Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26510 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26510 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25356/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2299/2023 depositato il 02/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi contro il decreto con cui la Corte di appello di Milano ha rigettato il reclamo ex art. 51 CCII contro la sentenza del Tribunale di Monza che ne aveva dichiarato aperta la liquidazione giudiziale, su ricorso ex art. 37 CCII del creditore RAGIONE_SOCIALE, il quale resiste con controricorso, mentre l’intimata curatela della Liquidazione giudiziale di RAGIONE_SOCIALE non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo (‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 131, 132 e 279 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c. n. 4 ‘ ) il ricorrente si duole che il reclamo ex art. 51 CCII sia stato definito con decreto, piuttosto che con sentenza (come prescritto dal comma 11), risultando perciò «ardua l’ identificazione del suo regime impugnatorio», apparentemente riconducibile nell’alveo dell’art. 50 CCII , che disciplina il reclamo contro il decreto di rigetto della domanda di apertura della liquidazione giudiziale.
2.1. -La censura è inammissibile.
Questa Corte ha più volte statuito che, per individuare il regime impugnatorio di un provvedimento, assume rilevanza la forma adottata dal giudice purché sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui (Cass. 3326/2024, 26083/2021).
Nel caso in esame l’intestazione del provvedimento impugnato come decreto non appare frutto di una scelta consapevolmente eterodossa della corte d’appello, dal momento che nel corpo della motivazione viene correttamente rappresentato che si tratta di reclamo ex art. 51 CCII avverso la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale.
D ifetta dunque l’interesse a impugnare , poiché il ricorrente, lungi dall’essere fuorviato da lla veste formale ha correttamente proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 51 , comma 13, CCII, né la citata veste esterna del provvedimento gli ha pregiudicato in alcun modo il pieno sviluppo dell’iniziativa defensionale .
2.2. -In ogni caso, risponde a consolidato orientamento di questa Corte il principio in base al quale, per stabilire la natura di un provvedimento giudiziale, è necessario avere riguardo non alla sua forma esteriore o all’intestazione adottata, bensì al suo contenuto e, conseguentemente, all’effetto giuridico che esso è destinato a produrre (Cass. 3945/2018, 21966/2019, 18603/2025) e, nel caso in esame, è pacifico che il provvedimento impugnato, recante il rigetto del reclamo contro l’apertura della liquidazione giudiziale, è sicuramente munito dei requisiti di decisorietà e definitività che avrebbero comunque consentito la proposizione del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost.
Di conseguenza, il ‘ decreto ‘ impugnato assume sicuramente il contenuto e produce gli effetti propri della sentenza prevista dall ‘art. 51, comma 11, CCII (cfr. Cass. 39124/2021).
-Il secondo mezzo (‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c. ‘) denunzia l’omessa pronuncia della corte d’appello sulla eccezione di improcedibilità/inammissibilità della domanda di liquidazione giudiziale formulata con il primo motivo di reclamo, in quanto il creditore istante « non aveva esperito alcuna azione esecutiva, oltre a quella mobiliare del 13.02.2023 (cfr.doc.11 fascicolo resistente del primo grado di giudizio) presso la sede della società, coincidente con la sede dell’ufficio del commercialista, nonostante la RAGIONE_SOCIALE abbia ben 6 sedi operative », e sul correlato rilievo « che fosse altrettanto evidente che l’istanza di fallimento non poteva tradursi in un espediente per conseguire il soddisfacimento del credito, senza ricorrere ad azioni di cognizione e/o di esecuzione individuali ».
3.1. -La censura è inammissibile, anche ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c.
In primo luogo, la deduzione, nel giudizio di legittimità, del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili oltre che ritualmente e inequivocabilmente formulate, nonché, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini, e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o
del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi.
Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente -come non è avvenuto nel caso di specie -non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 28072/2021; conf. ex multis Cass. Sez. U, 8077/2012; Cass. 16899/20923, 16028/2023).
Si è anche chiarito che, per integrare il vizio di omessa pronuncia, è necessaria l’illustrazione del carattere decisivo della prospettata violazione, dimostrando che la eventuale minuspetizione ha riguardato una questione astrattamente rilevante -e non certo una delle varie argomentazioni difensive svolte dalla parte -posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata (Cass. 16102/2016, 10290/2025).
3.2. -In secondo luogo, per consolidato indirizzo nomofilattico, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre solo in caso di totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e dunque ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame (Cass. 27551/2024), con la conseguenza che tale vizio non ricorre non solo quando l’omesso esame riguardi una questione puramente processuale -trattandosi di vizio configurabile soltanto nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito (Cass. 26913/2024) -ma nemmeno quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto implicito (Cass. 2151/2021, 15255/2019), da ritenersi ravvisabile quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia, nel senso che la domanda o l’eccezione, pur non espressamente
trattate, siano superate e travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (Cass. 25710/2024.
3.3. -Nel caso in esame, per un verso non risulta pienamente assolto l’onere di autosufficienza del motivo, a fronte del tenore del primo motivo di reclamo ampiamente riportato a pag. 2 del provvedimento impugnato, sub ‘A.’, ed incentrato sulla « carenza di legittimazione dell’unico creditore procedente », in quanto « il titolo su cui si fonda la pretesa del creditore (debito da omesso versamento di canoni di locazione) è contestato pendendo causa dinanzi alla Corte di Appello di Trieste essendo eccepito l’inadempimento della locatrice per inidoneità dell’immobile locato all’uso convenuto (residenza per anziani) ».
Per altro verso, è evidente che l’argomentazione che si asserisce non esaminata (e cioè la mancata attivazione di ulteriori procedure esecutive), oltre a non essere decisiva (cfr. Cass. 14768/2013, sulla irrilevanza del preventivo, infruttuoso, esperimento di azioni coattive di recupero del credito), risulti comunque assorbita nella decisione resa a pag. 3 sulla contestata legittimazione del creditore istante, che la corte territoriale ha motivatamente riscontrato osservando che «il credito è già stato oggetto di accertamento, atteso che lo stesso non è portato da titolo esecutivo provvisorio bensì confermato da sentenza di primo grado con condanna di RAGIONE_SOCIALE al pagamento di oltre 90.000 a titolo di canoni insoluti».
-Col terzo mezzo (‘ Violazione e falsa applicazione degli artt. 81 c.p.c. e 121 CCI con riferimento all’art. 360, co . 1 n. 3 c.p.c. ‘) il ricorrente si duole che la corte d’appello non a vrebbe fatto corretta applicazione del principio per cui la ragionevole contestazione dei crediti -e a maggior ragione dell’ unico credito -« toglie all’inadempimento del debitore il significato indicativo dell’insolvenza » richiedendone perciò un accertamento incidentale, mentre la valutazione dello stato di insolvenza sarebbe stata « gravemente lacunosa, parziale, errata nei presupposti fattuali e giuridici e frutto di congetture » e non accompagnata da un effettivo accertamento incidentale del credito del creditore istante.
4.1. -La censura è inammissibile, perché di natura meritale.
A fronte della congrua motivazione adottata dalla corte territoriale -la quale ha ritenuto « che RAGIONE_SOCIALE gestioni versi in stato di decozione, atteso che la stessa nel corso dell’udienza preliquidatoria del 27 -623 ha dichiarato di essere impossibilitata ad operare nonostante l’asserito fatturato conseguito nel 2022, né è stata in grado nonostante la espressa richiesta da parte del Collegio al fine di valutare la solvibilità della debitrice, di provvedere al deposito fiduciario delle somme necessarie per l’adempimento né di ottenere la prestazione di idonea fideiussione. Correttamente, dunque, il Tribunale ha ritenuto l’insussistenza in capo alla debitrice di risorse proprie e l’impossibilità della stessa di accedere a risorse di terzi che le consentano l’esatto e puntuale adempimento delle proprie obbligazioni. Alla luce di quanto sopra, atteso che i beni della RAGIONE_SOCIALE sono oggetto di pignoramento per un valore complessivo di € 121.000,00 da parte della creditrice istante, che la società predetta è impossibilitata a ricorrere al credito, che ha debiti oltre che nei confronti del creditore istante anche nei confronti dell’erario rispetto al quale non ha fornito la prova di aver ottenuto la ‘rottamazione ‘ delle cartelle inevase, deve essere dichiarato lo stato di insolvenza della società, essendo evidente mancanza di risorse finanziarie della società a fronte alle obbligazioni inadempiute » -il motivo si risolve in una contestazione degli elementi di fatto valutati in modo conforme dai giudici dei due gradi di merito ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, la quale, oltre a difettare di autosufficienza, non può trovare ingresso in sede di legittimità.
4.2. -Peraltro, le valutazioni effettuate dalla corte territoriale sono coerenti con l’indirizzo espresso da questa Corte attraverso i consolidati principi in base ai quali: i) ai fini dello stato di insolvenza è sufficiente una situazione d’impotenza, strutturale e non soltanto transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie (Cass. 9352/2022, 7087/2022, 25915/2021, 646/2019, 30209/2017, 19027/2013, 25961/2011, 9856/2006); ii) sebbene l’insolvenza differisca dall’inadempimento, la situazione di irreversibile incapacità di far fronte alle proprie obbligazioni può essere desunta, nel contesto dei vari elementi, anche dal mancato pagamento dei debiti (Cass. 29913/2018) e persino di uno solo (Cass. 19611/2014), purché l’inadempimento
sia complessivamente sintomatico di un giudizio di inidoneità solutoria strutturale del debitore (Cass. 29913/2018, 23437/2017, 5215/2008); iii) il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce un apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione, ove sorretto come nella specie – da motivazione esauriente e giuridicamente corretta, senza che rilevino, a tal riguardo, le cause dell’insolvenza, quand’anche non imputabili all’imprenditore (Cass. 8745/2023, 3708/2023, 480/2023, 17105/2019, 7252/2014).
4.3. -Deve infine rammentarsi che la valutazione incidentale del credito vantato dal creditore istante soggiace a un minor rigore ove la sua esistenza risulti già accertata -come è nel caso in esame -in una pronuncia giudiziale a cognizione piena, potendo in tal caso il giudice adempiere al suo dovere di motivazione anche limitandosi ad un mero rinvio ad essa, a meno che rilevi significative anomalie, tali da giustificare il dubbio sulla correttezza della conclusione ivi raggiunta, solo in quel caso dovendo dare specificamente conto delle ragioni che l’abbiano indotto ad allontanarsi dalla precedente decisione (Cass. 23983/2022, 27689/2018, 5001/2016).
-Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono i presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato (Cass. Sez. U, 20867/2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio dell’11 /09/2025.
Il Presidente NOME COGNOME