Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19591 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19591 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38130/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE e dall’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in data 12 maggio 2025, elettivamente domiciliata presso l’indirizzo PEC
-ricorrente-
contro
PADOVA COGNOMERAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CATANIA n. 2426/2019 depositata il 07/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha proposto reclamo avverso la sentenza del Tribunale di Siracusa dell’11 giugno 2019 , con cui era stato dichiarato il proprio fallimento, deducendo -come risulta dalla sentenza impugnata -l’insussistenza dello stato di insolvenza, attesa l’esistenza di un solo creditore istante, nonché attesa l’esistenza di controcrediti vantati dalla ricorrente, tali da comportare anche il venir
meno della soglia di cui all’art. 15, nono comma, l. fall. La società reclamante ha dedotto che i crediti tributari erano oggetto di rateizzazione, ad eccezione di debiti per € 42.027,27 non iscritti a ruolo, ai quali la reclamante avrebbe potuto far fronte con il proprio attivo patrimoniale e con i ricavi della gestione caratteristica.
2. La Corte di Appello di Catania, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato il reclamo.
Ha ritenuto il giudice del reclamo che -a fronte di controcrediti del reclamante pari a € 1.464,00 il creditore istante, lavoratore dipendente, vantava un credito di € 21.723,62 risultante da decreto ingiuntivo non opposto, al quale andava sommato il credito di altro lavoratore dipendente, non istante, per un ammontare complessivo di € 29.559,89, circostanza sufficiente ai fini della sussistenza dello stato di insolvenza.
Il giudice del reclamo ha, poi, ritenuto che l’esistenza di ulteriori debiti tributari iscritti a ruolo per € 139.199,87, di cui € 42.027,27 non oggetto di rateizzazione, corroborava lo stato di insolvenza della società reclamante, atteso che non vi era alcun contenzioso tributario in atto tra reclamante e Agenzie fiscali, nonché valeva ad integrare il requisito di cui all’art. 15, nono comma, l. fall.
Ha, inoltre, ritenuto non attendibile il bilancio dell’esercizio 2017 (dal quale risultavano ulteriori debiti per € 588.717,00), in quanto approvato con grave ritardo, durante il procedimento prefallimentare, ed in quanto non depositato presso il Registro delle Imprese.
Ha, infine, ritenuto il giudice del reclamo inidoneo un contratto di collaborazione per corrispettivi annui di € 60.000,00, in quanto insufficiente al ripianamento dell’esposizione debitoria complessiva.
Propone ricorso per cassazione il reclamante, affidato a sei motivi. Gli intimati non si sono costituiti in giudizio. Il difensore del ricorrente ha dichiarato di rinunciare al mandato in data 2 aprile
2025. Il ricorrente si è costituito con nuovo difensore e ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che il rifiuto del pagamento del debito del creditore istante e di altro creditore non istante sia elemento sintomatico dello stato di insolvenza.
Il primo motivo è inammissibile ex art. 360bis , primo comma n. 1, cod. proc. civ., posto che la sentenza impugnata ha deciso la controversia in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la sussistenza dello stato di insolvenza prescinde dal numero dei creditori, essendo ben possibile che anche un solo inadempimento assurga a indice di tale situazione oggettiva di insolvenza (Cass., n. 10581/2025; Cass., n. 3708/2023; Cass., n. 17633/2020; Cass., n. 9297/2019; Cass., n. 19611/2004).
A tale considerazione va aggiunta, quale pregnante elemento di riscontro della sussistenza dello stato di insolvenza, la natura del credito del creditore istante, credito retributivo da lavoro dipendente (quota TFR), credito che -a differenza del l’inadempimento dei crediti commerciali, che può trovare anche giustificazione nei rapporti intercorsi tra le parti -è fortemente sintomatico dell’incapacità dell’imprenditore di far fronte alle proprie obbligazioni.
38130/2019 R.G. 4. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata non ha valorizzato la circostanza che la società ricorrente avesse proceduto alla rateizzazione, sia pure parziale, del debito tributario, così dimostrando di avere le risorse per far fronte ai propri debiti. Quanto, poi, al debito non rateizzato, parte ricorrente deduce che gran parte
di tale debito atterrebbe a cartelle notificate successivamente alla dichiarazione di fallimento, a fronte di un debito non rateizzato pari a € 10.564,68 , rimasto fuori dalla rateizzazione per errore.
Il secondo motivo è inammissibile, avendo il giudice del reclamo valorizzato lo stato di insolvenza del ricorrente in relazione all’inadempimento del debito nei confronti della lavoratrice dipendente e di quello erariale, nella parte non oggetto di rateizzazione, pari a € 42.027,27. Il motivo è, ulteriormente, inammissibile nella parte in cui deduce che il debito non rateizzato sia inferiore all’importo suindicato , in quanto circostanza -oltre che in contrasto con l’ accertamento in fatto compiuto dal giudice del reclamo, che sulla base dell’ informativa della GdF ha accertato in tale misura l’importo non oggetto di rateizzazione dell’importo complessivo dei debiti tributari pari a € 139.199,87 -estranea alla ratio decidendi e inidonea a incidere sui requisiti per l’assoggettamento di parte ricorrente a dichiarazione di fallimento.
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che non possa dedursi l’insussistenza di uno stato di insolvenza dalla esistenza di un patrimonio netto positivo per approvazione tardiva del bilancio e per omesso deposito dello stesso presso il Registro delle Impresa.
Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inidoneo a far venir meno lo stato di insolvenza la stipula di un contratto di collaborazione con scadenza 31 dicembre 2024 e l’esistenza di un piano finanziario.
38130/2019 R.G. 8. Con il quinto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla valutazione della capacità
finanziaria dell’impresa secondo l’indice di COGNOME, che evidenzierebbe un basso rischio di insolvenza.
Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti. In particolare, la sentenza impugnata non avrebbe valorizzato diversi fatti storici allegati da parte ricorrente nel giudizio di merito e specificamente incidenti sull’assolvimento della prova contraria relativa alla insussistenza dello stato di insolvenza, costituiti dalla esistenza di un elevato indice di liquidità, dall’assenza sia di protesti, sia di procedure esecutive, sia di segnalazioni alla centrale rischi, sia di sconfinamenti dagli affidamenti bancari.
I motivi dal terzo al sesto sono inammissibili, in quanto tendono a riproporre in sede di legittimità l’esame e la valutazione delle prove compiute dal giudice del merito, che ha desunto lo stato di insolvenza da una serie di elementi di particolare pregnanza sintomatica , quali l’omesso pagamento del credito retributivo di un lavoratore dipendente, il mancato pagamento di debiti iscritti a ruolo non rateizzati, l’omesso deposito dell’ultimo bilancio presso il Registro delle Imprese, nonché l’insufficienza dei ricavi apportati alla gestione caratteristica da nuovi contratti stipulati, elementi valutati globalmente dalla Corte di Appello con motivazione incensurabile in sede di giudizio di legittimità.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, con conseguente applicazione del raddoppio del contributo unificato. Non vi è luogo a regolazione delle spese processuali, in assenza di difese scritte degli intimati.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di n. 38130/2019 R.G.
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 28/05/2025.