Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 194 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 194 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22434-2023 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 883/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 28/03/2023 R.G.N. 1137/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
05/12/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
P.D.A.
R.G.N. 22434/2023
COGNOME
Rep.
Ud.05/12/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata in data 28 marzo 2023, ha respinto l’appello proposto da COGNOME Marina nei confronti di COGNOME NOME avverso la sentenza n. 657/2019 del Tribunale di Civitavecchia;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la soccombente, con atto notificato a mezzo PEC in data 29 ottobre 2023; non ha svolto attività difensiva l’intimato;
la Presidente delegata ha proposto la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., rilevando l’inammissibilità del ricorso in quanto notificato oltre il termine di impugnazione di cui all’art. 327 c.p.c.;
la ricorrente, tramite difensore munito di nuova procura speciale, ha depositato nei termini istanza per chiedere la decisione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.; è stato, quindi, instaurato il procedimento in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c.;
la ricorrente non ha comunicato alcuna memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. il ricorso è inammissibile;
la proposta di definizione accelerata ha condivisibilmente osservato quanto segue;
secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, per i termini mensili o annuali, fra i quali è compreso quello di decadenza dall’impugnazione ex art 327 cod. proc. civ., si osserva, a norma degli artt. 155, secondo comma, cod. proc.
civ. e 2963, quarto comma, cod. civ., il sistema della computazione civile ex nominatione dierum , nel senso che il decorso del tempo si ha, indipendentemente dall’effettivo numero dei giorni compresi nel rispettivo periodo, allo spirare del giorno corrispondente a quello del mese iniziale (Cass. 22518 del 2023; Cass. n. 35570 del 2023; Cass. n. 17313 del 2018);
pertanto, il termine scade nell’ultimo istante del giorno del mese corrispondente a quello in cui il fatto si è verificato, dovendosi considerare il giorno del mese iniziale quale riferimento per determinare il giorno di scadenza;
nel caso in cui la notificazione avvenga, come nella specie, a mezzo di posta elettronica certificata (P.E.C.), la notificazione è tempestiva quando la generazione della ricevuta di accettazione è avvenuta entro la ventiquattresima ora dell’ultimo giorno utile per la proposizione dell’impugnazione e, cioè, entro le ore 23:59:59 (Cass. n. 1519 del 18 gennaio 2023);
nel caso in esame, trattandosi di giudizio introdotto in primo grado successivamente al 4.07.2009, è applicabile il termine lungo semestrale di impugnazione, come modificato dalla l. n. 69/2009 per i giudizi instaurati successivamente alla sua entrata in vigore;
la sentenza di appello, non notificata, è stata pubblicata il 28 marzo 2023, sicché, in applicazione dei principi prima richiamati, il termine di sei mesi, iniziato a decorrere il 28/3/2023 (corrispondente al giorno in cui il fatto si è verificato, ossia la pubblicazione della sentenza da impugnare), è scaduto alle ore 23:59:59 del 28/9/2023 (giovedì), giacché, trattandosi di controversia di lavoro, non trova applicazione l’istituto della sospensione dei termini nel periodo feriale ex art. 3 della l. n. 742 del 1969;
il ricorso è stato notificato a mezzo P.E.C. in data 29/10/2023 (domenica), alle ore 9:56, come risulta dalla ricevuta di accettazione, e, quindi, tardivamente; rispetto a tali condivisibili considerazioni, la parte ricorrente nulla ha opposto, né con la istanza di decisione del ricorso, né
con successiva memoria;
pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per tardività; non occorre provvedere sulle spese in quanto l’intimato non ha svolto attività difensiva;
considerato, invece, che la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione anticipata e che il giudizio viene definito in conformità alla proposta, occorre applicare l’art. 96, comma 4, c.p.c., come previsto dal comma 4 del citato art. 380-bis c.p.c. (cfr. Cass. SS.UU. n. 10955 del 2024), non ravvisando, il Collegio, ragioni per discostarsi nella specie dalla suddetta previsione legale (cfr. Cass. SS.UU. n. 36069 del 2023);
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese;
condanna parte ricorrente ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c. al pagamento della somma di euro 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 5 dicembre