Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15624 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15624 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35382/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO C/O RAGIONE_SOCIALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 907/2019 depositata il 16/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME consigliere di amministrazione (dal 3/8/2012 al 3/5/2014) della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (BPEL), ha proposto dinanzi alla Corte di appello di Firenze opposizione ex art. 195 co. 4 TUF avverso la sanzione amministrativa di € 45.000 applicata da Consob con delibera n. 20067 del 12/07/2017 per avere violato gli artt. 21 co. 1 lett. a) TUF e 40 Regolamento intermediari. Tale violazione era imputata poiché la BPEL aveva omesso qualsivoglia iniziativa finalizzata a garantire – a seguito delle lettere della Banca d’Italia del 24/7/2012 e del 3/12/2013 -una idonea mappatura dei propri strumenti, con conseguenti difetti della verifica di adeguatezza dei titoli di propria emissione rispetto alle esigenze della clientela (nel periodo dal 3/8/2012 al 31/12/2014). La delibera Consob menzionata applicava sanzioni amministrative nei confronti di un numero notevole di esponenti aziendali e dipendenti di RAGIONE_SOCIALE. Il primo motivo di opposizione ha fatto valere la decadenza di Consob dal potere sanzionatorio ex art. 195 TUF (cfr. art. 195 co. 1 cit.: « Le sanzioni amministrative sono applicate dalla Banca d’Italia o dalla Consob, secondo le rispettive competenze, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento »). L’opponente ha argomentato che la contestazione è stata formulata nel 2016, con riferimento a fatti dei quali Consob era a conoscenza da alcuni anni, avendo essa ricevuto nel 2013 o al più tardi nel febbraio 2014 la documentazione della Banca d’Italia relativa all’ispezione svolta nei confronti della Banca aretina. Consob ha contestato ciò, evidenziando che l’attività istruttoria di verifica del rispetto delle norme di correttezza delle prestazioni di servizi di investimento in obbligazioni subordinate era iniziata in data 11/12/2015, con la richiesta di informazioni rivolta alla Nuova BPEL, cui erano seguiti i riscontri di quest’ultima con note del dicembre 2015 e del gennaio –
aprile 2016, nonché una seconda richiesta di informazioni in data 15/04/2016, alla quale la Banca aveva risposto nel maggio 2016. L’attività istruttoria era terminata il 20/06/2016, ossia 106 giorni prima della notifica dell’atto di contestazione degli addebiti. Tuttavia, l a Corte di appello ha accolto l’opposizione e annullato la sanzione per tardività ex art. 195 co. 1 d.gs. 58/1998. In particolare, la Corte di Firenze ha premesso che la questione, in relazione alla medesima delibera Consob, era già stata decisa dalla stessa Corte con altre pronunce la cui motivazione viene richiamata. Sulla base degli atti di causa si accerta che, sin dal dicembre 2013, Consob aveva ricevuto notizia da Banca d’Italia che l’ispezione, da questa iniziata presso BPEL nell’ottobre del 2013, aveva dato adito a rilievi e iniziative di vigilanza. Nel marzo 2014, BPEL aveva inviato a Consob una relazione che – laddove ritenuta non coerente con i rilievi di Banca d’Italia -avrebbe dovuto imporre l’instaurazione della procedura san zionatoria, avviata invece solo nell’ottobre 2016 . La Corte di appello ha ritenuto infondata la tesi difensiva di Consob di avere avuto contezza soltanto nel maggio 2016 della reale gravità della situazione della Banca aretina, poiché era chiaro – per gli allarmanti termini adoperati negli atti scambiati a seguito dell’ispezione di Banca d’Italia del 2013 – che sin da quel momento (o, al più tardi, a marzo 2014) si doveva iniziare un’indagine sulla trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azi oni di aumento capitale emesse dall’ente creditizio. Pertanto, la Corte di appello ha ritenuto appunto che la verifica ispettiva avviata solo nel 2016 deve ritenersi tardiva, in violazione del termine fissato dall’art. 195 co. 1 TUF.
Ricorre in cassazione Consob sulla base di sei motivi, illustrati da memoria. Resiste NOME COGNOME con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
È da anteporre l’esposizione dei sei motivi di ricorso, in vista di una migliore razionalità di esposizione delle ragioni della decisione.
2. Il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 co. n. 4 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione della sentenza: infatti, il raffronto con altre pronunce rese nell’àmbito della medesima vicenda dimostra che la sentenza non è altro che un copia/incolla della parte motiva di tali altre decisioni e tradisce la carenza dell’attività valutativa degli elementi di fatto e delle questioni di diritto demandata al giudice del merito.
Il secondo motivo, in via subordinata rispetto al primo, denuncia l’omesso esame del fatto che la documentazione considerata dalla Corte di appello non recava informazioni circa il rispetto, da parte di BPEL, delle norme di correttezza nella prestazione dei servizi di investimento aventi ad oggetto obbligazioni subordinate emesse dalla stessa banca, sicché la Corte distrettuale avrebbe dovuto valutare la tempestività delle contestazioni prendendo in esame esclusivamente: la prima richiesta dell’11/12/2015, con la quale Consob chiedeva a Nuova Banca dell’Etruria e del Lazio dati e notizie con riguardo all’attività di RAGIONE_SOCIALE, nel frattempo posta in liquidazione coatta amministrativa; la seconda richiesta del 15/04/2016, finalizzata ad acquisire la documentazione contrattuale e la modulistica relative agli ordini di acquisto o sottoscrizioni degli strumenti finanziari in questione; la terza richiesta del 10/06/2016, finalizzata ad acquisire, sempre con riferimento all’attività di distribuzione delle obbligazioni subordinate emesse da RAGIONE_SOCIALE, i verbali delle sedute del c.d.a., del comitato esecutivo e del collegio sindacale dal 01/07/2012 al 10/02/2015, cui la cui banca rispondeva con note pervenute il 17/06/2016 e il 20/06/2016, ossia centosei giorni prima della noti ficazione dell’atto di incolpazione.
Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 co. n. 4 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione in merito alle ragioni dell’annullamento della delibera n. 20067 del 2017. Ed infatti, mentre questa delibera sanziona l’inosservanza delle regole di comportamento nella prestazione dei servizi di investimento nei
confronti della clientela ex art. 21 co. 1 lett. a) TUF e art. 40 del regolamento Consob n. 16190 del 2007, la decisione della Corte di Firenze argomenta sull’accertamento delle violazioni in materia di trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azioni di aumento capitale emesse dalla BPEL, oggetto di un diverso provvedimento sanzionatorio (delibera Consob n. 20069 del 2017, coeva ma distinta dalla delibera n. 20067 del 2017).
Il quarto motivo, in via subordinata rispetto al motivo precedente, denuncia falsa applicazione dell’art. 195 d.lgs. 58/1998 e dell’art. 14 co. 2 e 6 l. 689/1981. Cioè denuncia l’errore della Corte di appello che ha fondato la decisione di annullamento non già ponendo l’accento sul momento in cui Consob ha acquisito e valutato gli elementi informativi atti a comprovare la violazione degli obblighi in materia di adeguatezza delle operazioni svolte per conto dei clienti (sotto il profilo della necessaria profilatura delle obbligazioni subordinate), bensì ponendo l’accento sul momento in cui l’autorità di vigilanza, sul presupposto di una relazione di BPEL risalente a marzo 2014, avrebbe dovuto instaurare la procedura sanzionatoria, che si è ritenuto pertanto (in modo erroneo) tardivamente avviata.
Il quinto motivo denuncia violazione degli artt. 5 ss., 94 ss. d.lgs. n. 58/1998 e conseguente falsa applicazione dell’art. 195 dello stesso decreto e dell’art. 14 co. 2 e 6 l. n. 689/1981. Si contesta che la Corte di appello abbia erroneamente considerato unitaria e inscindibile l’attività di vigilanza della Consob sui prospetti informativi e sulla prestazione di servizi di investimento, cumulando le relative attività istruttorie ai fini della decorrenza del termine di contestazione. La disciplina sui prospetti informativi tutela il pubblico indistinto dei potenziali investitori, mentre la normativa sugli intermediari protegge i singoli clienti nelle relazioni con gli operatori finanziari, imponendo obblighi personalizzati. Le due attività perseguono finali tà distinte e comportano poteri diversi. L’eventuale coincidenza soggettiva tra emittente e intermediario non elide tale
distinzione. La Corte di appello ha erroneamente ritenuto che l’attività informativa tra Consob, Banca d’Italia e BPEL sulla stabilità finanziaria della Banca riguardasse entrambe le sfere di vigilanza. Essa avrebbe dovuto distinguere le indagini sui prospetti dalle verifiche sulla correttezza della profilatura dei clienti in relazione alle obbligazioni subordinate. L’errore interpretativo ha condotto a un’errata valutazione della tempestività delle contestazioni.
Il sesto motivo denuncia nullità della sentenza per violazione dell’art. 115 c.p.c., rilevando errori di percezione dei giudici di merito riguardo alla conoscenza, da parte della Consob, della situazione finanziaria della Banca. La Corte di appello ha erroneamente ritenuto che la Consob fosse a conoscenza della grave situazione della Banca già dal 2013, sulla base di documenti che non le erano stati trasmessi prima del 2016. Si evidenzia che la lettera del 24 luglio 2012 della Banca d’Italia, indicata dalla Corte come acquisita dalla Consob, fu inviata solo al Consiglio di amministrazione della Banca e pervenne alla Consob il 12 maggio 2016. Analogamente, le note della Banca d’Italia del 5 e 6 dicembre 2013, pur trasmesse alla Consob, non contenevano element i specifici sull’adeguatezza dei prodotti finanziari emessi dalla Banca, né facevano riferimento ai rilievi successivamente contestati. La sentenza impugnata attribuisce erroneamente valore decisivo a una relazione inviata dalla Banca nel marzo 2014, confondendola con documenti di natura diversa e privi di rilevanza rispetto alle contestazioni. Inoltre, la Consob, sino al dicembre 2015, fece affidamento sulla corretta profilazione dei prodotti da parte della Banca, in assenza di elementi contrari. L’errore di percezione sui documenti acquisiti e la loro portata probatoria ha influito sulla valutazione della tempestività delle contestazioni.
– Il primo e il terzo motivo, suscettibili di esame congiunto, sono infondati. Cass. n. 34695 e n. 34472 del 2023 hanno cassato con rinvio altre sentenze della Corte di appello di Firenze di annullamento
di sanzioni amministrative irrogate con la delibera Consob n. 20067/2017, oggetto di questo giudizio. In continuità con quelle pronunce (nonché con quelle sull’ammissibilità e sui limiti della motivazione per relationem ) si conferma che una sentenza è legittimamente motivata per relationem ove il giudice, facendo proprie le argomentazioni dell’altro giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della propria decisione rispetto agli argomenti proposti dalle parti « sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate» nell’altra pronuncia (così, tra le altre, Cass. n. 14786 del 2016, con formulazione rivolta all’ipotesi analoga del rinvio da parte della sentenza di appello alla pronuncia di primo grado impugnata). Non ricorre nemmeno la lamentata carenza strutturale della motivazione in quanto la sentenza reca una motivazione chiara e sintetica (benché non conforme a diritto per le ragioni successivamente indicate), che soddisfa senz’altro il requisito del minimo costituzionale (cfr. per tutte Cass., Sez. Un., n. 8053/2014).
Il primo ed il terzo motivo sono rigettati.
4.1. – Il quarto e il quinto motivo si prestano ad essere esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati.
Come già accennato, questa Corte si è già occupata dell’impugnativa della delibera Consob n. 20067 del 2017. In questa sede si condivide e intende dare continuità a Cass. n. 34695, n. 34472, n. 34466 e n. 34465 del 2023 (in termini, Cass. n. 9022/2023, n. 17673/2022 e n. 21171/2019), nonché a Cass. n. 28256/2024, n. 28222/2024 e n. 26783/2024 che hanno già cassato con rinvio alcune sentenze della Corte di appello di Firenze di annullamento di sanzioni amministrative irrogate con tale delibera
Consob. In via di premessa occorre ricapitolare i principi di diritto che hanno trovato espressione e svolgimento (anche) in tali pronunce.
4.2. – La ricognizione dei limiti del sindacato di questa Corte sull’interpretazione data dal giudice di merito alla norma che individua nel (compiuto) accertamento della violazione il dies a quo di decorrenza del termine di 180 giorni ex art. 195 co. 1 TUF per la contestazione degli addebiti rinviene la sua cornice concettuale più esterna nel carattere di cognizione piena del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, giudizio che ha quindi ad oggetto l’accertamento della fattispecie costitutiva del poter e punitivo nel caso concreto e non solo l’accertamento della legittimità dell’atto sanzionatorio con cui tale potere è esercitato (cfr. Cass. n. 6778/2015).
In quest’ambito, è da riconoscere innanzitutto che nel procedimento amministrativo sanzionatorio la fase dell’accertamento comprende un’attività istruttoria finalizzata a verificare la sussistenza dell’infrazione, una fase che è quindi necessariamente successiva al momento della constatazione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità di vigilanza. In altre parole: i due concetti «constatazione del fatto» e «accertamento del fatto» si riferiscono a due fenomeni distinti (sul punto, cfr. fondamentalmente Cass., Sez. Un., n. 5395/07).
Ciò acquista un rilievo saliente in considerazione della frequente complessità dell’accertamento dell’illecito amministrativo in materia di intermediazione finanziaria. In sede di opposizione alle sanzioni, il giudice di merito chiamato a pronunciarsi sulla tempestività della contestazione dell’illecito e, quindi, sulla determinazione del momento in cui l’accertamento è stato (o avrebbe dovuto essere) compiutamente svolto, adotta una prospettiva ex ante , cioè si rappresenta mentalmente il punto di vista del l’autorità di vigilanza agente nelle fasi temporali della constatazione dei fatti e dell’attività
istruttoria. Da tale punto di vista, il giudice di merito valuta la doverosità e l’opportunità degli atti istruttori compiuti dalle Autorità di vigilanza, controlla se vi sia stato un ingiustificato e protratto ritardo durante la raccolta dei dati d’indagi ne o nel successivo svolgimento dell’attività istruttoria, sindaca la legittimità del compimento di ulteriori atti di indagine collegati a quelli già svolti (qualora questi ultimi risultino già sufficienti per il compiuto accertamento dell’illecito) e censura l’irragionevolezza di una prosecuzione dell’istruttoria che risulti superflua o dispersiva (cfr. Cass. n. 17673/2022). A tale fine, è da « tener conto dell’interesse dell’Amministrazione a pervenire all’accertamento complessivo di tutti gli aspetti di vicende che possono essere anche molto complesse e svilupparsi in periodi temporali non brevi (e delle responsabilità di tutti coloro che in tali vicende possano essere a diverso titolo coinvolti) mediante un’attività istruttoria unitaria, tesa a cogliere l a portata complessiva di un abuso di mercato, pur quando esso si articoli in condotte diverse, riferibili a soggetti diversi, e non contigue nel tempo e nello spazio; interesse che va salvaguardato dal rischio che l’efficacia delle indagini dell’Autorità d i vigilanza venga posta a repentaglio da una discovery prematura, che consegua alla parcellizzazione dei risultati dell’indagine in una pluralità di contestazioni relative alle singole posizioni, atomisticamente considerate, dei soggetti coinvolti » (così, testualmente, sempre Cass. n. 17673/2022).
L’adozione di una prospettiva ex ante , finalizzata ad una compiutezza dell’accertamento intesa nei termini appena delineati, rende irrilevante il fatto che si rivelino inutili ex post indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica. In modo corrispondente, il protrarsi dell’attività istruttoria che si riveli ex ante ingiustificato (in quanto superfluo rispetto al canone di compiutezza) non trova giustificazione sulla base di una valutazione ex post di congruità dei risultati.
Questa Corte è consapevole delle critiche mosse a questo orientamento da settori della dottrina, la quale osserva che « quella tutela forte del soggetto passivo derivante dal riconoscimento della natura decadenziale del termine » (in questo caso ex art. 195 co. 1 TUF) « sia dalla stessa Corte regolatrice sottoposto ad un’opera di sostanziale svuotamento », opera che sarebbe « il risultato ultimo d’una lettura che manifesta un’evidente propensione del giudice alla conservazione del provvedimento punitivo adottato ». Indubbiamente, la previsione del termine di decadenza ex art. 195 co. 1 TUF rinviene la propria ragione nel far sì che l’ente sottoposto all’iniziativa di vigilanza acquisisca conoscenza dell’esito dell’accertamento entro un lasso ragionevole di tempo. Tale esigenza (diretta ad evitare il protrarsi dello stato di incertezza dell’ente vigilato sulla valutazione del proprio operato) si proietta anche sulla fase dell’accertamento, nel senso di imprimerle sollecitudine. Tuttavia, il profilo che quest’ultima assume nel caso concreto è da bilanciare secondo un canone di proporzionalità con l’interesse pubblico alla compiutezza delle indagini funzionali ad un sanzionamento delle violazioni efficace ed effettivo (nei termini in precedenza delineati). A ciò risponde il carattere elastico che la giurisprudenza di questa Corte ascrive alla nozione di accertamento.
Nel caso in cui intervengano le due autorità di supervisione, Banca d’Italia e Consob, è da presumere fino a prova contraria che l’autorità non ispezionante sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate dall’autorità che effettua l’ispezione nel c aso concreto, quando riceve da quest’ultima notizia dei rilievi ispettivi o dei provvedimenti sanzionatori adottati. Nel caso in cui (come in quello attuale: RAGIONE_SOCIALE è stata sottoposta a risoluzione e poi, nel corso del 2015, ad amministrazione straordinaria e a liquidazione coatta amministrativa), all’esito della verifica ispettiva da parte di Banca d’Italia, l’intermediario sia sottoposto ad amministrazione straordinaria, si presume che Consob sia in grado di apprezzare le
irregolarità riscontrate da Banca d’Italia nel momento in cui riceve i rapporti periodici dei commissari straordinari o del comitato di sorveglianza, o quando le vengano comunicati i provvedimenti sanzionatori adottati da Banca d’Italia, rilevanti anche ai fini della vigilanza sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari (demandata alla Consob).
4.3. – Nel caso attuale, la Corte di Firenze ha ritenuto tardiva la contestazione in ragione del fatto che, a causa degli allarmanti termini adoperati negli atti scambiati a seguito dell’ispezione di Banca d’Italia del 2013, sin da quel momento o al più tardi da l febbraio/marzo 2014, Consob avrebbe dovuto avviare una verifica ispettiva nei confronti della banca aretina. Tuttavia, la Corte di appello non ha messo a fuoco in modo compiuto la fattispecie concreta dinanzi alla quale si è trovata: la contestazione ad opera della Consob ha riguardato la violazione degli obblighi dell’intermediario relativi alla valutazione dell’adeguatezza degli strumenti finanziari offerti al cliente (art. 40 Reg. intermediari) e non la violazione degli obblighi di trasparenza e di veridicità del cd. prospetto equity (relativo all’offerta al pubblico di azioni finalizzate all’aumento del capitale). La sanzione irrogata con la delibera n. 20067 del 2017 scaturisce dall’attività di vigilanza sull’operato di BPEL/intermediaria (la prima ipotesi indicata nella frase precedente). Di conseguenza è erroneo ancorare il dies a quo del termine ex art. 195 co. 1 TUF ad un accertamento concernente la trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azioni di aumento capitale emesse dall’ente creditizio (la seconda ipotesi indicata nella frase precedente).
Ai fini della verifica della tempestività della contestazione, in sede di rinvio la Corte di appello dovrà riesaminare il caso attuale alla luce dei principi di diritto in tema di vigilanza, già articolati nei precedenti di questa Corte citati in 4.1. e sinteticamente ricapitolati in 4.2.
4.4. – In questi termini, il quarto ed il quinto motivo sono accolti.
-L’accoglimento del quarto e del quinto motivo determina l’assorbimento del secondo e del sesto motivo.
– In conclusione, sono accolti il quarto e il quinto motivo, rigettati il primo e il terzo motivo, assorbiti il secondo e il sesto motivo; è cassata la sentenza in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigetta il primo e il terzo motivo, dichiara assorbiti il secondo e il sesto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Se-