Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 1789 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 1789 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29136/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del liquidatore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME, domicilio digitale:
elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOMEricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale: , e dall’avv. NOME COGNOME
domicilio digitale: EMAIL -controricorrente – avverso la sentenza della Corte d’ Appello di Milano n. 2259/2022, pubblicata in data 28 giugno 2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, emesso su istanza di Compagnia Italiana di Previdenza Assicurativa e Riassicurazioni s.p.a., con cui si ingiungeva il pagamento della somma di euro 98.500,00, oltre accessori, versata dalla opposta in favore del Comune di Senigallia a seguito di escussione di polizza fideiussoria rilasciata in relazione a contratto di appalto avente ad oggetto l’esecuzione di lavori nello stesso Comune, risolto per inadempimento delle imprese costituite in ATI.
A supporto della opposizione deduceva la perdita del diritto di rivalsa da parte dell’opposta e, in subordine, chiedeva che venisse accertato che dovesse rispond ere nei limiti dell’importo di euro 14.787,36.
Il giudice adito rigettava l’opposizione .
La sentenza, impugnata dalla soccombente limitatamente al capo della sentenza con cui il Tribunale aveva ritenuto fondata la pretesa di pagamento della Compagnia di Assicurazione, ai sensi dell’art. 1203, n. 3, cod. civ. e dell’art. 6 delle condizioni generali di assicurazione, è stata confermata dalla Corte d’appello di Milano.
In particolare, la Corte milanese ha osservato che il contratto stipulato tra le parti prevedeva espressamente che la società assicuratrice si surrogasse, nei limiti delle somme pagate, all’Ente
garantito (Comune di Senigallia) ‘in tutti i diritti, ragioni ed azioni verso il Contraente (ATI)’, in forza della clausola 6 delle condizioni generali di assicurazione, intitolata ‹‹ Rivalsa e Surroga ›› ; di conseguenza, avendo la Compagnia ade mpiuto all’obbligazione, la stessa si era legittimamente sostituita al creditore soddisfatto e ben poteva far valere in luogo di questi il diritto al rimborso nei confronti della debitrice principale.
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione propone ricorso per la cassazione della suddetta sentenza, con due motivi, cui resiste Compagnia Italiana di Previdenza RAGIONE_SOCIALE
In data 31 gennaio 2024 è stata depositata proposta di definizione accelerata ex art. 380bis cod. proc. civ., con cui è stata rilevata l’improcedibilità del ricorso per mancato deposito della relazione di notificazione della sentenza impugnata (ovvero dei messaggi di spedizione e ricezione, in caso di notificazione a mezzo p.e.c.), neppure prodotta dalla parte controricorrente (Cass. sez. U, n. 21349/2022).
La ricorrente ha depositato istanza di decisione.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ., in prossimità della quale la controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Ragioni della decisione
Pregiudizialmente, deve darsi atto che l’odierna ricorrente ha depositato, unitamente al ricorso, oltre alla copia analogica della sentenza qui impugnata, con in calce l’attestazione di sua conformità alla copia informatica, anche la copia del messaggio p.e.c. del 29 settembre 2022, contenente la notificazione della medesima sentenza eseguita dall’odierna controricorrente, con in calce la relativa attestazione di conformità.
Ciò impone di ritenere il ricorso procedibile.
2. Passando all’esame dei motivi di ricorso, con il primo, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione denunzia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1203, primo comma, n. 3 e 1949 cod. civ., dell’art. 37 del Capitolato Generale di Appalto di cui al DM Lavori Pubblici n. 145/2000, nonché degli artt. 1362 e ss. cod. civ., lamentando che erroneamente la Corte territoriale è pervenuta ad affermare che la Compagnia assicuratrice si sarebbe legittimamente surrogata nella posizione dell’Ente garantito.
Sostiene che la surrogazione prevista dalle disposizioni civilistiche opera non già in presenza di un qualsiasi pagamento eseguito da soggetto diverso dal debitore principale, ma solamente ‘a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse di soddisfarlo’ e , dunque, in presenza di un contratto di fideiussione (o di garanzia) efficace e quindi produttivo di effetti; il che esclude che la previsione negoziale, posta a fondamento della decisione impugnata, potesse trovare applicazione nel caso in cui, come quello in esame, l’Italiana Assicurazioni non era affatto tenuta al pagamento, posto che la fideiussione aveva perduto i propri effetti , ai sensi dell’art. 37 del Capitolato Generale di Appalto, che prevedeva che il decorso del termine fissato dalla legge per il compimento delle opere di collaudo determinava l’estinzione di diritto delle garanzie fideiussorie prestate.
Soggiunge che il giudice d’appello sarebbe altresì incorso nella violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., per non avere ricondotto la previsione contenuta nell’art. 6 delle condizioni generali di contratto a quella normativa derivante dal combinato disposto degli artt. 1203, primo comma, n. 3, e 1949 cod. civ. e per averle assegnato, erroneamente, l’idoneità a produrre effetto anche se inserita in un
contratto di fideiussione (o di garanzia) non più efficace.
2.1. La censura è in parte infondata e in parte inammissibile.
2.2. Sotto il primo profilo, essa poggia su una presunta invalidità della obbligazione di garanzia per effetto della sua estinzione in conformità alla previsione dell’art. 37 di cui al d.m. Lavori Pubblici n. 145/2000, sebbene non emerga dalla sentenza, né dalla stessa prospettazione difensiva di parte ricorrente, che un siffatto accertamento sia stato svolto nel giudizio di merito o nell’ambito del contenzioso intercorso tra le parti del rapporto principale, nel quale si è piuttosto addivenuti al riconoscimento di un credito in favore del Comune nei confronti delle imprese appaltatrici costituite in A.T.I.
D ‘altro canto, neppure la ricorrente si sofferma a specificare se ricorressero le condizioni per invocare l’applicazione del richiamato art. 37, non potendosi evincere dalla illustrazione del motivo se fosse stato emesso un certificato di ultimazione dei lavori e se, conseguentemente, fosse decorso il termine per l’eventuale collaudo delle opere, condizioni queste necessarie per l’eventuale liberazione del garante e per l’estinzione della garanzia, emergendo anzi dalla ricostruzione operata dai giudici di merito che la Compagnia assicuratrice ha proceduto al pagamento, in esecuzione della garanzia, a fronte di un inadempimento delle imprese appaltatrici e di un accertato danno in capo alla stazione appaltante.
Tanto conduce a ritenere non ravvisabile la violazione degli artt. 1203 e 1949 cod. civ., avendo, correttamente, la Corte territoriale, a fronte dell’accertato adempimento a parte della Compagnia Italiana dell’obbligazione di garanzia, ritenuto che questa dovesse surrogarsi nella posizione del creditore soddisfatto e, quindi, potesse agire in rivalsa nei confronti della debitrice principale, odierna ricorrente, nei limiti delle som me pagate, in forza di quanto previsto dall’art. 6 delle condizioni generali di assicurazione.
2.3. Inammissibile è invece il motivo in disamina nella parte in cui si contesta la violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ.
Giova rammentare che «La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale, non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., avendo invece l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati, ed in particolare il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non potendo le censure risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima non deve essere l’unica astrattamente possibile ma solo una delle plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra.» (Cass., sez. 3, 31/03/2006, n. 7597; Cass., sez. 3, 01/04/2011, n. 7557; Cass., sez. 3, 14/02/2012, n. 2109; Cass., sez. 3, 29/07/2016, n. 15763; Cass., sez. 3, 28/11/2017, n. 28319; Cass., sez. 1, 15/11/2017, n. 27136; Cass., sez. 1, 27/06/2018, n. 16987; Cass., sez. 5, 16/01/2019, n. 873; Cass., sez. 2, 25/11/2019, n. 30686; Cass., sez. 1, 09/04/2021, n. 9461).
Orbene, nel caso in esame la ricorrente, pur insistendo nel sostenere l’interpretazione disattesa, non ha affatto specificato, al di là del mero richiamo, del tutto generico, ad una asserita violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., in che punto e modo la soluzione ermeneutica adottata dal giudice del merito si ponga in contrasto con le regole legali di interpretazione invocate.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione e falsa
applicazione dell’art. 1218 cod. civ., investendo la statuizione con cui i giudici di appello hanno ritenuto che ‹‹l’eventualità che l’appellante potesse evitare di pagare il debito dell’appellata non avrebbe determinato effetti favorevoli per l’appellata, che sarebbe rimasta comunque obbligata verso il creditore, mentre con l’adempimento da parte dell’appellante, l’obbligazione risarcitoria verso il Comune si è estinta ›› .
Sostiene che l’affermazione della Corte d’appello secondo cui, là dove non fosse intervenuto il pagamento della Compagnia di Assicurazione, essa ricorrente sarebbe comunque rimasta obbligata verso il creditore, mentre con l’adempimento da parte della Compagnia, l’obbligazione risarcitoria verso il Comune si era estinta, si pone in contrasto con l’art. 1218 cod. civ., secondo il quale una obbligazione risarcitoria può sussistere solamente in presenza di una responsabilità contrattuale da accertare positivamente, accertamento che non era stato svolto nel caso in esame.
La censura è inammissibile ed è, nella sostanza, volta a sollecitare una rivisitazione del merito della controversia, pur se è stata dedotta una violazione di legge. Difatti, la Corte d’appello, con valutazione adeguata delle risultanze istruttorie, ha posto in rilievo che, anche laddove la Compagnia assicuratrice non avesse provveduto ad eseguire la prestazione di garanzia in favore dell’Ente garantito (il Comune), tanto non avrebbe giovato alla impresa appaltatrice, che era comunque tenuta al pagamento del debito, già accertato nell’ambito di separato giudizio, nei confronti dell’Ente appaltante, a cui essa si era sottratta proprio grazie al fatto che detto debito era stato estinto dal garante.
Il ricorso deve, quindi, essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo, tenendo conto che
la memoria illustrativa depositata dalla controricorrente non contiene alcuna deduzione in replica ai motivi del ricorso.
Non deve farsi luogo alla sanzione processuale di cui all’ultimo comma dell’art. 380bis cod. proc. civ. laddove la definizione collegiale del ricorso prescinda del tutto dalla proposta di definizione anticipata (Cass., sez. 2, n. 21668 del 01/08/2024).
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione