Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4220 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4220 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
Oggetto:
RAGIONE_SOCIALE
successione crediti
AC – 17/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14763/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME e COGNOME NOME , elett.te dom.ti in Roma, INDIRIZZO, presso il dott. NOME COGNOME, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura in atti;
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dall’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello della Corte di Appello di Lecce, Sezione Seconda Civile, n. 364/2021, depositata in Cancelleria il 29 marzo 2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
La Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza di primo grado, ha accolto l’ opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE (in prosieguo: ‘RAGIONE_SOCIALE‘) avverso il precetto notificatole in data 12 dicembre 2014 a istanza di NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella dichiarata qualità di soci succeduti nel credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE dalla società RAGIONE_SOCIALE, cancellata dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Imprese in data 22 febbraio 2012, dichiarandone la nullità per difetto di titolo esecutivo.
La Corte territoriale, per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto che non vi fosse stata alcuna successione dei soci odierni ricorrenti nel credito vantato dalla società estinta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, al quale doveva ritenersi che la prima avesse rinunciato. La volontà abdicativa è dalla Corte desunta: dal fatto che di tale credito non vi era traccia nel bilancio finale di liquidazione redatto dal liquidatore NOME COGNOME, nonostante questi fosse senz’altro a conoscenza della pretesa nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, azionata con richiesta di decreto ingiuntivo avverso il quale pendeva, all’epoca , giudizio di opposizione; dal fatto che si dava atto, nel bilancio, dell’impossibilità di ripartire il patrimonio netto, essendo questo negativo, e, nella nota integrativa, della difficoltà di riscuotere i crediti maturati e si proponeva pertanto la definitiva chiusura della
società; dal fatto che del credito azionato non vi era menzione nemmeno nell’atto di cessione di azienda stipulato il 14 ottobre 2014 dagli odierni ricorrenti, quali successori nella titolarità dell’azienda stessa societaria, in cui era contenuto solo un generico riferimento a crediti e debiti ‘eventualmente esistenti’ per escluderli dalla cessione .
Avverso tale decisione NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso affidato a un motivo.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso lamenta: « I. Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per violazione e falsa applicazione dell’art. degli artt. 1236-1240, 2495, 2727 c.c., nella parte in cui, pur avendo riconosciuto il subentro (in qualità di soci) del sig. NOME COGNOME e del sig. NOME COGNOME nei rapporti creditori vantati dalla società RAGIONE_SOCIALE (società dichiarata estinta a seguito di liquidazione) nei confronti della ASL n. 2 RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto sussistere una rinuncia tacita e derivante da comportamenti concludenti, desumibile dalla mancata indicazione di tali pretese creditorie nel bilancio finale di liquidazione e nella nota integrativa e dalla dichiarazione resa nel verbale di udienza del 22 gennaio 2013 (nell’ambito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo) di intervenuta cancellazione in data 29 febbraio 2012 dal RAGIONE_SOCIALE», deducendo che la Corte territoriale, ‘ pur partendo dal corretto presupposto dell’esistenza di un fenomeno successorio relativo ai rapporti di credito e di debito di una società dichiarata estinta per liquidazione, ha apoditticamente e infondatamente desunto una inesistente volontà abdicativa, attribuita ai soci
NOME COGNOME e NOME COGNOME, a partire da comportamenti da questi tenuti che, per un verso, non possono assurgere di per sé e in maniera inequivoca a manifestazioni di una volontà abdicativa del creditore (in particolare la mancata menzione nel bilancio finale di liquidazione del credito vantato nei confronti della RAGIONE_SOCIALE) rivestendo un carattere intrinsecamente neutro in ordine al loro significato e, per altro verso, si presentano sotto il profilo processuale e sostanziale indifferenti rispetto alle sorti creditorie (in particolare la dichiarazione di intervenuta cancellazione della società RAGIONE_SOCIALE resa all’udienza del 22 gennaio 2013 nell’ambito del diverso procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo).
Il motivo è inammissibile.
La censura in commento, sotto l’apparente allegazione della falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE astratte norme di riferimento, tenta in realtà di sovvertire la valutazione dei fatti all’uopo specificamente contenuta nella sentenza impugnata, la quale ha desunto la volontà abdicativa della società da una serie di circostanze, sopra indicate in narrativa, il cui valore inferenziale va apprezzato esclusivamente dal giudice di merito, quale giudizio tipicamente fattuale non censurabile in cassazione. È noto, infine, che per pacifica giurisprudenza l’interpretazione del la volontà negoziale -qual è anche quella di rinunziare a un credito -è operazione riservata al giudice di merito, non censurabile in cassazione se non deducendo specificamente la violazione RAGIONE_SOCIALE norme ermeneutiche dettate nel codice civile -dai ricorrenti invece solo genericamente e cumulativamente citate in rubrica, senza alcun concreto sviluppo nell’illustrazione RAGIONE_SOCIALE censure o il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.
La soccombenza regola le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna NOME COGNOME e NOME COGNOME a rifondere alla RAGIONE_SOCIALE le spese della presente fase di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 17 ottobre