Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26190 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26190 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
R.G.N.
16910/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 03/07/2025
cc
ORDINANZA
sul ricorso 16910-2021 proposto da:
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 358/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 29/04/2021 R.G.N. 410/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/07/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze, in riforma della pronuncia del giudice di prime cure, ha respinto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME San Martino
s.p.a. per ottenere il pagamento delle provvigioni oggetto di storno nel 2014 (sulle provvigioni erogate all’agente per il 2013).
La Corte territoriale ha rilevato che, come emergeva dalla documentazione prodotta, la previsione contrattuale secondo la quale le provvigioni venivano pagate al netto degli sconti commerciali era stata sempre presente negli accordi stipulati tra le parti; considerata la correttezza dei conteggi sulle provvigioni effettuati dalla società, risultava conseguentemente corretto (in base agli accertamenti svolti dal consulente tecnico d’ufficio) il calcolo dell’indennità di preavviso.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso l’agente con quattro motivi; la società ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360, n. 3 c.p.c. (in relazione all’art. 1748, VI comma, c.p.c. e in relazione all’art. 2967 c.c. e dell’art. 7 dell’A.E.C. settore Commercio) posto che -in forza dell’art. 1748, VI comma, c.c. – tutte le clausole che obbligano l’agente a restituire la provvigione, al di fuori delle ipotesi di mancata esecuzione del contratto per cause non imputabili alla preponente, sono nulle; del pari, l’art. 7 dell’AEC prevede la nullità per ogni patto più sfavorevole per l’agente.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 5 c.p.c. (in relazione alla carenza di prova della pretesa restitutoria) e, comunque,
violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ex art. 360, n. 3 c.p.c. (in relazione all’art. 2967 c.c.) avendo, la Corte territoriale, trascurato che la società non ha mai fornito la prova della pretesa restitutoria, nemmeno delle pattuizioni contrattuali intercorse tra le parti (data dello sconto applicato, accordo tra cliente e preponente, affari ai quali è stato applicato lo sconto, entità dello sconto) e della comunicazione degli sconti all ‘agente.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 5, c.p.c. (in relazione all’applicazione dello sconto successivamente alla conclusione dell’aff are) avendo, la Corte territoriale, trascurato che lo storno provvigionale è stato effettuato sulla base di un accordo (fra preponente e cliente) pacificamente successivo alla conclusione dei contratti.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, n. 5, c.p.c. (in relazione all’indennità sostituiva del preavviso) e violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro (in relazione all’A.E.C. e all’art. 12 Preleggi) avendo, la Corte territoriale, trascurato che il valore dell’indennità non è mai correlato direttamente alle differenze provvi gionali; inoltre, la base di calcolo dell’indennità è fissata, dall’A.E.C. nelle provvigioni liquidate nell’anno solare precedente.
Il primo motivo di ricorso non è fondato.
La Corte territoriale ha respinto la domanda dell’agente rilevando che gli elementi probatori acquisiti avevano dimostrato la pattuizione, tra le parti, della erogazione di provvigioni ‘al netto degli sconti commerciali’ praticati dalla
società preponente ai clienti e, peraltro, la (erronea) erogazione, per l’anno 2013, delle provvigioni ‘al lordo’ di tali sconti, oggetto di storno.
Il ricorrente deduce che il sesto comma dell’art. 1748 c.c. impedirebbe qualunque ripetizione di provvigioni alla società preponente, salva l’unica ipotesi di mancata esecuzione del contratto per cause non imputabili alla preponente, con conseguente nullità di ogni previsione contraria.
La prospettazione esegetica del ricorrente non ha pregio. Il sesto comma dell’art. 1748 c.c. va, invero, interpretato alla luce dei criteri dettati da tutta la disposizione normativa, leggendo i diversi principi in connessione uno con l’altro, nella ricerca della voluntas legis.
Va premesso che l’art. 1748 è stato modificato dapprima dal d.lgs. n. 303 del 1991 e poi dal d.lgs. n. 65 del 1999; rispetto al tenore precedente le novelle normative indicate, il legislatore ha introdotto il principio in base al quale, per tutti gli affari conclusi durante il contratto, l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento (primo comma). Salvo che sia diversamente stabilito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse dovuto eseguire la prestazione a suo carico (quarto comma).
Ebbene, il fatto costitutivo del diritto di credito è rappresentato (a differenza del periodo precedente la novella) dal perfezionamento del contratto indipendentemente dalla sua esecuzione che, diversamente dal passato, rileva quale mero requisito di esigibilità (Cass. n. 5467/2000). La
distinzione tra momento di acquisizione della provvigione (ossia quando l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa) e momento di esigibilità della provvigione già acquisita (momento in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione) è rilevante perché la conclusione del contratto non genera più una semplice aspettativa ma un diritto di credito vero e proprio (anche se, eventualmente, non esigibile). Il sesto comma, ponendosi coerentemente in linea con questi precetti, prevede che l’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solamente nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente (sesto comma). Se, infatti, il fatto costitutivo del diritto alle provvigioni è rappresentato dal momento in cui la preponente e il terzo stipulano il contratto promosso dall’agente, in linea generale le vicende attinenti alla fase esecutiva del contratto non possono riverberarsi a danno de ll’agente e i comportamenti dolosi o colposi del preponente (che hanno determinato la mancata esecuzione del contratto) non possono estinguere il diritto patrimoniale perfetto dell’agente al pagamento delle retribuzioni.
11. Se, dunque, l’ambito di applicazione oggettivo del sesto comma dell’art. 1748 c.c. è rappresentato dalle vicende concernenti la mancata esecuzione del contratto stipulato tra preponente e terzo, è fuorviante il richiamo di tale precetto nel caso di specie, ove si verte -più semplicemente – della corretta applicazione della misura delle provvigioni concordata tra le parti, senza nessuna questione in ordine alla regolare esecuzione dei contratti promossi dall’agente.
12. Nello stesso senso si pone la sentenza richiamata dal ricorrente (Cass. n. 18664/2020) che, riconducendo l’ambito di applicazione del sesto comma dell’art. 1748 c.c. alle ipotesi di mancata esecuzione del contratto, ha ritenuto che il caso
affrontato non fosse sussumibile in detta previsione trattandosi, più semplicemente, di mancato raggiungimento di taluni obiettivi di politica aziendale.
La Corte territoriale, con accertamento di fatto insindacabile in questa sede di legittimità, ha verificato che l’agente e la preponente avevano pattuito il pagamento delle provvigioni ‘al netto’ degli sconti praticati ai clienti e che, per l’anno 2013 , la società aveva erogato erroneamente le somme ‘al lordo’ di detti sconti, con conseguente diritto di ripetere compensi non spettanti in base agli accordi delle parti.
I motivi dal secondo al quarto sono inammissibili.
Le censure formulate come violazione o falsa applicazione di legge o come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio mirano, in realtà, alla rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio operata dal giudice di merito non consentita in sede di legittimità.
Come insegna questa Corte, il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr. Cass. n. 27686 del 2018; Cass., Sez. U, n. 7931 del 2013;Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860/2014).
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite sono regolate secondo il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c.;
18. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità liquidate in euro 200,00 per esborsi e in euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, d ell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’udienza del 3 luglio 2025
Il Presidente dott. NOME COGNOME