Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2583 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2583 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 19596 -2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l’amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente e intimato incidentale –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati presso lo studio dell’AVV_NOTAIO in Pozzuoli, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
avverso la sentenza n. 1263/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, pubblicata il 20/3/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del l’11 /7/2023 dal consigliere COGNOME;
letta la memoria del ricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME proposero, con separati atti poi riuniti, opposizione avverso i decreti ingiuntivi n. 264/02 e 266/02, pronunciati dal Tribunale di Napoli, sezione di Marano, con cui era stato loro ingiunto, rispettivamente, il pagamento della somma di Euro 4.411,55 e di Euro 4.619,70, oltre spese ed accessori, in favore del RAGIONE_SOCIALE, a titolo di oneri condominiali. Gli opponenti rappresentarono che non erano condomini, che l’immobile di loro proprietà era stato costruito su una particella diversa dall’area in cui sorgeva il complesso immobiliare gestito in condominio, in forza di separata e distinta concessione edilizia rilasciata al loro dante causa NOME COGNOME.
Il Tribunale, istruita la causa con l’espletamento di una prova testimoniale e con l’ammissione di una consulenza tecnica di ufficio, con la sentenza n 1373/2011 rigettò le opposizioni.
Con sentenza 1263/2018, la Corte d’appello di Napoli, in accoglimento dell’appello degli opponenti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, revocò i decreti opposti.
La Corte d’appello r ilevò, in motivazione, che la costruzione dell’intero comprensorio oggetto di causa, costitu ente il RAGIONE_SOCIALE con le villette a schiera (lotti A-B-C-D-E-F) era oggetto di una convenzione di lottizzazione stipulata in data 29.09.1989 fra i germani NOMENOME NOME NOME NOME COGNOME e il Comune di Giugliano in Campania; successivamente in data 24/10/1989 i germani COGNOME avevano alienato tutti i terreni, ad eccezione del lotto F (poi divenuto
lotto Z), alla RAGIONE_SOCIALE e il lotto F, originariamente di proprietà esclusiva di NOME COGNOME, era stato trasferito, con atto di divisione dell’11 /9/1991, ad NOME COGNOME che vi aveva costruito le villette a schiera, di cui alcune erano poi state acquistate dagli appellanti; il consulente tecnico di ufficio aveva accertato che le unità immobiliari degli appellanti erano esterne al muro di confine del RAGIONE_SOCIALE County RAGIONE_SOCIALE, alto circa un metro e sormontato da cancellata metallica, non erano collegate all’impianto citofonico del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e non avevano accesso dall’ingresso del RAGIONE_SOCIALE chiuso da una sbarra e da un cancello elettrico regolati dalla portineria; la rete fognaria a servizio delle villette a schiera era collegata al pozzetto sito all’interno del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed era stata progettata fin dall’inizio per servire tutti i lotti di cui alla conv enzione di lottizzazione del 29/9/1989; anche la rete idrica serviva sia il condominio, sia gli immobili degli appellanti, fino al 29/9/2005 con un unico misuratore e con contratto di fornitura intestato al condominio e soltanto successivamente erano stati stipulati contratti per le singole utenze; l’impianto di illuminazione realizzato sulla strada di collegamento alla INDIRIZZO, utilizzata sia dai condomini, sia dai proprietari delle villette appellanti, era pure regolata dal quadro elettrico sito all’interno della portineria del condominio; le opere di urbanizzazione primaria eseguite (rete idrica e fognaria ed impianto di illuminazione) avrebbero dovuto essere cedute al Comune di Giugliano, ma tale cessione non era mai intervenuta.
Su queste premesse, la Corte territoriale rilevò che, al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. cod. civ., anche il c.d. RAGIONE_SOCIALE, viene in essere ipso iure et facto , se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini,
abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, pro quota , ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati: ai fini della configurabilità del RAGIONE_SOCIALE, escluse fosse «indispensabile l’esistenza di beni comuni a più edifici, compresi in una più ampia organizzazione condominiale», ritenendo sufficiente la presenza di servizi comuni agli stessi.
Ciò stabilito, ritenne tuttavia che l’esistenza di un RAGIONE_SOCIALE escludesse che gli appellanti potessero essere considerati condomini del RAGIONE_SOCIALE sito in Giugliano in Campania alla INDIRIZZO che affermò non coincidente con il RAGIONE_SOCIALE; revocò, pertanto, i decreti ingiuntivi opposti perché pronunciati su richiesta dell’amministratore del RAGIONE_SOCIALE e non dall’amminist ratore del RAGIONE_SOCIALE, rimarcando che, per quel che risultava dal giudizio, il RAGIONE_SOCIALE non avesse ancora un amministratore.
Infine, per quel che qui ancora rileva, la Corte d’appello confermò che correttamente il primo Giudice, in difetto di rituale istanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, avesse esaminato come eccezione riconvenzionale la domanda degli opponenti di accertamento della loro estraneità al condominio.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il RAGIONE_SOCIALE per quattro motivi; NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso e ricorso incidentale condizionato per tre motivi, rispetto a cui il RAGIONE_SOCIALE ricorrente non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha lamentato, in riferimento al n. 3 e al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione
e falsa applicazione dell’art. 1117 bis cod. civ. e degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ., per avere la Corte dichiarato il suo difetto di legittimazione ad agire ritenendo legittimato a pretendere il pagamento delle spese dalle villette l’amministratore, non ancora nominato, del RAGIONE_SOCIALE del comprensorio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; così decidendo, la Corte territoriale avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato perché gli opponenti non avevano mai contestato la sua identità con il RAGIONE_SOCIALE o condominio generale, limitandosi a contestare la propria estraneità a tutto il complesso immobiliare.
1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente ha prospettato, in riferimento al n. 3 e al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione degli stessi articoli e dell’art. 116 cod. proc. civ. e 102 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello escluso l’appartenenza degli immobili degli opponenti al condominio RAGIONE_SOCIALE, pur confermando contraddittoriamente gli accertamenti del giudice di primo grado sulla sussistenza di servizi comuni; così decidendo la Corte territoriale avrebbe del tutto trascurato che in Regolamento era stato proprio indicato come «RAGIONE_SOCIALE generale» perché, diversamente da quanto riportato in sentenza, gestiva non soltanto un edificio, ma un parco composto da 111 villini a schiera in proprietà esclusiva e ben 11 fabbricati condominiali, ulteriormente gestiti con autonomi condomìni.
1.3. Con il terzo motivo, il RAGIONE_SOCIALE ha sostenuto, in riferimento al n. 3 e al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 bis cod. civ. nonché degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., per avere la Corte erroneamente escluso la titolarità comune di impianti e beni comuni, affermando che, secondo la convenzione intercorsa con il Comune di Giugliano, tutte le opere comuni avrebbero dovuto essere cedute all’ente territoriale, laddove, come risultante dagli allegati alla c.t.u. riprodotta nelle conclusioni in
sentenza, lo stesso Comune aveva dichiarato, in data 26/6/08, di non averle acquisite; peraltro, con sentenza n. 746/2011 del Tribunale di Napoli sez. di Marano, era stato dato atto, con efficacia di giudicato, che la proprietà della rete fognaria era del RAGIONE_SOCIALE generale e non del Comune.
I primi tre motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, sono fondati.
In disparte la non configurabilità della violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, come sancito dall’art. 112 cod. proc. civ. perché, per principio ormai consolidato, la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell’azione diretta all’ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare d’ufficio dal giudice esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall’azione, (Cass. Sez. U, n. 2951 del 16/02/2016), effettivamente la Corte territoriale ha escluso la legittimazione del Condomino ricorrente in ingiunzione non valutando correttamente i fatti di causa in riferimento ai principi di diritto elaborati nella giurisprudenza di questa Corte.
Deve sul punto puntualizzarsi che l’art. 1117 bis cod. civ., invocato dal ricorrente, seppure non applicabile ratione temporis alla fattispecie, ha invero recepito l’elaborazione giurisprudenziale formatasi intorno al concetto di RAGIONE_SOCIALE, «identificandone una nozione utile anche in senso retrospettivo, laddove si riferisce, con ampia locuzione, a ‘ più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomìni di unità immobiliari o di edifici aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 ‘ . L’elemento identificativo del RAGIONE_SOCIALE risiede allora nella natura specificamente condominiale -ex art. 1117 cod. civ. – della relazione di accessorietà tra le parti comuni servente e la pluralità di immobili serviti, a prescindere dalla circostanza che questi ultimi integrino un condominio unitario ‘ … ovvero più condomìni … ‘ .
Sorgendo ipso iure et facto , se il titolo o il regolamento non dispongono altrimenti, il RAGIONE_SOCIALE unifica più edifici, costituiti o meno in distinti condomìni, entro una più ampia organizzazione condominiale, legata dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni, in rapporto di accessorietà con i fabbricati, sicché trova ad essi applicazione, proprio in ragione della condominialità del vincolo funzionale, la disciplina specifica del condominio, anziché quella generale della comunione (Cass. 14 novembre 2012, n. 19939). In altri termini, la qualificazione supercondominiale replica al plurale la qualificazione condominiale, postulando anch’essa una relazione funzionale di accessorietà necessaria, per non essere il bene in (super)condominio – diversamente dal bene in comunione – suscettibile di godimento autonomo. Per quanto non possa escludersi, nell’odierna multiforme fenomenologia degli aggregati immobiliari, la coesistenza di beni a godimento strumentale e beni a godimento autonomo (la dottrina considera infatti l’eventualità di un “doppio regime”), criteri di preminenza funzionale devono orientare il giudice di merito verso la definizione prevalente della fattispecie, nell’un senso o nell’altro» (così in Cass. Sez. 2, n. 32237 del 10/12/2019).
Nella specie, il Giudice d’appello ha rilevato in motivazione elementi di fatto – le opere di urbanizzazione primaria realizzate (rete idrica e fognaria ed impianto di illuminazione) -rilevanti al fine della presunzione di sussistenza di un «RAGIONE_SOCIALE», ma non li ha poi correttamente valutati, così alterando la fisionomia giuridica dell’istituto e integrando la denunciata violazione di legge.
In tal senso le censure sono fondate.
Dall’accoglimento dei primi tre motivi deriva l’assorbimento del quarto motivo, articolato in riferimento al n. 3 e al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., con cui il ricorrente ha censurato l’omesso
esame della permanenza della contitolarità, da parte degli immobili del comprensorio, della rete idrica, fognaria ed elettrica.
Con il primo motivo di ricorso incidentale, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’ art. 360 cod. proc. civ. per violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 n. 4 cod. civ. e dell’art. 112, 115, 329 cod. proc. civ., al n. 4 per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e omessa pronuncia e in relazione al n. 5 per omesso esame di fatto decisivo, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno lamentato la Corte d’appello non abbia pronunciato sull’eccezione di prescrizione del credi to preteso dal RAGIONE_SOCIALE.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso incidentale, pure articolato in riferimento alle tre ipotesi dei n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., gli originari opponenti hanno prospettato la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla domanda riconvenzionale da loro formulata al fine di accertare l’estraneità degli immobili in loro proprietà al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
4.2. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, pure articolato nei tre profili riferiti ai n. 3, 4 e 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ. , i ricorrenti incidentali hanno infine sostenuto la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla domanda formulata, sia in primo che in secondo grado, diretta ad escludere ogni loro obbligazione nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
4.3. In disparte ogni considerazione sulla ritualità della formulazione dei motivi in contestuale riferimento a tutte le tre ipotesi sub 3, 4 e 5 del primo comma dell’art. 360 cod. proc. civ., il primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile in quanto i controricorrenti sono stati completamente vittoriosi nel giudizio di appello e hanno riproposto una questione non decisa dal giudice di merito, perché ritenuta assorbita dalla decisione di una questione preliminare, la legittimazione ad agire del RAGIONE_SOCIALE.
Per principio consolidato, il ricorso incidentale, anche se qualificato come condizionato, deve essere giustificato dalla soccombenza, cosicché è inammissibile il ricorso proposto dalla parte che sia rimasta completamente vittoriosa nel giudizio di appello, proposto al solo scopo di risollevare questioni che non sono state decise dal giudice di merito perché assorbite dall’accoglimento di altra tesi, avente carattere preliminare, salva la facoltà di riproporle dinanzi al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza. (Cass. Sez. L, n. 12680 del 29/08/2003; Sez. 5, Sentenza n. 22095 del 22/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 11270 del 12/06/2020).
4.4. Il secondo e il terzo motivo di ricorso incidentale sono infondati.
Risulta dalla sentenza di primo grado -né sul punto i ricorrenti incidentali hanno diversamente allegato -che gli opponenti hanno unicamente citato in opposizione il RAGIONE_SOCIALE, senza chiedere l’autorizzazione al giudice, con l’atto di opposizione, di estendere il contraddittorio, come imposto a pena di decadenza dall’art. 269 cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6 – 2, n. 16336 del 30/07/2020; Sez. 2, n. 13272 del 16/07/2004); il RAGIONE_SOCIALE ha eccepito il difetto di integrità del contraddittorio e, in conseguenza, correttamente il primo Giudice e, poi, la Corte d’appello hanno interpretato la domanda di accertamento soltanto come eccezione diretta a paralizzare l’altrui pretesa.
La distinzione tra domanda ed eccezione riconvenzionale non dipende, infatti, dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, né dal relativo oggetto sostanziale (il bene della vita), ma dal petitum processuale, vale a dire dal risultato che lo stesso intende con essa ottenere in giudizio, limitato, nel secondo caso, al rigetto della domanda proposta dall’attore (Cass. Sez. 3, n. 21472 del 25/10/2016); l’inammissibilità della domanda r iconvenzionale non incide sul rilievo
dei fatti posti a suo fondamento come fatti impeditivi rispetto alla domanda principale, sicché il Giudice è tenuto in tal senso ad esaminarli.
Per le ragioni suesposte, il ricorso principale è accolto limitatamente ai primi tre motivi e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione perché provveda al riesame dell’appello di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in applicazione dei principi evidenziati al punto 2; il ricorso incidentale è respinto.
Decidendo in rinvio, la Corte d’appello statuirà anche sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso principale, assorbito il quarto; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, anche per le spese di legittimità.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda