Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10745 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10745 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29897/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
– controricorrente –
nonché contro
FALLIMENTO di RAGIONE_SOCIALE
-intimato – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 3873/2021 depositata il 21/10/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
– Il Tribunale di Napoli ha dichiarato il fallimento di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE, su ricorso di RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE, in seguito a ll’accoglimento del reclamo ex art. 22 l.fall . presentato da quest’ultima contro l’originario rigetto dell’istanza di fallimento.
1.1. – Con la sentenza indicata in epigrafe l a Corte d’appello di Napoli ha rigettato il reclamo ex art. 18 l.fall. proposto da MS, osservando, tra l’altro: i) che la situazione patrimoniale al 30 giugno 2021 prodotta dalla reclamante in primo grado riportava tra i ‘debiti tributari entro 12 mesi’ il debito di € 28.806,00 in realtà scaduto entro l’esercizio 2018, come risulta va dalla nota integrativa del bilancio relativo all’esercizio 2018 , cosicché, aggiungendo ad esso il credito non contestato del creditore istante (€ 7.683 ,00), si veniva a superare il limite dei € 30.000 ,00; ii) che il mancato pagamento del credito della ricorrente (solo parzialmente contestato, con motivazione apparentemente pretestuosa) dal 2020 e per tutto il decorso della procedura prefallimentare, il mancato pagamento di debiti tributari risalenti all’anno 2017 (debiti globalmente indicati nella situazione patrimoniale al giugno 2021 in complessivi € 314.538,92 scadenti entro 12 mesi), la mancanza di prova della effettiva esistenza di disponibilità liquide e la indicazione di un attivo costituito principalmente da crediti verso clienti, della cui esistenza e solvibilità nulla è stato detto, erano circostanze che evidenziavano come la società non fosse in grado di provvedere al pagamento delle proprie obbligazioni regolarmente e con mezzi normali.
1.2. – Contro questa decisione MS ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui HES ha resistito con controricorso, mentre il Fallimento intimato non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per assenza di specificità della procura, che risulta apposta su foglio separato allegato al ricorso e contenente il
riferimento al ‘presente giudizio dinanzi alla Corte di cassazione’ , alla luce della giurisprudenza di questa Corte per cui il requisito della “specialità” della procura può essere soddisfatto dalla congiunzione (cd. “collocazione topografica”) tra la procura rilasciata con firma autenticata dall’avvocato e l’atto a cui si riferisce, ex art. 83, comma 3, c.p.c. (Cass. Sez. U, 2077/2024; Cass. 13555/2024).
-Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 1 l. fall.) il ricorrente deduce che la Corte d’appello si sarebbe «contraddetta» ritenendo, da un lato, inattendibile lo stato patrimoniale aggiornato al 2021, attestante l’esistenza di «debiti societari, non scaduti, per poco più di € 30.000,00» e , dall’altro , attendibile la nota integrativa del bilancio di esercizio di MS relativa all’anno 2019, ove peraltro figuravano debiti per complessivi € 238.402,00 «solo presumibilmente scaduti» (e dunque senza prova «della loro effettiva scadenza e/o loro pagamento»); inoltre, la Corte d’appello avrebbe «maldestramente sommato» ai debiti scaduti da pagarsi nel corso del 2021, ammontanti «a meno di € 30.000,00», il debito verso il creditore istante di € 7.683,50 però «transatto e già incluso nei debiti scadenti nel corso del 2021».
2.1. -Il motivo è inammissibile perché , sotto l’apparente deduzione di un vizio di violazione di legge, attinge il merito (Cass. Sez. U, 34476/2019) e mira sostanzialmente ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie scrutinate dai giudici di merito, che notoriamente non può trovare ingresso in sede di legittimità (Cass. 28790/2024, 22754/2022, 6774/2022).
-Il secondo mezzo denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 l.f all., per l’asserita assenza di ulteriori inadempimenti, l’avvenuto pagamento parziale del creditore istante (con un residuo di poco più di settemila euro) e la mancanza di fatti esteriori costituenti indici di insolvenza, nonché di procedure ingiuntive o esecutive, essendo la società in grado di far fronte con il suo patrimonio ai debiti inferiori a 30mila euro.
2.1. -Il motivo è parimenti inammissibile, poiché, per consolidato indirizzo di questa Corte, il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza lo stato di insolvenza integra
un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione se sorretto come nel caso di specie – da una motivazione giuridicamente corretta e non inficiata dall’omesso esame di fatti che risultino effettivamente decisivi (Cass. 8745/2023, 32311/2022, 17105/2019, 7252/2014).
-Il terzo motivo lamenta l’omesso esame di fatto decisivo, ai sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., avuto riguardo ai tre bonifici per complessivi novemila euro asseritamente effettuati al creditore istante (le date sono così indicate: 7.10.2020, 21.12.2020 15.11.2020), con conseguente riduzione del debito verso il creditore istante a soli € 7.683,50 (per il cui pagamento rateale le parti avevano raggiunto un accordo transattivo in sede prefallimentare).
3.1. -Il motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’Appello , infatti, ha espressamente valutato i fatti di cui si lamenta l’omesso esame, affermando: « l’eccezione della reclamante di parziale pagamento delle fatture di cui al decreto ingiuntivo opposto appare infondata, posto che i tre bonifici per complessivi €. 9.000,00 riportano tutti la causale prestito infruttifero e sono effettuati da NOME COGNOME sul conto personale dell’amministratore della società creditrice, quindi non risultano avere attinenza col rapporto commerciale tra le due società; e che dalla schermata messaggistica whatsapp prodotta dalla reclamante emergerebbe che detti bonifici sarebbero stati autorizzati con tale modalità a pagamento di fatture del 2019 (non quindi a pagamento delle fatture del 2020 azionate in decreto ingiuntivo )».
-Segue la condanna alle spese come da dispositivo.
– Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle
spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25/03/2025.