 -in persona del legale rappresentante pro tempore -quale cessionaria dei crediti vantati dalla RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato professor
NOME COGNOME che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso.
RICORRENTE
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE -c.f./p.i.v.a. P_IVA -in persona del direttore generale, legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato NOME COGNOME la rappresenta e difende in virtù di procure speciali su fogli allegati in calce ai controricorsi.
CONTRORICORRENTE
e
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘) -c.f. 97378690156 -in persona del legale rappresentante pro tempore .
INTIMATA
avverso la sentenza n. 5506/2018 della Corte d’Appello di Roma, udita la relazione nella camera di consiglio del 24 aprile 2025 del consigliere dott. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale dottor NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
RILEVATO CHE
Con atto notificato in data 26.11.2004 la ‘RAGIONE_SOCIALE citava a comparire dinanzi al Tribunale di Velletri l’ ‘RAGIONE_SOCIALE
Esponeva che la RAGIONE_SOCIALE, gestore della ‘RAGIONE_SOCIALE Velletri’, aveva maturato nei confronti della convenuta il complessivo credito di euro 69.764.796,92 ‘a titolo di corrispettivi tariffari per prestazioni di medicina, RSA, di lungodegenza medica anche intensiva, di degenza, anche domiciliare, di riabilitazione in ricovero ordinario e in day hospital rese, in regime di accreditamento, agli assistiti della Regione Lazio ed extra regionali negli anni 2000, 2001 e 2002’ (cfr. s entenza d’appello, pag. 2) .
Esponeva che il residuo credito di euro 30.518.304,78 inizialmente ceduto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ alla ‘Barclays Bank PLC’ era stato dalla cessionaria ceduto ad essa attrice.
Chiedeva quindi la condanna della convenuta al pagamento della residua somma di euro 30.518.304,78.
1.1. Si costituiva l’ ‘RAGIONE_SOCIALE
Instava per il rigetto dell’avversa domanda.
1.2. Nel corso del giudizio l’attrice cedeva il credito alla ‘RAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 21.849.095,96 e alla ‘RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE per l’importo di euro 8.133.065,83 (cfr. sentenza d’appello, pag. 3) .
L a ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE, in veste di successori a titolo particolare, intervenivano in giudizio.
Nel corso del giudizio l’importo originario, a seguito degli accordi intercorsi tra le parti con riconoscimento parziale del credito, si riduceva ad euro 9.259.118,43, di cui euro 435.945,85 in capo alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, euro 690.106,76 in capo alla ‘RAGIONE_SOCIALE ed euro 8.133.065,83 in capo alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. s entenza d’appello, pag. 3) .
Con sentenza n. 2319/2011 il Tribunale di Velletri condannava la convenuta a pagare alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ la somma di euro 5.027.734,24, importo così de-
terminato in applicazione dei cosiddetti ‘tetti di remunerazione’ massima stabiliti per ciascun anno dalla Regione Lazio (cfr. sentenza d’appello, pag. 3) .
La ‘ RAGIONE_SOCIALE, la ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ e la ‘RAGIONE_SOCIALE proponevano appello.
Resisteva l’ ‘A.RAGIONE_SOCIALE Roma H’.
Durante la pendenza del giudizio d’appello l’ ‘RAGIONE_SOCIALE corrispondeva alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ l’importo di euro 57.559,80, sicché il credito della medesima ‘RAGIONE_SOCIALE‘ si riduceva ad euro 632.546,96 (cfr. ricorso ‘Credac’ , pag. 8) .
Con sentenza n. 5506/2018 la Co rte d’Appello di Roma rigettava l’appello proposto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, rigettava l’appello proposto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘, accoglieva in parte l’appello proposto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, condannava l’appellata a pagare alla ‘RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 5.027.734,24 (già riconosciuta in prime cure) nonché l’ulteriore somma di euro 565.162,82, entrambe con la maggiorazione a decorrere dal 15.5.2003 (data in cui era stata effettuata la notifica all’ ‘A.RAGIONE_SOCIALE‘ appellata del primo atto di cessione del credito ‘con espressa intimazione alla debitrice ceduta di pagare le somme oggetto di cessione’: così sentenza d’appello, pag. 11) degli interessi legali e del maggior danno pari alla differenza tra il tasso di rendimento medio annuo dei titoli di Stato a dodici mesi e il tasso degli interessi legali.
Evidenziava la Corte di Roma in ordine all’appello esperito dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ – in particolare in ordine al primo motivo di gravame, con cui la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ si era doluta sia della tardiva produzione, unicamente in sede di c.t.u., da parte dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE H’ delle delibere della Giunta regionale n. 1914 del 4.8.2000 e n . 1436 del 31.10.2002 di fissazione dei ‘tetti di spesa’,
rispettivamente, per gli anni 2000 e 2001 sia della circostanza per cui la delibera n. 1914/2000, mai notificata alla ‘Casa di Cura’, era stata adottata successivamente all’erogazione delle prestazioni sanitarie e non era perciò atta ad esplicare efficacia retroattiva – che nulla ostava, attesa la natura di atti amministrativi integrativi di una norma primaria delle delibere n. 1914/2000 e n. 1436/2002, attesa dunque la loro natura di fonti del diritto, a che l’autorità giudiziaria ne ricercasse senz’altro d’ufficio il contenuto a prescindere dalle preclusioni processuali e quindi a che il giudice ne tenesse conto, ancorché tardivamente prodotte, ai fini del decidere; e ciò tanto più -soggiungeva la Corte distrettuale che il contenuto della D.G.R. n. 1914/2000 era ben noto alla ‘Casa di Cura San Raffaele’, che ne aveva avuto contezza con comunicazione dell’ ‘A.U.S.L.’ in data 1.3.2002 (cfr. sentenza d’appello, pagg. 5 – 6) .
Evidenziava altresì, alla luce della giurisprudenza amministrativa, che l’adozione delle delibere individuanti i ‘tetti di spesa’ in epoca successiva all’erogazione delle prestazioni sanitarie non ne ostacolava l’opponibilità alla struttura accreditata (cfr. sentenza d’appello, pag. 6) .
Evidenziava poi, la Corte di Roma, in ordine al secondo motivo di gravame, che alla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non era dovuto l’importo di euro 53.640,76, di cui alla fattura n. 1178/2001, a titolo di conguaglio tariffario per prestazioni di ‘RAGIONE_SOCIALE (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava in particolare che era documentalmente provato nonché pacifico ed incontestato che soltanto con la D.G.R. n. 51 del 18.1.2002 e con decorrenza dal 28.2.2002 la Regione Lazio aveva disposto la formale diminuzione dei posti di ‘RAGIONE_SOCIALE.’ della ‘Casa di Cura San Raffaele’ da 80 a 58, sicché alle prestazioni eseguite antecedentemente al 28.2.2002 era da applicare la meno vantaggiosa
tariffa prevista per le strutture aventi fino a 80 posti di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 7) .
Evidenziava la Corte di Roma in ordine all’appello esperito dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ che si era assunta creditrice per euro 435.945,85, quale cessionaria delle posizioni creditorie di cui alle fatture n. 714/2001, n. 228/2002 e n. 3323/2002, emesse a titolo di con guaglio tariffario per prestazioni di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ rese nel periodo luglio 1998/18 febbraio 2002 – che nulla era dovuto alla medesima società a titolo di conguaglio sulle prestazioni ‘RAGIONE_SOCIALE‘ eseguite anteriormente al 28.2.2002 (cfr. sentenza d’appello, pag. 8 ) .
Evidenziava che al riguardo era sufficiente il rinvio ai rilievi espressi in ordine al secondo motivo dell’appello sp iega to dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ concernente l’importo di euro 53.640,76 (cfr. sentenza d’appello, pag. 8) .
Evidenziava la Corte di Roma in ordine all’appello esperito dalla ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘ cessionaria dei compensi maturati dalla ‘Hospital Appia’ limitatamente agli anni 2000, 2001 e 2002 -in particolare in ordine al motivo di gravame con cui la ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘ si era doluta della tardiva – unicamente in sede di c.t.u. e successivamente allo spirare dei termini di cui all’art. 184 cod. proc. civ. – produzione da parte dell’ ‘A.RAGIONE_SOCIALE Roma H’ delle delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002 di fissazione dei ‘ tetti di spesa ‘ per gli anni 2000 e 2001, che parimenti era bastevole il rinvio ai rilievi formulati in ordine al primo motivo dell’appello sp iega to dalla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Evidenziava ino ltre, in ordine al motivo di gravame con cui la ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE‘ aveva censurato la mancata applicazione, da parte del tribunale, degli interessi nella misura di cui agli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/1962, così come previsto dalla D.G.R. Lazio n. 7279/1 990, recettiva dell’accordo del 29.3.1990 intercorso tra la Regione Lazio e l’ ‘A.I.O.P.’ ‘per regolamentare la questione del ritardo
dei pagamenti alle case di cura’, che l’efficacia della delibera n. 7279/1990 era subordinata alla rinuncia, da parte delle case di cura, ‘ad azioni legali in corso e future per ritardo pagamenti’ e che non era stata fornita la prova né dell’adesione a tale accordo della ‘RAGIONE_SOCIALE Velletri’ né dell’intervenuta rinuncia da parte della stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ alle azioni legali (cfr. sentenza d’appello, pag. 9) .
Evidenziava infine che era destituito di fondamento il motivo dell’appello esperito dalla ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘, con cui era stato censurato il primo dictum nella parte in cui il tribunale aveva denegato gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002, interessi viceversa -a giudizio dell’ ‘U.B.I.’ -senz’altro applicabili in dipendenza del tardivo recepimento da parte dello Stato italiano della direttiva CE/35/2000, ‘con conseguente del potere (…) di limitarne l’ambito di applicabilità ai soli contratti conclusi a far data dall’08.08 . 2002’ (così sentenza d’appello, pag. 12) .
Evidenziava a tal proposito, peraltro, la Corte distrettuale che -così come aveva rilevato il tribunale l’art. 6, 1° co., della direttiva comunitaria non aveva ricollegato al mancato rispetto del termine di recepimento ‘alcuna conseguenza in termini di del potere di escludere dall’applicabilità della direttiva i contratti conclusi antecedentemente all’08.08 . 2002’ (così sentenza d’appello, pag. 12) .
Successivamente alla pronuncia della sentenza d’appello la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ cedeva il proprio credito di euro 435.954,84 alla ‘ RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , pag. 8) .
Successivamente alla pronuncia della sentenza d’appello la ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘) cedeva
alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ il proprio credito di euro 632.546,96 (cfr. ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , pag. 9) .
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5506/2018 hanno proposto ricorso la ‘ RAGIONE_SOCIALEgià s.p.a.) e la ‘RAGIONE_SOCIALE, quest’ultima quale cessionaria dei crediti della ‘RAGIONE_SOCIALE e hanno chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
L’ ‘RAGIONE_SOCIALE ROMA 6′ ha depositato controricorso. Ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 5506/2018 ha proposto ricorso la ‘ RAGIONE_SOCIALEUnione Banche Italiane RAGIONE_SOCIALE e ha chiesto sulla scorta di nove motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.
L’ ‘RAGIONE_SOCIALE ROMA 6′ ha depositato separato controricorso. Ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore delle spese.
La ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in liquidazione (già ‘RAGIONE_SOCIALE‘) non ha svolto difese.
Il P.M. ha formulato per iscritto le sue conclusioni.
Le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
Ha depositato memorie la ‘RAGIONE_SOCIALE Unione Banche Italiane per il Factoring’.
Ha depositato memorie l’ ‘Azienda RAGIONE_SOCIALE ROMA 6′.
CONSIDERATO CHE
Con i l primo motivo le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 2697 cod.
civ., del principio ‘ iuxta alligata et probata ‘ di cui all’art. 115 cod. proc. civ., dell’art. 1 delle preleggi, dell’irretroattività dell’atto amministrativo.
Deducono che l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘, gravata dall’onere della dimostrazione, in quanto fatto impeditivo, del ‘tetto di spesa’, siffatto onere non ha assolto, giacché non ha né prodotto tempestivamente la delibera di fissazione del ‘tetto di spesa’ né dimostrato di averla comunicata tempestivamente, prima della scadenza dell’anno 2000, ‘quando era ancora possibile modulare le prestazioni successive fino al 31.12.2000, con eventuale rifiuto di quelle eccedenti’ (così ricorso ‘Credac’, pag. 11) .
Deducono segnatamente che con la nota in data 1.3.2002 all’uopo depositata l’ ‘A.SRAGIONE_SOCIALE‘ si è limitata a comunicare l’esistenza per l’anno 2000 di un ‘tetto di spesa’, allorquando tutte le prestazioni erano state erogate (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 11) .
Deducono dunque che ha errato la Corte di Roma ad opinare per l’opponibilità ovvero per l’applicabilità retroattiva della delibera n. 1914/2000 in difetto di sua formale notificazione, notificazione insuscettibile di comunicazioni equipollenti (cfr. ricorso ‘Credac’, pagg. 1 1 – 14) .
10. Con il secondo motivo le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE e ‘RAGIONE_SOCIALE denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 113, 115 e 184 cod. proc. civ., tal ultima disposizione nel testo antecedente alle modifiche di cui alla l. n. 80/20 05; la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e del divieto di acquisizione d’ufficio degli atti amministrativi.
Deducono che l’ ‘ARAGIONE_SOCIALE‘ ha prodotto la delibera n. 1914/2000 determinativa del ‘tetto di spesa’ soltanto nel corso delle operazioni di consulenza e in tale sede il consulente tecnico dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘, così come emerge dal verbale
delle operazioni peritali in data 18.1.2011, si è opposto alla relativa allegazione (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 16) .
Deducono quindi che ha errato la Corte di Roma a non rilevare la tardività e l’irritualità della produzione.
Deducono d’altra parte che la delibera n. 1914/2000 è volta unicamente a regolamentare le prestazioni di ciascuna struttura sanitaria accreditata, sicché non si connota né alla stregua di un atto normativo né alla stregua di un atto integrativo di una norma primaria (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 17) .
Deducono quindi che la Corte d’appello non avrebbe potuto far luogo alla sua acquisizione ex officio (cfr. ricor so ‘Credac’, pag. 1 8) .
Con i l terzo motivo le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 1362 cod. civ., siccome applicabile all’interpretazione degli atti amministrativi.
Premettono che con le delibere n. 2499/1997 e n. 8668/1998 era stato fissato un corrispettivo più elevato – in ragione della maggiore intensità assistenziale per le ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con un numero di posti -letto inferiore a 60 ed un corrispettivo meno elevato per le ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con un numero di posti -letto inferiore a 80 (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 19) .
Indi deducono che l’esame del testo letterale delle anzidette deliberazioni depone nel senso che ‘l’unica condizione per rientrare nell’una o nell’altra categoria tariffaria era l’esercizio del servizio di RSA entro 60 ovvero entro 80 posti letto’ (cfr. ricorso ‘Credac’, pagg. 19 – 20) .
Deducono dunque che la ‘Casa di Cura San Raffaele’ aveva senz’altro diritto al trattamento tariffario per le ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con un numero di posti -letto inferiore a 60, siccome, nel riconvertire gli originari n. 170 posti di lungodegenza per i quali
era accreditata, aveva destinato ad RAGIONE_SOCIALE soltanto 58 posti -letto (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 20) .
Deducono del resto che di tale circostanza la Regione Lazio ha preso atto con delibera n. 51/2002 senza sollevare alcuna contestazione, così ratificando il servizio di ‘RAGIONE_SOCIALE‘ reso in tal modo dalla ‘Casa di Cura San Raffaele ‘ (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 20) ; che segnatamente la determinazione n. 51/2002 utilizza ‘lo schema della presa d’atto e non quello di una nuova determinazione di riduzione e redistribuzione dei posti letto’ (così ricorso ‘Credac’, pag. 2 3) .
Con i l quarto motivo le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 35 e 36 d.P.R. n. 1063/1962, dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 1321, 1322, 1372, 1362, 1371 e 2697 cod. civ. cod. civ.
Deducono che ha errato la Corte di Roma a disconoscere gli interessi ex artt. 35 e 36 d.P.R. n. 1063/1962.
Deducono innanzitutto che la delibera n. 3081/1998 non è stata dall’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ prodotta in giudizio, sicché non è stato provato il fatto della revoca della precedente delibera n. 7279/1990 (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 26) .
Deducono in ogni caso che la delibera n. 7279/1990 aveva recepito l’accordo sugli interessi del 29.3.1990, sicché la sua successiva revoca è del tutto irrilevante; che ai fini della caducazione dell’accordo dunque sarebbe stato necessario il consenso di tutti i contraenti (cfr. ricorso ‘Credac’, pag g. 27 – 29) .
Deducono poi che nessun rilievo riveste la mancata prova dell’adesione della ‘RAGIONE_SOCIALE di Velletri ‘ all’accordo, siccome l’accordo era destinato ad operare per le ‘case di cura’ purché è il caso del la ‘Casa di Cura San Raffaele’ convenzionate (cfr. ricorso ‘Credac’, pagg. 29 – 30) .
Deducono infine, quanto alla mancata prova della rinuncia da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE Velletri’ alle ‘azioni legali’, che la Corte di Roma ha fatto luogo ad un’erronea interpretazione dell’accordo del 29.3.1990 (cfr. ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 30) .
Deducono segnatamente che la Corte d’appello non ha colto che con l’accordo del 29.3.1990 era stato contrattualizzato l’obbligo in capo alla Regione Lazio di pagare gli interessi ex artt. 35 e 36 d.P.R. n. 1063/1962 ‘con riguardo alle case di cura che avessero rinunciato a pretendere giudizialmente i crediti da esse maturati a tutto il 31.12.1989’ (così ricorso ‘Credac’, pag. 33) .
Deducono quindi che parte attrice non poteva che limitarsi ad allegare che la ‘RAGIONE_SOCIALE‘ non aveva proposto azioni per i crediti maturati fino al 31.12.1989, sicché sarebbe stato onere della parte convenuta ‘dimostrare il fatto positivo (e così impeditivo) della proposizione di azioni legali, relative al ‘ (così ricorso ‘Credac’ , pag. 34) .
Co n il primo motivo la ricorrente ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 1 delle preleggi, degli artt. 113, 115 e 184 cod. proc. civ. , quest’ultimo nel testo antecedente alle modifiche di cui alla l. n. 80/2005, dell’art. 2697 cod. civ. e del principio generale ‘ iura novit curia ‘.
Deduce che la natura di atti amministrativi, privi dei caratteri della generalità ed astrattezza, delle delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002 di fissazione dei ‘tetti di spesa’, rispettivamente, per gli anni 2000 e 2001 osta all’operatività del principio ‘ iura novit curia ‘ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 11) .
Deduce al contempo che, contrariamente all’assunto della Corte di Roma, l’art. 32 della legge n. 449/1997 non è norma bisognevole di integrazione, bensì
norma che conferisce una potestà amministrativa alla Regione (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 12) .
Deduce quindi che sarebbe stato onere dell’ ‘ARAGIONE_SOCIALE‘ attendere alla rituale e tempestiva allegazione in giudizio delle delibere regionali determinative dei ‘tetti di spesa’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 11) , sicché la loro produzione soggiace senz’altro al sistema delle preclusioni processuali (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 15) .
Deduce infine che la presunta conoscenza della delibera n. 1914/2000 non valeva a sollevare l’ ‘ARAGIONE_SOCIALE‘, p arte eccipiente, dalla dimostrazione del fatto impeditivo (cfr. ricorso ‘ U.B.I. ‘, pag. 16) .
Con il secondo motivo l a ricorrente ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.
Deduce che in appello, con riferimento al capo riguardante la tardività del deposito delle delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002, aveva censurato la sentenza di primo grado in relazione ad ulteriori profili in ordine ai quali la Corte di Roma non si è pronunciata (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 17) .
Deduce in ogni caso – qualora si opini nel senso che le ulteriori censure siano state implicitamente rigettate -che le delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002 non sono state pubblicate regolarmente, con le modalità di legge (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 18) ; che anzi l’ ‘A.RAGIONE_SOCIALE‘ neppure ha allegato la pubblicazione delle medesime deliberazioni (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 19) , deliberazioni che, comunque, sarebbero state da depositare in giudizio nel rispetto dei termini perentori di cui al 1° co. e al 2° co. dell’art. 184 cod. proc. civ. nel testo applicabile ratione temporis (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 1 9).
Con il terzo motivo la ricorrente ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 184 cod. proc. civ., nel testo antecedente alle modifiche di cui alla l. n. 80/2005, 194, 195 e 198 cod. proc. civ.
Deduce che le delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002 sono state acquisite nel corso della consulenza tecnica contabile e tuttavia nel corso della c.t.u. contabile l’ausiliario può esaminare documenti non prodotti in causa unicamente ‘previo consenso di tutte le parti’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 20) .
Deduce al contempo che nel corso delle operazioni peritali il proprio consulente si è opposto alla produzione di documenti ulteriori rispetto a quelli allegati nei termini di rito (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 21) , viepiù che il consenso della parte può riguardare soltanto l’allegazione dei documenti accessori e non già dei documenti concernenti i fatti posti a fondamento della domanda e delle eccezioni di merito (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 21) .
16. Con il quarto motivo la ricorrente ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 111, 6° co., Cost., dell’art. 132, 2° co., n. 4, cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.; la nullità della sentenza per omessa motivazione.
Deduce che la Corte di Roma -sebbene abbia delibato la questione della retroattività dei ‘tetti di spesa’ con riferimento all’appello della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ – nulla ha motivato in ordine alla propria censura di inapplicabilità delle delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002, in quanto emesse allorché le prestazioni sanitarie erano già state eseguite e dunque in quanto connotate da illegittimità retroattiva (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 22) .
Con il quinto motivo la ricorrent e ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 2, 5 e 8 sexies d.lgs. n. 502/1992, dell’art. 32, 8° co., d.lgs. n. 449/1997 e dell’art. 9 d.l. n. 135/1995.
Deduce in ogni caso che ha senz’altro errato la Corte di Roma, qualora si ritenga che abbia motivato in ordine alla questione della retroattività delle delibere regionali n. 1914/2000 e n. 1436/2002 alla stregua dei rilievi espressi sull’analoga questione sollevata dall’appellante ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pagg. 26 – 27) .
Deduce segnatamente che ha senza dubbio errato la Corte d’appello, allorché ha assunto che l’operatore accreditato può far affidamento sui ‘tetti di spesa’ stabiliti in precedenza (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 27) .
Deduce invero che la Regione è tenuta ad individuare preventivamente i limiti di spesa, onde consentire al privato di organizzare i propri mezzi di produzione (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pa g. 29) .
Deduce del resto che la giurisprudenza amministrativa reputa legittime le delibere determinative dei ‘tetti di spesa’, qualora sopraggiungano in ‘corso d’anno’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 29) , sicché i provvedimenti che fissano ‘tetti di spesa’ vanno assunti e portati a conoscenza dei destinatari prima della conclusione dell’esercizio finanziario di riferimento (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 30) , comunque nel rispetto dell’affidamento del privato (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 31) .
Deduce che viceversa nel caso di specie ‘i tetti di spesa’ per l’anno 2000 sono stati comunicati con nota n. 167 del 15.2.2002, cioè due anni dopo lo svolgimento delle prestazioni; ‘i tetti di spesa’ per l’anno 2001 sono stati comunicati
con nota n. 931 del 2.12.2002, cioè un anno dopo lo svolgimento delle prestazioni; ‘i tetti di spesa’ per l’anno 2002 sono stati comunicati con nota del 5.12.2003, cioè un anno dopo lo svolgimento delle prestazioni (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 32) .
Deduce al contempo che la Corte di merito avrebbe dovuto riscontrare in concreto l’affidamento della struttura sanitaria privata e in ogni caso la Corte distrettuale avrebbe dovuto disapplicare gli atti amministrativi con i quali illegittimamente si era fatto luogo alla tardiva determinazione dei ‘tetti di spesa’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 33) .
Con il sesto motivo -esperito in via subordinata – la ricorrent e ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 4, cod. proc. civ. l’omessa pronuncia, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Premette che aveva impugnato il primo dictum , siccome il Tribunale aveva erroneamente determinato la misura dei crediti ad essa spettanti nell’ambito dei ‘limiti di spesa’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 35) .
Indi deduce che la Corte di Roma nulla ha al riguardo statuito, ossia che manca una qualsivoglia decisi one sulla questione dell’erronea determinazione del credito ‘ intrabudget ‘ , e che non può sostenersi che la Corte d’appello abbia implicitamente respinto il motivo di gravame (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 38) .
Con il settimo motivo la ricorrent e ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3 e n. 4, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 2, 5 e 8 sexies d.lgs. n. 449/1997, dell’art. 32, 8° co., l. n. 449/1997, dell’art. 9 d.l. n. 135/1995, dei principi generali in materia di determinazione delle tariffe e di fissazione dei c.d. ‘tetti di spesa’ nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ.
Deduce che, qualora la Corte di Roma avesse esaminato il motivo di appello volto a far valere l’erronea quantificazione del credito ‘ intrabudget ‘, ne avrebbe certamente rilevato la fondatezza (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 39) .
Deduce dunque che la Corte distrettuale avrebbe dovuto, alla stregua delle fatture depositate in giudizio e degli esiti della c.t.u., dar atto che le spettava la maggiore somma di euro 5.757.546,37 (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 39) .
20. Con l’ottav o motivo la ricorrent e ‘U.B.I. Factor’ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione degli artt. 35 e 36 del d.P.R. n. 1063/1962, degli artt. 1321, 1322, 1372, 1362 e 1371 cod. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.
Formula le medesime doglianze addotte dalle ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con il quarto motivo del loro ricorso.
Con il nono motivo la ricorrent e ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘ denuncia ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 231/2002 e dell’art. 1321 cod. civ.
Deduce che ha errato la Corte di Roma a disconoscere a far data dall’8.8.2002 -così come richiesti – gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 (cfr. ricorso ‘U.B.I. Factor’, pag. 47) .
Deduce che ‘è al che dovrà aversi riguardo al fine di valutare l’applicabilità del regime degli interessi’ (così ricorso ‘U.B.I.’, pag. 48) e che ‘il rapporto concessorio è (…) ben distinguibile da quello di esecuzione delle prestazioni mediche’ (così ricorso ‘U.B.I.’, pag. 48) .
Riveste valenza del tutto preliminare la disamina congiunta del secondo motivo del ricorso della ‘Credac’ (e della ‘Madelon SPV’) nonché del terzo motivo e del primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, siccome concernenti i
connessi aspetti della addotta tardiva allegazione in giudizio delle delibere di fissazione dei ‘tetti di spesa’ e (il primo motivo del ricorso ‘U.B.I.’) della ‘natura’ normativa ovvero amministrativa – delle medesime delibere.
Ebbene, il secondo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) nonché il terzo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e, si aggiunge, i profili del primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) e del primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘, ove la censura concernente l’ asserita tardiva allegazione in giudizio è riflessa, sono destituiti di fondamento e da respingere alla luce dei rilievi che seguono.
Ben vero, nei rilievi seguenti restano assorbiti i profili del primo motivo del ricorso della ‘U.B.I. Factor’ e del secondo motivo del ricorso della ‘Credac’ (e della ‘Madelon SPV’) concernenti la ‘natura’ delle delibere di fissazione dei ‘tetti di spesa’ . Ancorché sia da ritenere, in verità, che la D.G.R. n. 1914/2000 e la D.G.R. n. 1436/2002 sono indiscutibilmente atti amministrativi non già normativi, in quanto prive dei connotati della generalità ed astrattezza, sicché per esse non opera i l canone ‘ iura novit curia ‘.
Senza dubbio la D.G.R. n. 1914/2000 e la D.G.R. n. 1436/2002 sono state acquisite in sede di operazioni peritali (depositate, l’una e l’altra, ‘dalla Ausl Roma 6 nel corso delle operazioni peritali’: così ricorso ‘U.B.I.’, pagg. 13 e 14; si veda anche ricorso ‘Credac’ pag. 16) .
Senza dubbio la consulenza tecnica all’uopo disposta ha avuto natura di consulenza contabile (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 20) .
Su tale scorta si evidenzia che questa Corte spiega che il consulente contabile, nei limiti delle indagini commessegli e nell’osservanza della disciplina vigente in tema di contraddittorio delle parti, può senz’altro acquisire, anche prescindendo
dall’attività di allegazione delle parti, ma sul presupposto condizionante del ‘previo consenso’ delle stesse previsto dall’art. 198, 2° co., cod. proc. civ., tutti i documenti che si rende necessario acquisire al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli, benché essi siano diretti a provare i fatti principali posti dalle parti a fondamento della domanda e delle eccezioni (cfr. Cass. (ord.) 21.2.2023, n. 5370; Cass. Sez. Un. 1.2.2022, n. 3086 (Rv. 663786-04) .
24. Orbene, si ammetta pure che il ‘previo consenso’, nella specie, non vi è stato, giacché il consulente tecnico di parte, propriamente il c.t.p. della ‘U.B.I. Factor’, ‘si oppo alla produzione di documenti ulteriori rispetto a quelli formalmente prodotti nel rispetto dei termini concessi per l’istruttoria’ (cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 21 , e ricorso ‘Credac’, pag. 16) .
Cosicché ne è scaturita una nullità relativa ex art. 157, 2° co., cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 21.2.2023, n. 5370, ove si soggiunge che dalla rilevanza del consenso in ordine all ‘ acquisizione del materiale probatorio discende che i vizi che infirmano l ‘ operato del consulente sotto tale profilo, sono fonte di nullità relativa ex art. 157, 2° co., cod. proc. civ., correlandosi ad un interesse primario ma disponibile delle parti) .
E tuttavia questa Corte spiega ulteriormente, in tema di consulenza tecnica d’ufficio, che l’eccezione di nullità relativa per illegittima utilizzazione, da parte del consulente nominato dal giudice, di documenti che non poteva invece utilizzare, non può essere utilmente formulata, al momento del loro deposito, dal consulente di parte nel corso delle operazioni peritali, ma deve essere formalmente proposta, a norma dell’art. 157, 2° co., cod. proc. civ., nella prima istanza o udienza successiva al formale d eposito dell’atto viziato – ossia la relazione del consulente tecnico d’ufficio – anche a mezzo di rinvio alla contestazione eventualmente formulata nel corso della consulenza, come nelle osservazioni
alla bozza di relazione che la parte abbia trasmesso a norma dell’ar t. 195, 3° co., cod. proc. civ. (cfr. Cass. (ord.) 15.11.2023, n. 31744) .
Ebbene, nella specie, le ricorrenti si sono, nei rispettivi ricorsi, limitate ad addurre che il consulente di parte della ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE‘ ebbe ad opporsi alla produzione delle D.G.R. nel verbale delle operazioni peritali del 18 gennaio 2011 allegato alla consulenza tecnica d’ufficio (cfr. ricorso ‘U.B.I.’ pag. 21; ricorso ‘Credac’, pag. 16) .
Dunque , né le une né l’altra ricorrente hanno addotto in termini specifici ed ‘autosufficienti’ di aver in prime cure ritualmente eccepito la nullità relativa ex art. 157, 2° co., cod. proc. civ. correlata al difetto del loro ‘previo consenso’ ex art. 198, 2° co., cod. proc. civ. nella prima istanza o udienza successiva al formale deposito della relazione di c.t.u., eventualmente mercé rinvio alla contestazione dapprima formulata.
In parte qua , quindi, vanno appieno condivisi e recepiti i rilievi formulati dal P.M. nelle proprie conclusioni scritte (cfr. pag. 6) .
Non sfugge, in verità, che in memoria le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ hanno addotto che la contestazione formulata in sede di operazioni peritali dal consulente tecnico di parte è stata reiterata ‘dal difensore, con le note critiche alla CTU (del 1315 luglio 2010), fatte proprie dal legale all’udienza del 22 dicembre 2010, con contestazione reiterata all’udienza di precisazione delle conclusioni del 18 maggio 2011 (…)’ (così memoria ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 2) .
E parimenti la ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE ha in memoria (recte, nella seconda memoria, depositata ‘al fine di sopperire ad un errore materiale’ che aveva inficiato la pregressa memoria, ove era stata indicata l’udienza del 22.12.2010 anziché quella del 29.9.2010) , addotto che ‘nell’udienza del 29 settembre 2010
(e cioè la prima successiva al deposito della perizia) ‘, note con le quali si era eccepito che l’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ aveva allegato l’ ‘ esistenza di un tetto determinato a distanza di anni dall’erogazione delle prestazioni (sulla base di mere comunicazioni, tra l’altro prodotte tardivamente al di fuori dei termini perentori di cui all’art. 184 c.p.c. e solo in sede di operazioni peritali (…) ‘ (cfr. seconda memoria ‘U.B.I.’, pagg. 6 -7) .
Per giunta, in memoria, la ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ha prospettato che, qualora si assuma che ‘la dimostrazione dell’eccepita nullità (…) sia compiuta in violazione dell’art. 372 cod. proc. civ. e del principio di autosufficienza’ (così seconda memoria ‘RAGIONE_SOCIALE‘ , pag. 8) , vi sarebbe margine perché questa Corte disponga, all’occorrenza, in linea con i postulati del ‘ prospective overruling ‘.
Più esattamente, ha prospettato che ‘al tempo di redazione del ricorso (anno 2019), vigeva orientamento della giurisprudenza di legittimità, in forza del quale, anche in caso di consulenza tecnica contabile, il consulente non poteva considerare documenti nuovi, sottopostigli dalle parti e relativi a fatti (…). E ciò a prescindere dall’eventuale consenso prestato dalla parte . Tale orientamento venne mutato con decisione delle Sezioni Unite 1° febbraio 2022, n. 3086 ‘ (così seconda memoria ‘U.B.I.’ , pag. 8) .
Cosicché -conclude -o è da escludere l’applicabilità dell’orientamento giurisp rudenziale sopravvenuto, riflesso dall’insegnamento delle Sezioni Unite n. 3086/2022, o è da consentire ad essa ricorrente di dar ragione, così come adduce di aver dato ragione al paragrafo 1.5 della memoria, della tempestiva denuncia nella prima difesa utile dell’illegittimità della consulenza tecnica (cfr. seconda memoria ‘U.B.I.’ , pag. 11) .
È fuor di dubbio che nel giudizio civile di legittimità con le memorie non è possibile specificare o integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con il ricorso ovvero con il controricorso, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte (cfr. Cass. Sez. Un. 15.5.2006, n. 11097) .
È fuor di dubbio poi che gli oneri correlati alla regola dell’ ‘autosufficienza’ sono da assolvere con il ricorso per cassazione, sicché a nulla rileva che le necessarie specificazioni siano state operate con la memoria (cfr. Cass. 10.10. 2000, n. 13483; Cass. 7.5.2005, n. 7260) .
28. In questi termini non riveste valenza alcuna che le ricorren ti ‘Credac’ e ‘Madelon RAGIONE_SOCIALE‘ e che la ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE‘ abbiano nelle rispettive memorie puntualizzato -puntualizzazione non rinvenibile nei rispettivi ricorsi – che l’opposizione all’acquisizione dell’ulteriore documentazione formalizzata nel verbale delle operazioni peritali del 18.1.2011 fosse stata reiterata dai loro difensori nel corso della prima udienza successiva.
E ciò viepiù alla luce della patente divergenza intercorrente tra la memoria delle ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e la memoria in rettifica della ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE, siccome nella prima la prima udienza utile è identificata con l’udienza del 22.12.2010 e nella seconda la prima udienza utile è in esito alla correzione all’uopo apportata -identificata con l’udienza del 29.9.2 010.
29. In pari tempo, ingiustificatamente la ‘U.B.I. Factor’ invoca l’elaborazione in tema di ‘ prospective overruling ‘, affinché si reputi legittimo l’assolvimento da parte sua in memoria dell’onere di specificità -‘autosufficienza’.
Vero è che le indicazioni di cui alla pronuncia n. 3086 del 2022 delle Sezioni Unite di questa Corte sono successive alla proposizione del ricorso per cassazione.
E tuttavia è stata la stessa ‘U.B.I. Factor’ ad addurre che aveva comunque provveduto a formulare ritualmente l’eccezione di nullità relativa, sicché nulla ostava -e di certo non vi ostava la più rigorosa elaborazione giurisprudenziale antecedente al dictum n. 3086/2022 delle Sezioni Unite (ovvero l’ ‘insuperabilità del divieto di introdurre, anche in caso di consulenza tecnica contabile ed a prescindere dal consenso (…), nuovi documenti relativi a fatti ‘: così seconda memoria ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 9) -a che ne fornisse con il ricorso per cassazione rapprese ntazione specifica ed ‘autosufficiente’ (cfr. Cass. Sez. Un. 12.2.2019, n. 4135 (Rv. 65285201), secondo cui il ‘prospective overruling’ non è invocabile nell’ipotesi in cui il nuovo indirizzo giurisprudenziale di legittimità sia ampliativo di facoltà e poteri processuali che la parte non abbia esercitato per un ‘ erronea interpretazione delle norme processuali in senso autolimitativo, non indotta dalla giurisprudenza di legittimità, derivando l’effetto pregiudizievole direttamente ed esclusivamente dall’errore interpretativo della parte).
Nei rilievi tutti in precedenza svolti resta evidentemente assorbita la censura di omessa pronuncia, di ‘violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato’, veicolata dal secondo motivo del ricorso della ‘U.B.I. Factor’ con riferimento alla violazione dell’art. 198 cod. proc. civ., che ‘consente il deposito di documenti nuovi nel corso dello svolgimento della consulenza tecnica d’ufficio contabile soltanto ove si dia il consenso di tutte le parti: consenso mancante nel caso in esam e’ (così ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 17) .
31. Si impone l’esame del primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) nonché del quarto e quinto motivo del ricorso della ‘U.B.I. Fac-
tor’, concernenti il profilo della asserita illegittima retroattività delle delibere n. 1914/2000 e n. 1436/2001 di fissazione dei ‘tetti di spesa’, rispettivamente, per gli anni 2000 e 2001.
Il quarto motivo del ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘ va respinto previamente.
Del tutto ingiustificata è la denuncia di omessa motivazione.
La Corte di Roma, invero, ha nell’ incipit della disamina dell’appello della ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘ dato atto che la medesima società aveva ‘proposto motivi perfettamente sovrapponibili a quelli proposti dalle altre appellanti’ (così sentenza d’appello, pag. 8) .
In tal guisa il rilievo motivazionale dapprima formulato dalla Corte romana in ordine all’appello della ‘ RAGIONE_SOCIALE sulla scorta dell’elaborazione giurisprudenziale del Consiglio di Stato (‘contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante (…) l’adozione delle delibere di individuazione dei tetti di spesa in epoca successiva all’erogazione delle prestazioni non osta alla loro opponibilità al soggetto accreditato’: così sentenza d’appello, pag. 6) deve intendersi riferito pur all’appello de lla ‘RAGIONE_SOCIALE‘ .
Il primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) ed il quinto motivo del ricorso della ‘U.B.I. Factor’ sono del pari destituiti di fondamento e da respingere alla stregua dei rilievi che seguono.
È imprescindibile il rinvio alla elaborazione del Consiglio di Stato.
34.1. Con sentenza n. 4080 del 21.4.2023 la terza sezione del Consiglio di Stato ha fatto luogo alle seguenti puntualizzazioni.
Ovvero che <> .
Ovvero che, <> .
Ovvero che <>.
34.2. Con sentenza n. 3675 del 10.5.2021 -sullo specifico terreno della regressione tariffaria – la terza sezione del Consiglio di Stato ha fatto luogo alle seguenti puntualizzazioni.
Ovvero che << risulta ormai definitivamente acclarato (…), che è ' legittimo un controllo ed una rideterminazione del fatturato ammesso a remunerazione esercitati anche in tempi non strettamente prossimi all'anno oggetto della disposta regressione, purché possa considerarsi esercitato il potere in tempi ragionevoli ' (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207; id., 16 gennaio
2013, n. 248). Invero, è lo stesso sistema a comportare necessariamente la retroattività delle riduzioni della remunerazione, la cui misura non può che essere determinata quantomeno nell’anno successivo, ossia quando siano noti i dati contabili relativi ai valori delle prestazioni effettuate e sia possibile confrontarli con le risorse finanziarie disponibili>> (cfr. altresì Consiglio di Stato, sez. VI, 4.6.2024, n. 5010, ove in motivazione è espressamente richiamata la sentenza n. 3675/2021) .
35. In questi termini è da escludere l’illegittimità del la D.G.R. n. 1914 del 4.8.2000.
Evidentemente, allorché l ‘anzidetta delibera è sopraggiunta, il secondo semestre dell’anno 2000 aveva avuto inizio da poche settimane, cosicché la ‘Casa di Cura San Raffaele di Velletri’ ha avuto ampia facoltà di riprogrammare tempestivamente la propria attività in linea con i nuovi limiti di spesa e non vi era dunque margine perché facesse ragionevole affidamento sull’erogabilità e retribuibilità dell’intero volume di prestazioni sanitarie erogate e re munerate nell’esercizio precedente.
Invano, quindi, le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e ‘RAGIONE_SOCIALE‘ adducono che non vi era possibilità alcuna di far riferimento al ‘tetto di spesa’ per l’anno precedente, siccome l’ ‘ARAGIONE_SOCIALE‘ non ha né allegato né provato la sussistenza di ‘tetti di spesa’ per l’anno 1999 (cfr. ricorso ‘Credac’, pag. 14) .
Negli anzidetti termini del pari la D.G.R. n. 1436 del 31.10.2002 non può reputarsi illegittima.
Vero è che la delibera suddetta è sopraggiunta allorché era decorso l’anno di riferimento e tuttavia il tempo trascorso non risulta assolutamente sproporzionato.
In ogni caso, si è premesso , ‘ il ritardo nella sua adozione non è tale da comportare, di per sé, alcuna decadenza nell’esercizio della funzione ammin istrativa de qua ‘.
36. D’altro canto, lo si è parimenti detto, ‘ il carattere autoritativo e pubblicistico della potestà programmatoria regionale esclude (..) che il mancato o ritardato adempimento di incombenti di natura procedimentale (…) facciano venir meno la potestà dell’amministrazione ‘.
E ciò tanto più che l’organo di vertice della giustizia amministrativa ha spiegato ulteriormente quanto segue.
Ovvero che <> (cfr. controricorso avverso ricorso ‘ Credac ‘, pag. 5 , e controricorso
avverso ricorso ‘U.B.I.’, pag. 10, ove si rimarca che la previa tempestiva verifica dell’apposizione o meno dei budget rappresenta ‘il presupposto del funzionamento del sistema di convenzionamento del privato con il SSN’ ) .
In tal guisa invano e le une e l’altra ricorrente adducono che hanno ricevuto tardiva comunicazione delle delibere di fissazione dei ‘tetti di spesa’.
Nei rilievi tutti in precedenza svolti – e che inducono, lo si è premesso, al rigetto del primo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘Madelon SPV’) e del quinto motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ – resta assorbita la censura di omessa pronuncia, di ‘violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato’, veicolata dal secondo motivo del ricorso della stessa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con riferimento alla deduzione per cui ‘le deliberazioni, poste dall’Ente territoriale a fondamento della propria eccezione, non risultavano affatto (quanto meno per l’anno 2000) ‘ (così ricorso ‘U.B.I.’, pag. 1 8) .
Il sesto motivo del ricorso della ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE‘ è inammissibile. Nelle ragioni che ne segnano l’inammissibilità, resta assorbita la disamina del settimo motivo del ricorso della stessa ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE‘.
Con i l sesto mezzo la ‘U.RAGIONE_SOCIALE ha denunciato una omissione di pronuncia in ordine al motivo d’appello con cui si era censurato il primo dictum relativamente alla quantificazione del credito maturato nell’ambito dei ‘tetti di spesa’.
Le Sezioni Unite (cfr. Cass. Sez. Un. n. 17931 del 24.7.2013) spiegano che, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte dell’impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui al
n. 4 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ., con riguardo all’art. 112 cod. proc. civ., purché il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorché sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (cfr. altresì Cass. 29.11.2016, n. 24247; Cass. (ord.) 7.5.2018, n. 10862) .
Ebbene, la ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE ha, sì, richiamato nella rubrica del sesto mezzo la prefigurazione del n. 4 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. e tuttavia né nella rubrica del motivo né nel corpo del motivo ha denunciato la nullità del secondo dictum in dipendenza, appunto, dell’addotta omissione di pronuncia.
40. Non p uò non darsi atto, in ogni caso, che con il settimo mezzo la ‘U.B.I. Factor’ si duole giacché la Corte d’appello , ai fini della quantificazione in euro 5.757.546,37 anziché in euro 5.027.734,24 dei crediti per riabilitazione e lungodegenza relativi all’anno 2001 (trattasi del profilo oggetto della presunta omissione di pronuncia denunciata con il sesto mezzo) , non ha tenuto conto ovvero ha erroneamente tenuto conto ‘delle fatture depositate in giudizio, e dei risultati della consulenza tecnica di ufficio’ (così ricorso ‘U.B.I.’, pag. 39) .
E tuttavia l’omesso esame di elementi istruttori che di certo non sostanzia un ‘ error in procedendo ‘ – non integra il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n 27415; cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404).
E tuttavia -inoltre -il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma
dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ., né in quello del precedente n. 4, disposizione che per il tramite dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9. 2018, n. 23153; Cass. (ord.) 19.7.2021, n. 20553) .
Va esaminato il terzo motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (e della ‘RAGIONE_SOCIALE‘) ; il motivo è privo di fondamento e va respinto.
Va premesso che le ricorrenti, in spregio ai canoni di specificità ed ‘autosufficienza’ ex art. 366, 1° co., n. 4 e n. 6, cod. proc. civ., non hanno provveduto, a rigore, a riprodurre nel corpo del ricorso il testo delle delibere n. 2499/1997 e n. 8668/1998, delibere alla cui erronea interpretazione (‘ora, dall’esame letterale delle suddette deliberazioni si evince che (…)’: così ricorso ‘Credac’, pag. 19) hanno correlat o l’ asserito erroneo vaglio della delibera n. 51/2002.
In ogni caso, il mezzo in disamina veicola sicuramente una ‘ quaestio ‘ ermeneutica con riferimento ad atti amministrativi.
Cosicché viene in rilievo l’elaborazione di questa Corte.
Ovvero l’insegnamento secondo cui l’interpretazione dell’atto amministrativo a contenuto non normativo -è il caso de quo -risolvendosi nell’accertamento della volontà della P.A., è riservata al giudice di merito e soggiace alle regole dell’interpretazione dei contratti (cfr. Cass. Sez. Un. 25.7.2019, n. 20181; Cass. (ord.) 23.2.2022, n. 5966; Cass. sez. lav. 23.7.2010, n. 17367) .
Ovvero l’insegnamento secondo cui l’interpretazione dell’atto amministrativo, traducendosi in un’operazione di accertamento della volontà della P.A., si sostanzia in un’indagine ‘di fatto’ demandata al giudice di merito, censurabile in
cassazione ex art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. per violazione delle regole ermeneutiche ovvero ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti (cfr. Cass. sez. lav. 4.4. 2022, n. 10745) .
Ovvero l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono consistere in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice, che si risolva nella mera contrapposizione di una differente interpretazione (cfr. Cass. 22.2.2007, n. 4178; cfr. Cass. 2.5.2006, n. 10131. Cfr. altresì Cass. (ord.) n. 5966/2022; Cass. sez. lav. n. 17367/2010 cit., secondo cui, con riferimento all’interpretazione di un atto amministrativo, l’ individuazion e della volontà dell’ente pu bblico è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno della decisione siano diverse da quelle della parte, bensì allorché esse si rivelino insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica) .
44. Nel solco delle enunciate indicazioni giurisprudenziali l’interpretazione che la Corte di Roma ha delle delibere de quibus operato, è ineccepibile sul piano della correttezza giuridica, ossia non diverge da alcun criterio legale di ermeneutica contrattuale, ed è sorretta da motivazione immune da qualsivoglia ‘anomalia’ suscettibile , giusta la statuizione n. 8053 del 7.4.2014 delle Sezioni Unite di questa Corte, di acquisir significato in rapporto alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ.
D’altra parte, gli assunti delle ricorrenti ‘Credac’ e ‘Madelon SPV’ si risolvono tout court nella maggiore plausibilità della prospettata antitetica interpretazione delle delibere de quibus (cfr. controricorso avverso ricorso ‘ Credac ‘, pag. 16) .
45. COGNOME o disaminati congiuntamente, siccome all’evidenza connessi, il quarto motivo del ricorso della ‘Credac’ (e della ‘Madelon SVP) e l’ottavo motivo
del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE. I motivi anzidetti analogamente sono destituiti di fondamento e da respingere.
46. È stato dalla Corte distrettuale, all’evidenza , formulato ad abundantiam il rilievo ‘anche a non voler considerare che tale delibera è stata dalla Regione revocata con successiva delibera n. 3081/98’ (così sentenza d’appello, pag. 9) .
In tal guisa le ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e RAGIONE_SOCIALE non hanno propriamente interesse ad addurre che ‘sarebbe del tutto irrilevante l’abrogazione (…) della delibera 7279/90 in forza della successiva n. 3081/98, poiché tal ultima delibera è atto unilaterale ( …) inidoneo (…) ad escludere la permanente validità ed efficacia dell’accordo’ (così ricorso ‘RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 29. Analogamente in tal senso cfr. ricorso ‘U.B.I.’, pag. 44) .
Sovviene propriamente l’insegnamento di questa Corte a tenor del quale è inammissibile, in sede di giudizio di legittimità, il motivo di ricorso che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ‘ ad abundantiam ‘ e pertanto non costituente una ‘ ratio decidendi ‘ della medesima (cfr. Cass. (ord.) 10.4.2018, n. 8755) .
47. In pari tempo, allorché fanno leva sull’ ‘inequivoco tenore letterale’ , che ‘non lascia spazio a dubbi di sorta’, dell’accordo in data 29.3.1990 onde negare valenza al difetto di prova dell’adesione all’accordo stesso da parte della ‘RAGIONE_SOCIALE Velletri’ ed hanno assunto ulteriormente che la Corte territoriale ha fatto luogo ad ‘un’erronea lettura dell’accordo 29 marzo 1990 ‘ -‘quanto alla mancata prova della della casa di cura alle ‘ (così ricorso ‘Credac’, pag. 30, e ricorso ‘U.B.I.’, pag. 45) -similmente e le une e l’altra ricorrente prospettano una ‘ quaestio ‘ ermeneutica in ordine, appunto, all’accordo del 29.3.1990.
48. In tal guisa soccorre l’elaborazione già menzionata -di questa Corte.
O ssia l’insegnamento secondo cui l’interpretazione del contratto si risolve in una indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. ovvero ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ.
Ossia l’insegnamento secondo cui né la censura ex n. 3 né la censura ex n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ. possono risolversi in una critica tout court del risultato interpretativo raggiunto dal giudice.
Nel solco della summenzionata elaborazione non può che postularsi quanto segue (cfr. controricorso avverso ricorso ‘ Credac ‘, pag. 18) .
Da un canto, l’interpretazione patrocinata dalla Corte capitolina è pur in parte qua – ineccepibile in diritto e immune da vizi suscettibili di assumer rilievo in relazione alla previsione del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ.
D’altro canto, le prospettazioni delle ricorrenti si sostanziano sic et simpliciter nell’asserita maggiore plausibilità della pr efigurata antitetica interpretazione dell’accordo del 29.3.1990 (‘in altri termini, secondo tale pattuizione, le Case di Cura che avessero atteso (…)’: così ricorso ‘Credac’, pag. 32 ) .
50. Va esa minato da ultimo il nono motivo del ricorso della ‘RAGIONE_SOCIALE‘. Il motivo è egualmente privo di fondamento e da respingere.
Si è dato conto in precedenza -in sede di illustrazione delle motivazioni dell’impugnat o dictum -delle ragioni in virtù delle quali la Corte di Roma ha denegato gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 e, prim’ancora , si è dato conto della proiezione del motivo di gravame che al riguardo l’ ‘U.B.IRAGIONE_SOCIALE‘ aveva sp iegato.
Ordunque, è ben evidente che le ragioni addotte dall’ ‘U.B.I. Factor’ con il motivo di ricorso in disamina, per un verso, non riflettono puntualmente le ragioni di do glianza esperite con il motivo d’appello ; per altro verso, non si correlano, non censurano puntualmente i rilievi cui, in parte qua , la Corte di seconde cure ha ancorato la sua statuizione.
52. In ogni caso, i crediti per cui è controversia, afferiscono a prestazioni eseguite antecedentemente all’8.8.2002.
L a circostanza è riconosciuta esplicitamente dalla stessa ‘U.B.I. Factor’: ‘sebbene i crediti oggi fatti valere siano sorti in epoca anteriore all’8 agosto 2002, derivano dall’esecuzione remunerat a secondo deliberazioni tariffarie successive a tale data’ (così ricorso ‘U.B.I.’ pag. 48) .
Su tale scorta va condiviso e recepito il dirimente rilievo della controricorrente, a tenor del quale ‘i crediti oggetto del presente giudizio sono tutti sorti ben prima dell’8.8.2002, data a partire dalla quale l’art. 11 del D.Lgs. n. 231 del 2002 fa decorrere l’applicazione del medesimo decreto’ (così controricorso avverso ricorso ‘U.B.I.’, pag. 25) .
53. Più esattamente il 1° co. dell’art. 11 rubricato ‘disposizioni transitorie e finali’ del dec. lgs. n. 231/2002 così recita: ‘le disposizioni del presente decreto non si applicano ai contratti conclusi prima dell’8 agosto 2002’.
Ebbene, innegabilmente il rapporto contrattuale tra la ‘RAGIONE_SOCIALE, gestore della ‘RAGIONE_SOCIALE Velletri’, ed il Servizio Sanitario Regionale aveva avuto inizio in epoca antecedente all’8.8. 2002.
Ed in epoca antecedente, per giunta, sono state eseguite -lo si è detto – le prestazioni de quibus agitur .
Né a smentire tale riscontro può soccorrere l’assunto della ricorrente ‘U.B.RAGIONE_SOCIALE. Factor ‘ secondo cui il rapporto contrattuale, avente ad oggetto lo svolgimento delle prestazioni mediche, ‘si rinnova di anno in anno a seguito dell’emanazione delle tariffe regionali, della determinazione del tipo di prestazioni, della loro quantità e modalità di esecuzione (…)’ (così ricorso ‘U.RAGIONE_SOCIALE‘, pag. 4 8) .
54. La tematica dei ‘tetti di spesa’ è stata oggetto di elaborata e complessa riflessione in special modo in seno alla giurisprudenza amministrativa.
Si giustifica perciò l’integrale compensazione delle spese del presente giudizio di legittimità tra le parti tutte costituite.
La ‘RAGIONE_SOCIALE in liquidazione non ha svolto difese. Nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va in ogni caso nei suoi confronti assunta.
55. Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE quest’ultime con vincolo solidale, e da parte della ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. Sez. Un. 20.2.2020, n. 4315) .
P.Q.M.
La Corte così provvede:
rigetta il ri corso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla ‘RAGIONE_SOCIALE; rigetta il ricorso proposto dalla ‘RAGIONE_SOCIALE;
compensa integralmente tra le parti tutte costituite le spese del presente giudizio di legittimità;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti ‘RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto;
dà atto, ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.P.R. n. 115/2002 della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente ‘RAGIONE_SOCIALE.p.a. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ex art. 13, 1° co. bis , d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte