Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15832 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15832 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27331/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME NOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO presso la Cancelleria della Corte di cassazione;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO COGNOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO COGNOME;
-controricorrenti- nonché contro
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-intimati-
per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Lecce n. 333/2020, depositata il 16 aprile 2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15
maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con atto di citazione, ritualmente notificato, i coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, dinanzi al Tribunale di Brindisi, esponendo di essere proprietari, in comunione pro indiviso , di alcuni appezzamenti di terreno, ubicati a monte della fascia costiera del territorio di Ostuni e della S.S. 379, c.da Pezza Caldaia; che tutti gli immobili erano pervenuti per successione di NOME COGNOME deceduta il 21 marzo 1984, che li aveva istituiti eredi universali con testamento pubblico; che erano poi venuti a conoscenza che NOME COGNOME aveva fatto pubblicare un testamento olografo assertivamente attribuito a NOME COGNOME, datato maggio 1971, con cui sarebbe stato istituito suo erede universale e che, da ultimo, avrebbe trasferito in vendita l’ appezzamento a valle della S.S. 379, p.lle 82 e 88, a NOME COGNOME; deducevano quindi l’assoluta nullità o inefficacia del l’ atto di vendita in quanto il COGNOME COGNOME poteva validamente disp orre dell’immobile, dato che il preteso testamento olografo era palesemente falso e, pertanto, dichiaravano di disconoscerlo e impugnarlo; in subordine, nella denegata ipotesi in cui fosse autentico, ne contestavano la nullità per incompletezza della data mancante e dell’indicazion e del giorno di sottoscrizione; in via ulteriormente subordinata, evidenziavano come ogni preteso diritto sull ‘eredità di NOME COGNOME, al momento della pubblicazione (17 novembre 2006), sarebbe comunque prescritto per mancanza di accettazione dell’eredità nel termine decennale stabilito dall’art. 480 cod. civ. e, in ultima analisi, avendo avuto a vario titolo il possesso
di tutti i cespiti fin dal novembre 1969, ne avrebbero acquistato la proprietà per usucapione. Concludevano perché, in ogni caso, fosse accertata la loro esclusiva proprietà sugli immobili sopraindicati e l’esclusione di ogni diritto di NOME COGNOME NOME e conseguentemente di NOME COGNOME; il tutto con vittoria delle spese di lite.
Nel procedimento, iscritto al n. 3115/08 R.G., si costituiva NOME COGNOME proponendo domanda riconvenzionale con cui si dichiarava estraneo a qualunque rapporto tra gli attori e il COGNOME e rappresentava di aver acquistato in buona fede l’ immobile oggetto di causa dal soggetto giuridico che ne risultava proprietario e ne aveva il possesso, pagandone il prezzo di euro 52.000,00, superiore alla quotazione di mercato; onde chiedeva, in via preliminare, di essere estromesso dal giudizio; in subordine, dispiegava domanda riconvenzionale nei confronti del convenuto COGNOME al fine di ottenere il risarcimento del danno qualora avesse subito l’evizione totale dell’immobile .
Con distinto atto di citazione, il COGNOME, rimasto contumace nel procedimento n. 3115/08 R.G., conveniva in giudizio i coniugi COGNOME con i loro figli, NOME e NOME COGNOME, chiedendo al Tribunale di Brindisi di pronunciare l’annullamento del precedente testamento di NOME COGNOME del 12 novembre 1969, nella parte in cui sarebbe risultato incompatibile con l ‘istituzione di erede in suo favore con il secondo testamento, pubblicato in data 17 novembre 2006, e accertarsi la sua qualità di proprietario iure ereditatis dei beni, per l’intero o per la quota che gli sarebbe stata riconosciuta di diritto, che sarebbe stato accertato in corso di causa essere caduti in successione.
Instauratosi il contraddittorio, nel secondo giudizio (n. 3219/08 R.G.) si costituivano i germani COGNOME e i loro genitori i quali, riproducendo la narrazione dei fatti già rappresentati dagli stessi coniugi COGNOME nel loro atto di citazione, contrastavano la
domanda attorea e spiegavano domanda riconvenzionale chiedendo all’adito Tribunale di rigettare la domanda del COGNOME poiché inammissibile, improcedibile e infondata.
Riuniti i due procedimenti (n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. e n. NUMERO_DOCUMENTO R.G.), veniva disposta una consulenza tecnica d’ufficio e si procedeva all’assunzione della prova testimoniale. Nel corso dell’istruttoria, veniva prodotta copia della relazione della consulenza grafologica espletata sul testamento olografo datato maggio 1971, attribuito a NOME COGNOME, eseguita nel procedimento penale contro NOME COGNOME NOME COGNOME ed altri; da ultimo, veniva versata in atti copia del dispositivo, nonché della sentenza penale del Tribunale di Brindisi n. 3192/14 con cui, tra l’altro, era stata dichiarata la falsità del testamento olografo ed era stato condannato NOME COGNOME NOME COGNOME.
Il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 1621/2015 del 24 settembre 2015, dichiarava inesistente e, comunque, inefficace perché falso, il testamento olografo attribuito a NOME COGNOME, datato DATA_NASCITA, pubblicato in data 17 novembre 2006, e, per l’effetto, ordinava di procedere alla cancellazione della sua trascrizione; dichiarava e riconosceva l ‘ inesistenza e la non opponibilità agli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’effetto traslativo dell’atto pubblico di vendita per mancanza di titolarità del bene e per carenza della legittimazione al negozio stipulato da parte di NOME, con cancellazione della relativa trascrizione; in accoglimento della domanda riconvenzionale spiegata da NOME COGNOME nei confronti di NOME condannava quest’ultimo al risarcimento del danno, che si liquidava in euro 85.682,00, quale valore dell’area acquisi ta dal COGNOME con l’atto pubblico di vendita, intercorso tra le parti; condannava i convenuti COGNOME e COGNOME, in solido tra loro, alle spese di giudizio in favore degli attori e condannava il COGNOME al pagamento delle spese processuali in
favore di NOME COGNOME, ponendo le spese di c.t.u. definitivamente a carico del COGNOME e del COGNOME.
–NOME COGNOME interponeva appello.
Instauratosi il contradditorio, si costituivano i coniugi COGNOME e i germani NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendo, in via preliminare, l’interruzione del procedimento per la morte di NOME COGNOME.
Il processo veniva interrotto e, successivamente, riattivato per iniziativa dell’appellante.
Si costituiva, altresì, NOME COGNOME.
La Corte di appello di Lecce ha rigettato l’impugnazione, condannando l’appellante al rimborso delle spese del gravame in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dichiarando irripetibili le spese nei confronti degli eredi di NOME COGNOME. Le spese tra l’appellante e NOME COGNOME NOME COGNOME sono state integralmente compensate.
-Il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto attività difensiva.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
I controricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo di ricorso (art. 360 n. 5 cod. proc. civ.: violazione o falsa applicazione di legge. Violazione del l’ art. 292 cod. proc. civ.) parte ricorrente richiede la cassazione della sentenza per quanto ha confermato la sentenza del Tribunale di Brindisi n. 1621/15 relativamente alla sua condanna al risarcimento del danno
in favore di NOME COGNOME da questi preteso in via riconvenzionale nel giudizio di primo grado. Sostiene il ricorrente che il secondo giudice avrebbe errato per non aver rilevato il difetto di contraddittorio verificatosi nel giudizio innanzi al Tribunale, tra esso COGNOME e NOME COGNOME, entrambi convenuti dai coniugi NOME COGNOME e NOME COGNOME nel procedimento n. 3115/08 R.G., riguardo alla domanda riconvenzionale dello stesso COGNOME. Tale domanda, formulata in quel procedimento, sarebbe stata introdotta irritualmente, in violazione dell’art. 167 cod. proc. civ., non essendo stata tempestivamente notificata al COGNOME rimasto contumace, quand’anche egli fosse attore nel procedimento n. 3219/08 R.G., instaurato nei confronti dei coniugi COGNOME e poi riunito a quello n. 3115/08 R.G.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Le comparse contenenti domande riconvenzionali devono essere notificate alla parte rimasta contumace, qualora siano dirette contro la stessa o in qualche modo la coinvolgano, ma, trattandosi di obbligo stabilito nell’interesse esclusivo di quest’ultima, la nullità conseguente alla mancata notifica può essere eccepita soltanto dal contumace successivamente costituitosi o da lui fatta valere con uno specifico motivo d’impugnazione della sentenza e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice (Cass., Sez. VI-4, 9 aprile 2018, n. 8697; Cass., Sez. II, 17 giugno 2010, n. 14625; Cass., Sez. III, 25 febbraio 2004, n. 3817).
Nella specie non risulta che la nullità sia stata dedotta né in primo, a seguito della riunione dei due procedimenti, né in secondo grado, quando la parte avrebbe dovuto tempestivamente farla valere, venendo qui tardivamente prospettata dinanzi la Corte di cassazione. Né d’altronde alcun pregiudizio risulta essere stato subito dal ricorrente che ha svolto le sue difese.
Pavimenti inammissibile è la doglianza sotto la violazione dell ‘ art. 360 n. 5 cod. proc. civ., non essendovi nella specie un fatto storico omesso.
-Con il secondo motivo di doglianza si deduce la violazione dell ‘ art. 360 n. 5 cod. proc. civ. Violazione o falsa applicazione di legge. Erronea applicazione dell’art. 534 cod. proc. civ. Il ricorrente muove censura alla sentenza della Corte di appello di Lecce sul punto della conferma della responsabilità e conseguenziale condanna a suo carico per i danni patiti da NOME COGNOME in esito all’ invalidazione giudiziaria della vendita immobiliare. Sostiene il ricorrente che la vicenda relativa all’immobile in questione non sarebb e stata sufficientemente esaminata dal giudice poiché l’acquisto del bene da parte del COGNOME sarebbe stato legittimo e opponibile ai COGNOME, data l’ apparente validità del titolo di proprietà; tanto sia per l’ assenza dei COGNOME nella linea continua di trascrizioni a suo favore, sia per la situazione di materiale possesso esercitato sull’appezzamento oggetto della vendita.
2. -Il motivo è inammissibile.
Riguardo alla violazione dell ‘ art. 360 n. 5 cod. proc. civ. si è di fronte a una ipotesi di c.d. doppia conforme (Cass., Sez. II, del 12 novembre 2019 n. 29222), poiché nei due gradi di merito le “questioni di fatto” sono state decise in base alle “stesse ragioni”.
La doglianza, peraltro, non coglie la ratio della decisione, giacché la Corte di appello ha rigettato l’impugnazione sul presupposto della mancanza di prova della buona fede incolpevole da parte del terzo al momento dell’acquisto dei terreni.
Al riguardo, si mira a una inammissibile rivalutazione del merito, mentre il richiamo a disposizioni riguardanti beni mobili soggetti ad iscrizione nei pubblici registri non risulta rilevante nella fattispecie.
3. -Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è stato rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore dei controricorrenti, in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione