Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25364 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25364 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6161/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE NOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’avv. prof. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliate ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
-ricorrenti -contro
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente – ricorrente incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata
Obbligazioni in genere -surrogazione legale
ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 3146/2022 della CORTE d’APPELLO di Venezia pubblicata il 24.12.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19.5.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 . RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicata come RAGIONE_SOCIALE), già RAGIONE_SOCIALE, e NOME COGNOME convenivano dinanzi al Tribunale di Venezia NOME COGNOME al fine di sentire dichiarare la nullità della surrogazione ex art. 1201 cod. civ. in favore del secondo e l’accertamento che il debito contratto da RAGIONE_SOCIALE con la Banca Antoniana Popolare Veneta (ora Monte Paschi Siena s.p.a.) si era estinto. Assumevano le attrici che la dichiarazione di surroga ex art. 1201 cod. civ. rilasciata dalla banca in data 28.5.2013 era nulla, perché la surrogazione per dichiarazione del creditore deve essere fatta espressamente e contemporaneamente al momento del pagamento.
Si costituiva NOME COGNOME COGNOME e contestava le domande svolte, svolgendo in via subordinata domanda riconvenzionale per l’accertamento dell’intervenuta surrogazione ex art. 1203, n. 3, cod. civ. Nel giudizio si costituiva Monte dei Paschi Siena s.p.a. a seguito della chiamata in causa svolta dal convenuto, il quale ne chiedeva la condanna alla restituzione di quanto versato in caso di accoglimento delle domande attoree.
Il Tribunale di Venezia con sentenza n. 2442/2019, pubblicata il 14.11.2019, dichiarava che il convenuto, in qualità di fideiussore e garante relativamente al finanziamento fondiario del 4.11.1999, a norma dell’art. 1949 cod. civ. si era surrogato nel credito di Monte dei Paschi di Siena s.p.a. nei confronti delle attrici, e le condannava alla rifusione delle spese in favore del convenuto e della terza chiamata.
Con ordinanza del 3.10.2020 il Tribunale disponeva la correzione della sentenza nel senso che « che, ferme nel resto le relative statuizioni, il capo n. 1 del dispositivo della sentenza n. 2442/19, prima della parola ‘dichiara’ sia integrato nel modo che segue: ‘previa dichiarazione di inefficacia dell’atto di surrogazione ex art. 1201 c.c. di cui è causa per quanto indicato in parte motiva ‘ ».
La Corte d’Appello di Venezia con sentenza pubblicata il 24.12.2021 rigettava l’appello proposto da COGNOME e dalla COGNOME, dichiarava inammissibile l’appello incidentale svolto dal COGNOME e compensava le spese di lite.
Per quanto ancora d’interesse ai fini del presente giudizio, la Corte d’appello, dopo aver dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 345 cod. proc. civ., l’eccezione di prescrizione, rilevava che la questione sollevata con riferimento all’art. 1201 cod. civ. era assorbita dall’accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dal convenuto. Questo perché il primo giudice aveva dichiarato la surrogazione ex art. 1949 cod. civ. e, con l’ordinanza del 3.10.2020, aveva rettificato il dispositivo della sentenza dichiarando l’inefficacia della surrogazione ex art. 1201 cod. civ.
La corte aggiungeva che, in relazione all’accordo quadro del 23.7.2002 intervenuto tra la Trombetta e il Montino Tambosso, quest’ultimo -quanto al mutuo ipotecario oggetto di lite -si era obbligato al pagamento del credito immediatamente esigibile al momento della stipulazione dell’accordo in questione (54.000,00 euro, oltre interessi di mora), ma non anche in relazione ai pagamenti successivi. La vicenda traeva origine dall’atto del 4.11.1999 con cui la Banca Monte Paschi di Siena s.p.a. aveva accordato a RAGIONE_SOCIALE un mutuo garantito da un’ipoteca su un immobile della società e da una fideiussione rilasciata dagli allora coniugi COGNOME e COGNOME. La rinuncia alla rivalsa contenuta nell’atto del 30.9.2022, invece, con il quale il COGNOME aveva ceduto la sua partecipazione in RAGIONE_SOCIALE, riguardava i pagamenti pregressi e non quelli successivi, qual era il credito oggetto di lite. La Corte notava
ancora che il fideiussore poteva benissimo estinguere il debito nei confronti del creditore sia direttamente a sue mani, sia indirettamente mediante rimessa sul conto corrente del debitore principale, senza che potesse rilevare il fatto che quest’ultimo fosse, o meno, in bonis .
La corte, altresì, dichiarava inammissibili sia il terzo motivo dell’appello principale afferente alla violazione dell’art. 40 bis t.u.b., perché basato su una eccezione svolta tardivamente in primo grado (nella memoria di replica ex art. 190 cod. proc. civ.), sia il ricorso incidentale svolto dal COGNOME per difetto di interesse ad agire per essere stata accolta la domanda riconvenzionale per la dichiarazione della surroga ex art. 1949 cod. civ.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorrono COGNOME e NOME COGNOME sulla base di quattro motivi. Resistono con controricorso Monte Paschi di Siena s.p.a. e NOME COGNOME Quest’ultimo ha proposto ricorso incidentale, sulla base di due motivi, al quale hanno risposto COGNOME e NOME COGNOME con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Le ricorrenti principali e NOME COGNOME COGNOME hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale
Con il primo motivo sono denunciati, ai sensi dell’art. 360, comma primo, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., falsa applicazione dell’art. 1949 cod. civ. e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e oggetto di discussione tra le parti.
Le ricorrenti lamentano che la Corte d’appello ha travisato il senso del primo motivo d’appello, là dove ha ritenuto che la questione relativa all’applicabilità dell’art. 1 201 cod. civ. la si potesse ritenere superata per il
fatto che il Tribunale aveva riconosciuto la surrogazione ex art. 1949 cod. civ., mentre la doglianza riguardava (solo) la violazione di tale ultima norma e de ll’art. 1203, n. 3, cod. civ. e non la violazione dell’art. 1201 cod. civ. oggetto del quarto motivo d’appello , poi rinunciato a seguito dell’ordinanza del 3.10.2020. La Corte d’appello, pertanto , ha omesso di pronunciare sul motivo in questione, sì che l’errata decisione sul punto ‘viene censurata non solo in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., ma anche in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.’.
1.1. Il motivo è infondato.
Le ricorrenti denunciano come violazione di legge e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio l’omessa pronuncia sul primo motivo d’appello e, quindi, nella sostanza prospettano un error in procedendo per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Sennonché, la Corte d’appello non è incorsa nel lamentato vizio. Infatti, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ. ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., Sez. I, 13 giugno 1972, n. 1853; Cass., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7653; Cass., Sez. VI-5, 27 novembre 2017, n. 28308; sez. 6-I, 16 luglio 2018, n. 18797), e, nel caso del motivo d’appello, uno dei fatti costitutivi della «domanda» di appello (v. Cass., sez. II, 22 gennaio 2018, n. 1539).
Poiché, dunque, il vizio di mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., riguarda soltanto l’ambito oggettivo della pronunzia e non anche le ragioni di diritto e di fatto assunte a sostegno della decisione (v. Cass., Sez. II, 21 aprile 1976, n. 1397; più di recente Cass., sez. II, 12 luglio 2024, n. 19241), non ricorre la violazione
di tale disposizione allorché si lamenti che il giudice del merito sia incorso in un errore di giudizio.
La Corte d’appello , comunque, ha esaminato e deciso il primo motivo d’appello con il quale si deduceva : ‘ rroneità della decisione impugnata per avere ritenuto idonee alla surroga le modalità dei pagamenti effettuati dal Montino Tambosso a Banca Antoniana Popolare Veneta (oggi MPS spa) in qualità di garante di RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), perché il pagamento del debito di RAGIONE_SOCIALE sarebbe avvenuto in parte mediante versamenti del Montino Tambosso nel c/c della debitrice principale, di modo che la Banca se ne potesse giovare, e non direttamente alla Banca’ (pagina 6 della sentenza , ultimo capoverso).
Al riguardo la Corte d’appello con riferimento all’idoneità alla surroga dei pagamenti eseguiti ha scritto: ‘ a questione risulta superata dal riconoscimento da parte del Tribunale, del diritto di Montino Tambosso alla surroga ex art. 1949 c.c. nei diritti della Banca, accogliendo la domanda riconvenzionale dal medesimo proposta, in via subordinata, tanto che, come sopra riportato, con ordinanza in data 3.10.2020 il dispositivo della sentenza impugnata è stato corretto nel senso «che, ferme nel resto le relative statuizioni, il capo n. 1 del dispositivo della sentenza n. 2442/19, prima della parola ‘ dichiara ‘ sia integrato nel modo che segue: ‘ previa dichiarazione di inefficacia dell’atto di surrogazione ex art. 1201 c.c. di cui è causa per quanto indicato in parte motiva ‘ », tanto che le appellanti hanno rinunciato al quarto motivo di gravame ‘ (v. pagina 8, punto 16).
La Corte d’appello, pertanto, sulla questione dell’idoneità alla surrogazione dei pagamenti eseguiti ha reso una decisione, dovendo altresì notarsi che , a parte l’inconciliabilità sul piano logico tra la lamentata omessa pronuncia e l’errore di valutazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado, il motivo ha natura puramente fattuale chiedendo un riesame nel merito della questione.
Esso, infatti, si risolve nella mera riproposizione della doglianza svolta in sede di merito, in base alla quale non essendo in negativo il conto
corrente presso cui erano state fatte le rimesse, i pagamenti in favore della banca sarebbero stati effettuati dalla società, titolare del rapporto, e non dal Montino Tambosso, il quale avrebbe solamente costituito una provvista a favore della società in un conto corrente avente un saldo positivo.
Con il secondo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ.
Le ricorrenti si dolgono dell’interpretazione resa dalla Corte d’appello de ll’accordo quadro del 23.7.2002, con il quale NOME COGNOME COGNOME si era obbligato a estinguere le posizioni debitorie esistenti di RAGIONE_SOCIALE Inoltre, con atto del 30.9.2002, stipulato in forza del ridetto accordo quadro, il COGNOME COGNOME aveva ceduto la sua partecipazione del 49% in RAGIONE_SOCIALE ed ivi era stato precisato che: ‘l a cessione viene effettuata ed accettata nelle condizioni di diritto in cui si trova la quota, che ne è oggetto e di fatto in cui versa l’impresa sociale, cui la quota stessa inerisce, con espressa rinunzia del cedente ad ogni e qualsiasi credito e per qualunque titolo da egli stesso vantato nei confronti della società ed in particolare modo per finanziamenti a favore della medesima in qualsiasi tempo effettuati e questo perché, nella formazione del consenso che ha determinato la presente cessione, i contraenti hanno tenuto conto, ancorché forfettariamente e transattivamente, della definizione di taluni altri rapporti tra essi stessi intercorrenti ‘.
Il COGNOME COGNOME con la cessione della sua quota aveva assunto l’obbligo di pagare i debiti esistenti della società in relazione a finanziamenti alla stessa concessi in qualsiasi tempo effettuati, fra cui il finanziamento erogato dalla banca, rinunziando espressamente a qualsiasi regresso e/o rivalsa nei confronti della stessa.
2.1. Il motivo è inammissibile, poiché la dedotta violazione dei criteri di interpretazione contrattuale esula i limiti del consentito sindacato di legittimità in quanto direttamente attinenti al fatto contratto, limitandosi a contrapporre apoditticamente a quella svolta dalla corte d’ appello una
diversa interpretazione dell’accordo quadro del 23.7.2002 e di quello di cessione della quota del 30.9.2002.
Deve essere ricordato che secondo il costante orientamento di questa Corte, l’interpretazione del contratto, consistendo in una operazione di accertamento della volontà dei contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche. Ne consegue che non può trovare ingresso in sede di legittimità la critica della ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito, che si traduca esclusivamente nella prospettazione di una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto già dallo stesso esaminati.
Il sindacato di legittimità deve avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti e non può investire il risultato interpretativo in sé, bensì solo l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (tra le molte, v. Cass. 31 marzo 2006, n. 7597; 1° aprile 2011, n. 7557; 14 febbraio 2012, n. 2109; 10 febbraio 2015, n. 2465; 26 maggio 2016, n. 10891; 29 luglio 2016, n. 15763; 5 dicembre 2018, n. 31512; 12 maggio 2020, n. 8810; 2 luglio 2020, n. 13620; Sez. Un., 21 gennaio 2021, n. 2061; 10 ottobre 2023, n. 28324).
Pertanto, al fine di far valere una violazione sotto i due richiamati profili, il ricorrente per cassazione deve non solo fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate e ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità (v., Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; 11 marzo 2014, n. 5595; 27 febbraio 2015, n. 3980; 19 luglio 2016, n. 14715).
Di conseguenza, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (Cass. 22 febbraio 2007, n. 4178; 7 marzo 2007, n. 5273; Cass. 3 settembre 2010, n. 19044).
Come già detto, le ricorrenti riferiscono di aver dimostrato in causa quale fosse l’effettiva intenzione delle parti, in ordine all’impegno che assumeva il Montino COGNOME, nel contesto dell’ accordo quadro e della cessione delle quote da lui detenute in Umbi Studios, ossia di pagare tutti i debiti esistenti in capo alla società per i finanziamenti da essa contratti. Per contro, sarebbero prive di riscontro le affermazioni fatte dalla Corte d’appello : a) l’ impegno assunto dal Montino Tambosso, rispetto al mutuo ipotecario, era solo quello di provvedere al pagamento del credito immediatamente esigibile dalla Banca al momento dell’ accordo quadro; b) in sede di cessione delle quote detenute in Umbi Studios, il COGNOME si sarebbe impegnato a rinunciare alla rivalsa, nei confronti della società, solo per i pagamenti pregressi a detta rinuncia e non rispetto a pagamenti successivi, quali quelli oggetto di lite.
Le ricorrenti si sono limitate a contrapporre a quella della Corte d’appello la propria soggettiva interpretazione e non hanno indicato né in quale errore logico sarebbe incorso il giudice del merito, né come la lettura contenuta in sentenza contrasti con la lettera delle clausole contrattuali e con il loro contenuto complessivo. Le ricorrenti, in particolare, hanno invocato il tenore de ll’accordo di cessione della quota, nel quale COGNOME ha rinunciato ‘ad ogni e qualsiasi credit o per qualunque titolo da egli stesso vantato nei confronti della società ed in particolar modo per finanziamenti a favore della medesima in qualsiasi tempo effettuati e questo perché, nella formazione del consenso che ha determinato la presente cessione, i contraenti hanno tenuto conto, ancorché forfettariamente e
transattivamente, della definizione di taluni altri rapporti tra essi stessi intercorrenti ‘.
Clausola, quest’ultima , che per il suo tenore del tutto generico, ben si prestava alla lettura resa dalla Corte d’appello , la quale ha provveduto a interpretarla anche alla luce di quanto previsto nell’accordo quadro a proposito dell’impegno assunto dal Montino COGNOME , circa il mutuo ipotecario, al pagamento del credito immediatamente esigibile di euro 54.000, oltre interessi di mora.
La critica svolta dalle ricorrenti non solo si limita a contrapporre in modo assertorio la propria interpretazione del tenore delle clausole dell’accordo quadro e di cessione della quota in RAGIONE_SOCIALE, peraltro sulla base della generica a ffermazione che ‘ er di più, non è inutile ricordare che molteplici erano i rapporti esistenti tra le parti COGNOME –RAGIONE_SOCIALE ‘ , ma impinge verso un riesame complessivo del merito della quaestio facti , come reso evidente dal richiamo alla mancanza di prova del versamento alla Banca dell’importo di euro 877.585,85 da parte del convenuto.
Il motivo, conclusivamente, si palesa inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante, sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti.
Con il terzo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 40 bis t.u.b., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio.
Le ricorrenti lamentano che il terzo motivo d’appello sia stato ritenuto inammissibile per essere stata dedotta la violazione dell’art. 40 bis t.u.b. solo nella memoria di replica ex art. 190 cod. proc. civ. Vertendo il motivo
su una prospettazione giuridica non sussistevano ragioni ostative legate alla formazione delle preclusioni assertive, sì che il giudice ha l’obbligo di rilevare d’ufficio l’esistenza di una norma idonea ad escludere, alla stregua delle circostanze di fatto dedotte, il diritto vantato da una parte.
La Corte d’appello, pertanto, non ha considerato che l’ipotesi della surroga legale ex art. 1203, n. 3, cod. civ., non era configurabile in base all’art. 40 bis t.u.b., ‘in quanto d etta ipoteca si è estinta automaticamente alla data di avvenuta estinzione del debito di Umbi Studios. E tutto questo, ancor più, ove si tenga conto del fatto che tutte le formalità previste dal citato art. 40 bis t.u.b. non sono state espletate, come è pacifico ‘.
3.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha scritto ‘Il terzo motivo di appello è inammissibile poiché la questione è stata tardivamente sollevata per la prima volta con la memoria di replica ex art. 190 c.p.c., e quindi correttamente non è stata esaminata dal primo giudice né può essere trattata in questa sede’ (pagina 8, punto 24).
La questione sollevata dalle ricorrenti solo nella memoria di replica ex art. 190 cod. proc. civ. nel corso del giudizio di primo grado e oggi riproposta, ma senza riportare il contenuto del motivo d’appello, non poneva solo un problema di qualificazione giuridica di un fatto che si assume essere stato già allegato nel corso del giudizio, ma poggiava per l’appunto sulla deduzione delle circostanze di fatto alla base della norma invocata, sì che, correttamente, non se ne poteva occupare il Tribunale e neppure la Corte d’appello investita dell’impugnazione.
Si consideri ancora che le stesse ricorrenti quest’oggi sostengono : ‘ tutte le formalità previste dal citato art. 40 bis t.u.b. non sono state espletate, come è pacifico’ . Con il che è evidente che tale allegazione non la si sarebbe potuta fare a valle del maturare delle preclusioni assertive, risultando così vieppiù corroborato quanto sostenuto dalla corte territoriale.
Con il quarto motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
Le ricorrenti criticano la sentenza, perché la corte territoriale, dopo aver affermato che tra i motivi d’appello vi era anche quello relativo all’erronea pronuncia sulle spese di lite (in primo grado) , ha omesso di pronunziarsi sul punto.
4.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha riportato a pagina 7 che le appellanti principali avevano svolto un motivo di impugnazione anche con riferimento alla pronuncia del Tribunale in ordine alla regolazione delle spese di lite, poste a carico delle parti attoree.
La corte territoriale nella motivazione resa a pagina 10, pur non avendo esplicitamente menzionato il quinto motivo d’appello e nel quadro della verifica della persistenza dell’interesse ad impugnare del Montino Tambosso, ha implicitamente reso una decisione sulla questione, là dove ha scritto: ‘… la domanda degli attori è stata rigettata …’ (pagina 10, punto 29). Con il che appare chiara la ratio decidendi alla base del rigetto dell’appello principale anche sul punto.
Il ricorso incidentale
Con il primo motivo è denunciata la violazione ‘a falsa applicazione’ degli artt. 100 cod. proc. civ. e dell’art 1201 cod. civ.
NOME COGNOME COGNOME si duole per la dichiarazione di inammissibilità dell’appello incidentale avverso la sentenza di primo grado , che non aveva accolto la domanda svolta in via principale ex art. 1201 cod. civ. Tale sentenza aveva sì riconosciuto la surroga legale, ma l’interesse a far valere la surroga convenzionale era sorto solo quando la controparte, vittoriosa in ordine a quest’ultima , aveva a sua volta avanzato impugnazione rispetto all ‘ affermata surroga legale. L’appello, pertanto, era pienamente ammissibile e al più qualificabile come incidentale tardivo.
5.1. Il motivo di impugnazione svolto è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ. in quanto privo di specificità nella sua declinazione sostanziale in termini di pertinenza rispetto alla decisione impugnata.
La Corte d’appello, nel disattendere i rilievi delle appellanti principali in ordine alla pretesa tardività dell’appello incidentale , assumendone l’ammissibilità anche in assenza di corrispondenza tra il capo di sentenza oggetto di impugnazione principale e quello oggetto di impugnazione incidentale, ha rilevato, invece, il difetto di interesse a impugnare per l’assenza di soccombenza ‘nel suo aspetto sostanziale, correlata al pregiudizio che la parte subisce a causa della decisione … e va apprezzato in re lazione all’utilità giuridica che può derivare al proponente dall’eventuale accoglimento. Nel caso di specie, non ricorre alcuno dei predetti presupposti; nel giudizio di primo grado l’appellante incidentale è risultato totalmente vittorioso, in quanto la domanda degli attori è stata rigettata ed è stata accolta la sua domanda riconvenzionale’.
Il ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in base ai quali ‘La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio’ (v. Cass., sez. III, 7 novembre 2005, n. 21490; sez. 6 -I, 7 settembre 2017, n. 20910; in motivazione, Cass., Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074; sez. 6-III, 3 luglio 2020, n. 13735).
Con il secondo motivo è denunciata violazione ‘a falsa applicazione’ dell’art. 92 cod. proc. civ. per la disposta compensazione delle spese della fase di appello.
6.1. Il motivo è inammissibile perché del motivo di impugnazione non ha la sostanza. Trattasi di un non-motivo.
Il ricorrente si limita a postulare che sarebbe stato male applicato l’art. 92 cod. proc. civ. come conseguenza de ll’errore inammissibilmente censurato con il primo motivo. Sennonché, la parte di sentenza censurata sarebbe caduta in base art. 336, comma primo, cod. proc. civ. se fosse stata accolta la prima censura. Di qui l’inammissibilità del motivo in esame.
Conclusivamente, il ricorso principale deve essere rigettato, mentre il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza quanto al rapporto tra le ricorrenti principali e Monte dei Paschi di Siena s.p.a.
Quanto al rapporto tra le ricorrenti principali e il ricorrente incidentale, le spese possono essere compensate per la metà per la reciproca parziale soccombenza, ponendo il residuo, liquidato come da dispositivo, a carico delle ricorrenti principali soccombenti in via prevalente.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità per la metà relativamente al rapporto tra le ricorrenti principali e il ricorrente incidentale, condanna le ricorrenti principali alla rifusione del residuo, in favore del controricorrente, che liquida in euro 100,00 per esborsi ed euro 3.292,50 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge; condanna le ricorrenti principali alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore di Monte dei Paschi di Siena s.p.a., che liquida in euro 200 per esborsi ed euro 4.851,00 per competenze
professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti principali e del ri corrente incidentale, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale e per quello incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione in data 19 maggio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME