Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 204 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 204 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 6617-2023 proposto da:
FALLIMENTO DI RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE E DELLA SOCIETÀ DI FATTO TRA RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE NONCHÉ DEGLI STESSI QUALI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI DELLA SOCIETÀ DI FATTO, rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D ‘ APPELLO DI MESSINA e PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI MESSINA;
avverso la SENTENZA n. 111/2023 della CORTE D ‘ APPELLO DI MESSINA, depositata il 15/2/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non NOME
partecipata del 5/12/2023 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.1. La corte d ‘ appello, con la pronuncia in epigrafe, ha accolto i reclami proposti da NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE avverso le sentenze con le quali, il 14/11/2019 e il 23/12/2023, il tribunale di Messina, su istanza del curatore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato, in estensione di quest ‘ ultimo, il fallimento, rispettivamente, della società di fatto tra la società già fallita e NOME COGNOME, già titolare dell ‘ omonima impresa individuale, e dei suoi soci illimitatamente responsabili RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE quale socio di fatto della società di fatto tra RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME
1.2. Il tribunale, infatti, ponendo l ‘ accento sul ruolo attivo che NOME COGNOME, proprietario dei rami d ‘ azienda concessi in locazione alla società già dichiarata fallita, aveva assunto in quest ‘ ultima a scapito di quello meramente formale dell ‘ amministratore/liquidatore NOME COGNOME, padre dello stesso, ha ritenuto che, in ragione del ‘ ruolo preponderante e decisivo ‘ svolto ‘ all ‘ interno della società fallita ‘, lo stesso avrebbe usato la compagine sociale come mero ‘ schermo per continuare la sua attività di impresa dietro il velo formale del contratto di affitto di azienda, ma ponendo le scelte gestorie al di fuori delle ordinarie dinamiche societarie’, come confermato dalle deposizioni testimoniali dei dipendenti, a fronte della ‘ sostanziale estraneità del legale rappresentante … alla direzione e gestione dell ‘ attività ‘ , ed, in forza del conclamato dato dell ” ingerenza gestionale e dell ‘ effettiva eterodirezione
della sRAGIONE_SOCIALE Messina in liquidazione da parte NOME COGNOME ‘ ‘ e argomentando quasi esclusivamente in base ad esso ‘, ha affermato l ‘esistenza del ‘ vincolo sociale di fatto ‘ tra la società di capitali conduttrice dell ‘ azienda e il proprietario dell ‘ azienda stessa/imprenditore individuale.
1.3. La corte d ‘ appello, dopo aver rilevato che ‘ i rami di azienda nei settori della pasticceria e della ristorazione, pur restando nella proprietà di MESSINA NOME, sono stati gestiti dapprima e per un certo tempo dalla RAGIONE_SOCIALE (il cui Presidente e legale rappresentante era NOME COGNOME, padre di NOME) e poi, dal 24 aprile 2018, dalla RAGIONE_SOCIALE (amministrata legalmente da NOME NOME, madre di MESSINA NOME) ‘ e che era indubbiamente emersa dagli atti la ‘ continua e preponderante ingerenza gestoria e imprenditoriale del RAGIONE_SOCIALE, titolare dell ‘ omonima impresa individuale, nella sRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con speculare quasi totale disinteresse da parte del padre, legale rappresentante di quest ‘ ultima ‘, ha , invece, escluso che tali fatti fossero sufficienti a ritenere dimostrata l ‘ esistenza di una società di fatto, non apparendo sufficientemente significativi in tal senso né il metodo di gestione mediante il sistema dell ‘ affitto dei rami di azienda, né il controllo costante, l ‘ ingerenza gestoria e l ‘ eterodirezione dell ‘ attività di impresa condotta dalla società da parte dell ‘ imprenditore individuale: – intanto, ha osservato la corte, non v ‘ è traccia negli accertamenti svolti che gli affitti e gli atti annessi siano simulati, anche alla luce del fatto che dagli accertamenti contabili risulta che i canoni di affitto sono stati regolarmente corrisposti a NOME COGNOME dalla società affittuaria; – la costante ingerenza gestoria del concedente NOME COGNOME nella sRAGIONE_SOCIALE Messina in liquidazione, inoltre, anche se dimostrata, non è elemento che può valere a configurare una società di fatto tra gli stessi ma semmai ad
attribuirgli la qualifica di amministratore di fatto della stessa, che ricorre quando si accerta che un soggetto, benché privo della corrispondente investitura formale, sia inserito nella gestione della società, cui impartisce direttive, condizionandone le scelte operative, con carattere di sistematicità e completezza.
1.4. Né possono rilevare, ha aggiunto la corte, gli elementi che evidenziano una ‘ situazione di commistione gestionale e di confusione contabile’ esistente nei rapporti tra la società e taluni dei familiari di NOME COGNOME, suo legale rappresentante, a partire da NOME COGNOME che ha incassato dalla stessa la somma di € . 170.000,00 per canoni di affitto e di € . 230.000,00 nel periodo 2015-2018 per rimborso spese di utenze a lui intestate, oltre al fatto che le attività aziendali abbiano avuto la stessa sede o comunque sedi interscambiabili e fossero comunque riconducibili alla famiglia COGNOME: -innanzitutto, ‘ la confusione e l ‘ inattendibilità contabile non hanno consentito di stabilire con certezza l ‘ esclusività dell ‘ interesse di COGNOME NOME (imprenditore individuale) nella gestione sociale ‘ ; – in secondo luogo, gli elementi esposti ‘ non consentono di addivenire all ‘ affermazione certa dell ‘ esistenza di un ‘ attività d ‘ impresa esercitata in comune dai due soci di fatto, apparendo tutti e ciascuno in sé non univocamente significativi della qualificazione della fattispecie come organizzazione sociale orizzontale con la partecipazione paritaria e con l ‘ autonomia gestionale della RAGIONE_SOCIALE e dell ‘ impresa del RAGIONE_SOCIALE
1.5. Si tratta, piuttosto, di fatti che ‘ depongono più che altro per l ‘ esistenza di un ‘ amministrazione di fatto della RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE NOME, concedente i rami di azienda presi in affitto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione prima e poi dalla RAGIONE_SOCIALE, connotata anche da una certa confusione contabile e gestionale (probabilmente finalizzata alla distrazione in danno
dei creditori), ma non consentono con sufficiente grado di certezza di ritenere provata … la sussistenza della società di fatto costituita per la gestione in comune dell ‘ impresa della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e di quella individuale di RAGIONE_SOCIALE non essendovi dimostrazione reale di un fondo sociale appartenente alla super-società, né della ripartizione di utili e perdite dell ‘ ipotizzata entità di fatto tra i due soggetti anzidetti ‘ .
1.6. ‘ La preponderanza di fatto di MESSINA NOME (concedente in affitto) nella gestione e nella amministrazione della RAGIONE_SOCIALE potrebbe -ha aggiunto la corte far propendere piuttosto (e, in alternativa alla amministrazione di fatto) per la configurazione di una holding personale di fatto … che depone anch ‘ essa in senso contrario all ‘ esistenza della super-società di fatto … ‘ .
1.7. La corte d ‘ appello, a fronte della ritenuta mancata prova dell ‘ esistenza della suddetta società (o super-società) di fatto tra la RAGIONE_SOCIALE Messina in liquidazione e NOME COGNOME, imprenditore individuale, ha escluso che, a maggior ragione, tale rapporto societario di fatto potesse ravvisarsi rispetto alla RAGIONE_SOCIALE, e cioè ‘ la società di cui amministratrice unica è NOME NOME, madre di MESSINA NOME e moglie di NOME (già legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione )’ e che ha ricevuto ‘… in affitto da RAGIONE_SOCIALE Salvatore, con atto del 24 aprile 2018, il ramo di azienda relativo all ‘attività di trattoria denominata ‘NOME‘ e quello di pasticceria e laboratorio d i pasticceria denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘ con effetto dal 2 maggio 2018 e per la durata di un anno, con rinnovo tacito per un altro anno e così di seguito, a fronte di un corrispettivo annuo di € 39.600 ‘.
1.8. La corte, in particolare, dopo aver evidenziato che, secondo il tribunale, il rapporto societario emergeva sia dal ‘ ruolo assolutamente preponderante ‘ assunto da NOME
Messina , che ‘ sembra travalicare il rapporto di lavoro dipendente che lo lega alla RAGIONE_SOCIALE, come dimostrato dal fatto che lo stesso è risultato essere nella disponibilità della chiave di apertura di un armadio blindato posto all ‘ interno dei locali in cui la RAGIONE_SOCIALE ha sede legale e operativa, sia dal fatto che, come emerso dalla sua audizione, NOME COGNOME aveva delega ad operare sui conti correnti della società RAGIONE_SOCIALE e che, ‘ dopo la stipula dell ‘ affitto anzidetto ‘ , il Messina, pur non avendo rivestito alcun ruolo formale nella RAGIONE_SOCIALE, con sostanziale estraneità formale del suo legale rappresentante, aveva utilizzato detta ‘ compagine sociale come schermo per continuare la sua attività di impresa, dietro il velo formale del contratto di affitto d ‘ azienda, ma ponendo le scelte gestorie al di fuori delle dinamiche societarie ‘, ha ritenuto che , al contrario, tale impostazione, in base alla quale l ‘ esistenza della supersocietà di fatto è stata desunta quasi esclusivamente dalla preponderante e continua ingerenza gestoria di NOME COGNOME nella sRAGIONE_SOCIALE La COGNOME in liquidazione prima e nella RAGIONE_SOCIALE e dalla confusione/commistione di beni, non può essere condivisa.
1.9. Se può ammettersi lo scopo comune, ha osservato la corte, ‘ non vi è prova certa né dell ‘ esistenza di un vincolo di collaborazione tra i tre soggetti anzidetti, che vada oltre la mera affectio familiaris e che integri piuttosto l ‘ affectio societatis -quale volontà dei distinti soggetti di vincolarsi tra loro e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell ‘ esercizio collettivo di un ‘ attività economica -, né dell ‘ esistenza di un patrimonio, di una struttura e di un ‘ attività comuni strumentali alla realizzazione ed al conseguimento dello scopo sociale dell ‘ unica entità di fatto, né tanto meno dell ‘ esistenza di un ‘ effettiva partecipazione dei tre soggetti coinvolti ai profitti ed alle perdite generati dall ‘ esercizio
Ric. 2023 n. 6617 – Sez. 1 – CC del 5 dicembre 2023
dell ‘ attività di impresa ‘, essendo, piuttosto, emerso che ‘ le società di capitali (RAGIONE_SOCIALE prima e poi la RAGIONE_SOCIALE) abbiano funzionato, progressivamente, solo quale schermo per consentire all ‘ impresa individuale di RAGIONE_SOCIALE di svolgere la sua attività fuori dagli schemi societari, ossia, in altre parole, quale contenitore da cui prelevare elementi patrimoniali, aziendali e altre utilità’ .
1.10. La corte, infine, ha rilevato, ‘ ma solo ad abundantiam, che nulla è stato allegato, né provato in ordine ad un ‘ eventuale insolvenza propria di tale (ritenuta) super-società, autonoma rispetto a quella dei (ritenuti) soci ‘.
1.11. La corte, quindi, in totale riforma delle sentenze emesse dal tribunale di Messina il 14/11/2019 ed il 23/12/2019, ha revocato tanto il fallimento della società di fatto tra la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e NOME COGNOME titolare dell ‘ omonima ditta individuale, nonché di quest ‘ ultimo quale socio illimitatamente responsabile, quanto il fallimento di RAGIONE_SOCIALE, quale socia della predetta società di fatto, condannando il Fallimento istante a rimborsare ai reclamanti le spese di giudizio.
2.1. Il Fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e della società di fatto tra RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE nonché degli stessi quali soci illimitatamente responsabili della società di fatto, con ricorso notificato il 16/3/2023, ha chiesto, per sette motivi, la cassazione della sentenza.
2.2. Hanno resistito, con distinti controricorsi, NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE
2.3. Sono rimasti intimati il Procuratore della Repubblica presso la corte d ‘ appello di Messina e il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Messina.
2.4. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell ‘ art. 112 c.p.c. e dell ‘ art. 18 l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 e n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello: -ha, innanzitutto, omesso di pronunciarsi sulla domanda con la quale il Fallimento aveva chiesto l ‘ accertamento anche incidentale della simulazione dei contratti d ‘ affitto d ‘ azienda deducendo che tali contratti, ‘ avvicendatisi nel periodo 2010-2018 fra Salvatore RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e, successivamente, RAGIONE_SOCIALE , miravano, in realtà, ‘ a mascherare -tramite l ‘ interposizione fittizia di una prima società di capitali e poi di una seconda, dopo che la prima era stata resa insolvente e lasciata al suo destino -l ‘ esercizio diretto dell ‘ impresa da parte dello stesso titolareconcedente delle tre aziende affittate ‘ ; – ha, in secondo luogo, omesso, conseguentemente, di istruire la domanda di accertamento della simulazione svolta dal Fallimento, t rascurando di considerare il carattere ‘ inquisitorio ‘ del procedimento di reclamo, ‘ che le attribuiva il potere-dovere di assumere anche d ‘ ufficio ogni necessario mezzo di prova sulla ricorrenza dei presupposti del fallimento …’ .
3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, in via subordinata rispetto al primo, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1415, 2561 e 2562 c.c., con riferimento all ‘ applicazione della disciplina della simulazione al contratto di affitto di azienda, in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il pagamento dei canoni di affitto a NOME COGNOME da parte della società affittuaria escludeva radicalmente la simulazione dei contratti d ‘ affitto d ‘ azienda, senza, tuttavia, considerare che, come dedotto dal Fallimento nel corso del giudizio, ‘ la simulazione degli affitti e l ‘ esercizio
incondizionato del potere d ‘ impresa da parte del titolare delle aziende … si desumono, in via indiretta, da una serie di elementi indiziari e, in via diretta, dalle dichiarazioni rese dallo stesso COGNOME in sede di accertamento della GdF … e dalle deposizioni rese dai dipendenti al Curatore … nonché dall e dichiarazioni rese dalla sig.ra NOME COGNOME in sede di udienza prefallimentare ‘, essendo, in particolare, emerso, tra l ‘ altro, che: – la compagine delle società affittuarie fallite era costituita esclusivamente da membri della famiglia COGNOME; -‘ l ‘ amministrazione delle società era affidata agli anziani genitori di NOME COGNOME … totalmente disinformati sull ‘ amministrazione, sulle scritture contabili, sui finanziamenti e persino sulla sede dell ‘ impresa ‘; -‘ le attività d ‘ impresa esercitate attraverso le tre aziende si sono svolte sempre negli stessi locali e con le stesse insegne, senza soluzione di continuità ‘; -‘ il titolare-concedente ha avuto sempre il dominio assoluto e incontrastato delle imprese … e la delega a operare sui conti correnti della società affittuaria ‘; -‘ i rapporti di affitto delle aziende di pasticceria e trattoria sono stati più volte modificati ad libitum nel corso degli anni con una serie di atti di risoluzione consensuale e immediate nuove stipulazioni, mai accompagnate da inventari e verbali di consegna, nonché con variazioni molto significative del canone d ‘ affitto sia in aumento, sia in diminuzione (da 54.000 Euro a 18.000 Euro nel 2017) ‘ ; -‘ il rapporto finanziario con il concedente si è svolto su basi assolutamente informali e irregolari, al punto che, nel periodo 2015-2018, egli ha incassato, in aggiunta ai canoni d ‘ affitto ulteriori importi per oltre € 230.000 a titolo di rimborso spese per i costi delle utenze che erano rimaste sempre a lui intestate (e non all ‘ affittuaria esercente formale delle imprese) ‘.
3.3. Con il terzo motivo, proposto in via subordinata rispetto al primo, il ricorrente, lamentando l ‘ omesso esame di
un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riferimento ai fatti e atti costituenti elementi probatori della simulazione dei contratti di affitto delle aziende facenti capo a NOME COGNOME in relazione all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha escluso la simulazione dei contratti d ‘ affitto d ‘ azienda, senza, tuttavia, procedere, pur a fronte di una serie di puntuali rilievi e deduzioni ed elementi di prova del carattere fittizio dei rapporti contrattuali fra le entità del gruppo COGNOME, alla necessaria valutazione delle precise richieste istruttorie e degli innumerevoli dati offerti dal Fallimento a dimostrazione della ‘ mera fittizietà dell ‘architettura degli affitti di azienda … e la funzionalità della loro apparenza esterna alla creazione di schermi societari dietro i quali NOME COGNOME perpetrava la sua politica imprenditoriale, in unità d ‘ intenti con gli organi sociali delle società intestatarie delle attività ‘ , trattandosi di ‘ rapporti contrattuali … creati artatamente proprio per schermare l ‘ attività comune del titolare delle aziende (NOME COGNOME) e delle società da lui dominate e gestite con l ‘ interposizione fittizia dei familiari come un ‘ unica entità imprenditoriale ‘.
3.4. È emerso, in particolare, ha osservato il ricorrente, che: – con atto del 21/7/2014, NOME COGNOME ha concesso in affitto la propria azienda, avente per oggetto l ‘ attività di trattoria denominata ‘ NOME ‘ e l’ attività di pasticceria, laboratorio di pasticceria, denominata ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, alla società RAGIONE_SOCIALE, per la durata di un anno, con rinnovo tacito, a fronte di un corrispettivo annuo di €. 54.000,00, poi ridotto, con scrittura privata autenticata del 22/7/2017, ad €. 18.000, 00; -con atto del 24/4/2018, NOME e NOME COGNOME nelle rispettive qualità hanno convenuto di risolvere il contratto d ‘ affitto d ‘ azienda del
21/7/2014; – con atto sempre del 24/4/2018, NOME COGNOME e NOME COGNOME nella qualità di amministratore unico della neo costituita società RAGIONE_SOCIALE sempre con sede in Messina, INDIRIZZO hanno convenuto la cessione in affitto alla RAGIONE_SOCIALE delle aziende del Sig. NOME COGNOME a fronte di un corrispettivo annuo di €. 39.600,00.
3.5. Con il quarto motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2247, 2297, 2497, 2727 c.c. e dell ‘ art. 147, comma 5°, l.fall., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, pur avendo accertato una situazione di confusione patrimoniale e di commistione gestoria fra diverse entità (persone fisiche e società) esercenti la medesima attività commerciale, ha escluso la sussistenza della dedotta supersocietà di fatto omettendo, tuttavia, di considerare che: – la società di fatto nasce dai comportamenti concludenti dei soci reiterati nel tempo e orientati all ‘ esercizio dell ‘ attività comune, senza che sia a tal fine necessario un preciso ‘ atto di volontà ‘ con cui le parti aderiscono al contratto sociale; -la ‘ collaborazione di tutti e di ciascuno dei soci all ‘ impresa comune ‘ può essere ben costituita anche da un atteggiamento di mera tolleranza e inerzia, da parte degli amministratori legalmente nominati delle società socie, rispetto all ‘ esercizio di fatto (o meglio all ‘ usurpazione) dei poteri gestori da parte del terzo interessato al risultato comune (nella specie, quale titolare e concedente formale dell ‘ azienda data in affitto, nel contempo esercente l ‘ attività trasferita in collaborazione con i primi) poiché proprio questa condotta consente di configurare una organizzazione comune e reale fra i soggetti coinvolti, apprezzata e riconosciuta come tale anche dai terzi, che si sovrappone alla realtà giuridica formale e pubblicata dal registro imprese; la formazione del ‘ fondo comune ‘ può essere desunta
dalla accertata situazione di totale confusione patrimoniale e commistione gestoria fra le entità (persone fisiche e società di capitali) esercenti la medesima attività commerciale di gestione dei rami d ‘ azienda (trattoria, bar pasticceria e pub ) in titolarità di NOME COGNOME
3.6. È evidente, infatti, ha osservato il ricorrente, che il disporre delle risorse sociali come cosa propria da parte dell ‘ esercente reale dell ‘ impresa, il non contabilizzare correttamente entrate e uscite e, nel contempo, il provvedere al pagamento dei debiti correnti necessari a continuare l ‘ attività nel medio periodo (‘ congelando ‘ solo quelli fiscali e contributivi) e fare transitare il patrimonio aziendale dalla prima società affittuaria decotta alla nuova, senza rilevare tramite regolare inventario le scorte di magazzino, i beni e le attrezzature (molto ingenti nel settore food and beverage ), dà vita a un ‘ unica indistinguibile massa attiva, che non è necessariamente strumentale di appropriazione individuale della persona fisica che domina l ‘ organizzazione, giovando piuttosto e soprattutto a formare un patrimonio comune destinato all ‘ esercizio dell ‘ attività (nella specie di bar-ristorazione-trattoria-pub), da cui tutti i membri della famiglia e le società traggono alimento e beneficio, con la conseguente alea comune nei guadagni e nelle perdite, cioè la compartecipazione dei vari soggetti ai risultati economici dell ‘ attività svolta in comune.
3.7. Con il quinto motivo, il ricorrente, lamentando l ‘ assenza di una valida motivazione (art. 132 n. 4 c.p.c.), rispondente al minimo costituzionale (art. 111, comma 6°, Cost.), in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, pur avendo acclarato la costante ingerenza, non soltanto gestoria, ma imprenditoriale di NOME COGNOME nella società formalmente amministrata dal padre, la situazione di
commistione gestionale e confusione contabile nei rapporti fra la RAGIONE_SOCIALE e i membri della famiglia COGNOME e le ‘ evidenti … confusioni e commistioni patrimoniali e finanziarie ‘, ha, con motivazione perplessa o apparente ed in contrasto peraltro anche con i poteri-doveri inquisitori della corte d ‘ appello in sede di reclamo ex art. 18 l.fall., negato ogni rilievo a tali evidenze ai fini della dimostrazione del rapporto societario di fatto fra i soggetti coinvolti; così come, pur avendo accertato, con riferimento a RAGIONE_SOCIALE (e cioè la seconda società dichiarata fallita in estensione, amministrata formalmente dalla madre anch ‘ essa inerte), che NOME COGNOME: – è risultato essere nella disponibilità della chiave di apertura di un armadio blindato posto all ‘ interno dei locali in cui la SM ha sede legale e operativa; – ha consegnato al curatore altre due chiavi relative a due cassette di sicurezza murate nell ‘ ufficio ubicato al primo piano dei locali della società; – prima del fallimento aveva delega ad operare sui conti correnti della società; – nei rapporti fra RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e la newco RAGIONE_SOCIALE, la consegna in affitto dei due rami di azienda è avvenuta, poi, senza alcuna valorizzazione dei beni e degli elementi trasferiti; ha contraddittoriamente negato ogni rilievo alle numerose evidenze della cooperazione fra NOME COGNOME e le due società di capitali e della ‘ commistione di beni usati per lo svolgimento dell ‘ attività di impresa ‘ ai fini della dimostrazione del rapporto societario di fatto fra i soggetti coinvolti.
3.8. Con il sesto motivo, il ricorrente ha lamentato, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., l ‘ omesso esame di fatto decisivo in relazione all ‘ accertamento dello stato d ‘ insolvenza della supersocietà di fatto.
3.1. Con il settimo motivo, il ricorrente ha lamentato la regolamentazione delle spese di giudizio.
4.1. Il quarto motivo è fondato, con assorbimento degli altri.
4.2. La riforma del diritto societario, com ‘ è noto, ha espressamente consentito la partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali ad una società di persone (cd. ‘ supersocietà ‘ ). Gli artt. 2361 c.c. e 111 duodecies disp.att. c.c., infatti, hanno inequivocamente previsto che una società di capitali possa assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile, tra l ‘ altro, di una società in nome collettivo, pur se irregolare (art. 2297 c.c.) come la società di fatto.
4.3. Nel medesimo senso, del resto, depone l ‘ art. 147, comma 1°, l.fall., nel testo successivo alla riforma della legge fallimentare ed applicabile ratione temporis , il quale, in coerenza con la predetta opzione normativa, dispone che ‘ la sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile ‘ (e cioè di una società in nome collettivo, di una società in accomandata semplice o di una società in accomandita per azioni) ‘ produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili ‘, in tal modo ribadendo la possibilità che le società di persone, anche se di mero fatto (cd. ‘ supersocietà ‘ di fatto) , abbiano, tra i propri soci illimitatamente responsabili, altre società, anche di capital i, con ‘ tutte le implicazioni, ivi compreso il possibile fallimento della società di fatto, cui quella di capitali abbia partecipato, e dei suoi soci illimitatamente responsabili’ .
4.4. Ne consegue che, una volta ‘accertata l’ esistenza di una società di fatto e la sua insolvenza, i soci possono essere dichiarati falliti in estensione … di quello della società di fatto, che invece va accertata nei suoi elementi costitutivi e nello status di soggetto imprenditore insolvente ‘, tanto ‘ai sensi dell ‘art. 147, 1° comma, l.f.’ (Cass. n. 1095 del 2016, in motiv.;
Cass. n. 12120 del 2016), quanto a norma dell ‘ art. 147, comma 5°, l.fall..
4.5. In effetti, ‘ una volta ammessa la configurabilità di una società di fatto partecipata da società di capitali e la conseguente sua fallibilità ai sensi del 1° comma dell ‘ art. 147 l.fall . ‘, ‘ non v ‘ è alcuna ragione che, nell ‘ ipotesi disciplinata dal ridetto 5° comma – in cui l ‘ esistenza della società emerga in data successiva al fallimento autonomamente dichiarato di uno solo dei soci – possa giustificarne un differenziato trattamento normativo, ammettendone o escludendone la fallibilità a seconda che il socio già fallito sia un imprenditore individuale o collettivo ‘ (Cass. n. 10507 del 2016; Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.).
4.6. Una volta ‘ acquisito cio è … che la cooperazione fra un soggetto persona fisica ed una societ à a responsabilit à limitata ha operato anche solo per facta concludentia sul piano societario, secondo i consolidati tratti dell ‘ esercizio in comune dell ‘ attivit à economica, della esistenza di fondi comuni (da apporti o attivi patrimoniali) e dell ‘ effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite, dunque di un agire nell ‘ interesse (ancorch é diversificato e non per ò contro l ‘ interesse) dei soci, nonch é dell ‘ assunzione ed esteriorizzazione del vincolo anche verso i terzi, ne deriva, in via discendente, dalla conseguente societ à di persone, di fatto ed irregolare, la necessaria responsabilit à personale dei suoi componenti, cos ì instaurandosi il presupposto per le rispettive dichiarazioni di fallimento … ritenute le due vicende dei commi 4 e 5, soltanto esemplificative e di valore organizzatorio ‘ (Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.).
4.7. L ‘ art. 147, comma 5°, l.fall., come questa Corte ha ripetutamente affermato (Cass. n. 7903 del 2020; Cass. n. 3867 del 2020; Cass. n. 10507 del 2016; più di recente, Cass. n. 20552 del 2022, in motiv.), trova, in altri termini, applicazione
non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l ‘ impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti, ma, in virtù di sua interpretazione estensiva (Cass. n. 366 del 2021, in motiv.), anche (come, del resto, confermato dall ‘ art. 256, comma 5, c.c.i.) nel caso in cui il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, ad una società di persone (cd. supersocietà di fatto) (Cass. n. 4712 del 2021, in motiv.; conf., del resto, Corte cost. n. 255/2017, secondo la quale ‘ un ‘ interpretazione dell ‘ art. 147, quinto comma, l.fall. che conducesse all ‘ affermazione dell ‘ applicabilità della norma al solo caso (di fallimento dell ‘ imprenditore individuale) in essa espressamente considerato, risulterebbe in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall ‘ art. 3 Cost. ‘ ).
4.8. Deve, tuttavia, evitarsi il rischio che l ‘ art. 147, comma 5°, l.fall. (il cui focus , appunto, ‘si volge … verso l’ ipotesi in cui – una volta dichiarato il fallimento di un (singolo) imprenditore – successivamente emerga che, invece, si tratta di «impresa … riferibile a una societ à » ‘, nel senso che mentre ‘ il comma 4 riguarda il caso di successiva emersione di soci occulti di societ à palese ‘, ‘ il comma 5 ‘, invece, ‘ si concentra sul caso della successiva emersione di una societ à … dapprima occulta e distinta dal soggetto gi à dichiarato fallito’ : Cass. n. 366 del 2021, in motiv.) possa essere utilizzato per aggirare le disposizioni dettate dagli artt. 2476, comma 7°, e 2497 c.c. e, in tal modo, evitare, attraverso le forme camerali dell ‘ estensione di fallimento (art. 147, commi 4° e 5°, l.fall.), l ‘ esercizio in sede ordinaria di un ‘ azione di responsabilità, richiedendo, a tal fine, che il curatore fornisca in giudizio la prova rigorosa della relativa affectio.
4.9. La società di fatto, invero, sussiste (anche solo nei confronti dei terzi: come nel caso in cui ‘ due o pi ù persone che operino in modo da ingenerare l ‘ opinione che esse agiscano come soci, suscitando il legittimo affidamento sull ‘ esistenza della societ à ‘ … come se la societ à esistesse ‘: Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.) solo a condizione che siano dimostrati i relativi presupposti costitutivi, vale a dire, secondo la definizione fornita dall ‘ art. 2247 c.c., l ‘ esercizio in comune dell ‘ attività economica, attraverso l ‘ impiego di un fondo comune formato dagli apporti dei soci, e la programmata partecipazione di questi ultimi ai conseguenti risultati patrimoniali: e, dunque, da un agire nell ‘ interesse, ancorché diversificato, (ma non contro l ‘ interesse) dei soci (Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.; Cass. n. 4784 del 2023, in motiv.).
4.10. L ‘ abuso della società da parte di una o più persone (fisiche e giuridiche) che ne hanno il controllo (anche solo di fatto) nell ‘ interesse proprio delle stesse, in effetti, ha per lo più costituito, per osservazione empirica, una prova contraria all ‘ esistenza della supersocietà di fatto (Cass. n. 10507 del 2016; Cass. n. 12120 del 2016; più di recente, Cass. n. 7903 del 2020; Cass. n. 20552 del 2022, in motiv.) e, semmai, indice dell ‘ esistenza di una holding di fatto (che può anche essere una società di fatto: Cass. n. 23344 del 2010; Cass. n. 3724 del 2003).
4.11. Si tratta, tuttavia, di un fatto che non esclude la possibile sussistenza tra le stesse persone e la società così abusata di un rapporto societario di fatto, almeno tutte le volte in cui alla iniziale affectio tra tali persone e la società sia subentrato, in forza di una modifica o evoluzione degli originari accordi o per effetto di essi (art. 2497septies c.c.), l ‘ esercizio di un abuso su quest ‘ ultima, e cioè la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale della stessa, da
parte di chi, tra gli originari partecipi di un rapporto societario di fatto con la società abusata, era, per una ragione o per l ‘ altra, in condizione di farlo (cfr. gli artt. 2497sexies e 2359 c.c.).
4.12. Del resto, e più in generale, non è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto societario non formalizzato (o di fatto) tra persone fisiche e una o più società di capitali (e la sua prosecuzione tra le stesse fino al recesso di una delle stesse o alla sua esclusione in conseguenza del suo fallimento ovvero alla cessazione in fatto dell ‘ attività d ‘ impresa comune) il fatto che queste ultime, sin dall ‘ inizio oppure in seguito, siano state, in concreto, programmaticamente volte a farsi carico dei debiti conseguenti all ‘ attività comune in misura superiore rispetto agli utili ad esse riservati o comunque ricevuti (e, simmetricamente, le persone fisiche ad assumere debiti in misura inferiore rispetto ai vantaggi patrimoniali ricevuti).
4.13. Se, invero, la partecipazione agli utili e alle perdite, in relazione al conferimento eseguito, costituisce duplice elemento essenziale della partecipazione sociale, differenziando il socio dal semplice associato, resta, nondimeno, fermo il principio per cui ‘ l ‘ esclusione dalle perdite o dagli utili, in quanto qualificante lo status del socio nei suoi obblighi e nei suoi diritti verso la società e la sua posizione nella compagine sociale, secondo la previsione dell ‘ art. 2265 c.c., viene integrata quando il singolo socio venga per patto statutario escluso in toto dall ‘ una o dall ‘ altra situazione o da entrambe ‘: ‘ quando, per contro, sussista una regolamentazione ‘ (assunta anche in via tacita e nella stessa forma modificata nel corso della società) ‘ della partecipazione al rischio ed agli utili in misura non coerente al capitale conferito, ci si troverebbe in presenza di espressione di autonomia statutaria nella regolamentazione della partecipazione al rischio, non rientrante nella previsione della nullità in esame’ .
4.1. Esulano, pertanto, dal divieto tanto le pattuizioni intercorse tra i soci (anche di fatto) di una società di persone che regolano la partecipazione degli stessi al rischio e agli utili in misura difforme dall ‘ entità della partecipazione del singolo socio, quanto gli accordi che si esprimano in una misura di partecipazione difforme da quella inerente ai poteri amministrativi o che condizionino in alternativa la partecipazione o la non partecipazione agli utili o alle perdite al verificarsi di determinati eventi giuridicamente rilevanti (Cass. n. 8927 del 1994; Cass. n. 642 del 2000).
4.2. La societ à di fatto, in effetti, si caratterizza per la mancanza di forme e formalit à , pur essendo effettivo lo svolgimento di attivit à economica in comune, ossia l ‘ impresa collettiva, la quale, a sua volta, consiste nel materiale e continuo esercizio di attivit à economica organizzata: e non sarebbe, dunque, giustificabile ammettere che la societ à di capitali, la quale abbia svolto attivit à d ‘ impresa operando in societ à di fatto con altri, possa in seguito sottrarsi alle relative conseguenze semplicemente perché, in forza di una decisione dei suoi amministratori (anche di fatto), la stessa si sia prestata ad essere utilizzata, sia pur a mezzo della violazione delle relative regole societarie e della compressione del suo interesse imprenditoriale, quale socia di fatto di un ‘ impresa insieme ad altre società ovvero ad una o più persone fisiche che sulla stessa abbiano esercitato, sia pur abusandone, il proprio potere di direzione e controllo.
4.3. Se tale condotta di inadempimento è , in effetti, tale da giustificare i rimedi che l ‘ ordinamento rispetto a ci ò predispone (azioni di responsabilit à , revoca, denunzia al tribunale), non rende per ò , essa stessa, invalido l ‘ atto compiuto o inefficace l ‘ attivit à imprenditoriale di fatto svolta. La verit à è che lo svolgimento di un ‘ attivit à economica comune con altra
societ à , di capitali o di persone, o con una persona fisica è fatto ormai avvenuto, condividendo esso la natura materiale ed empirica dell ‘ attivit à d ‘ impresa, per il cd. principio di effettivit à .
4.4. Del resto, anche la cd. impresa illecita è pur sempre impresa: un ‘ attivit à imprenditoriale ‘ illegale ‘ , in quanto svolta in violazione delle regole che ne disciplinano l ‘ esercizio, non necessariamente comporta la nullit à degli atti posti in essere nell ‘ esercizio della stessa; comunque, la situazione di illegalit à dell ‘ impresa non impedisce l ‘ acquisto della qualit à d ‘ imprenditore con i relativi effetti specie ove sfavorevoli all ‘ impresa stessa, che sarebbe ingiustificato escludere in virt ù di violazioni proprio ad essa imputabili (Cass. n. 1095 del 2016, in motiv.).
4.5. La corte d ‘ appello non si è attenuta agli esposti principi.
4.6. La sentenza impugnata, infatti, dopo aver (tra l ‘ altro) accertato che: -‘ i rami di azienda nei settori della pasticceria e della ristorazione, pur restando nella proprietà di MESSINA NOME, sono stati gestiti dapprima e per un certo tempo dalla RAGIONE_SOCIALE (il cui Presidente e legale rappresentante era NOME COGNOME, padre di NOME), e cioè dalla società già fallita, ‘ e poi, dal 24 aprile 2018, dalla RAGIONE_SOCIALE (amministrata legalmente da NOME NOME, madre di MESSINA NOME) … ‘ ; – a fronte del pressoché totale disinteresse dei legali rappresentanti di tali società, è, per contro, emersa la ‘ continua e preponderante ingerenza gestoria e imprenditoriale del RAGIONE_SOCIALE‘ tanto ‘ nella sRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ‘ , quanto nella RAGIONE_SOCIALE, parimenti utilizzata dallo stesso ‘ come schermo per continuare la sua attività di impresa, dietro il velo formale del contratto di affitto d ‘ azienda, ma ponendo le scelte gestorie al di fuori delle dinamiche societarie ‘ ; ha, sulla base di tale accertamento, ritenuto che tali fatti ‘ depongono più che
altro per l ‘ esistenza di un ‘ amministrazione di fatto della RAGIONE_SOCIALE da parte di RAGIONE_SOCIALE NOME, concedente i rami di azienda presi in affitto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione prima e poi dalla RAGIONE_SOCIALE o, al più, ‘ di una holding di fatto nei cui confronti il curatore può agire in responsabilità e che può essere dichiarata autonomamente fallita … ‘ sul rilievo che gli stessi ‘ non consentono con sufficiente grado di certezza di ritenere provata … la sussistenza della società di fatto costituita per la gestione in comune dell ‘ impresa … non essendovi dimostrazione reale di un fondo sociale appartenente alla super-società …’ ‘ né dell ‘ esistenza di un vincolo di collaborazione tra i tre soggetti anzidetti, che vada oltre la mera affectio familiaris … quale volontà dei distinti soggetti di vincolarsi tra loro e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell ‘ esercizio collettivo di un ‘ attività economica … , né dell ‘ esistenza … di una struttura e di un ‘ attività comuni strumentali alla realizzazione ed al conseguimento dello scopo sociale dell ‘ unica entità di fatto, né tanto meno dell ‘ esistenza di un ‘ effettiva partecipazione dei tre soggetti coinvolti ai profitti ed alle perdite ‘. Le società di capitali (RAGIONE_SOCIALE prima e la RAGIONE_SOCIALE), piuttosto, hanno ‘ funzionato, progressivamente, solo quale schermo per consentire all ‘ impresa individuale di RAGIONE_SOCIALE di svolgere la sua attività fuori dagli schemi societari, ossia, in altre parole, quale contenitore da cui prelevare elementi patrimoniali, aziendali e altre utilità, senza partecipare alle scelte gestionali, né ad eventuali utili e perdite …’ .
4.7. La corte d ‘ appello, tuttavia, così facendo, ha finito per escludere la sussistenza dell ‘ invocato vincolo societario senza considerare, per un verso, che, come detto, la società di fatto tra una o più persone fisiche ed una o più società non è completamente esclusa, almeno nella sua fase costitutiva, dalla successiva utilizzazione delle stesse ‘ come schermo’ per
consentire a chi, per un motivo o per l ‘ altro, le controlla di svolgere (o di continuare a svolgere) la propria attività d ‘ impresa , e, per altro verso, che la sussistenza della società di fatto, se non richiede, semplicemente, che le società di capitali che ne fanno parte abbiano, direttamente o indirettamente, (come nella specie) gli stessi soci e gli stessi amministratori (trattandosi di fatti compatibili anche con il mero esercizio di un ‘ attività di direzione e coordinamento sulle stesse), può essere nondimeno affermata quando, almeno nella fase costitutiva (e a prescindere dalle forme giuridiche che i relativi atti abbiano assunto), sussistano (o, comunque, siano stati percepiti come tali dai terzi) i seguenti fatti costitutivi (dei quali, però, la corte d ‘ appello ha omesso l’esame effettivo , così cadendo nel vizio della falsa applicazione delle norme previste dagli artt. 2247 c.c. e 147, comma 5°, l.fall.), e cioè che: a) le stesse società, al pari degli altri compartecipi (persone fisiche o giuridiche, come altre società), abbiano conferito, con decisione che (quale mero atto gestorio proprio dell ‘ organo amministrativo: Cass. n. 1095 del 2016) le società partecipi possono ben assumere attraverso un amministratore di fatto e poi manifestare e dunque condividere a mezzo dei rispettivi organi rappresentativi, in un fondo comune, in termini (di volta in volta) di attribuzione della proprietà (art. 2254, comma 1°, c.c.) o del godimento di determinati beni (artt. 2254, comma 2°, e 2281 c.c.) ovvero di esecuzione della propria opera (art. 2263, comma 2°, c.c.), tutto ‘ quanto è necessario per il conseguimento dell ‘ oggetto sociale ‘ (art. 2253, comma 2°, c.c.), se del caso in termini di rinuncia ai propri diritti (come quello di rivalsa in caso di garanzia personale ovvero al compenso per l ‘ attività svolta), allo scopo di trarne, almeno programmaticamente, un vantaggio economico; b) i risultati patrimoniali (positivi e negativi) dell ‘ attività svolta attraverso il
fondo formato dai predetti apporti ricadono, in termini di incremento o decremento del valore degli stessi apporti eseguiti, su tutti i partecipi, secondo le regole dagli stessi (anche tacitamente) fissate (e, come visto, anche in proporzione differente rispetto all ‘ entità degli apporti) e, se del caso, altrettanto tacitamente, modificate (con l ‘ unica particolarità che le operazioni sono compiute da chi agisce non gi à̀ in nome della compagine sociale ma in nome proprio: Cass. n. 14365 del 2021; Cass. n. 17925 del 2016; Cass. n. 366 del 1998, la quale ha evidenziato come, in tale ipotesi, ‘ in deroga ai principi desumibili dagli artt. 1388, 1705 e 1706 c.c., la responsabilità verso i terzi, per il compimento di tali operazioni ‘ grava anche ‘ su coloro nel cui interesse esse siano state compiute senza tuttavia spenderne il nome ‘; Cass. n. 1106 del 1995 ; nello stesso modo in cui ‘ l’imputazione sostanziale di atti – e di atti qualificati siccome d’impresa collettiva – ad un soggetto non formalmente e realmente costituito … poggia su una effettività di condotte riconosciute all’esterno invece quali tipiche del contratto di societ à , dunque tali, se cos ì percepite dai terzi’ : Cass. n. 12120 del 2016, in motiv.).
4.8. Ciò che per lo più capita ove risulti: – lo svolgimento da parte dei compartecipi (società e/o persone fisiche) della stessa attività facente capo all ‘ imprenditore o alla società inizialmente fallita; – la comunanza tra i diversi compartecipi dell ‘ organizzazione aziendale a tale fine utilizzata, come i locali, le insegne, le utenze, con i relativi dipendenti, in ragione dell ‘ esecuzione, da parte di ciascuno di essi, di apporti patrimonialmente rilevanti in favore della stessa, come beni aziendali, somme di denaro, prestazioni di servizi e rinunce a crediti maturati nei suoi confronti; – la distribuzione in favore dei partecipi dei benefici economici conseguenti (non necessariamente, come detto, in proporzione rispetto al valore
degli apporti), in termini di percezione di somme di denaro non corrispondenti alle prestazioni d ‘ opera svolte ovvero di mancato versamento di somme giuridicamente dovute, all ‘ esercizio in comune dell ‘ impresa .
4.9. Quanto al resto, è opportuno chiarire come, in linea di principio, per potersi dichiarare il fallimento della cd. supersociet à di fatto, è necessario, tra l ‘ altro, il riscontro di una ‘ autonoma e affatto propria insolvenza ‘ della supersocietà ‘ anche eventualmente muovendo – quale fatto indiziante – dalla rilevazione dell ‘ insolvenza di uno o pi ù soci, ovvero del socio cui era inizialmente imputabile l ‘ attivit à economica, ma senza alcuna automatica traslazione ovvero dogmatico esaurimento in esse della prova richiesta, come per tutti gli insolventi fallibili, dall ‘ art. 5 legge fall. ‘ (cfr. Cass. n. 12120 del 2016; (Cass. n. 1095 del 2016, in motiv.; conf., Cass. n. 6030 del 2021).
4.10. Resta, nondimeno, il fatto che quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale (o, come detto, di una società), risulti che la relativa ‘ impresa ‘ è , in realtà, ‘ riferibile ‘ ad una società di fatto tra il soggetto già fallito e uno o pi ù soci occulti, che possono essere a loro volta altre societ à o persone fisiche (cd. ‘ supersociet à’ di fatto), i debiti assunti (sia pur in nome proprio) dal soggetto (imprenditore individuale o società) già fallito in relazione all ‘ impresa sostanzialmente sociale che ne costituisce l ‘ oggetto sono, in realtà, giuridicamente imputabili alla società occulta (che è, in realtà, una società in nome collettivo non iscritta nel registro delle imprese e, dunque, senz ‘ altro nota almeno tra i compartecipi) della quale era, appunto, socio (e, avendo agito per conto della stessa, in sua rappresentanza: art. 2297, comma 2°, c.c.): nello stesso modo in cui, in forza di tale norma, sono giuridicamente imputabili alla (super) società occulta, ove
riferibili alla predetta impresa comune, i debiti assunti, in nome proprio ma per conto della stessa, dagli altri soci occulti successivamente risultati.
4.11. Ma se i debiti assunti (sia pur in nome proprio) dal soggetto (imprenditore individuale o società) già fallito in relazione all ‘ impresa sociale sono, in realtà, giuridicamente imputabili alla società occulta successivamente emersa, l ‘ insolvenza di tale società (cui, non a caso, la norma dell ‘ art. 147, comma 5°, l.fall. non accenna) può essere, allora, senz ‘ altro direttamente desunta dai predetti debiti e dall ‘ impossibilità della stessa di farvi fronte con mezzi normali di pagamento (art. 5 l.fall.).
4.12. E non a caso questa Corte ha recentemente ribadito (Cass. n. 1234 del 2019, in motiv.) il principio per cui, nell ‘ ipotesi (come in esame) contemplata dall ‘ art. 147, comma, 5°, l.fall., l ‘ insolvenza da prendere in considerazione è quella gi à accertata nei confronti dell ‘ imprenditore apparentemente individuale (o della società) ma in realt à fallito come socio di una società occulta, perch é l ‘ insolvenza della societ à occulta è la stessa insolvenza dell ‘ imprenditore apparentemente individuale (o della società) già dichiarato fallito (conf., Cass. n. 1106 del 1995, in motiv., la quale ha osservato come l ‘ indicata conseguenza ‘ deriva ineluttabilmente dai patti sociali della società occulta, che si concretano, fra l ‘ altro, (si fa, per attenersi alla specie, il caso dell ‘ imprenditore individuale che agisce per conto di una società occulta) nell ‘ autorizzare il suddetto imprenditore a non spendere il nome della suddetta società, agendo solo per suo conto ‘ sicché, ‘ in deroga all ‘ art. 1705 c.c., i soci assumono responsabilità personale ed illimitata, anche per gli atti compiuti dal socio che ha agito in proprio nome, ma per conto della società dagli stessi stipulata ‘: ‘ la necessità di dare attuazione prioritaria al principio (che non può essere derogato
nei confronti dei terzi: vedi art. 2291, secondo comma) della responsabilità personale illimitata, stabilito dall ‘ art. 2291 primo comma, deroga all ‘ esigenza della spendita del nome (art. 2266 c.c.); altrimenti, verrebbe posta in forse la stessa figura della società occulta, il che sarebbe contrario alla realtà delle relazioni commerciali, prima ancora che ai principi di legge ‘ ).
4.13. La società, al pari dei suoi soci illimitatamente responsabili, può, naturalmente, dimostrare in giudizio, in sede di estensione ai sensi dell ‘ art. 147, comma 5°, l.fall., l ‘ insussistenza dello stato d ‘ insolvenza provando che la stessa è, al contrario, in condizione di far fronte regolarmente e con mezzi normali alle proprie (nei termini esposti) obbligazioni (cfr. Cass. n. 4712 del 2021: ‘ il fallimento della società, che sia socia illimitatamente responsabile, finisce per costituire, secondo l ‘ art. 147, l ‘ occasione per ravvisare (o comunque per accertare) anche la distinta insolvenza della supersocietà di fatto ‘) ovvero che i debiti assunti in nome proprio dai soci (successivamente emersi come tali) non sono, in realtà, riferibili all ‘ impresa (ad es., perché personali) e non sono, pertanto, debiti della società tali da integrarne, in caso d ‘ impossibilità di farvi fronte con mezzi normali, lo stato d ‘ insolvenza (cfr. Cass. n. 10507 del 2016: ‘ all ‘ insolvenza del socio gi à dichiarato fallito potrebbe non corrispondere l ‘ insolvenza della s.d.f. (cui gli altri soci potrebbero, in tesi, conferire le liquidit à necessarie al pagamento dei debiti) ‘).
Il ricorso dev ‘ essere, quindi, accolto e la sentenza impugnata, per l ‘ effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d ‘ appello di Messina che, in differente composizione, provvederà altresì sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il quarto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d ‘ appello di Messina che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso a Roma, nella Camera di consiglio della Prima