Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32343 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32343 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3092/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso -ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dal l’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, giusta procura speciale in calce al controricorso
-controricorrente-
nonché contro
GOZZI NOME
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BRESCIA n. 23/2023 depositata il 04/01/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/10/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
–RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza del 4/1/2023 con cui la Corte d’appello di Brescia ha rigettato il reclamo ex art. 18 l.fall. da essa proposto avverso la sentenza del 16/8/2022 del Tribunale di Mantova, dichiarativa del suo fallimento, su ricorso della creditrice NOME COGNOME dopo che solo in data 23/02/2022, all’esito del giudizio di cassazione, era stato chiuso un precedente fallimento, dichiarato dallo stesso tribunale e revocato dalla medesima corte d’appello nel 2016.
1.1. -Il Fallimento ha resistito con controricorso, mentre NOME COGNOME non ha svolto difese.
1.2. -In data 27/01/2024 è stata formulata proposta di decisione accelerata del ricorso, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c.
1.3. -Con istanza del 06/03/2024, nel termine di quaranta giorni dalla comunicazione di detta proposta, il difensore della ricorrente, munito di nuova procura speciale, ha chiesto la decisione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 2, c.p.c.
-Il ricorso è stato quindi portato in decisione all’adunanza camerale del 02/10/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. -Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, l.fall. , per avere la corte d’appello ritenuta tardiva, e quindi non esaminabile, l’eccezione di mancanza dei requisiti di fallibilità da essa sollevata solo in sede di note d’udienza , nonostante si tratti di eccezione rilevabile d’ufficio .
2.2. -Il secondo mezzo prospetta la «nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. per omesso esame di fatti decisivi» sul rilievo che la motivazione sarebbe contraddittoria e illogica, poiché la corte d’appello , pur « aderendo all’eccezione che per determinare lo stato di insolvenza non potesse farsi riferimento alla situazione pregressa » (come aveva fatto il tribunale, accertando
il dissesto in riferimento alla situazione che aveva portato alla prima dichiarazione di fallimento), ha ravvisato tale stato anche all’attualità , senza tener conto che la mancata ripresa dell’attività aziendale e l’accertata incapacità della debitrice di far fronte agli ingenti debiti non dipendevano da sua colpa, ma dalle responsabilità della precedente gestione fallimentare, essendo stato ‘ ampiamente documentato ‘ che la società aveva incontrato difficoltà ad aprire un conto corrente bancario su cui versare il residuo attivo di € 97.000,00 (a fronte di una originaria liquidità di cassa di € 481.361,90), consegnato dal precedente curatore fallimentare, dopo uno stato di inattività protrattosi per circa sei anni, e un lutto dell’amministratore .
2.3. -Il terzo motivo denuncia «ulteriore omesso esame della documentazione prodotta, ed errata motivazione in violazione dell’art. 132, n. 4, c.p.c . (art. 360 n. 4 e n. 5, c.p.c.)», per non avere la corte d’appello « tenuto in alcuna considerazione i documenti prodotti dalla reclamante, che avevano ricostruito la situazione societaria e, dunque, non solo, che non ricorresse il presupposto dello stato di insolvenza di cui all’art. 5 LF. ma che, stante la riferita e documentata situazione, al momento, non fosse possibile né la messa in liquidazione della Società, né il ricorso al credito bancario », a causa delle difficoltà intercorse che « avrebbero dovuto giustificare il ritardo nella ripre sa dell’attività produttiva e commerciale e, quindi, la non attualità dello stato di decozione ».
In particolare si lamenta col motivo che la corte territoriale, a fronte « della doglianza della reclamante circa la gestione del patrimonio societario da parte della curatela del fallimento del 2016 – che nel corso degli anni aveva speso quasi integralmente la cassa in giacenza per pagare canoni di locazione dei magazzini, senza riconsegnarli alla proprietà, senza procedere alla vendita dei macchinari e senza dare conto dell’altro materiale (biancheria) in giacenza – attribuisce responsabilità alla società, anche per non aver rilasciato i locali condotti in locazione, dopo la sua rimessione in bonis, omettendo ancora di valutare come la stessa stesse operando proprio per farlo, ma che non gli sia stato dato il tempo, tempo perso (ben oltre cinque anni!) proprio dalla detta curatela ».
-Il Collegio condivide la proposta di definizione del ricorso in termini di inammissibilità dei motivi, non ravvisando nella successiva memoria elementi idonei ad un ripensamento dell ‘esito ivi prospettato.
-Il primo motivo è inammissibile perché non coglie l’effettiva ratio decidendi , la quale risiede non già nella rilevata tardività dell’eccezione ex art. 1, comma 2, l.fall., bensì nell’accertamento della sua inconsistenza, sulla base degli «elementi emersi dai documenti acquisiti agli atti», con particolare riferimento, di per sé sufficiente, al superamento della soglia debitoria di cui alla lett. c), a fronte di crediti erariali che, sommati al credito del creditore istante, ammontano a € 523.174,00.
-Il secondo ed il terzo motivo, che aggrediscono entrambi l’accertamento dello stato di insolvenza, per una presunta mancata considerazione delle allegazioni e produzioni di parte reclamante, sono parimenti inammissibili.
5.1. -Innanzitutto, con riguardo al terzo motivo, non si ravvisa nella motivazione alcuno dei gravi vizi idonei a rendere nulla la sentenza impugnata, come individuati da Cass. Sez. U, 8053/2014, risultando la stessa ampiamente al di sopra del cd. ‘minimo costituzionale’ sindacabile in questa sede (Cass. 9017/2018, 26199/2021, 33961/2022, 4784/2023), ove non viene più in rilievo, in relazione al vizio ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la mera insufficienza, illogicità o contraddittorietà delle argomentazioni (Cass. 27501/2022, 395/2021, 26893/2020, 22598/2018, 23940/2017), né tantomeno la loro erroneità, poiché il rispetto del parametro di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. non richiede che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti, essendo necessario e sufficiente che il giudice abbia chiaramente indicato -come nel caso di specie -le ragioni del proprio convincimento, in modo da rendere evidente che quelle logicamente incompatibili siano state rigettate (Cass. 956/2023, 29860/2022, 3126/2021).
5.2. -Sempre nel terzo motivo, non risultano rispettati i canoni del novellato art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. che onerano il ricorrente di indicare -nel rispetto degli artt. 366, comma 1, n. 6), e 369, comma 2, n. 4), c.p.c. -il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” (Cass. Sez. U, 8053/2014; conf., ex plurimis , Cass. 27415/2018).
5.3. -Riguardo al secondo motivo, il vizio di violazione di legge appare fuori centro.
Difatti, la violazione de ll’ art. 115 c.p.c. ricorre solo quando il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa, fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il principio di non contestazione e il notorio), mentre non è ammesso dolersi che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, trattandosi di attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. U, 16303/2018, 20867/2020, 23650/2022; Cass. 2001/2023, 4599/2023, 9351/2022, 20553/2021, 22397/2019).
A sua volta, la violazione dell’art. 116 c.p.c. ricorre solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato (in assenza di diversa indicazione normativa) secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (ad es. valore di prova legale), oppure, ove la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutarla secondo il suo prudente apprezzamento.
Quando invece si deduca, come nel caso di specie, che il giudice ha male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura, un tempo ammissibile ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c., lo è ora solo in presenza dei gravissimi vizi di motivazione individuati da Cass. Sez. U, 8053/2014 (Cass. Sez. U, 20867/2020,
34474/2019; Cass. 14703/2024, 2001/2023, 34459/2022, 20553/2021), che come detto non ricorrono nel caso in esame.
5.4. -A ben vedere, entrambi i motivi lamentano, in sostanza, che la corte d’appello non abbia dato giusto risalto alle effettive ragioni che hanno condotto allo stato di insolvenza, trascurando, però, che i giudici del reclamo non solo ne hanno dato atto, ma correttamente le hanno ritenute irrilevanti.
E’ assodato, infatti, che per le società non poste in liquidazione è sufficiente ad integrare lo stato di insolvenza una oggettiva situazione d’impotenza, strutturale e non solo transitoria, a soddisfare regolarmente e con mezzi normali le proprie obbligazioni, per il venir meno delle condizioni di liquidità e di credito necessarie (Cass. 646/2019, 30209/2017, 19027/2013, 25961/2011, 9856/2006). E, per consolidato orientamento di questa Corte, il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione ove sorretto -come nel caso di specie -da motivazione giuridicamente corretta (Cass. 7087/2023, 32311/2022, 7252/2014), senza che rilevino, ai fini del l’apertura del fallimento, le cause dell’insolvenza, quand’anche le stesse non siano imputabili all’imprenditore (Cass. 8745/2023, 480/2023, 17105/2019).
-Occorre infine dar conto , in relazione al disposto dell’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. che, trattandosi di giudizio pendente alla data del 28 febbraio 2023 (Cass. Sez. U, 10955/2024) e deciso in piena conformità alla proposta ex art. 380-bis c.p.c., vanno disposte, in uno alla condanna alla rifusione delle spese processuali, anche la condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento, in favore del solo Fallimento controricorrente, di una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96 , comma 3, c.p.c., nonché l ‘ulterio re condanna al pagamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 , ai sensi dell’art. 96, comma 4, c.p.c., il tutto come liquidato in dispositivo.
6.1. -Si è detto, infatti, che l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di
definizione del giudizio in conformità alla proposta di decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per l e condanne di cui ai commi terzo e quarto dell’art. 96 c.p.c. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. Sez. U, 27433/2023, 28540/2023; conf. Cass. 11346/2024).
-Sussistono infine i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per l’impugnazione proposta, se dovuto, a norma del comma 1bis dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 115/02.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge nonché della somma, equitativamente determinata ex art. 96, comma 3, c.p.c., di € 7.000,00; condanna inoltre la ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di €. 2. 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, c .p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 02/10/2024.