Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 35079 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 35079 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17088/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e do miciliata presso il domicilio digitale del medesimo pec:
—ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma INDIRIZZO
pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3723/2021 depositata il 23/12/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/09/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
la società RAGIONE_SOCIALE che aveva stipulato con la RAGIONE_SOCIALE (poi RAGIONE_SOCIALE un contratto di leasing finanziario immobiliare in data 20/12/2002, versando la somma prevista dal piano di ammortamento predisposto dalla finanziaria, convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenerne la condanna alla restituzione di somme indebitamente pagate in forza del contratto di locazione finanziaria, stipulato con la previsione di un tasso di interesse indeterminato e produttivo di anatocismo; chiese dichiararsi, essendo gli interessi usurari, la gratuità del contratto e la condanna della banca alla restituzione delle somme illegittimamente riscosse in corso di rapporto, quantificate in complessivi € 1.071.791,87, oltre interessi e maggior danno da svalutazione.
RAGIONE_SOCIALE nel costituirsi in giudizio, oltre a sollevare eccezione di incompetenza territoriale dell’adito Tribunale di Pisa, cui seguì la riassunzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Milano, chiese di accertare la piena conformità degli interessi di mora pattuiti al tasso di riferimento, la determinatezza e trasparenza degli interessi corrispettivi pattuiti e l’insussistenza dell’anatocismo .
Il Tribunale di Milano, disposta una CTU, rigettò la domanda.
L a Corte d’Appello di Milano , con sentenza n. 3723 del 23/12/2021, ha rigettato il gravame della Spalletti, condannandola alle spese.
La soccombente propone ora ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi cui resiste la Unicredit Leasing SpA con controricorso e memoria.
Considerato che:
con il primo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c. in relazione all’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., nonché in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c., nullità della sentenza -la ricorrente lamenta che la corte territoriale (e prima il tribunale) non ha
‘ né percepito né recepito la relazione del CTU e dei conteggi ivi allegati sulla base dei quali era stato quantificato il credito a ricalcolo della RAGIONE_SOCIALE ‘ .
Secondo la ricorrente il giudice ha disconosciuto, peraltro con una motivazione inesistente, quanto deferito al CTU e quanto dal medesimo accertato. Il quesito, che viene riportato nel ricorso, aveva affidato al CTU di indicare quale fosse il tasso leasing applicato nel contratto e, qualora lo stesso fosse risultato superiore al tasso legale vigente alla data di stipula del contratto, di rideterminare il piano di ammortamento applicando il tasso legale e, di conseguenza, stabilire l’ammontare complessivo versato alla data di notifica dell’ atto di citazione e l’eventuale debito residuo ancora da pagare o il credito maturato dall’attrice. Quindi il tribunale aveva affidato al CTU la individuazione ‘diretta, semplice, ictu oculi, della inesistenza del tasso leasing con conseguente necessaria applicazione delle norme di tutela quali l’art. 117 TUB ‘.
La controversia non ha avuto alcun altro sviluppo essendo stata accertata la nullità per indeterminatezza del tasso leasing, condivisa dalle parti’ che avrebbe dovuto condurre soltanto al ricalcolo del tasso. Viceversa, ed illegittimamente, avendo il giudice di primo grado trattato esclusivamente la questione della usurarietà del tasso ed avendo quello di appello confermato il ‘misconoscimento’ della CTU, limitandosi a trattare del tasso di ammortamento alla francese, peraltro sulla base di dati puramente astratti e di generici concetti di matematica finanziaria, ciò avrebbe determinato sia la violazione degli artt. 115 e 116 cpc e dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. sia la nullità della sentenza per non aver recepito la relazione del CTU ed i conteggi ad esso allegati.
Con il secondo motivoil vizio di ‘misconoscenza’ della CTU si ascrive anche nella violazione dell’art. 360, n. 5 c.p.c. la ricorrente lamenta che la corte territoriale ha motivato in modo apparente perché ha
ignorato la CTU, quando avrebbe dovuto, quanto meno, motivare per discostarsi dal contenuto della stessa.
Con il terzo motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 1346, 821 c.c. e 117 TUB in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -lamenta in modo del tutto generico che la sentenza conterrebbe una ‘dissertazione’ per sostenere la insussistenza dell’indeterminatezza del tasso , senza supportarla con elementi scientifici.
Con il quarto motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. Omesso esame di un fatto decisivo. Inesistente motivazione -la ricorrente afferma che la corte, oltre a ‘misconoscere’ la CTU , non ha trattato ‘ il fatto, a rilevanza e conseguenza giuridica della indeterminatezza del tasso contrattuale’ .
Con il quinto ed ultimo motivo -violazione e falsa applicazione degli artt. 1284 c.c. 117 T.U.B., 1346, 1418, 1419 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. -lamenta che la corte ha disconosciuto la presenza di una causa di nullità parziale del contratto di finanziamento costituita dalla mancanza di elementi atti a determinare, anche per relationem , un unico tasso di interesse, quello del 1284 c.c. o del 117 co. 4 TUB ; il piano di ammortamento adottato dalla banca sarebbe quello più oneroso per i clienti, in quanto la legge di capitalizzazione applicata, senza pattuizione, è quella composta che induce, per effetto della proprietà matematica dell’inscindibilità, interessi anatocistici ed interessi puri sul solo capitale; il meccanismo apparentemente riduce la quota degli interessi ma in realtà li incrementa con un meccanismo contabile surrettizio che passa per l’incremento del capitale; il piano adottato, definito in termini di matematica finanziaria, ‘alla francese’ , produce anatocismo sicché la corte, ritenendo inconsistente la doglianza sul piano di ammortamento alla francese e sulla inesistenza di componenti di costo occulto, ha violato le norme indicate in epigrafe.
I motivi vanno trattati congiuntamente perché tutti afferenti alla medesima questione, la pretesa indeterminatezza delle clausole contrattuali relative al computo del tasso leasing, questione che, nella prospettiva della ricorrente, è declinata sia ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., per avere i giudici del merito violato le disposizioni codicistiche sul calcolo degli interessi, sulla nullità relativa, sulla sostituzione di diritto di clausole nulle, e sull’art. 117 TUB, sia quale vizio motivazionale rilevante ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c. anche con riferimento al preteso discostamento, da parte del giudice, dalla CTU percipiente espletata e presente in atti, sia quale violazione dei principi sulla acquisizione della prova, contenuti negli artt. artt. 115 e 116 c.p.c. e nell’art. 2697 c.c.
Le censure sono tutte inammissibili per le ragioni qui di seguito esposte.
La corte territoriale (da p. 11, ult. capoverso fino a p. 24) ha, con ampia e diffusa motivazione, ritenuto che la pretesa indeterminatezza del tasso di interesse applicato al contrattodipendente, in tesi, dall’utilizzo del tasso Euribor quale indice di variazione del canone mensile di leasing e dal meccanismo di ammortamento alla francesenon integra una clausola ‘ poco chiara o assente ‘, potendo il tasso essere individuato anche per relationem, attraverso il richiamo a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci perché individuabili senza margini di incertezza o di discrezionalità in capo al soggetto finanziatore. Le parti hanno soddisfatto le condizioni di determinabilità del tasso di interesse, indicando importo e numero dei canoni mensili, tasso di riferimento per la variabilità dei canoni (Euribor 3 mesi) pari a 2,750% per l’attualizzazione, ed il tasso contrattuale di mora nell’Euribor 3 mesi maggiorato di 9 punti. Peraltro, ha aggiunto la co rte, l’obbligo di pubblicizzare il tasso leasing, riguarda i contratti stipulati dopo la divulgazione delle Istruzioni della Banca d’Italia e l’onere non sussiste per i contratti stipulati nel periodo precedente, quale quello in esame,
in riferimento ai quali il tasso leasing rappresenta un mero obbligo informativo con l’effetto che la mancata o inesatta comunicazione del valore al cliente non determina nullità del contratto.
Quanto al preteso errore del giudice del merito per aver ritenuto il piano di ammortamento ‘alla francese’ compatibile con l’autonomia contrattuale delle parti e non determinante la violazione del divieto di anatocismo ex art. 1382 c.c., la corte ha escluso la produzione di interessi sugli interessi scaduti, con la conseguente esclusione di ogni anatocismo. Ha altresì escluso il cumulo tra interessi corrispettivi ed interessi moratori con riferimento all’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, ed ha, in radice motivatamente escluso la produzione di interessi usurari, con ciò escludendo la violazione dell’art. 2697 c.c.
A fronte di tale motivazione, esaustiva e supportata da continui riferimenti a pronunce di legittimità, occorre rilevare che le censure prospettate dalla ricorrente sono inammissibili.
In primo luogo, e con efficacia assorbente, le censure non attingono una delle rationes decidendi dell’impugnata sentenza, secondo cui la società di leasing non era tenuta ad attenersi alle istruzioni della Banca d’Italia del 19 agosto 2003 per il calcolo del tasso di attualizzazione perché detto onere non sussisteva per i contratti, quale quello in esame, stipulati nel periodo precedente alla loro emanazione, essendo per detti contratti il tasso leasing non una componente indefettibile del contratto ma un mero obbligo informativo.
Si aggiungono, per mera completezza, ulteriori ragioni di inammissibilità.
L a pretesa violazione dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. si rileva che la sua prospettazione, in presenza di pronuncia cd. ‘doppia conforme’ ai sensi dell’art. 348 -ter, IV co. c.p.c. è preclusa dal codice di rito in assenza di dimostrazione, da parte della ricorrente, della diversità delle ragioni poste a fondamento della prima e della seconda pronuncia di merito.
La pretesa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è inammissibile per mancata osservanza delle condizioni richieste dal consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui ‘ In tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), e ‘In tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass., S.U. n. 20867 del 30/9/2020). Quanto alla pretesa violazione dell’art. 2697 c.c. essa è inammissibile perché non osserva le condizioni poste dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass., S.U., n. 13395 del 29/5/2018), secondo cui ‘ La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove
oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 n. 5 c.p.c.).
Anche le censure prospettate con riguardo al metodo di ammortamento ‘alla francese’, sono da disattendere alla luce di Cass., S.U., n. 15130 del 29/05/2024 secondo cui ‘….il piano di ammortamento “alla francese” di tipo standardizzato tradizionale, la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composto degli interessi debitori non è causa di nullità parziale del contratto, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti ‘.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile