Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3366 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3228/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALEE NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione , elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze n. 3010/2018 depositata il 24.12.2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.2.2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’ RAGIONE_SOCIALE, società in house affidataria del servizio di raccolta e smaltimento rifiuti per alcuni comuni della Piana Lucc hese, mediante conferimento presso l’impianto di Pioppogatto di Massarosa, gestito dalla RAGIONE_SOCIALE (di seguito TEV), ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo del Tribunale di Lucca che era stato ottenuto nei suoi confronti da TEV per l’importo di € 235.267,82 , oltre accessori, per il pagamento delle tariffe di smaltimento secondo l’accordo del 19.2.2010 tra l’Ambito territoriale ottimale ATO Toscana Costa la Provincia di Lucca, il CAV (Consorzio Ambiente Comuni Versilia) e il gestore dell’impianto di conferimento, appunto TEV.
Nelle more del giudizio di primo grado RAGIONE_SOCIALE si è trasformata in RAGIONE_SOCIALE; in data 25.5.2014 è stato dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE; il processo è stato ritualmente riassunto nei confronti del Curatore fallimentare.
Il Tribunale di Lucca ha rigettato l’opposizione, ritenendo che RAGIONE_SOCIALE Toscana Costa fosse il soggetto competente a determinare la tariffa in modo vincolante per i concessionari di raccolta e conferimento in impianto, qual era ASCIT, e che la fattura azionata si riferisse a conferimenti successivi all’accordo del 2010.
Avverso la predetta sentenza di primo grado ha proposto appello RAGIONE_SOCIALE a cui ha resistito l’appellato Fallimento RAGIONE_SOCIALE
La Corte di appello di Firenze con sentenza del 24.12.2018 ha respinto il gravame, con la condanna dell’appellante alle spese del grado.
La Corte di appello ha affermato che l’art.26 della legge Regione Toscana n.25 del 1998 riserva all’ATO la determinazione della tariffa di conferimento, che copre il costo del servizio che la società di raccolta deve corrispondere al gestore dell’impianto al momento del conferimento; che tale tariffa era ben diversa dalla tariffa di igiene ambientale la cui determinazione è rimessa ai Comuni; ASCIT non aveva titolo a partecipare all’accordo di determinazione della tariffa tra ATO e TEV; non rilevava la mancanza di forma scritta, poiché non era intercorso fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE un contratto di servizio; la nuova tariffa non era stata applicata retroattivamente.
Avverso la predetta sentenza con atto notificato il 21.1.2019 ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE svolgendo due motivi.
Con atto notificato il 2.3.2019 ha proposto controricorso TEV, chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione.
Le parti hanno presentato memoria illustrativa.
In particolare per parte controricorrente la memoria è stata depositata dalla società RAGIONE_SOCIALE
Quest’ultima società ha di aver depositato segnalato in data 20.11.2019 presso il Tribunale di La Spezia, quale assuntore, domanda di concordato fallimentare relativa al Fallimento RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE in Liq., avente n. 27/2014; che con decreto del 17.11.2020, depositato il 18.11.2020 e passato in giudicato il 24.12.2020, il Tribunale di La Spezia aveva definitivamente omologato il c oncordato ai sensi dell’art. 129 l.fall.; che a seguito dell’omologa, COGNOME era succeduta a titolo particolare in tutti i rapporti attivi e passivi del Fallimento RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE in Liq., TEV
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE, tra cui anche il presente contenzioso tra il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE, attualmente pendente innanzi alla Corte di Cassazione al n.r.g. 3228/2019.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.238 del d.lgs. 152/2006, all’art.15 del d.lgs. n.36/2003, dell’art.49 del d.lgs. 5/1997 e all’art.26 della legge Regione Toscana n.25/1998 e
4.1. Con il mezzo la ricorrente contesta che ATO Toscana Costa fosse un ente dotato di potere impositivo nei confronti di tutti gli utenti, anche se non facenti parte dell’ATO, nella determinazione della tariffa relativa ai costi di conferimento dei rifiuti presso l’impianto di smaltimento.
4.2. Il motivo, che peraltro ripropone le tesi già svolte con il primo motivo di appello e disattese dalla Corte toscana, sconta un vizio di fondo, ben segnalato dalla controricorrente e già stigmatizzato dalla Corte territoriale.
ASCIT confonde il compenso tariffario (tariffa di conferimento) dovuto a TEV quale corrispettivo per il servizio svolto presso gli impianti da essa gestiti a favore dei soggetti conferitori di rifiuti e la tariffa di igiene ambientale di cui all’art.49 del d.lgs. 22/1997 e ora disciplinata dall’art.238 del d.lgs.152/2006, che è il contributo, di natura tributaria, dovuto ai Comuni da parte dei soggetti produttori di rifiuti nel loro territorio.
Tale confusione inficia decisivamente il mezzo di ricorso, al pari dei richiami delle norme disciplinatrici della tariffa di igiene ambientale (TIA) e della giurisprudenza relativa, citata dalla ricorrente. A cominciare dalla sentenza Sez. U, n. 8313 del
8.4.2010, secondo la quale l’affidamento da parte dell’ente locale della gestione dei rifiuti urbani ad un gestore esterno, ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, non comporta, né consente, il trasferimento del potere di determinare la tariffa prevista dal successivo art. 49, sia perché deve essere l’ente impositore, assumendosene la responsabilità politica, ad individuare il gettito ritenuto sufficiente per la gestione del servizio da affidare a terzi, sia perché, altrimenti, operando il gestore in regime di monopolio, la tariffa sarebbe sostanzialmente determinata al di fuori di ogni tipo di controllo, sia quello privato della concorrenza, sia quello politico. Pronuncia questa, chiaramente riferita proprio alla TIA e non già al corrispettivo di cui qui si discute.
4.3. Inoltre la sentenza impugnata, al pari di quella di primo grado, ha individuato il potere di determinazione del compenso tariffario di cui si tratta nell’art.26 della legge Regione Toscana n.25 del 1998 e ha adeguatamente chiarito che la tariffa di conferimento rappresenta solamente il corrispettivo del servizio che la società di raccolta corrisponde al gestore al momento del conferimento del rifiuto e che viene determinata dall’ATO sulla base di convenzioni con il gestore per ottimizzare i costi, garantire funzionalità ed efficienza a costi equilibrati.
L’utente del servizio è del tutto estraneo a questo momento determinativo che limita l’autonomia del gestore nella formazione della tariffa. Si tratta di un costo privato, temperato e calmierato dall’intervento dell’ATO a lla cui previsione ASCIT era del tutto estranea e priva di titolo alcuno a partecipare alla formazione dell’accordo.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art.360, comma 1, n.3, cod.proc.civ., la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art.1321 cod.civ., all’art.11, comma 13, del d.lgs. 12.4.2006 n.16 (nel testo modificato dal d.l.
18.10.2012 n.179, art.6, comma 3, convertito con modificazioni dalla legge 17.12.2012 n.221)
5.1. La Corte di appello, secondo la ricorrente, avrebbe errato ritenendo la tariffa vincolante senza un accordo fra le parti e in difetto della necessaria forma scritta.
5.2. Il motivo è infondato.
Da un lato, in ragione della natura imprenditoriale dell’attività svolta e della sua autonomia organizzativa e gestionale rispetto allo stato e agli enti locali da cui è partecipata, l’azienda speciale di ente pubblico territoriale, pur appartenendo al sistema con il quale la P.A. gestisce i servizi pubblici che abbiano per oggetto produzioni di beni e attività rivolte a soddisfare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali, non può qualificarsi, ai fini della normativa sulla forma dei contratti di cui agli articoli 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923 Pubblica Amministrazione in senso stretto. Ne consegue che per i suoi contratti non è imposta la forma scritta ad substantiam , né sono vietate la stipula per facta concludentia o mediante esecuzione della prestazione ex art. 1327 c.c., ma vige, al contrario, il principio generale della libertà delle forme di manifestazione della volontà negoziale (Sez. U, n. 20684 del 9.8.2018).
Per altro verso, RAGIONE_SOCIALE, come ogni altro utente, era tenuto al pagamento della tariffa fissata secondo la procedura di legge e semmai avrebbe potuto, se ce ne fossero state le condizioni, astenersi dal conferire in quell’impianto.
Per i motivi esposti occorre rigettare il ricorso e condannare la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente.
Dal novero delle attività processuali oggetto di liquidazione deve però essere esclusa la memoria depositata dalla intervenuta RAGIONE_SOCIALE
La giurisprudenza del tutto consolidata di questa Corte, infatti, ritiene che il successore a titolo particolare nel diritto controverso, non possa intervenire nel giudizio di legittimità, in difetto di una espressa previsione normativa che consenta al terzo di parteciparvi esplicando le proprie difese, ed è ammesso a depositare controricorso, per resistere al ricorso proposto contro il proprio dante causa, nel solo caso in cui in cui quest’ultimo sia rimasto inerte, altrimenti determinandosi un’irrimediabile lesione del suo diritto di difesa. (Sez. 3 , n. 16526 del 13.6.2024; Sez. 1, 1.3.2022, n. 6774; Sez. 1, 4.3.2021, n. 5987; Sez. 3, 10.10.2019, n. 25423, Sez. 1, 7.6.2016, n. 11638).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dar atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del controricorrente, liquidate nella somma di € 5.500,00 per compensi, € 200,00 per esposti, 15% rimborso spese generali, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione