Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15623 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15623 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20937/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZOO CONSOB, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
LIBERATORI COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1007/2019 depositata il 26/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, consigliere di amministrazione (dal 4/5/2014 al 31/12/2014) della Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (BPEL), ha proposto dinanzi alla Corte di appello di Firenze opposizione ex art. 195 co. 4 TUF avverso la sanzione amministrativa di € 15.000 applicata da Consob con delibera n. 20067 del 12/07/2017 per avere violato gli artt. 21 co. 1 lett. a) TUF e 40 Regolamento intermediari. Tale violazione era imputata poiché la Banca aveva omesso qualsivoglia iniziativa finalizzata a garantire – a seguito delle lettere della Banca d’Italia del 24/7/2012 e del 3/12/2013 – una idonea mappatura dei propri strumenti, con conseguenti difetti della verifica di adeguatezza dei titoli di propria emissione rispetto alle esigenze della clientela (nel periodo dal 3/8/2012 al 31/12/2014). La delibera Consob menzionata applicava sanzioni amministrative nei confronti di un numero notevole di esponenti aziendali e dipendenti di RAGIONE_SOCIALE . La Corte di appello ha accolto l’opposizione e annullato la sanzione per tardività ex art. 195 co. 1 d.gs. 58/1998 (cfr. art. 195 co. 1 cit.: « Le sanzioni amministrative sono applicate dalla Banca d’Italia o dalla Consob, secondo le rispettive competenze, con provvedimento motivato, previa contestazione degli addebiti agli interessati, da effettuarsi entro centottanta giorni dall’accertamento »). Il nucleo portante della motivazione è il seguente: a partire da dicembre 2013, Consob ha avuto conoscenza da Banca d’Italia che BPEL era sull’orlo del commissariamento e, a maggior ragione, è entrata in possesso degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti per iniziare una verifica ispettiva sulla regolarità dei prospetti precedentemente pubblicati allorquando (al più tardi il 14/02/2014) ha appreso dell’esistenza del rapporto ispettivo della Banca d’Italia. Da quel momento Consob ha acquisito tutto il materiale dal quale trarre le informazioni del caso e, quindi – anche tenendo conto di un congruo spatium deliberandi , al fine di elaborare e valutare criticamente i dati conoscitivi acquisiti – il termine di centottanta giorni ex art. 195
co. 1 d.gs. 58/1998 per la contestazione della violazione ha iniziato a decorrere almeno dalla primavera del 2014. Pertanto, la verifica ispettiva iniziata solo nel 2016, deve ritenersi iniziata tardivamente, in violazione del termine fissato dall’art. 195 co. 1 TUF.
Ricorre in cassazione la Consob con cinque motivi, illustrati da memoria. Resiste Liberatori con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
È da anteporre l’esposizione dei cinque motivi di ricorso, in vista di una migliore razionalità di esposizione delle ragioni della decisione.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. per difetto assoluto di motivazione. L’argomentazione verte unicamente su presunti difetti relativi ai prospetti informativi pubblicati dalla banca nell’aumento di capitale, oggetto d i una delibera Consob (n. 20069 del 2017) diversa da quella impugnata nel caso attuale. Si afferma che la radicale carenza motivazionale risulta evidente confrontando la sentenza impugnata con altre pronunce della Corte di appello di Firenze relative a differenti delibere Consob emesse nella medesima vicenda della BPEL. In tali decisioni, la Corte aveva distinto tra violazioni relative ai prospetti informativi e quelle riguardanti la condotta degli intermediari. Tuttavia, la sentenza impugnata riporta pedissequamente brani identici a quelli presenti nelle decisioni su violazioni in tema di prospetti, senza alcun riferimento ai profili MiFID, oggetto specifico della delibera n. 20067.
In subordine, il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 195 del d.lgs. n. 58/1998 e dell’art. 14 co. 2 e 6 della l. n. 689/1981 per falsa applicazione dei termini di contestazione degli illeciti amministrativi. La sentenza impugnata ancora il momento dell’accertamento alla data del 14 febbraio 2014, di ricezione del rapporto ispettivo della Banca d’Italia da parte della Consob. Si assume che il giudice di appello abbia erroneamente sindacato le scelte istruttorie dell’amministrazione procedente, stabi lendo che il procedimento
avrebbe dovuto essere avviato prima, in violazione del principio secondo cui l’accertamento si perfeziona solo con la valutazione completa degli elementi oggettivi e soggettivi dell’illecito.
In subordine, il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 5 ss., 94 ss. e 195 del d.lgs. n. 58/1998, nonché dell’art. 14 co. 2 e 6 della l. n. 689/1981, per errata applicazione delle norme in materia di vigilanza su emittenti e intermediari finanziari. La sentenza impugnata assume erroneamente che le attività di vigilanza della Consob sui prospetti informativi e sulla commercializzazione di strumenti finanziari costituiscano un’unitaria attività di supervisione, inscindibile ai fini del computo dei termini previsti per la contestazione degli illeciti. La normativa vigente distingue nettamente i poteri della Consob in relazione agli emittenti, volti a garantire la completezza e la trasparenza delle informazioni fornite al pubblico (art. 94 co. 1 e artt. 99, 114, 115 d.lgs. n. 58/1998), dai poteri di vigilanza sugli intermediari, finalizzati alla tutela individuale degli investitori (artt. 5, 7, 8, 10 e 21 del medesimo decreto). La coesistenza accidentale dei due ruoli in un medesimo soggetto non elimina la distinzione delle rispettive discipline.
In subordine, il quarto motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo e controverso, consistente nell’avvio delle indagini della Consob sul rispetto degli obblighi di profilatura delle obbligazioni emesse da BPEL, iniziate l’11 dicembre 2015 e conclus esi il 20 giugno 2016. La sentenza impugnata ha ritenuto che la Consob fosse a conoscenza già dal 2013 delle criticità rilevate da Banca d’Italia, senza considerare che tali informazioni non riguardavano la profilatura delle obbligazioni subordinate, ma solo la situazione economicopatrimoniale generale della Banca. Si evidenzia che la documentazione rilevante ai fini delle contestazioni mosse con la delibera n. 20067 del 2017 è stata acquisita dalla Consob solo dopo l’avvio dell’indagine specifica nel dicembre 2015, attraverso richieste di informazioni rivolte a Nuova Banca Etruria, riscontrate in più riprese
tra gennaio e giugno 2016. Tali richieste vertevano esclusivamente su dati relativi alla distribuzione delle obbligazioni subordinate e alla corretta profilatura dei clienti. L’omesso esame di tali circostanze ha condotto la Corte di appello a ritenere tardive le contestazioni mosse nell’ottobre 2016, computando erroneamente i termini di legge dal 2013 anziché dal giugno 2016, data in cui si è conclusa l’indagine istruttoria. Si conclude che, tenuto conto dell’intervallo temporale tra la conclusione delle indagini il 20 giugno 2016 e la notifica delle contestazioni il 4 ottobre 2016, il termine di 180 giorni previsto dall’art. 195 co. 1 d.lgs. n. 58/1998 è stato pienamente rispettato.
In estremo, subordine, il quinto motivo denuncia violazione dell’art. 195 d.lgs. n. 58 del 1998, dell’art. 6 d.lgs. n. 150 del 2011 e degli artt. 2727 e 2729 c.c. in relazione alla formazione della prova indiziaria nella materia sanzionatoria amministrativa. La sentenza impugnata ha desunto in via presuntiva che la Consob avesse acquisito l’intero rapporto ispettivo di Banca d’Italia su BPEL già nel febbraio 2014, fondando tale conclusione sul solo riferimento, contenuto in una nota della Consob a BPEL del 14 febbraio 2014, ai rilievi e osservazioni riportati in detto rapporto. Si sostiene che il ragionamento indiziario seguito dalla Corte di appello sia viziato per difetto dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. La Corte ha ritenuto dimostrata la conoscenza integrale del rapporto da parte della Consob sulla base di un unico elemento, senza considerare che le comunicazioni tra la Consob e Banca d’Italia precedenti al maggio 2016 si riferivano solo a estratti specifici o sintesi del rapporto, e non al documento nella sua interezza.
3. -Il primo motivo è rigettato.
Cass. n. 3469 e n. 34472 del 2023 hanno cassato con rinvio altre sentenze della Corte di appello di Firenze di annullamento di sanzioni amministrative irrogate con la delibera Consob n. 20067/2017, oggetto di questo giudizio. In continuità con quelle pronunce (nonché con qu elle sull’ammissibilità e sui limiti della motivazione per
relationem ) si conferma che una sentenza è legittimamente motivata in questo modo ove il giudice, facendo proprie le argomentazioni dell’altro giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della propria decisione rispetto agli argomenti proposti dalle parti « sì da consentire, attraverso la parte motiva di entrambe le sentenze, di ricavare un percorso argomentativo adeguato e corretto, ovvero purché il rinvio sia operato sì da rendere possibile ed agevole il controllo, dando conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate » nell’altra pronuncia (così, tra le altre, Cass. n. 14786 del 2016, con formulazione rivolta all’ipotesi analoga del rinvio da parte della sentenza di appello alla pronuncia di primo grado impugnata). Non ricorre nemmeno la lamentata carenza strutturale della motivazione in quanto la sentenza reca una motivazione chiara e sintetica (benché non conforme a diritto per le ragioni successivamente indicate), che soddisfa senz’altro il requisito del mini mo costituzionale (cfr. per tutte Cass. SU 8053/2014).
4.1. – Il secondo e il terzo motivo, da trattare congiuntamente per connessione, sono fondati.
Come già accennato, questa Corte si è già occupata dell’impugnativa della delibera Consob n. 20067 del 2017. In questa sede si condivide e intende dare continuità a Cass. n. 34695, n. 34472, n. 34466, n. 34465 del 2023 (in termini, Cass. n. 9022/2023, n. 17673/2022, n. 21171/2019), nonché a Cass. n. 28256/2024, n. 28222/2024 e n. 26783/2024 che hanno già cassato con rinvio alcune sentenze della Corte di appello di Firenze di annullamento di sanzioni amministrative irrogate con tale delibera Consob. In via di premessa occorre ricapitolare i principi di diritto che hanno trovato espressione e svolgimento (anche) in tali pronunce.
4.2. – La ricognizione dei limiti del sindacato di questa Corte sull’interpretazione data dal giudice di merito alla norma che individua nel (compiuto) accertamento della violazione il dies a quo di decorrenza del termine di 180 giorni ex art. 195 co. 1 TUF per la
contestazione degli addebiti rinviene la sua cornice concettuale più esterna nel carattere di cognizione piena del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, giudizio che ha quindi ad oggetto l’accertamento della fattispecie costitutiva del potere punitivo nel caso concreto e non solo l’accertamento della legittimità dell’atto sanzionatorio con cui tale potere è esercitato (cfr. Cass. 6778/2015).
In quest’ambito, è da riconoscere innanzitutto che nel procedimento amministrativo sanzionatorio la fase dell’accertamento comprende un’attività istruttoria finalizzata a verificare la sussistenza dell’infrazione, una fase che è quindi necessariamente successiva al momento della constatazione del fatto nella sua materialità da parte dell’autorità di vigilanza. In altre parole, i due concetti «constatazione del fatto» e «accertamento del fatto» si riferiscono a due fenomeni distinti (sul punto, cfr. fondamentalmente Cass., Sez. Un., n. 5395/07).
Ciò acquista un rilievo saliente in considerazione della frequente complessità dell’accertamento dell’illecito amministrativo in materia di intermediazione finanziaria. In sede di opposizione alle sanzioni, il giudice di merito chiamato a pronunciarsi sulla tempestività della contestazione dell’illecito e, quindi, sulla determinazione del momento in cui l’accertamento è stato (o avrebbe dovuto essere) compiutamente svolto, adotta una prospettiva ex ante, cioè si rappresenta mentalmente il punto di vista del l’autorità di vigilanza agente nelle fasi temporali della constatazione dei fatti e dell’attività istruttoria. Da tale punto di vista, il giudice di merito valuta la doverosità e l’opportunità degli atti istruttori compiuti dalle Autorità di vigilanza, controlla se vi sia stato un ingiustificato e protratto ritardo durante la raccolta dei dati d’indagine o nel successivo svolgimento dell’attività istruttoria, sindaca la legittimità del compimento di ulteriori atti di indagine collegati a quelli già svolti (qualora questi ultimi risultino già sufficienti per il compiuto accertamento dell’illecito) e censura l’irragionevolezza di una
prosecuzione dell’istruttoria che risulti superflua o dispersiva (cfr. Cass. 17673/2022). A tale fine, è da « tener conto dell’interesse dell’Amministrazione a pervenire all’accertamento complessivo di tutti gli aspetti di vicende che possono essere anche molto complesse e svilupparsi in periodi temporali non brevi (e delle responsabilità di tutti coloro che in tali vicende possano essere a diverso titolo coinvolti) mediante un’attività istruttoria unitaria, tesa a cogliere la portata complessiva di un abuso di mercato, pur quando esso si articoli in condotte diverse, riferibili a soggetti diversi, e non contigue nel tempo e nello spazio; interesse che va salvaguardato dal rischio che l’efficacia delle indagini dell’Autorità di vigilanza venga posta a repentaglio da una discovery prematura, che consegua alla parcellizzazione dei risultati dell’indagine in una pluralità di contestazioni relative alle singole posizioni, atomisticamente considerate, dei soggetti coinvolti » (così, testualmente, sempre Cass. n. 17673/2022).
L’adozione di una prospettiva ex ante, finalizzata ad una compiutezza dell’accertamento intesa nei termini appena delineati, rende irrilevante il fatto che si rivelino inutili ex post indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica. In modo corrispond ente, il protrarsi dell’attività istruttoria che si riveli ex ante ingiustificato (in quanto superfluo rispetto al canone di compiutezza) non trova giustificazione sulla base di una valutazione ex post di congruità dei risultati.
Questa Corte è consapevole delle critiche mosse a questo orientamento da settori della dottrina, la quale osserva che « quella tutela forte del soggetto passivo derivante dal riconoscimento della natura decadenziale del termine » (in questo caso ex art. 195 co. 1 TUF) « sia dalla stessa Corte regolatrice sottoposto ad un’opera di sostanziale svuotamento », opera che sarebbe « il risultato ultimo d’una lettura che manifesta un’evidente propensione del giudice alla conservazione del provvedimento punitivo adottato ».
Indubbiamente, la previsione del termine di decadenza ex art. 195 co. 1 TUF rinviene la propria ragione nel far sì che l’ente sottoposto all’iniziativa di vigilanza acquisisca conoscenza dell’esito dell’accertamento entro un lasso ragionevole di tempo. Tal e esigenza (diretta ad evitare il protrarsi dello stato di incertezza dell’ente vigilato sulla valutazione del proprio operato) si proietta anche sulla fase dell’accertamento, nel senso di imprimerle sollecitudine. Tuttavia, il profilo che quest’ultima ass pubblico alla compiutezza delle indagini funzionali ad ume nel caso concreto è da bilanciare secondo un canone di proporzionalità con l’interesse un sanzionamento delle violazioni efficace ed effettivo (nei termini in precedenza delineati). A ciò risponde il carattere relativamente elastico che la giurisprudenza di questa Corte ascrive alla nozione di accertamento, che non tradisce il tenore della parola che la esprime.
Nel caso in cui intervengano le due autorità di supervisione, Banca d’Italia e Consob, è da presumere fino a prova contraria che l’autorità non ispezionante sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate dall’autorità che effettua l’ispezione nel c aso concreto, quando riceve da quest’ultima notizia dei rilievi ispettivi o dei provvedimenti sanzionatori adottati. Nel caso in cui (come in quello attuale: RAGIONE_SOCIALE è stata sottoposta a risoluzione e poi, nel corso del 2015, ad amministrazione straordinaria e a liquidazione coatta amministrativa), all’esito della verifica ispettiva da parte di Banca d’Italia, l’intermediario sia sottoposto ad amministrazione straordinaria, si presume che Consob sia in grado di apprezzare le irregolarità riscontrate da Banca d ‘Italia nel momento in cui riceve i rapporti periodici dei commissari straordinari o del comitato di sorveglianza, o quando le vengano comunicati i provvedimenti sanzionatori adottati da Banca d’Italia, rilevanti anche ai fini della vigilanza sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti degli intermediari (demandata alla Consob).
4.3. – Nel caso attuale, la Corte di Firenze ha ritenuto tardiva la contestazione in ragione del fatto che, a causa degli allarmanti termini adoperati negli atti scambiati a seguito dell’ispezione di Banca d’Italia del 2013, sin da quel momento o al più ta rdi dal febbraio/marzo 2014, Consob avrebbe dovuto avviare una verifica ispettiva nei confronti della banca aretina. Tuttavia, la Corte di appello non ha messo a fuoco in modo compiuto la fattispecie concreta dinanzi alla quale si è trovata: la contestazione ad opera della Consob ha riguardato la violazione degli obblighi dell’intermediario relativi alla valutazione dell’adeguatezza degli strumenti finanziari offerti al cliente (art. 40 Reg. intermediari) e non la violazione degli obblighi di trasparenza e di veridicità del cd. prospetto equity (relativo all’offerta al pubblico di azioni finalizzate all’aumento del capitale). La sanzione irrogata con la delibera n. 20067 del 2017 scaturisce dall’attività di vigilanza sull’operato di BPEL/intermediaria (la prima ipotesi indicata nella frase precedente). Di conseguenza è erroneo ancorare il dies a quo del termine ex art. 195 co. 1 TUF ad un accertamento concernente la trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azioni di aumento capitale emesse dall’ente creditizio (la seconda ipotesi indicata nella frase precedente).
Ai fini della verifica della tempestività della contestazione, in sede di rinvio la Corte di appello dovrà riesaminare il caso attuale alla luce dei principi di diritto in tema di vigilanza, già articolati nei precedenti di questa Corte citati in 4.1. e sinteticamente ricapitolati in 4.2.
4.4. – In questi termini, il secondo e il terzo motivo sono accolti.
-L’accoglimento del secondo e del terzo motivo determina l’assorbimento del quarto e del quinto motivo.
– In conclusione, sono accolti il secondo e il terzo motivo di ricorso, è rigettato il primo motivo, sono assorbiti il quarto e il quinto motivo; è cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio della causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa
composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, dichiara assorbiti il quarto e il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Firenze, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Se-