Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9138 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9138 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2636/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 2164/2021 della CORTE d’APPELLO di Firenze pubblicata il 10.11.2021;
Fideiussione -Termine per l’attivazione della garanzia
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 14.1.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Firenze RAGIONE_SOCIALE per chiederne la condanna al pagamento di euro 260.996,91. A sostegno della domanda svolta l’istituto di credito dedusse di aver erogato in favore di tre società dei mutui, tutti assistiti da garanzia a prima richiesta prestata dalla convenuta nell’ambito del programma ‘Interventi di garanzia per la liquidità delle piccole e medie imprese’ previsto dal Decreto Dirigenziale n. 266/2009, con il quale la Regione RAGIONE_SOCIALE aveva concesso a RAGIONE_SOCIALE un finanziamento di euro 14.375.436.
La convenuta si costituì ed eccepì in particolare la decadenza dell’attrice dalle garanzie prestate per la violazione del termine perentorio previsto dall’art. 21, comma sesto, regolamento attuativo di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009, parte integrante della convenzione stipulata il 9.2.2009 da Fidi Toscana s.p.a. e la Federazione Toscana delle Banche di Credito Cooperativo, di cui faceva parte l’attrice. Nella specie, le richieste di escussione delle g aranzie erano state effettuate oltre un anno do po l’intimazione di pagamento rivolta ai debitori principali.
Con sentenza pubblicata il 14.6.2018 il Tribunale di Firenze accolse la domanda proposta dall’attrice sul rilievo della natura ordinatoria del termine previsto dall’art. 21, comma sesto, del regolamento attuativo di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009 (‘la richiesta di attivazione della garanzia deve essere inviata a Fidi Toscana, mediante raccomandata con avviso di ricevimento, entro quattro mesi dalla data di invio dell’intimazione di pagamento’), in quanto non previsto a pena di decadenza della garanzia prestata né in modo espresso, né in modo implicito.
La Corte d’Appello di Firenze con sentenza pubblicata il 10.11.2021, in accoglimento dell’appello proposto da Fidi Toscana s.p.a. rigettò la domanda svolta da Chiantibanca Credito Cooperativo s.c., gravandola delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.
Notò la Corte d’appello, sulla premessa dell’erroneo richiamo fatto dal primo giudice dell’art. 152 cod. proc. civ., mentre quello in esame era frutto di una pattuizione contrattuale, che la natura decadenziale del termine la si sarebbe potuta ricavare per implicito sulla base di indici univoci desumibili dall ‘art. 21, comma sesto, e da ll’intero regolamento attuativo di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009, richiamato nella convenzione intercorsa tra Fidi Toscana s.p.a. e la Federazione Toscana delle Banche di Credito Cooperativo:
-la ratio della previsione era di limitare gli interventi di garanzia ai casi in cui fosse passato poco tempo dall’inadempimento del debitore e, quindi, si fosse in presenza di concrete possibilità di recupero ex post delle somme versate, poiché l’art. 22 del regolamento prevedeva la surrogazione della garante ex art. 1203 cod. civ. a seguito della liquidazione ai soggetti finanziatori;
-il termine in questione mirava a consentire la ‘sana e prudente’ gestione dei fondi pubblici, limitando l’intervento del garante quando l’inadempimento ‘non si sia ancora consolidato’;
-la natura decadenziale del termine era l’unica sostenibile, perché diversamente non vi sarebbe stata alcuna ragione per stabilirlo, tant’è che la Regione Toscana era intervenuta per due volte per modificare il termine originario di quattro mesi per l’attiv azione della garanzia mediante decreti, pur non applicabili nel caso di specie;
-il termine in questione non incorreva nella sanzione prevista dall’art. 2965 cod. civ., perché esso non imponeva una restrizione eccessivamente stringente all’esercizio del diritto ; l’art. 21, comma quinto, del predetto regolamento prevedeva che la banca potesse chiedere l’escussione della garanzia sin da quando fossero trascorsi due mesi dall’invio dell’intimazione di pagamento al debitore principale senza ricevere il pagamento, mentre l’attivazione della garanzia imponeva il solo invio di una raccomandata con avviso di ricevimento, per il quale due mesi di tempo erano congrui;
-non era sostenibile, come indicato dall’appellante, che la banca avrebbe dovuto attendere l’esito dell’azione di recupero prima di escutere la garanzia o che questa avrebbe interrotto l’azione già avviata, poiché l’art. 23 del
regolamento consentiva di ritenere che la banca avrebbe potuto escutere la garanzia nel termine di quattro mesi e parallelamente portare avanti l’azione recuperatoria anche nel caso di liquidazione in suo favore; detta disposizione prevedeva, infatti, che fosse il soggetto finanziatore, che aveva ricevuto la garanzia, a dover portare avanti l’azione di recupero in nome e per conto di Fidi Toscana, rimasta ‘titolare del credito da recuperare’, a meno che questa non avesse comunicato la volontà di procedere in nome proprio;
-le comunicazioni inviate dalla banca in data 30.9.2010, 19.10.2010 e 7.10.2010, con riferimento alle tre posizioni debitorie, nelle quali si indicava il numero di rate non pagate, non le si sarebbero potute considerare come ‘attivazione della garanzia’, perché contenevano l’espressione ‘ai fini dell’eventuale attivazione della garanzia’ ed erano tutte antecedenti all’intimazione di pagamento rivolte ai debitori, tanto che solo il 13.3.2012 la banca chiese «formalmente» a Fidi Toscana di onorare la garanzia.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi. Resiste con controricorso Fidi RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma sesto, del r egolamento di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009, dell’art. 12 delle preleggi e della delibera di Giunta Regionale n. 4086 del 13.12.2008.
La ricorrente si duole per aver ritenuto la Corte d’appello la natura decadenziale del termine di cui all’ art. 21, comma sesto, del regolamento di attuazione del Decreto Dirigenziale n. 266/2009, nonostante che esso, diversamente da altre disposizioni dello stesso regolamento, non lo configurasse come tale espressamente, né fosse possibile interpretarlo in tal senso sulla base
di una asserita «necessità obiettiva». L’affermazione della corte a proposito dell’unica ragionevole interpretazione, perché diversamente non s i sarebbe compresa la ragione della sua previsione, è tautologica e finirebbe per attribuire natura decadenziale a qualunque termine.
Né la ragione alla base de ll’intervento, ossia incentivare il contributo all’economia delle piccole e medie imprese, evidenzia una corrispondenza logica univoca con la previsione di un termine di decadenza per l’attivazione della garanzia da parte del finanziatore. Se si fosse voluto affermare che la tempestività della comunicazione di attivazione della garanzia sarebbe stata comunque utile a Fidi Toscana per calcolare i propri eventuali fabbisogni nella gestione complessiva delle garanzie, non sarebbe stato necessario aggiungere che la comunicazione stessa non doveva essere inviata prima che fossero decorsi due mesi dalla intimazione della messa in mora al debitore principale (art. 21 comma 5); e, in ogni caso, quella finalità ‘prenotativa’ sarebbe stata pienamente assolta dalle comunicazioni che Chiantibanca aveva già inviato in via preventiva a Fidi Toscana quando i rapporti avevano mostrato i primi presupposti per la loro possibile risoluzione.
L’unico indice valorizzato dalla Corte d’appello (‘consentire a Fidi Toscana … di limitare i propri interventi di garanzia ai casi in cui sia passato poco tempo dall’inadempimento del debitore e dunque possano sussistere ancora concrete possibilità di recupero ex post della somme da versare, a prima richiesta, alle banche finanziatrici’) era fallace, perché: a) la finanziatrice era tenuta a svolgere e proseguire l’azione recuperatoria ; b) la finalità di aumentare le possibilità di recupero ex post delle somme versate, non avrebbe nulla a che vedere con il termine di attivazione della garanzia da parte della banca, ma atterrebbe al tema tutto diverso della tempestività della banca nell’avvio delle azioni di recupero nei confronti del debitore principale , previsto dall’art. 21, comma secondo, del regolamento, non oggetto di contestazione.
Per contro, avendo intrapreso le azioni di recupero giudiziale nei confronti dei debitori principali (anche a beneficio della Fidi Toscana), l’avere atteso qualche tempo in più, prima di comunicare a Fidi Toscana la cifra esatta che si
richiedeva ad essa di pagare, era semplicemente dipeso dall’opportunità di verificare se il debitore principale o altri eventuali garanti fossero in grado di effettuare dei pagamenti quanto meno parziali, in modo da diminuire proprio la somma che la Fidi Toscana sarebbe stata chiamata a pagare a prima richiesta.
Priva di pregio, inoltre, era l’argomentazione del cara ttere di interpretazione autentica del regolamento in questione dei due successivi decreti dirigenziali, relativi ad altre misure di sostegno, che avevano allungato i termini per l’attivazione della garanzia . Tali decreti non si applicavano alla vicenda di causa ma ad altre forme di intervento e, quindi, non avrebbero potuto interpretare ‘autenticamente’ alcunché. Detti decreti non prevedevano alcuna decadenza dalla garanzia per ritardo nella sua attivazione, ma nessun argomento è stato svolto per contrastare il fatto che anche quei decreti erano sempre stati ispirati dall ‘ esigenza di fornire indicazioni di carattere ordinatorio, prendendo semplicemente atto del fatto che il termine di quattro mesi utilizzato per la specifica misura di sostegno non presentava alcuna particolare utilità né per l’una né per l’altra parte ed era senz’altro troppo stretto per un intermediario , che doveva semmai preoccuparsi in via prioritaria di agire nei confronti del debitore principale.
Con il secondo motivo è denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione all’interpretazione delle clausole contenute nella Convenzione stipulata tra Fidi Toscana e la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo.
Lamenta il ricorrente che l’interpretazione resa dalla Corte d’appello confligge con l’art. 1362 cod. civ., il quale impone di seguire ‘il senso letterale delle parole’ e di ricercare la ‘comune intenzione delle parti’. Sul piano letterale la Corte d’appello n on si è interrogata sulla ragione per la quale, diversamente da quanto stabilito per altri termini indicati nella convezione, quello in esame non fosse qualificato espressamente come a pena di decadenza.
Sul piano della ricerca della comune intenzione delle parti, a parte il fatto che l’esigenza valorizzata di vedere anticipato l’avvio delle azione di recupero attiene a quest’ultimo adempimento e non all’attivazione della garanzia, non
sarebbe dato intendere per quale ragione la previsione di una decadenza per l’attivazione della garanzia avrebbe corrisposto ad un interesse della finanziatrice sol o nei ‘casi in cui sia passato poco tempo dall’inadempimento del debitore’ , poiché ‘la banca non può avere alcun interesse o volontà di fissare a proprio carico un termine breve a pena di decadenza per la escussione della garanzia, considerando che, nei singoli casi concreti, si presentano molto spesso come probabili e come prossime prospettive di pagamento totale o parziale da parte del debitore principale o di altri garanti, che renderebbero intempestiva l’escussione della garanzia della Fidi Toscana per le operazioni di conguaglio che appunto andrebbero fatte subito dopo’ .
I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono inammissibili.
3.1. Il primo motivo prospetta una violazione di legge nella interpretazione di un atto amministrativo, che non ha valore normativo, e per il quale valgono i criteri di interpretazione del contratto. Analogamente il secondo motivo si basa espressamente sulla violazione dei criteri legali di interpretazione del contratto, ma in entrambi i casi si evidenzia una diversa interpretazione sia dell’uno sia dell’altro. In altri termini, e ntrambi i motivi poggiano sulla prospettazione di rilievi di natura ermeneutica afferenti, per un verso, alla Convenzione stipulata tra Fidi Toscana e la Federazione delle Banche di Credito Cooperativo, per un altro, ai provvedimenti della p.a. alla base della prima (il regolamento di attuazione di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009 e la Delibera della Giunta Regionale del 15.12.2008), non essendo emersa la natura normativa di alcuno di essi.
Ciò vale in particolare per il Decreto Dirigenziale n. 266/2009 di approvazione dell’accordo per un finanziamento a Fidi Toscana per un importo massimo di euro 14.375.436 per l’attuazione degli ‘interventi di garanzia per la liquidità delle imprese’ (alleg ato A al decreto) e del regolamento relativo agli ‘interventi di garanzia per la liquidità delle imprese’ (allegato B al decreto). Infatti, si tratta di un atto amministrativo adottato dal Dirigente responsabile del ‘Settore Artigianato e politiche di sostegno alle imprese’ sulla base, tra le altre,
della delibera della Giunta Regionale n. 1086 del 15.12.2008 (v. docc. 1 e 3 nel fascicolo di primo grado della controricorrente, oggi riprodotto come allegato D).
Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, ‘ l’interpretazione degli atti amministrativi a contenuto non normativo soggiace alle regole dettate per i contratti, in quanto compatibili, risolvendosi in un accertamento della volontà negoziale della p.a. riservata al giudice di merito, per la cui censura in sede di legittimità non è sufficiente un astratto richiamo agli artt. 1362 e ss. c.c., ma è necessaria la specificazione dei canoni ermeneutici che in concreto si assumono violati e la precisa indicazione dei punti della motivazione che se ne discostano, nei limiti di quanto previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per il caso di violazione di legge, o per omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ‘ (v. Cass., sez. I, 3 giugno 2024, n. 15367; 23 febbraio 2022, n. 5966; sez. un., 25 luglio 2019, n. 20181; sez. lav., 23 luglio 2010, n. 17367; sez. I, 7 maggio 2002, n. 6535; sez. II, 12 novembre 1998, n. 11409).
Ancora , ‘l ‘interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole dettate dagli artt. 1362 e segg. cod. civ. per l’interpretazione dei contratti tra le quali, ha carattere preminente, quella collegata all’elemento letterale – in quanto compatibili con il provvedimento amministrativo – dovendo il giudice anche ricostruire l’intento dell’Amministrazione ed il potere che ha inteso in concreto esercitare, tenendo altresì conto del complesso dell’atto e del comportamento dell’Autorità amministrativa, oltre che di quanto può razionalmente intendere, secondo buona fede, il destinatario ‘ (v. Cass., 20181/2019, cit.; 6535/2002, cit.; sez. III, 5 giugno 2001, n. 7584; 11409/1998, cit.; sez. lav., 13 agosto 1996, n. 7536; sez. lav., 13 gennaio 1996, n. 221; sez. lav., 13 gennaio 1994, n. 304; v., inoltre, Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1653; 20 dicembre 2022, n. 11092; 25 marzo 2020, n. 2090; Corte dei Conti, sez. contr., 8 ottobre 1996, n. 133).
3.2. Tanto premesso entrambi i motivi sono inammissibili, perché non adeguatamente articolati, limitandosi a contrapporre apoditticamente a quella
svolta dalla corte d’appello una diversa interpretazione del contenuto della convenzione e del regolamento attuativo del Decreto Dirigenziale n. 266/2009.
Il sindacato di legittimità deve avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti (della p.a. quanto al primo motivo) e non può investire il risultato interpretativo in sé, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31 marzo 2006, n. 7597; 1° aprile 2011, n. 7557; 14 febbraio 2012, n. 2109; 10 febbraio 2015, n. 2465; 29 luglio 2016, n. 15763; 5 dicembre 2018, n. 31512; 12 maggio 2020, n. 8810; 2 luglio 2020, n. 13620; sez. un., 21 gennaio 2021, n. 2061). Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (v. Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; 11 marzo 2014, n. 5595; 27 febbraio 2015, n. 3980; 19 luglio 2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola o di un atto amministrativo siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; Cass. 3 settembre 2010, n. 19044).
3.3. I rilievi sollevati dalla ricorrente ruotano in merito alla natura decadenziale, o no, del termine previsto dall’art. 21, comma sesto, del regolamento di cui al Decreto Dirigenziale n. 266/2009, il cui contenuto è stato ripreso nella convenzione tra Toscana Fidi e la Federazione delle Banche di Credito
RAGIONE_SOCIALE ma loro enucleazione non integra adeguatamente il paradigma per la deduzione della pretesa violazione criteri di ermeneutica contrattuale.
Infatti, entrambe le censure in esame, come detto, si limitano a contrapporre apoditticamente a quella svolta dalla corte d’appello una diversa interpretazione sia degli atti amministrativi a contenuto non normativo, sia della convenzione, peraltro, così chiedendo a questa Corte di effettuare una valutazione di merito, al fine di sostenere che dalla (asserita) corretta interpretazione si sarebbe dovuto escludere che il termine per l’attivazione della garanzia non risponde ad alcuna delle ragioni poste a fondamento della decisione della Corte d’appello .
L’interpretazione resa dalla Corte d’appello, peraltro conforme all’orientamento espresso da questa Corte a proposito della possibilità di affermare la natura decadenziale di un termine, non espressamente qualificato come tale, sulla base della funzione assolta (v. Cass. 15 settembre 1995; n. 9764; 26 giugno 2000, n. 8680; Sez. Un., 12 febbraio 2024, n. 3760), a cui dire ‘ la ratio della previsione è all’evidenza quella di consentire a Fidi Toscana, incaricata di utilizzare fondi pubblici per aiutare le PMI ed ottenere i finanziamenti dalle banche, di limitare i propri interventi di garanzia ai casi in cui sia passato poco tempo dall’inadempimento del debitore e dunque possano sussistere ancora concrete possibilità di recupero ex post della somme da versare, a prima richiesta, alle banche finanziatrici … i fondi pubblici devono essere usati con oculatezza e l’osservan za del termine di cui si discute consente di controllare la sana e prudente gestione di tali risorse, evitando interventi «a pioggia» e limitandoli ai casi in cui l’inadempimento dell’imprenditore nella restituzione del finanziamento bancario ricevuto non sia ancora consolidato, diventando così irreversibile’ , non è tautologica, né contrasta con alcun canone logico.
Quella sostenuta dalla Corte d’appello è una delle possibili interpretazioni nell’ambito di una prospettiva di accelerazione de ll’attivazione della garanzia nel quadro di un uso efficiente delle risorse pubbliche, non per questo del tutto implausibile e contrastante con la comune intenzione delle parti solo perché ‘la banca non può avere alcun interesse o volontà di fissare a proprio carico un
termine breve di decadenza per la escussione della garanzia ‘ (v. pagina 25 del ricorso).
Conclusivamente, entrambi i motivi e in particolare modo il primo, pur rubricato come falsa applicazione di norme di legge, nascondono in realtà contestazioni di merito in ordine alle valutazioni condotte dalla corte di merito e quindi si sostanziano in censure in fatto sulla motivazione del provvedimento, senza tener conto degli strettissimi limiti in cui è consentito dedurre in cassazione il vizio della motivazione. Infatti, il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (v. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429 e 10712 del 2024).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 7.500,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte