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Subentro contratto fallimento: la volontà del curatore

La Corte di Cassazione chiarisce i criteri per il subentro contratto fallimento. Con l’ordinanza in esame, ha stabilito che la prosecuzione di una fornitura energetica dopo la dichiarazione di fallimento non implica automaticamente il subentro del curatore nel contratto. Se le azioni del curatore, come la pianificazione di un nuovo contratto a condizioni diverse, dimostrano una volontà contraria, il rapporto originario deve considerarsi sciolto. Il silenzio del curatore di fronte a una richiesta del creditore rafforza questa interpretazione, escludendo la prededucibilità del credito anteriore.

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Subentro Contratto Fallimento: La Cassazione detta le regole per la volontà del Curatore

Il tema del subentro contratto fallimento è cruciale nella gestione delle crisi d’impresa. La scelta del curatore di proseguire o sciogliere i rapporti pendenti ha impatti diretti sulla massa fallimentare e sui diritti dei creditori. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire quando la volontà del curatore di non proseguire un contratto può essere considerata manifesta, anche in assenza di una comunicazione formale, e quali conseguenze ne derivano per il creditore che continua a fornire un servizio essenziale come l’energia elettrica.

I Fatti di Causa

Una società fornitrice di energia elettrica aveva ottenuto dal Tribunale l’ammissione in prededuzione del proprio credito verso un fallimento. Il credito derivava dalla fornitura di energia sia prima che dopo la dichiarazione di fallimento. Il Tribunale aveva ritenuto che il curatore fallimentare fosse subentrato implicitamente nel contratto preesistente, basandosi su una serie di atti concludenti (facta concludentia). Tra questi, la richiesta di autorizzazione a eseguire lavori per modificare l’impianto da alta a bassa tensione e la mancata interruzione della fornitura, necessaria per la presenza di personale nello stabilimento.

La Decisione del Tribunale di merito

Il giudice di primo grado aveva interpretato le azioni del curatore come una chiara, seppur implicita, adesione alla prosecuzione del rapporto contrattuale. Secondo questa visione, la necessità di mantenere attiva l’utenza elettrica per completare la conversione dell’impianto e stipulare un nuovo contratto costituiva prova sufficiente del subentro. Di conseguenza, il credito della società fornitrice, maturato anche per il periodo successivo alla dichiarazione di fallimento, era stato ammesso al passivo con il privilegio della prededuzione, come previsto per i debiti contratti dalla procedura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sul subentro contratto fallimento

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione, accogliendo il ricorso del fallimento e censurando il ragionamento del Tribunale come un’errata applicazione delle norme di legge.

La Volontà Contraria del Curatore

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte è la valorizzazione della volontà effettiva del curatore. I giudici di legittimità hanno osservato che le azioni intraprese dal curatore non miravano a proseguire il vecchio contratto di fornitura in alta tensione, ma, al contrario, a creare le condizioni per scioglierlo e stipularne uno nuovo, diverso per natura e tipologia (in bassa tensione), più confacente alle esigenze della procedura. La volontà manifestata, quindi, era quella di porre fine al rapporto pendente, non di continuarlo. In un caso di subentro contratto fallimento, non si può presumere la prosecuzione quando gli atti della curatela sono palesemente orientati a un obiettivo opposto.

L’Irrilevanza della Mera Prosecuzione del Servizio

La Corte ha inoltre chiarito un principio fondamentale per i contratti di somministrazione di servizi essenziali. La semplice continuazione dell’erogazione dopo la dichiarazione di fallimento (definita ‘esecuzione inerziale’) non può essere interpretata automaticamente come un tacito subentro. Il fornitore ‘in bonis’ deve attendere la scelta del curatore, il quale ha la facoltà di sciogliere il contratto. Se il creditore vuole una risposta certa, deve attivarsi con gli strumenti previsti dalla legge, come l’azione interrogatoria per fissare un termine al curatore.
In questo caso, il curatore era rimasto silente di fronte alle sollecitazioni del creditore. Tale silenzio, alla luce dell’art. 72 della Legge Fallimentare, avrebbe dovuto essere interpretato come una conferma della volontà di sciogliere il vincolo contrattuale, non di proseguirlo.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione rafforza un principio di rigore nella gestione dei rapporti pendenti nel fallimento. Il subentro in un contratto da parte del curatore, specialmente quando comporta l’assunzione di debiti in prededuzione, non può essere presunto da comportamenti ambigui. Deve emergere una volontà chiara e inequivocabile, anche se manifestata tramite atti concludenti. Laddove, come nel caso di specie, gli atti del curatore siano diretti a modificare la natura stessa della fornitura e a stipulare un nuovo contratto, la volontà di sciogliere il rapporto precedente è palese. Questa decisione offre maggiore certezza giuridica, proteggendo la massa fallimentare da oneri prededucibili non espressamente voluti dalla curatela e chiarendo che l’onere di ottenere una risposta definitiva spetta anche al creditore.

In un fallimento, la continuazione della fornitura di un servizio essenziale, come l’energia, implica automaticamente il subentro del curatore nel contratto preesistente?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che la mera prosecuzione ‘inerziale’ dell’erogazione di un servizio non è sufficiente per interpretarla come un tacito subentro nel contratto. La volontà del curatore di proseguire il rapporto deve essere oggettivamente e inequivocabilmente manifestata.

Cosa accade se il curatore fallimentare non risponde alla richiesta di un creditore di scegliere se proseguire o sciogliere un contratto?
Secondo la sentenza, in linea con l’art. 72 della Legge Fallimentare, il silenzio del curatore a seguito di una sollecitazione (anche informale, riconducibile a un’ actio interrogatoria) deve essere interpretato come una volontà di sciogliere il contratto. Il contratto si intende quindi risolto.

Possono le azioni del curatore, finalizzate a stipulare un nuovo e diverso contratto, essere considerate come una volontà di proseguire quello vecchio?
No, al contrario. La Corte ha stabilito che se le azioni del curatore sono palesemente dirette a creare le condizioni per un nuovo rapporto contrattuale (ad esempio, modificando un impianto per passare da alta a bassa tensione), queste dimostrano proprio la volontà di sciogliersi dal vincolo precedente e non di subentrarvi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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