Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5293 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 5293 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32571/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso gli avvocati NOME (CODICE_FISCALE e NOME (CODICE_FISCALE che la rappresentano e difendono;
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrenti-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 731/2019, depositata il 28/03/2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 2/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il Pubblico Ministero, la sostituta procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto alla Corte di accogliere i motivi dal secondo al quinto, con assorbimento del primo.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME già membri del consiglio di amministrazione di Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio s.c.a.r.l. (BPEL), hanno proposto opposizione alla sanzione amministrativa loro irrogata, euro 50.000 per ciascuno, dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) con atto n. 20067/2017, adottato in data 12 luglio 2017, per inosservanza delle disposizioni di cui all’art. 21, comma 1, lettera a) del d.lgs. 58/1998 (TUF) e dell’art. 40 del regolamento della CONSOB n. 16190/2007, chiedendone l’annullamento e, in subordine, la riduzione. La condotta contestata riguardava l’omissione di qualsiasi iniziativa finalizzata a garantire, per il periodo dal 3 agosto 2012 al 31 dicembre 2014, un’idonea, coerente e aggiornata mappatura dei propri strumenti, che si è tradotta nell’assenza di effettività delle misure volte a verificare l’adeguatezza dei titoli di propria emissione rispetto ai bisogni e alle esigenze della clientela.
La Corte d’appello di Firenze, con la sentenza n. 731/2019, ha accolto l’opposizione e ha annullato la delibera della CONSOB. La Corte ha ritenuto tardiva la verifica ispettiva, iniziata solo nel 2016 e quindi in aperta violazione del termine di 180 giorni fissato dall’art. 195, comma 1, TUF: ‘stando agli allarmanti termini presenti negli atti scambiati a seguito dell’ispezione di Banca d’Italia del 2013, sin da quel momento (al più tardi nel
febbraio/marzo 2014), si doveva iniziare un’indagine sulla trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azioni di aumento capitale emesse da BPEL’.
Avverso la sentenza CONSOB ricorre per cassazione.
Resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Il primo motivo denuncia ‘nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., inesistenza della decisione’: la decisione impugnata è affetta da radicale nullità essendo del tutto priva di motivazione in merito alle ragioni dell’annullamento della delibera n. 20067 del 2017; posto che con tale delibera gli intimati sono stati sanzionati per inosservanza delle regole di comportamento nella prestazione di sevizi di investimento nei confronti della clientela, con specifico riguardo alle regole di materia di adeguatezza delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari emessi dalla banca, la sentenza impugnata argomenta esclusivamente sui tempi dell’accertamento di altre violazioni, segnatamente di quelle in materia di trasparenza e veridicità dell’offerta al pubblico delle azioni dia aumento del capitale, oggetto di altro provvedimento sanzionatorio adottato dalla CONSOB nell’ambito della medesima vicenda (la delibera n. 2069 del 2017); ne deriva la carenza radicale della doverosa attività valutativa degli elementi di fatto e delle questioni di diritto demandata al giudice di merito.
Il motivo è infondato. Come hanno precisato le sezioni unite di questa Corte ‘la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come
riduzione al del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella , nella , nel e nella , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di della motivazione’. La motivazione della sentenza impugnata -a prescindere dagli errori e omissioni in essa presenti (v. infra ) -non è nel senso precisato dalle sezioni unite, trattandosi di motivazione sintetica, chiaramente comprensibile e priva di contrasti irriducibili tra affermazioni inconciliabili.
Il secondo e il terzo motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il secondo motivo denuncia omesso esame del fatto che solo l’11 dicembre 2015 Consob ha iniziato la propria attività d’indagine sul rispetto degli obblighi di profilatura delle obbligazioni emesse dalla Banca, indagine conclusasi il 20 giugno 2016.
Il terzo motivo contesta ‘falsa applicazione degli artt. 195 del d.lgs. 58/1998, 14, commi 2 e 6 della legge 689/1981’: la sentenza della Corte d’appello non considera il momento in cui la ricorrente ha acquisito e valutato gli elementi informativi atti a comprovare la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo della specifica violazione contestata, ma il momento in cui, sul presupposto della ricezione di una relazione della Banca risalente al marzo 2014, in realtà inesistente, avrebbe dovuto instaurare la procedura sanzionatoria poi avviata solo nell’ottobre 2016; tale lettura postula la possibilità per il giudice dell’opposizione di
sindacare le scelte istruttorie dell’amministrazione procedente, travisando i principi formulati dalla Corte di cassazione sull’oggetto e sull’ampiezza del sindacato del giudice di merito in ordine al momento perfezionativo dell’accertamento di violazioni amministrative.
I motivi sono fondati. Vengono denunciati violazioni di legge e omissioni di fatti decisivi relativi alla questione della tempestività dell’attività di accertamento compiuta dalla CONSOB a carico dei controricorrenti e del correlato atto di contestazione a seguito del procedimento istruttorio eseguito dalla Commissione, tempestività ritenuta insussistente dalla sentenza oggetto del ricorso, con il conseguente annullamento della delibera sanzionatoria adottata. La sentenza impugnata ha reputato che, in base all’acquisizione della documentazione che la Banca aveva inviato alla CONSOB nel maggio 2013, documentazione arricchita con la risposta inviata dalla Banca in data 3 febbraio 2014, la CONSOB era nella condizione di pervenire a un accertamento definitivo al quale avrebbe dovuto fare seguito l’istaurazione della procedura sanzionatoria invece intervenuta solo due anni dopo. La Corte di merito ha così obliterato l’esame della circostanza decisiva già dedotta nel giudizio di opposizione, ossia che vi sono state tre richieste di CONSOB alla nuova Banca dell’Etruria dell’11 dicembre 2015, del 15 aprile 2016 e del 10 giugno 2016, espressamente finalizzate al controllo del rispetto da parte di BPEL delle norme di correttezza nella prestazione dei servizi di investimento aventi tra l’altro ad aggetto obbligazioni subordinate emesse dalla medesima Banca e che solo il 20 giugno 2016 è terminata l’attività di acquisizione di informazioni e documenti. Pertanto, solo all’esito dell’acquisizione completa ed effettiva dei documenti appena ricordati si poteva ritenere definita nella sua integralità l’attività di indagine e controllo da parte della CONSOB, alla quale doveva, come poi è avvenuto, fare seguito la notificazione della
contestazione nel termine perentorio stabilito dal citato primo comma dell’art. 195. Va precisato che l’argomentazione della Corte di merito secondo cui la CONSOB era già in condizione di conoscere le irregolarità conseguenti alle attività ispettive anche in virtù dell’acquisizione nel marzo 2014 di una relazione da parte della Banca si pone in contrasto con i principi affermati da questa Corte, secondo cui non è consentito in sede di giudicato giurisdizionale entrare nel merito dell’opportunità dello svolgimento di atti di indagine. La Corte d’appello ha quindi interpretato l’art. 195 valutando ex post la congruità delle emergenze istruttorie pervenute nella sfera conoscitiva della ricorrente, concludendo con prognosi ex post che la stessa fosse già in condizione di emettere il provvedimento sanzionatorio in data significativamente precedente a quanto avvenuto. Così facendo, la Corte d’appello ha posto in essere essa stessa valutazioni di esclusiva pertinenza della CONSOB e si è di fatto sostituita alla medesima nella valutazione della sufficienza degli elementi conoscitivi utili all’emissione della sanzione, valutazione che l’organo di vigilanza aveva ritenuto di possedere solo a seguito della trasmissione dei documenti in precedenza richiamati (v. al riguardo Cass. n. 34695/2023 e Cass. n. 8362/2018).
L’accoglimento del secondo e del terzo motivo comporta l’assorbimento del quarto motivo (che contesta ‘violazione degli artt. 5 e ss., 94 e ss. del d.lgs. 58/1998 e conseguente falsa applicazione dell’art. 195 del medesimo decreto legislativo e dell’art. 14, commi 2 e 6 della legge 689/1981’, nella parte in cui la sentenza implicitamente sostiene che il controllo preventivo sui prospetti informativi e la vigilanza sugli intermediari bancari dell’attività di commercializzazione di strumenti finanziari di propria emissione costituiscono espressione di un’unitaria attività di supervisione) e del quinto motivo (che contesta ‘nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 115 c.p.c.’,
per avere la Corte d’appello commesso evidenti errori di percezione laddove ha affermato che CONSOB avrebbe avuto conoscenza sin dal febbraio/marzo 2014 della reale gravità della situazione della Banca e dell’impossibilità di un risanamento da percorrere in via autonoma).
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Firenze, che provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio. Il giudice di merito al quale va rinviata la causa (e che provvederà anche a prendere in considerazione i fatti dedotti e da considerarsi come decisivi nei sensi in precedenza evidenziati) dovrà attenersi ai seguenti principi di diritto, già affermati da questa Corte, che il
Collegio condivide:
in tema di sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme che disciplinano l’attività di intermediazione finanziaria, il momento dell’accertamento, dal quale decorre il termine di decadenza per la contestazione degli illeciti da parte della CONSOB, va individuato in quello in cui la constatazione si è tradotta, o si sarebbe potuta tradurre, in accertamento, dovendosi a tal fine tener conto, oltre che della complessità della materia, delle particolarità del caso concreto anche con riferimento al contenuto e alle date delle operazioni;
in materia di sanzioni amministrative irrogate dalla CONSOB per violazioni del TUF, il giudice deve limitarsi a rilevare se vi sia stata un’ingiustificata e protratta inerzia durante o dopo la raccolta dei dati di indagine, tenuto anche conto che ragioni di economia possono indurre a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unico provvedimento sanzionatorio;
-la valutazione, in relazione alle suddette violazioni, della superfluità degli atti di indagine va effettuata con un giudizio ex
ante (e in tal senso il giudice deve rilevare l’evidente superfluità, per essere manifestamente già accertati tempi, entità e altre modalità delle violazioni, senza omettere di considerare anche la possibile connessione con altre violazioni ancora da accertare), essendo irrilevante che indagini potenzialmente fruttuose in via prognostica si rivelino, ex post , inutili.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo, rigettato il primo motivo e assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio seguita alla pubblica