Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7031 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7031 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16484/2023 R.G. proposto da :
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE e FALLIMENTO della SUPERSOCIETÀ DI FATTO tra RAGIONE_SOCIALE e altri, rappresentati e difesi da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME, COGNOME COGNOME NOME e COGNOME rappresentati e difesi dagli Avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrenti –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE società semplice agricola, rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dagli Avvocati NOME COGNOMECODICE_FISCALE e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrenti –
nonché contro
COGNOME in qualità di amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata
–
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro n . 792/2023 depositata il 27/6/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Vibo Valentia, con sentenza n. 12/2021 in data 15 ottobre 2021, ravvisava l’esistenza di una supersocietà di fatto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dichiarando per l’effetto, ai sensi dell’art. 147 l. fall. e su istanza del fallimento di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, il fallimento della supersocietà di fatto, di tutte le compagini che ne facevano parte e dei rispettivi soci illimitatamente responsabili.
2. La Corte d’appello di Catanzaro, a seguito del reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME una volta ricordato che per ravvisare l’esistenza di una supersocietà di fatto è necessario riconoscere una gestione comune a tutti i soci univocamente diretta a realizzare il profitto dell’entità complessivamente considerat a, in modo che, nella sostanza, le risorse economiche dei vari soggetti coinvolti nella supersocietà vengano promiscuamente utilizzate al fine di garantire volta per volta un equilibrio tra profitti e perdite dell’entità complessivamente considerata, osservava che una simile situazione non era stata allegata e provata dalla curatela istante, la quale si era limitata a ipotizzare la possibile esistenza di un fondo comune sulla base di singole operazioni, datate nel tempo, intercorse solo tra alcune delle compagini che si volevano coinvolte nella supersocietà e che non si connotavano affatto nel senso dell’univoca destinazione alla realizzazione del profitto di un soggetto diverso e più ampio di quelli volta per volta coinvolti nell’operazione medesima.
Osservava che la curatela di RAGIONE_SOCIALE non era stata capace di addurre ragionevoli elementi di prova in relazione all’esistenza di un’insolvenza della supersocietà che fosse diversa dalla (reale o presunta) insolvenza delle società che ad essa si assumevano partecipare.
Aggiungeva che il tribunale, a questo riguardo, si era limitato a trascrivere integralmente il brano dell’istanza della curatela di RAGIONE_SOCIALE, che, a sua volta, era costituito esclusivamente dalla allegazione di elementi sintomatici dell’insolvenza delle singole società.
Sottolineava, inoltre, che la curatela non era stata capace di individuare a monte un oggetto sociale che fosse cosa diversa ed ulteriore dalla somma degli oggetti sociali delle singole società
coinvolte, artificiosamente unificati dalla curatela istante nella ‘ creazione di una filiera che segu il prodott dalla coltivazione alla distribuzione sul mercato ‘, difetto di allegazione che aveva impedito di verificare la sussistenza di una situazione di insolvenza dell’ipotetica società di fatto che fosse il diretto portato delle obbligazioni che a questo organismo erano riferibili.
Accoglieva, pertanto, i reclami e revocava la sentenza impugnata.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE e il fallimento della supersocietà di fatto tra RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, dei soci di tale società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. nonché dei soci di RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza prospettando quattro motivi di doglianza.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
L’intimata RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre innanzitutto rilevare l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME per mancanza di censure avverso la statuizione relativa alla loro posizione.
I suddetti controricorrenti sono stati dichiarati falliti in qualità di soci illimitatamente responsabili di RAGIONE_SOCIALE società semplice agricola, ai sensi dell’art. 147, comma 1, l. fall., quale effetto
automatico e inderogabile del fallimento della compagine di cui erano soci.
Ora, il ricorso per cassazione che investe la sentenza di accoglimento del reclamo ha espressamente a oggetto anche tale società e riverbera i propri effetti, giocoforza, sulle posizioni anche dei soci illimitatamente responsabili che della stessa seguono le sorti.
5.1 ll primo motivo si duole, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., dell’omesso esame di fatti decisivi per il giudizi o e discussi fra le parti: la Corte distrettuale ha preso in esame alcuni dei fatti indiziari dedotti e documentati dalla curatela (e più precisamente la fatturazione e contestuale emissione di note di credito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’acquisto da parte di Geo sapori dei prodotti di RAGIONE_SOCIALE con aliquota I.V.A. al 4% e la fornitura degli stessi sotto forma di servizi con I.V.A . al 22%, l’utilizzo da parte di RAGIONE_SOCIALE delle carte di credito di RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2015, la parziale coincidenza delle sedi, l’esistenza di complessi e reciproci legami familiari tra i soci e gli amministratori delle diverse società, le dich iarazioni dei terzi sulla percezione all’esterno del c.d. gruppo COGNOME), ma ha omesso di esaminarne altri malgrado il loro carattere -in tesi -decisivo, costituiti: i) dall’accollo di debiti tributari (debito I.V.A. anno d’imposta 2016) per € 215.000 stipulato tra RAGIONE_SOCIALE (quale accollante) e RAGIONE_SOCIALE (quale accollata), in forza del quale la prima ha assunto la posizione di coobbligata della seconda e senza liberazione di quest’ultima fino all’esecuzione dei pagamenti, accollo senza contropartita che sarebbe indice di promiscuità e unitarietà delle risorse e dimostrerebbe la sussistenza di un fondo comune della supersocietà di fatto ; ii) l’utilizzo da parte di RAGIONE_SOCIALE delle carte di credito di RAGIONE_SOCIALE anche nelle annualità 2016 e 2017, che dimostrerebbe come tale utilizzo promiscuo e ingiustificato non fosse affatto avvenuto per un limitato periodo di tempo, si fosse protratto nel tempo senza alcuna giustificazione e costituisse prova della intercambiabilità delle risorse
tra le varie società e, quindi, del fondo comune ascrivibile a un soggetto diverso tra di esse costituito (la supersocietà di fatto); iii) la movimentazione dei conti correnti di RAGIONE_SOCIALE da parte di un dipendente (di cognome COGNOME) di Ortomania, che dai conti della prima disponeva liberamente bonifici, che dimostrerebbe che la ‘distinzione’ di mezzi e risorse era soltanto formale me ntre nella sostanza il soggetto titolare delle risorse era unico ed individuabile nella supersocietà di fatto.
5.2 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., in quanto la Corte distrettuale, limitando la sua indagine a una disamina parcellizzata di alcuni degli elementi indiziari dedotti e documentati dalla curatela, ha erroneamente escluso la sussistenza della supersocietà di fatto e non raggiunta la prova per presunzione della stessa omettendo la valutazione complessiva e di sintesi di tutti gli elementi singolarmente isolati ed esaminati, al fine di accertare se gli stessi fossero concordanti e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva.
6. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, risultano ambedue fondati.
6.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, dal modello di prova per presunzioni configurato dalla legge risulta che il giudice deve seguire un procedimento logico che si articola in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre che questi valuti in maniera analitica ognuno degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, rivestano i caratteri della precisione e della gravità, presentino cioè una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, egli deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati e accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in
grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta considerando atomisticamente uno o alcuni indizi (v., per tutte, Cass. 19894/2005).
6.2 Rispetto al primo momento valutativo spetta al giudice di merito, oltre che valutare l’opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico, verificare la loro rispondenza ai requisiti di legge e apprezzare in concreto l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti.
Il libero convincimento del giudice di merito a questo proposito è sindacabile nei ristretti limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e cioè per mancato esame di fatti storici, anche quando veicolati da elementi indiziari non esaminati e dunque non considerati dal giudice sebbene decisivi, con l’effetto di invalidare l’efficacia probatoria delle altre circostanze sulle quali il convincimento è fondato, nonché quando la motivazione non sia rispettosa del minimo costituzionale (Cass. 10253/2021).
Nel caso di specie la stessa Corte territoriale ha spiegato come fosse necessario verificare la presenza di indici sintomatici di una gestione comune a tutti i soci univocamente diretta a realizzare il profitto dell’entità complessivamente considerata eventualmente esistente.
In quest’ottica, allora, occorreva non solo esaminare, nella loro complessità, i rapporti fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (senza limitarsi alla vicenda dell’applicazione delle diverse aliquote I.V.A., ma valutando anche il collaterale accollo del debito tributario di RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE) e fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (senza apprezzare l’utilizzo da parte della prima dell e carte di credito della seconda soltanto per il 2015 e non anche per i due anni successivi), ma anche considerare che un dipendente di RAGIONE_SOCIALE aveva liberamente disposto bonifici dal conto di RAGIONE_SOCIALE, giacchè tutte queste circostanze erano potenzialmente dimostrative di quell’indice sintomatico di comunanza di gestione che i giudici
distrettuali hanno ritenuto decisivo al fine di ravvisare il ricorrere di una supersocietà di fatto.
6.3 Nell’ambito del secondo momento valutativo gli indizi oggetto della precedente cernita devono essere presi in esame e valutati dal giudice tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri, allo scopo di verificare la concordanza delle presunzioni che da essi possono desumersi (cd. convergenza del molteplice), dovendosi, per contro, considerare erroneo l’operato del giudice di merito il quale, al cospetto di plurimi indizi, li prenda in esame e li valuti singolarmente, per poi giungere alla conclusione che nessuno di essi assurga a dignità di prova (cfr. Cass. 3703/2012; nello stesso senso Cass. 9059/2018, Cass. 12002/2017, Cass. 26022/2011).
Dunque, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi (Cass. 9108/2012); di conseguenza, è censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno avrebbe potuto rafforzare e trarre vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. 5374/2017).
Un simile errore è proprio quello in cui è incorsa la Corte territoriale nella decisione impugnata, al cui interno i giudici distrettuali hanno passato in rassegna partitamente alcune singole vicende portate al loro esame (e precisamente la fatturazione e quasi contestuale emissione di note di credito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’acquisto da parte di RAGIONE_SOCIALE di prodotti da RAGIONE_SOCIALE con aliquota I.V.A. al 4% e la fornitura degli stessi sotto forma di servizi con I.V.A. al 22%, lo scambio di fatture e note di cr edito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, l’utilizzo da
parte di RAGIONE_SOCIALE delle carte di credito di RAGIONE_SOCIALE nel corso del 2015, la parziale coincidenza delle sedi, l’esistenza di complessi e reciproci legami familiari tra i soci e gli amministratori delle diverse società, il riferimento da parte di due consulenti aziendali all’esistenza di un gruppo COGNOME), ma non si sono affatto preoccupati di effettuare, dapprima, una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentassero una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria e hanno del tutto tralasciato, in seguito, la doverosa valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati allo scopo di accertare se gli stessi fossero concordanti e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva, quand’anche la stessa non potesse dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi.
7.1 Il terzo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ.: la sentenza impugnata -in tesi – ha errato nel ritenere la sentenza di primo grado nulla e viziata da motivazione apparente nella parte in cui ha accertato lo stato di insolvenza della supersocietà di fatto, in quanto il tribunale aveva fatto proprio il ragionamento presuntivo della curatela ritenendo che lo stato di insolvenza di tale compagine potesse desumersi dallo stato di insolvenza e di crisi di tutte le società socie, che del primo era circostanza indiziante.
7.2 Il quarto motivo di ricorso prospetta, a mente dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 147, comma 5, l. fall. nonché degli artt. 2195, 2247, 2293 e 2295 cod. civ., perché la Corte d’appello ha erronea mente ritenuto che alla supersocietà di fatto occulta non potesse essere imputata, nel suo complesso, l’attività svolta dalle società socie e che le attività
di queste ultime, ciascuna ‘incaricata’ di una singola frazione, non potessero costituire oggetto sociale della prima.
Se l’attività d’impresa della supersocietà di fatto fosse stata quella svolta dalle singole società in modo frazionato, allora l’insolvenza di queste ultime non avrebbe potuto che denotare in via presuntiva l’insolvenza della prima, essendo essa correlata e dipendente dalla medesima attività d’impresa.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del rapporto di connessione che li lega, risultano fondati.
8.1 Questa Corte ha chiarito, da tempo, che l’art. 147, comma 5, l. fall. trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l’impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti, ma, in virtù di un’interpretazione estensiva, anche laddove il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, a una società di persone (cd. supersocietà di fatto) – non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento – la cui sussistenza, però, postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito (Cass. 10507/2016).
La supersocietà di fatto si caratterizza, pertanto, per il fatto che nella stessa tutti i soci perseguono un comune intento sociale (Cass. 4784/2023), ma non necessita affatto che l’impresa comune sia diversa da quella esercitata, nella sua complessità, dal fallito e dai suoi soci occulti.
Ne discende, nel caso di coincidenza dell’attività di impresa della supersocietà di fatto e, complessivamente, dei soggetti suoi soci, che l’insolvenza di questi ultimi può contribuire a ravvisare la condizione di insolvenza della prima, essendo dipendente dalla medesima attività imprenditoriale.
8.2 La dichiarazione di fallimento della cd. supersocietà di fatto postula, tra l’altro, il riscontro di una ‘autonoma e affatto propria
insolvenza’ della supersocietà ‘anche eventualmente muovendo -quale fatto indiziante dalla rilevazione dell’insolvenza di uno o più soci, ovvero del socio cui era inizialmente imputabile l’attività economica, ma senza alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova richiesta, come per tutti gli insolventi fallibili, dall’art. 5 l. fall.’ (cfr. Cass. 12120/2016, Cass. 1095/2016, in motiv.; conf. Cass. 6030/2021).
Più precisamente, nel caso in cui, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale (o, come detto, di una società), risulti che la relativa ‘impresa’ è, in realtà, ‘riferibile’ a una società di fatto tra il soggetto già fallito e uno o più soci occulti, che possono essere a loro volta altre società o persone fisiche (cd. supersocietà di fatto), i debiti assunti (sia pur in nome proprio) dal soggetto (imprenditore individuale o società) già fallito in relazione all’impresa sostanzialmente sociale che ne costituisce l’oggetto sono, in realtà, giuridicamente imputabili alla società occulta o di fatto (che è, in realtà, una società in nome collettivo non iscritta nel registro delle imprese e, dunque, senz’altro nota almeno tra i compartecipi) , della quale questi era, appunto, socio, avendo egli agito per conto della stessa, in sua rappresentanza, ai sensi dell’art. 2297, comma 2, cod. civ..
Allo stesso modo, in forza della medesima norma, sono giuridicamente imputabili alla supersocietà occulta, ove riferibili alla predetta impresa comune, i debiti assunti, in nome proprio ma per conto della stessa, dagli altri soci occulti successivamente risultati.
Ma se i debiti assunti (sia pur in nome proprio) dal soggetto (imprenditore individuale o società) già fallito in relazione all’impresa sociale sono, in realtà, giuridicamente imputabili alla società occulta o di fatto successivamente emersa, l’insolvenza di tale società, seppur autonoma, può essere, allora, senz’altro direttamente desunta da tali debiti e dall’impossibilità della stessa di farvi fronte
con mezzi normali di pagamento, ai sensi dell’art. 5 l. fall. (cfr. Cass. 204/2024, Cass. 36378/2023).
8.3 La decisione impugnata non è coerente con questi principi, tanto laddove pretende che l’attività di impresa della supersocietà di fatto differisca necessariamente dalla somma degli oggetti sociali delle singole società coinvolte, quanto nella parte in cui esclude che l’insolvenza delle compagini partecipanti alla supersocietà di fatto possa assumere rilevanza in funzione dell’accertamento della condizione di insolvenza della compagine partecipata.
Per tutto quanto sopra esposto la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale di Catanzaro, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro , in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 12 febbraio 2025.