Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1827 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1827 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31266/2019 r.g., proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, elett. dom.ti in INDIRIZZO Roma, presso l’AVV_NOTAIO, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO.
ricorrenti
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, presso AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente -ricorrente incidentale
avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Cagliari n. 70/2019 pubblicata in data 26/04/2019, n.r.g. 261/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 22/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME aveva ottenuto sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello di Cagliari del 14/06/2006, n. 420, con cui la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE era stata condannata a pagare in favore RAGIONE_SOCIALE COGNOME la somma di euro 160.408,04.
OGGETTO:
cassa RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -estinzione -configurabilità di una successione universale –
I suoi eredi COGNOME NOME e COGNOME NOME, con atto notificato in data 27/01/2014, hanno intimato precetto a RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE per il pagamento RAGIONE_SOCIALE predetta somma, assumendo che il RAGIONE_SOCIALE avesse incorporato la predetta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
2.- RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione a precetto, con cui eccepiva la mancanza di un titolo esecutivo nei suoi confronti, atteso che la RAGIONE_SOCIALE era un soggetto del tutto distinto e autonomo ed eccepiva l’inesistenza sia di qualunque fusione e/o incorporazione sia di una successione universale o particolare di esso RAGIONE_SOCIALE nel patrimonio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
3.- Costituitisi in giudizio i due COGNOME replicavano che la RAGIONE_SOCIALE, come tutte quelle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, era sempre stata soggetta alla vigilanza del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ed era stata infine soppressa ed incorporata dal predetto RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell’art. 152 d.lgs. n. 385/1993 (testo unico bancario), tanto è vero che tutte le RAGIONE_SOCIALE si erano trasformate in altrettanti sportelli del RAGIONE_SOCIALE, il quale già in precedenza aveva sostenuto tutte le spese del personale delle RAGIONE_SOCIALE, curandone assunzione, formazione, aggiornamento professionale e licenziamento, e comunque era succeduto a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e passivi delle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Deducevano che comunque con delibera del CdA del 16/03/2004 il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE si era accollato l’obbligo di pagare le passività risultanti dalla liquidazione delle RAGIONE_SOCIALE.
4.Il Tribunale accoglieva l’opposizione e dichiarava che i due COGNOME, nella loro qualità di eredi, non avevano diritto a procedere esecutivamente nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
5.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dai due COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno RAGIONE_SOCIALE sua decisione la Corte territoriale affermava:
il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha esercitato la vigilanza sulle RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per delega del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, conferita con decreto del 06/03/1928, ai sensi degli artt. 14 e 23 r.d.l. n. 1509/1927 (convertito in legge n. 1760/1928);
fin dal 1962 le RAGIONE_SOCIALE operavano come ‘uffici di corrispondenza’ del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in forza di apposite ‘convenzioni di mandato’, autorizzate dalla Banca d’Italia, ossia provvedevano alla raccolta dei depositi, all’incasso degli effetti cambiari, all’emissione di assegni ed altro, verso un compenso fissato in convenzione;
nonostante questa forte compenetrazione, le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE restavano soggetti formalmente e sostanzialmente distinti, tanto che nessuna disposizione convenzionale prevedeva che il RAGIONE_SOCIALE dovesse ripianare eventuali perdite di bilancio delle RAGIONE_SOCIALE;
l’art. 152 d.lgs. n. 385/1993 prevedeva che entro l’01/01/1996 le RAGIONE_SOCIALE che non svolgessero un’autonoma attività creditizia dovessero assumere iniziative per la cessazione dell’attività ossia per la loro estinzione e che, trascorso quel termine, le RAGIONE_SOCIALE ancora non estinte sarebbero state poste in liquidazione;
con decreto dell’01/10/1999 il RAGIONE_SOCIALE, dato atto che le RAGIONE_SOCIALE non svolgevano più un’autonoma attività creditizia, le ha dichiarate estinte;
a seguito di tale dichiarazione si è aperta la procedura di liquidazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, è stato nominato un liquidatore da parte del Presidente del Tribunale di Lanusei in data 20/12/1999 e la procedura di liquidazione si è conclusa in data 20/11/2013 con il deposito del bilancio in Tribunale;
questa vicenda estintivo-liquidatoria non comporta la successione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE a titolo universale nei rapporti giuridici ancora pendenti in capo alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE;
l’affidamento RAGIONE_SOCIALE ‘gestione del patrimonio’ delle RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, disposta dal RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE in data 26/06/1998, non integra una cessione del patrimonio stesso;
l’estinzione disposta con il decreto 01/10/1999 rappresenta una vicenda diversa dall’incorporazione, che presuppone la continuazione RAGIONE_SOCIALE persona giuridica incorporata;
la liquidazione imposta per legge è vicenda logicamente incompatibile con la fusione;
non è decisivo il parere del 17/01/1998 RAGIONE_SOCIALE Banca d’Italia, che si è limitata a dichiarare che quella operazione non integra una concentrazione eccessiva sul mercato del RAGIONE_SOCIALE;
non sussistono gli elementi per una cessione di azienda;
la delibera del CdA del 16/03/2004, pur riguardando tutte le passività emerse dalla liquidazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha un’efficacia solo verso le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (accollo interno) e non anche nei confronti dei terzi (accollo esterno).
6.Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
7.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso ed a sua volta ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
8.- I due COGNOME hanno resistito al ricorso incidentale con controricorso.
9.- Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
A) RICORSO PRINCIPALE.
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 2501, co. 2, e 2504 bis c.c. per avere la Corte territoriale:
escluso che una società in liquidazione possa partecipare ad un’operazione di fusione per incorporazione;
negato rilevanza al parere RAGIONE_SOCIALE Banca d’Italia n. 21 del 17/01/1998, secondo cui si è trattato di ‘un’operazione di concentrazione infragruppo fra imprese non precedentemente indipendenti’;
ritenuto che l’estinzione disposta con il D.M. 01/10/1999 fosse una vicenda incompatibile con la fusione per incorporazione.
Il motivo è infondato, sebbene la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello meriti di essere chiarita.
1.1.- Va premesso che in virtù del principio di diritto affermato da questa Corte in funzione nomofilattica (Cass. sez. un. 30/07/2021, n. 21970), la fusione per incorporazione produce l’ effetto estintivo RAGIONE_SOCIALE società incorporata e nondimeno, ove la fusione intervenga in corso di
causa, non determina l’interruzione del processo, esclusa ex lege dall’art. 2504 bis c.c. (nello stesso senso poi Cass. n. 24579/2022; Cass. ord. n. 13685/2023, secondo cui ‘ La fusione tra società, anche nella forma dell’incorporazione, dà luogo ad una vicenda estintivo-successoria simile alla successione “mortis causa” a titolo universale tra persone fisiche ‘).
La Corte territoriale , nell’inciso su riportato, sembra mostrare adesione all’orientamento allora (nell’anno 2019) dominante, secondo cui la fusione per incorporazione non determina l’estinzione del soggetto incorporato , ma solo una ‘vicenda meramente evolutivo -modificativa dello stesso soggetto giuridico’ (Cass. sez. un. ord. 08/02/2006, n. 2637 ; Cass. ord. n. 4042/2019).
Q uell’orientamento (poi abbandonato da questa Corte) si riferiva alla nuova disciplina introdotta dalla riforma del diritto societario intervenuta con d.lgs. n. 6/2003. Ai sensi RAGIONE_SOCIALE precedente disciplina, invece, era pacifico che la fusione (paritaria oppure per incorporazione) determinasse una vicenda estintiva del soggetto fuso o incorporato. Al riguardo questa Corte ha affermato, in funzione nomofilattica, che ‘ La fusione per incorporazione, che si sia verificata prima dell’entrata in vigore del novellato art. 2504 bis cod. civ., determina l’estinzione RAGIONE_SOCIALE società incorporata, non avendo la nuova disciplina normativa RAGIONE_SOCIALE fusione, introdotta del d.lgs. n. 6 del 2003, carattere interpretativo ed efficacia retroattiva, ma esclusivamente innovativo ‘ (Cass. sez. un., 14/09/2010, n. 19509).
Nel caso di specie la vicenda si colloca prima del 2003, perché l’inizio del procedimento è segnato dal D.M. 01/10/1999 con cui sono state dichiarate estinte le RAGIONE_SOCIALE e quindi si è dato avvio al procedimento liquidatorio previsto dal testo unico bancario (art. 152). Applicando la disciplina sostanziale dell’epoca, la fusione avrebbe determinato certamente l’estinzione del soggetto giuridico.
1.2.- L ‘ affermazione RAGIONE_SOCIALE Corte (riportata supra sub i) e j), sebbene possa generare equivoci, non ha inciso sulla correttezza RAGIONE_SOCIALE decisione, dal momento che l’intero impianto motivazionale RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello è fondato sulla mancanza di un qualsivoglia accertamento che, nella fattispecie concreta, si sia verificata una fusione, essendo anzi questa la
principale circostanza controversa, ampiamente contestata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE e rimasta mera asserzione difensiva dei ricorrenti, in quanto non accertata né dal Tribunale, né dalla Corte d’Appello .
Ai ricorrenti neppure giova il richiamo all’art. 2501, co. 2, c.c. (‘ La partecipazione alla fusione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo ‘). Tale norma effettivamente ammette che pure la società in liquidazione possa partecipare alla fusione, purché non abbia già iniziato la distribuzione dell’attivo. Dunque non vi è incompatibilità logico -giuridica tra liquidazione e fusione.
Nondimeno da un lato, come si è visto, non vi è stato alcun accertamento in fatto di una fusione.
D all’altro nel caso in esame la vicenda è diversa da quella prevista dall’art. 2501, co. 2, c.c., perché la liquidazione non ha preceduto l’estinzione, ma, al contrario, l’ha seguita. Ne consegue l’inapplicabilità di quella norma codicistica.
Quindi, come rilevato e ritenuto dalla Corte territoriale, l’estinzione disposta con il decreto ministeriale dell’01/10/1999 rappresenta una vicenda diversa dalla fusione per incorporazione. Anche sul piano logicogiuridico, intanto può procedersi alla fusione in quanto l’ente destinato ad essere incorporato sia ancora esistente all’atto RAGIONE_SOCIALE fusione, sebbene possa già essere in stato di liquidazione, ma non ancora estinto. Una volta estinto, infatti, la fusione per incorporazione resta giuridicamente inconfigurabile e, qualora stipulata, sarebbe nulla per mancanza di oggetto.
Nel caso in esame la disciplina prevista dal T.U.B. per le RAGIONE_SOCIALE, richiamata dalla Corte territoriale, prevede appunto l’estinzione disposta con decreto ministeriale e il successivo procedimento di liquidazione del patrimonio, affidato ad un liquidatore nominato dal Presidente del Tribunale. Questa cadenza procedimentale si rivela quindi incompatibile con la fattispecie RAGIONE_SOCIALE fusione civilistica, nella quale è la fusione ad essere la causa dell’estinzione. Invece, nella fattispecie delineata dal testo unico bancario (T.U.B.) l’estinzione precede la liquidazione del patrimonio delle RAGIONE_SOCIALE e quindi l’estinzione è
un prius rispetto all’intervento liquidatorio di un organo pubblico (nominato dall’Autorità giudiziaria) , che rappresenta invece il posterius e, come tale, non può integrare gli estremi di una fusione civilistica.
L ‘ esclusione di una fusione da parte RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello è, dunque, conforme a diritto.
1.3.- Infine, con riguardo al parere n. 21 del 17/01/1998, con cui la Banca d’Italia qualificò la fattispecie concreta come una ‘operazione di concentrazione’ infragruppo , va evidenziato quanto segue.
L a nozione di ‘operazione di concentrazione’ è dettata dall’art. 5 L. n. 287/1990 (legge istitutiva dell’Antitrust) , che prevede tre diverse fattispecie riconducibili a questa nozione, tra cui la fusione (co. 1, lett. a).
Tuttavia, da un lato -come si è visto -è mancato l’accertamento in fatto che sia stata stipulata oppure disposta una fusione per incorporazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; dall’altro, in diritto, questa fusione postula l’esistenza dell’ente incorporando, anche se in liquidazione (sia pure nei limiti di cui all’art. 2501, co. 2, c.c.), circostanza invece esclusa dal T.U.B. e dal fatto che con D.M. 01/10/1999 venne disposta l’estinzione RAGIONE_SOCIALE predetta RAGIONE_SOCIALE, a cui fece poi seguito il procedimento liquidatorio affidato ad un liquidatore nominato dall’Autorità giudiziaria .
In tali sensi la motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza d’appello va corretta e integrata.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 1362, 1363 e 1364 c.c. per avere la Corte territoriale qualificato la delibera del CdA del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 16/03/2004 come un accollo semplice (o interno).
Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. i ricorrenti lamentano ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale formato erroneamente il proprio convincimento sulla base del documento ( id est bilancio di liquidazione depositato dal liquidatore) rappresentativo RAGIONE_SOCIALE delibera del CdA del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del 16/03/2004.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro connessione –
sono inammissibili.
E’ pacifico che la predetta delibera non è mai stata prodotta in giudizio, ma la Corte ne ha desunto l’esistenza dal mero riferimento alla sua esistenza contenuto nel bilancio finale di liquidazione. Ciò tuttavia non esonerava i ricorrenti a riportarne quanto meno per estratto il testo, dal quale -a loro dire -si evincerebbe la natura dell’accollo ‘esterno’ o aperto all’adesione del terzo . Quindi i motivi difettano di autosufficienza, poiché questa Corte non è posta in grado di apprezzare, valutare e verificare l’eventuale violazione dei criteri legali di ermeneutica negoziale e delle regole di formazione del convincimento giudiziale denunziate dai ricorrenti.
B) RICORSO INCIDENTALE.
1.Con l’unico motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, nn. 3), 4) e 5), c.p.c. il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 115 e 116 c.p.c. per avere la Corte territoriale preso in esame la delibera del CdA del 16/03/2004, nonostante tale documento non fosse stato prodotto dai due COGNOME, ma solo citato nel bilancio finale di liquidazione redatto dal liquidatore nominato dal Tribunale.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
Dal predetto documento la Corte territoriale non ha tratto alcun elemento a favore dei due COGNOME, anzi ne ha tratto ulteriore conferma del suo convincimento circa il difetto di legittimazione passiva del RAGIONE_SOCIALE. Dunque sul punto manca la soccombenza e, quindi, l’interesse a proporre il ricorso (incidentale) per cassazione.
In secondo luogo, vi è una promiscuità dei motivi di cui ai nn. 3), 4) e 5) dell’art. 360, co. 1, c .p.c. senza specificazione dell’uno e dell’altro e senza una precisa riconduzione delle censure all’uno o all’altro.
L’esito complessivo del giudizio di legittimità, con la reciproca soccombenza, giustifica la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e RAGIONE_SOCIALE ricorrente incidentale, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso principale e per quello incidentale a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE sezione lavoro, in