Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8281 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8281 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 24678/2021 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (EMAIL);
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE,
(
(
)
(EMAIL);
rappresentata
e
difesa dagli
AVV_NOTAIO
),
e
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 454/2021 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 26 febbraio 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME:
Rilevato che
Il Tribunale di Vicenza, con sentenza del 26 maggio 2017, rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 624/2009 ottenuto da RAGIONE_SOCIALE – poi RAGIONE_SOCIALE che aveva intimato ad NOME COGNOME, in solido con NOME COGNOME, di pagarle la somma di euro 900.000 quale penale per la mancata stipula di un contratto definitivo di acquisto di un immobile entro il termine perentorio del 15 dicembre 2005, a loro carico quali promittenti acquirenti.
Il COGNOME proponeva appello, cui resisteva RAGIONE_SOCIALE, e che la Corte d’appello di Venezia rigettava con sentenza del 26 febbraio 2021.
Il COGNOME proposto ricorso, articolato in quattro motivi e illustrato anche con memoria, da cui la società RAGIONE_SOCIALE si difende con controricorso.
Considerato che
1.1 Con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 1351, 2932, 1457 e 1353 ss. c.c. (con particolare riguardo all’articolo 1360 c.c.) in combinato disposto con gli articoli 1362 -1371 c.c. (secondo i canoni degli articoli 1366 e 1369 c.c.), 1375 c.c., 59 e 61 d.lgs. 42/2004; si denuncia altresì, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo per inesistenza e/o apparenza di motivazione quanto ‘alla previsione di termine/c ondizione che impone la valutazione della relativa clausola contrattuale’.
Si censura la sentenza impugnata nelle pagine 3-5, affermando che, se il primo giudice non aveva errato sostenendo che il termine ‘eseguito’ presente nel contratto fosse essenziale, il giudice d’appello avrebbe omesso motivazione al
riguardo e avrebbe violato la legge, non interpretando ‘congiuntamente e correlativamente’ le norme riguardanti la struttura del contratto preliminare (articoli 1351 e 2932 c.c.), il termine e la condizione (articoli 1457 e 1353 c.c.) e il regime vincolistico immobiliare (articoli 59 e 61 d.lgs. 42/2004). Si critica conseguentemente la motivazione della sentenza impugnata, ritenendola anche omessa e argomentando sulla vicenda, con l’invocazione pure delle norme suddette (pagine 28-36 del ricorso).
1.2 Si tratta di un amplissimo motivo che (oltre a mescolare significativamente i nn. 3 e 5 dell’articolo 360 c.p.c. ), pur tentando di schermarlo mediante il richiamo, accanto alle norme indicate in rubrica, alla giurisprudenza, ha un ‘ assoluta sostanza fattuale ricostruttiva di una interpretazione diversa della volontà delle parti rispetto a quella accertata dal giudice di merito.
Patisce pertanto un’evidente inammissibilità.
2.1 Con il secondo motivo si denuncia violazione, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., degli articoli 1353 e 1457 in riferimento agli articoli 1362-1371 c.c. (secondo i canoni di cui agli articoli 1366 e 1369 c.c.); si denuncia altresì, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo per inesistenza/apparenza della motivazione, quanto alla ‘previsione di termine/condizione che impone la valutazione della relativa clausola contrattuale prima e al di fuori di ogni valu tazione in ordine all’essenzialità del termine della stipula’.
Il giudice d’appello ha affermato che ‘l’appellante deduce che il termine per la stipula del definitivo non è essenziale, e che dunque egli non è inadempiente. In realtà, vi sono molteplici elementi a riprova che … fosse essenziale’.
Si argomenta, invocando anche giurisprudenza, per sostenere che qui ‘non è caso di termine essenziale’, e ‘non è causa in materia di termine essenziale’, e altresì che non è stata chiesta al giudice la valutazione su un inadempimento, ‘se non sottoposto al la preventiva valutazione di tutti gli elementi del negozio ‘, inclusi gli accidentali ‘come l’indicazione dell’esecuzione del contratto entro il 15. 12. 2005’. Sarebbe stata erronea quindi la valutazione riguardante
l’inadempimento , e la motivazione dell’obbligo di penale sarebbe poi inesistente per mancata valutazione dell’articolo 3 del contratto (prevedente condizione risolutiva).
2.2 Come il precedente motivo, anche questo intende introdurre, evidentemente, un vero e proprio terzo grado di merito, per cui è inammissibile.
3.1 Con il terzo motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo per inesistente motivazione in ordine alla mancata ammissione di mezzi istruttori come consulenza tecnica d’ufficio e ordine di esibizione ai sensi dell’articolo 210 c.p.c.; si denuncia altresì, ex articolo 360, primo comma, n.3 c.p.c., violazione degli articoli 115, 195 c.p.c. e 87 disp. att. c.p.c.
Per valutare la riducibilità della penale – osserva il ricorrente – deve considerarsi la situazione contrattuale concreta, per cui la valutazione stessa ‘va portata sul piano istruttorio’.
Nel caso in esame, RAGIONE_SOCIALE avrebbe adempiuto l’ordine di esibizione ‘solo parzialmente’. Si illustra l’evoluzione della vicenda processuale in primo grado (ricorso, pagine 40-42) per affermare che ciò era stato ripreso nel quinto motivo d’appello, il quale no n sarebbe stato poi valutato, la corte territoriale limitandosi ad aderire alla decisione del tribunale, il quale a sua volta aveva seguito la CTU.
La CTU era stata chiesta in ordine a l valore dell’immobile e al danno ‘asseritamente patito da COGNOME‘, elementi che avrebbero provato la non riconoscibilità della spettanza della penale ‘nella misura poi riconosciuta’ , perché RAGIONE_SOCIALE non avrebbe patito alcun danno, e anzi avrebbe guadagnato ‘somme del tutto ragguardevoli’ per canone di locazione dalla conduttrice (su cui RAGIONE_SOCIALE avrebbe taciuto per nascondere gli introiti), cioè RAGIONE_SOCIALE, e l’aumento del valore dell’immobile per la stipulata locazione ; su questo si argomenta sostenendo che il giudice d’appello, vagliando il terzo motivo, avrebbe omesso di tener conto delle rituali istanze istruttorie presentate dopo l”antica CTU’ acriticamente inserita in motivazione ‘come unica fonte di mezzo di ricerca della prova’, escludendo quindi mezzi di prova come una nuova
consulenza tecnica e l’ordine di esibizione ex articolo 210 c.p.c., che avrebbero giustificato una ‘amplissima riduzione’ della penale.
3.2 Anche questo motivo, ictu oculi , integra una censura di merito.
Quanto, comunque, alla questione della istruttoria ulteriore, non si può non rilevare che il giudice d’appello ha implicitamente ma logicamente disatteso il suo compimento decidendo sul quarto motivo d’appello. Il motivo pertanto è inammissibile.
4.1 Con il quarto motivo si denuncia, ex articolo 360, primo comma, n.5 c.p.c., omesso esame di fatto discusso e decisivo per inesistenza/apparenza della motivazione da un lato sulla persistenza dell’intestazione del bene a COGNOME, e dall’altro sulla contemporanea elisione del danno per l’arricchimento di RAGIONE_SOCIALE derivante dalla disponibilità del bene.
Si censura la sentenza impugnata nelle pagine 6-7, e dunque sulla motivazione attinente al quarto motivo d’appello – relativo alla penale, che la corte disattende negando che sia eccessiva e al quinto motivo d’appello -in cui l’attuale ricorrente contestava il danno per essere l’immobile ancora intestato a RAGIONE_SOCIALE , che la corte territoriale ritiene però irrilevante -. Su questo, ad avviso del ricorrente, mancherebbe la motivazione; vengono riportati passi della CTU e si argomenta in ordine agli effetti sul reddito derivanti dalla locazione con RAGIONE_SOCIALE per negare l’esistenza del danno.
4.2 Ancora una volta si è dinanzi, evidentemente, ad un motivo in realtà di merito, che persegue un esito alternativo dell’istruttoria e quindi cade nell’inammissibilità .
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente a rifondere alla controparte le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in un totale di € 10.200,00, di
cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 5 marzo 2024