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Termine accertamento CONSOB: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di merito che aveva cancellato una sanzione dell’autorità di vigilanza contro ex amministratori di una banca. Il caso chiarisce un punto cruciale sul termine accertamento CONSOB: la scadenza per contestare l’illecito non parte dalla prima ricezione di documenti, ma dal momento in cui l’indagine è effettivamente completa e l’autorità ha un quadro chiaro della violazione. Il giudice non può sostituirsi all’autorità nel valutare l’opportunità degli atti istruttori.

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Termine Accertamento CONSOB: la Cassazione Fissa i Paletti

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene su un tema di grande importanza nel diritto bancario e finanziario: il termine accertamento CONSOB per la contestazione delle violazioni amministrative. La decisione chiarisce in modo definitivo da quale momento inizi a decorrere il termine di decadenza per l’autorità di vigilanza, sottolineando i limiti del sindacato del giudice sull’attività ispettiva. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante provvedimento.

I Fatti del Caso

Alcuni ex membri del consiglio di amministrazione di un istituto di credito venivano sanzionati dall’autorità nazionale di vigilanza per la violazione delle norme sulla prestazione dei servizi di investimento. In particolare, veniva loro contestata l’omissione di iniziative volte a garantire un’adeguata mappatura degli strumenti finanziari emessi dalla stessa banca rispetto alle esigenze della clientela.

Gli ex amministratori proponevano opposizione e la Corte d’Appello accoglieva il loro ricorso, annullando la delibera sanzionatoria. La motivazione del giudice di merito era netta: l’attività di verifica ispettiva era tardiva. Secondo la Corte d’Appello, l’autorità di vigilanza aveva ricevuto documenti allarmanti già nel 2013-2014 e avrebbe dovuto avviare il procedimento sanzionatorio molto prima di quanto effettivamente accaduto (nel 2016), violando così il termine perentorio di 180 giorni previsto dalla legge.

L’autorità di vigilanza ha quindi presentato ricorso in Cassazione contro questa decisione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il termine accertamento CONSOB

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’autorità di vigilanza, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa a un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del momento in cui l’accertamento di una violazione può considerarsi concluso, momento dal quale inizia a decorrere il termine per la contestazione.

La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha commesso un errore fondamentale: ha effettuato una valutazione ex post (a posteriori) sulla congruità e necessità degli atti di indagine, sostituendosi di fatto all’autorità di vigilanza. Il giudice di merito aveva ritenuto che le prime informazioni ricevute fossero sufficienti per avviare la procedura, ignorando le successive richieste di documenti che l’autorità aveva ritenuto necessarie per completare il quadro istruttorio. Secondo gli Ermellini, questo approccio è errato perché viola i principi che regolano l’ampiezza del sindacato del giudice sull’attività amministrativa.

Le Motivazioni

La sentenza si basa su alcuni principi di diritto chiari e già affermati dalla giurisprudenza di legittimità.

In primo luogo, il termine accertamento CONSOB non inizia a decorrere quando l’autorità riceve una prima segnalazione o i primi documenti. L’accertamento si perfeziona solo quando l’attività di indagine è conclusa nella sua integralità e l’organo di vigilanza ha acquisito una cognizione piena, completa ed effettiva della violazione. Questo è particolarmente vero in materie complesse come quella finanziaria, dove possono essere necessarie molteplici richieste e analisi per comprendere la portata dell’illecito.

In secondo luogo, il giudice che valuta l’opposizione a una sanzione non può sindacare le scelte istruttorie dell’amministrazione. Il suo compito non è stabilire se un’indagine poteva essere più breve o se alcuni atti fossero superflui. Il controllo giurisdizionale deve limitarsi a verificare l’eventuale presenza di un’inerzia ingiustificata e protratta, ma non può entrare nel merito dell’opportunità delle indagini svolte.

Infine, la Corte ha ribadito che la valutazione sulla sufficienza degli elementi per emettere una sanzione è di esclusiva pertinenza dell’organo di vigilanza. La Corte d’Appello, concludendo che l’autorità fosse già in condizione di sanzionare anni prima, ha di fatto esercitato un potere che non le spettava.

Le Conclusioni

Le conclusioni di questa sentenza hanno implicazioni pratiche significative. Viene rafforzata la discrezionalità dell’autorità di vigilanza nella conduzione delle attività ispettive. Si chiarisce che il termine per la contestazione degli illeciti decorre non da un sospetto, ma da una certezza investigativa, raggiunta solo al termine di un’istruttoria completa. Questo principio garantisce che le sanzioni siano basate su un quadro probatorio solido, ma allo stesso tempo delinea con precisione i confini del potere di revisione del giudice, che non può trasformarsi in un supervisore dell’attività investigativa dell’amministrazione.

Quando inizia a decorrere il termine per la contestazione di un illecito da parte dell’Autorità di Vigilanza?
Il termine di decadenza per la contestazione decorre non dalla prima acquisizione di informazioni, ma dal momento in cui l’attività di indagine è completa e l’autorità ha acquisito una conoscenza piena ed effettiva della violazione, tenendo conto della complessità della materia e delle particolarità del caso concreto.

Il giudice può valutare se un’indagine dell’Autorità di Vigilanza è stata troppo lunga o superflua?
No, il giudice non può sindacare le scelte istruttorie dell’autorità né valutare l’opportunità degli atti di indagine. Il suo controllo è limitato a rilevare un’eventuale inerzia ingiustificata e protratta, ma non può sostituirsi all’amministrazione nel giudicare quando un’indagine debba considerarsi conclusa.

Qual è stato l’errore della Corte d’Appello secondo la Cassazione?
L’errore è stato quello di effettuare una valutazione ex post (a posteriori) sulla sufficienza degli elementi in possesso dell’autorità, concludendo che questa avrebbe potuto emettere la sanzione molto prima. Così facendo, la Corte d’Appello si è sostituita all’organo di vigilanza in una valutazione di merito che è di esclusiva pertinenza di quest’ultimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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