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Supersocietà di fatto: la Cassazione e il fallimento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 63/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro l’estensione del fallimento a una supersocietà di fatto. La Corte ha stabilito che l’esclusione di un presunto socio nel corso del giudizio non costituisce una modifica della domanda. Inoltre, ha confermato che l’esistenza della società occulta e il suo stato di insolvenza possono essere provati attraverso elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, come lo svuotamento patrimoniale di una società a vantaggio delle altre del gruppo.

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Supersocietà di Fatto e Fallimento: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Prova

L’estensione del fallimento a una supersocietà di fatto rappresenta uno degli argomenti più complessi e delicati del diritto fallimentare. Si tratta di situazioni in cui diverse imprese e persone fisiche, pur apparendo formalmente distinte, operano in realtà come un’unica entità economica, condividendo rischi e profitti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 63/2024) è tornata sul tema, fornendo importanti chiarimenti sui presupposti per accertarne l’esistenza e dichiararne il fallimento. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti di Causa: Un Gruppo Societario Nascosto

Il caso trae origine dal fallimento di una S.r.l. attiva nel settore impiantistico. Il curatore fallimentare, tuttavia, scopriva che la società fallita era al centro di un più ampio e complesso schema operativo. Secondo la ricostruzione, confermata prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’Appello, la S.r.l. era parte di una supersocietà di fatto insieme ad altre due società e a diverse persone fisiche.

Questo sodalizio occulto operava attraverso un meccanismo ben preciso: la società principale veniva utilizzata per ottenere ingenti finanziamenti e contributi a fondo perduto, che venivano poi sistematicamente dirottati verso gli altri soci di fatto attraverso operazioni fittizie e cessioni di rami d’azienda a prezzi irrisori. Alla fine del processo, la società originaria si ritrovava svuotata di ogni attivo e gravata da un passivo enorme, a esclusivo vantaggio degli altri componenti del gruppo.

I soci occulti, raggiunti dalla dichiarazione di fallimento in estensione, proponevano ricorso in Cassazione, contestando la decisione dei giudici di merito su tre fronti principali.

I Motivi del Ricorso e la supersocietà di fatto

I ricorrenti hanno basato la loro difesa su tre argomentazioni giuridiche:

1. Violazione delle norme procedurali: Sostenevano che il Tribunale avesse illegittimamente modificato la domanda del curatore, poiché nel corso del giudizio era stata esclusa dalla compagine della supersocietà una delle persone originariamente indicate. Questo, a loro dire, avrebbe dato vita a una società “nuova” e diversa rispetto a quella per cui era stato chiesto il fallimento.
2. Insussistenza della supersocietà di fatto: Contestavano la valutazione delle prove, affermando che gli elementi raccolti (legami familiari, sedi coincidenti, etc.) non dimostravano l’esistenza di una vera e propria società con un comune intento lucrativo (affectio societatis), ma al massimo una holding di fatto o un abuso a danno della società fallita.
3. Mancata prova dell’insolvenza: Lamentavano che la Corte d’Appello avesse omesso di accertare uno stato di insolvenza autonomo della supersocietà, limitandosi a desumerlo da quello della società originariamente fallita.

Le Motivazioni: La Decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le censure, dichiarando il ricorso inammissibile e consolidando importanti principi in materia di supersocietà di fatto.

Sulla Modifica della Domanda: Escludere un Socio non Cambia la Sostanza

La Corte ha chiarito che l’esclusione di un soggetto dal novero dei soci di fatto non comporta un’illegittima modifica della domanda. Ciò che conta è che tutti i soggetti poi effettivamente dichiarati falliti fossero stati coinvolti nel procedimento sin dall’inizio, avendo così la piena possibilità di esercitare il proprio diritto di difesa. Il perimetro soggettivo della società occulta viene definito dal giudice all’esito dell’istruttoria, senza che questo violi il principio del contraddittorio.

Sull’Esistenza della supersocietà di fatto: Gli Indizi Contano

Sul punto centrale, la Cassazione ha ribadito che il proprio sindacato sulla motivazione è limitato a verificare che essa non sia meramente apparente o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva dettagliatamente elencato una serie di indizi gravi, precisi e concordanti che, letti congiuntamente, provavano l’esistenza del sodalizio occulto. Tra questi: lo svuotamento sistematico della società decotta, le operazioni a corrispettivo irrisorio, i forti legami familiari tra gli amministratori e l’adozione di un disegno unitario volto a beneficiare alcuni soci a discapito dei creditori. L’abuso ai danni di una delle società, hanno precisato i giudici, non esclude l’esistenza di un rapporto societario, ma può anzi esserne una manifestazione.

Sull’Insolvenza: Debiti Formali di Uno, Sostanziali di Tutti

Infine, la Corte ha ritenuto infondata anche la censura sulla mancata prova dell’insolvenza. Sebbene i debiti fossero formalmente intestati alla società originaria, i giudici di merito avevano correttamente imputato l’enorme passivo all’intera supersocietà di fatto. Il meccanismo fraudolento accertato, che vedeva da un lato l’assunzione di debiti e dall’altro la distrazione degli attivi, era proprio la causa e la manifestazione dell’insolvenza complessiva del gruppo. Pertanto, l’accertamento dell’insolvenza era da considerarsi implicito e conseguenziale alla ricostruzione dei rapporti economici tra i vari componenti del sodalizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza nel contrastare i fenomeni di abuso del diritto societario realizzati attraverso gruppi occulti. Le implicazioni pratiche sono notevoli: innanzitutto, viene ribadito che la prova della supersocietà di fatto può basarsi su un complesso di elementi presuntivi, anche in assenza di prove documentali dirette. In secondo luogo, si chiarisce che l’insolvenza del gruppo può emergere dalla stessa dinamica operativa che lo caratterizza, specialmente quando questa è preordinata a scaricare i debiti su una sola entità a vantaggio delle altre. Infine, la decisione sottolinea i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, adeguatamente motivata, del giudice di merito.

Se durante un procedimento di fallimento viene escluso uno dei presunti soci della ‘supersocietà di fatto’, la domanda giudiziale è da considerarsi illegittimamente modificata?
No, la Cassazione ha chiarito che l’esclusione di un soggetto non determina un mutamento della domanda, a condizione che tutti i soggetti poi effettivamente dichiarati falliti fossero stati parte del procedimento sin dall’inizio e avessero avuto piena possibilità di difendersi.

Quali elementi possono dimostrare l’esistenza di una ‘supersocietà di fatto’ tra diverse aziende e persone fisiche?
Secondo la Corte, l’esistenza può essere provata attraverso una serie di elementi presuntivi, come: cessioni di rami d’azienda a corrispettivo irrisorio, strettissimi legami familiari tra gli amministratori, utilizzo di sedi legali comuni o parzialmente coincidenti, concessione di fideiussioni in favore di una delle società e, più in generale, un disegno unitario volto a svuotare una società a vantaggio delle altre.

È necessario un accertamento autonomo dello stato di insolvenza della ‘supersocietà di fatto’ rispetto a quello della società originariamente fallita?
La Corte ha ritenuto che l’insolvenza della supersocietà possa essere implicitamente accertata. Nel caso specifico, l’enorme passivo lasciato a carico della società originaria, a fronte del trasferimento di beni e fondi agli altri soci di fatto, ha rivelato la complessiva insolvenza dell’intero sodalizio occulto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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