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Success Fee: quando spetta la commissione al consulente?

Un consulente finanziario introduce un investitore a un’azienda cliente. L’investitore inizialmente rifiuta, ma in seguito conclude un accordo con l’azienda tramite altri intermediari. La Corte di Cassazione ha negato il diritto del consulente alla success fee, stabilendo che la semplice presentazione non è sufficiente. Per maturare la commissione, è necessario che il consulente abbia dato avvio a trattative concrete, creando un nesso di causalità diretto con l’operazione finale, nesso che in questo caso si era interrotto.

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Success Fee: Quando la Commissione è Realmente Dovuta? Un’Analisi della Cassazione

Nel mondo della consulenza aziendale, la success fee è uno strumento contrattuale fondamentale. Ma cosa accade se un consulente introduce un potenziale investitore che, dopo un iniziale disinteresse, conclude l’affare mesi dopo tramite altri canali? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini del diritto alla provvigione, sottolineando l’importanza dell’avvio effettivo delle trattative e del nesso di causalità.

I Fatti del Caso

Una società di consulenza finanziaria veniva incaricata da un’azienda cliente di trovare un partner finanziario per un aumento di capitale. Il contratto prevedeva una “commissione di successo” in caso di conclusione positiva dell’operazione. La società di consulenza presentava un fondo di investimento, il quale, in un primo momento, si dichiarava non interessato.

Successivamente, l’azienda cliente riallacciava i rapporti con lo stesso fondo tramite un diverso consulente e portava a termine l’operazione. A questo punto, la prima società di consulenza agiva in giudizio per ottenere il pagamento della sua success fee, sostenendo che il contatto originario fosse la causa scatenante dell’accordo.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Il Tribunale di primo grado dava ragione al consulente, riconoscendo l’esistenza di un “nesso di causalità adeguata” tra la presentazione iniziale e la conclusione dell’affare. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione, negando il diritto alla commissione. Secondo i giudici di secondo grado, il contratto non si limitava a richiedere una semplice presentazione, ma l’avvio di vere e proprie trattative da parte del consulente. Poiché ciò non era avvenuto e l’operazione era stata conclusa in un secondo momento e con modalità diverse, il legame causale si era interrotto.

La Posizione della Cassazione sulla Success Fee

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere in ultima istanza, ha rigettato il ricorso del consulente, confermando la sentenza d’appello. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali.

L’Interpretazione del Contratto è Cruciale

La Suprema Corte ha ribadito che l’interpretazione delle clausole contrattuali è di competenza esclusiva dei giudici di merito. In questo caso, la Corte d’Appello ha correttamente interpretato le clausole relative ai “compensi” e alla “durata” non isolatamente, ma nel loro insieme, tenendo conto della ragione pratica dell’accordo. La conclusione è stata che il diritto alla success fee non scaturiva dalla mera presentazione, ma richiedeva un ruolo attivo del consulente nel portare l’investitore al tavolo delle trattative. Il semplice inserimento di un nome in una lista di potenziali partner non è sufficiente.

L’Interruzione del Nesso di Causalità

Il secondo punto chiave è stata la valutazione del nesso causale. La Cassazione ha condiviso la visione della Corte d’Appello, secondo cui si era verificata una “netta cesura” tra il primo contatto e l’operazione finale. Il disinteresse iniziale manifestato dal fondo, seguito da un lungo periodo di silenzio e dalla riapertura delle negoziazioni tramite soggetti e progetti diversi, ha spezzato quel filo diretto che avrebbe giustificato il pagamento della commissione.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che i giudici di merito hanno correttamente applicato i canoni ermeneutici, interpretando il contratto in modo logico e coerente con la sua finalità. La previsione di una success fee è legata al successo di un’operazione che il consulente ha attivamente contribuito a realizzare, non solo a ideare. La valutazione del materiale probatorio ha dimostrato che il ruolo del primo consulente si era esaurito in una fase preliminare, senza mai sfociare in una vera negoziazione. La Corte ha inoltre precisato che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per consulenti e imprese. Per garantire il diritto a una success fee, non basta la semplice presentazione di un contatto. È essenziale che il contratto specifichi chiaramente le attività richieste e che il consulente possa dimostrare di aver svolto un ruolo attivo e determinante nell’avviare e facilitare le trattative che hanno condotto al successo dell’operazione. In assenza di un nesso causale forte e ininterrotto, il diritto alla commissione può venire meno, anche se l’affare si conclude con un soggetto originariamente presentato dal consulente stesso.

La semplice presentazione di un potenziale investitore è sufficiente per maturare il diritto a una success fee?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la semplice presentazione non basta se il contratto e la logica dell’accordo presuppongono un ruolo più attivo. È necessario che il consulente abbia effettivamente avviato le trattative, portando l’investitore al tavolo negoziale.

Cosa si intende per ‘interruzione del nesso di causalità’?
Si ha un’interruzione quando il collegamento diretto tra l’attività del consulente e la conclusione dell’affare viene spezzato. Nel caso esaminato, ciò è avvenuto a causa del disinteresse iniziale dell’investitore, del tempo trascorso e della riapertura delle trattative tramite altri intermediari e su basi diverse.

Qual è il ruolo dell’interpretazione del contratto in questi casi?
L’interpretazione del contratto è fondamentale. I giudici devono analizzare le clausole non isolatamente, ma nel loro complesso (interpretazione sistematica) per comprendere la reale volontà delle parti e la finalità pratica dell’accordo. Questa interpretazione determina quali condizioni devono essere soddisfatte per far sorgere il diritto alla commissione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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