Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 930 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 930 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 2389/2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOMECODICE_FISCALE per procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in liquidazione; PROCURATORE della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di PISTOIA
-intimati- avverso la sentenza nr. 2767/2022 della Corte d’Appello di Firenze depositata in data 12/12/2022 ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 29/05/2024 dal Consigliere Relatore Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La Corte d’ appello di Firenze, con sentenza del 12.12.2022, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE in liquidazione contro la sentenza dichiarativa del suo fallimento, emessa dal Tribunale di Pistoia su richiesta del P.M..
1.1 La corte fiorentina ha osservato: i) che il P.M., pur richiamando, per un mero refuso, una norma inconferente (l’art. 63 del d. lgs. n. 159/2011), aveva correttamente motivato la propria istanza, evidenziando di averla presentata a seguito di segnalazione della G.d.F. pervenuta nell’ambito di un procedimento penale , e che tanto bastava a ritenerlo legittimato alla domanda ai sensi dell’art. 7 l. fall.; ii) che, stante l’imminente scadenza del termine di un anno dalla data della cancellazione di IPRO dal registro delle imprese, il termine a comparire previsto dall’art. 15 l.fall. era stato giustificatamente ridotto, peraltro senza che la reclamante, regolarmente costituitasi nella procedura prefallimentare, avesse dedotto in concreto alcuna menomazione del proprio diritto di difesa derivante da detta riduzione; iii) che la dichiarazione di fallimento era intervenuta nel rispetto del termine di cui all’art. 10 l. fall.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a tre motivi e corredato da breve memoria illustrativa.
Il Fallimento e il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia non hanno svolto difese.
RILEVATO CHE
Va preliminarmente disattesa l’istanza di rinvio del giudizio formulata dalla ricorrente nella memoria ex art 380 bis c.p.c., in quanto questa Corte è in grado di decidere il ricorso sulla base degli atti in suo possesso.
Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 287 c.p.c., 63 d.lgs.159/2011 e 7 l.fall.. La ricorrente sostiene che i giudici di merito non potevano procedere ad una rettifica del ricorso
proposto dal Pubblico Ministero, considerando alla stregua di un errore materiale l’indicazione dell’art. 63 del d. lgs 159/2011 quale norma da porre a fondamento della domanda di fallimento, né, a maggior ragione, potevano riqualificare la domanda, ritenendola formulata ai sensi de ll’art. 7 n.1 l.fall., mai menzionato dall ‘ organo pubblico , sostituendosi a quest’ultimo nell’individuare la disposizione di riferimento della sua legittimazione ad agire; aggiunge, quale ulteriore profilo di doglianza, che, contrariamente a quanto affermato dalla corte d’appello, la segnalazione della G.d.F. non era in alcun modo riferita a un procedimento penale in corso, non provato e/o documentato.
1.1. Entrambe le censure articolate nel motivo devono essere respinte.
La prima (che non tiene conto che la correzione di errore materiale è un procedimento che riguarda i soli provvedimenti del giudice), è manifestamente infondat a, considerato, per un verso, che l’art. 63 d. lgs. n. 159/2011 non contempla una speciale ipotesi di legittimazione del P.M. a richiedere il fallimento (sicché l’odierna ricorrente non poteva certo ritenere che l’iniziativa dell’organo pubblico si fondas se su tale disposizione) e, per l’altro, che non può dubitarsi del potere del giudice di qualificare la domanda alla stregua della norma giuridica concretamente applicabile, in luogo di quella errata indicata dalla parte, posto che ciò non comporta alcun mutamento della causa petendi (unica condizione cui il potere di riqualificazione è subordinato) .
La seconda è invece inammissibile sia perché vertente su una questione (mista di fatto e di diritto) che non risulta essere stata dedotta in sede di merito sia perché mira a smentire, peraltro in via meramente assertiva, il contrario accertamento compiuto dalla corte territoriale.
Col secondo motivo, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 15 comma 3 l.fall., la ricorrente eccepisce la nullità della
sentenza dichiarativa per violazione del proprio diritto di difesa, in ragione dell’avvenuta abbreviazione del termine a comparire di cui all’art. 15, comma 3, cit., ridotto a soli 5 giorni e ritenuto congruo dalla corte d’appello sul mero rilievo della sinteticità della ricorso del P.M., composto di due sole pagine.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. A respingere la censura sarebbe sufficiente i l rilievo che l’art . 15, comma 5, l. fall. contempla espressamente la possibilità di abbreviazione del termine a comparire ‘se ricorrono particolari ragioni d’urgenza’, le quali ben possono essere costituite, come nel caso in esame, dall’imminente decorso dell’anno dalla cancellazione dell’impres a, e che la ricorrente non lamenta che il termine sia stato abbreviato di fatto, ovvero in difetto di emanazione del decreto motivato, sottoscritto dal presidente del tribunale, previsto dalla norma.
Può aggiungersi che , quand’anche quella forma non fosse stata rispettata o non ricorressero particolari ragioni di urgenza, questa Corte ha più volte affermato che il mancato rispetto del termine di quindici giorni che deve intercorrere tra la data di notifica del decreto di convocazione del debitore e la data dell’udienza, previsto dall ‘ art. 15, comma 3, l. fall. costituisce causa di nullità astrattamente integrante la violazione del diritto di difesa, ma non determina – ai sensi dell’art. 156 c.p.c., per il generale principio di raggiungimento dello scopo dell’atto – la nullità del decreto di convocazione e della sentenza dichiarativa se il debitore abbia attivamente partecipato all’udienza, rendendo dichiarazioni in merito all ‘ istanza di fallimento, senza formulare in tale sede rilievi o riserve in ordine alla ristrettezza del termine concessogli, né fornendo specifiche indicazioni del pregiudizio eventualmente determinatosi, sul piano probatorio, in ragione del minor tempo disponibile (Cass. n. 2561/2014, 14814/16, e 31253/2022).
2.3. Or bene, secondo quanto rilevato dalla corte d’appello e non contestato nel motivo, IPRO si è costituita nel giudizio prefallimentare ed ha, successivamente, proposto reclamo contro la sentenza di primo grado senza fare il minimo accenno a elementi di prova che era stata impossibilitata ad allegare o a documentare a causa dell’abbreviazione del termine concessole per costituirsi.
Il terzo motivo prospetta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 l.fall.: IPRO censura il capo della sentenza impugnata col quale la corte d’appello ha affermato che il fallimento era stato dichiarato entro il termine annuale dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, assumendo che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo , tale termine non decorre dalla data dell ‘iscrizione della formalità, ma da quella di presentazione della relativa richiesta, nella specie depositata il 09.06.2021; aggiunge che, se si dovesse ritenere corretta l ‘affermazione del giudice del reclamo secondo cui l’iscrizione ha efficacia ‘costitutiva’, se ne dovrebbe coerentemente dedurre che la sentenza dichiarativa deve essere iscritta al registro delle imprese entro l’anno dall’iscrizione della cancellazione, mentre nella specie la sentenza è stata iscritta il 18.7.2022, ovvero un giorno dopo lo spirare del termine di cui all’art. 10 l. fall.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. Come ripetutamente affermato da questa Corte, il termine annuale, entro il quale l’imprenditore, individuale o collettivo (società), che abbia cessato la sua attività commerciale può essere dichiarato fallito ai sensi della l.fall., art. 10, decorre dall ‘iscrizione della sua cancellazione dal registro delle imprese, perché solo da tale momento la cessazione dell’attività d’impresa viene formalmente portata a conoscenza dei terzi, senza possibilità per l’imprenditore medesimo di dimostrare il momento anteriore dell’effettiva cessazione dell’attività (cfr., fra molte, Cass. nn. 17377/2020,
5520/2017, 24549/2016, 8092/2016), a nulla, ovviamente, rilevando nei confronti dei terzi il diverso momento in cui la relativa domanda di cancellazione sia stata presentata presso il registro delle imprese (cfr.: Cass. n. 10105 /2014, 24549 /016, cit.), dal momento che il secondo comma dell’art. 10 l.fall. fa salva solo per il creditore o per il pubblico ministero la facoltà di dimostrare il momento, successivo alla cancellazione, della effettiva cessazione dell’attività commerciale da cui decorre il termine annuale in discorso (cfr. Cass. 32659/2021).
3.3. Contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, la lettera della disposizione di cui al 1° comma dell ‘art . cit. « gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti. .», non lascia poi dubbi sul fatto che il dies ad quem vada individuato nella data della pubblicazione della sentenza di fallimento (cfr. Cass. 8932/2013) e non in quella della sua iscrizione nel registro delle imprese.
Tale termine, pertanto, non era ancora decorso alla data del 15.7.2022, di pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Nulla è da statuire in ordine alle spese, non avendo gli intimati svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 maggio 2024