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Start-up innovativa: registro non prova i requisiti

Una società qualificata come start-up innovativa si è vista respingere il reclamo per l’ammissione alla liquidazione controllata. La Corte d’Appello di Milano, pur riconoscendo la tempestività della domanda, ha negato l’accesso alla procedura perché l’azienda non ha fornito prove concrete della sua natura innovativa (spese in R&S, brevetti, personale qualificato). La decisione sottolinea che la sola iscrizione formale nel registro speciale delle imprese non è sufficiente a dimostrare i requisiti sostanziali richiesti dalla legge.

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Start-up Innovativa: L’Iscrizione al Registro Non Basta per la Crisi d’Impresa

Una recente decisione della Corte d’Appello di Milano offre un importante chiarimento per il mondo delle imprese: essere formalmente una start-up innovativa non garantisce automaticamente l’accesso alle procedure di gestione della crisi previste per questa categoria. La Corte ha stabilito che, al di là della registrazione, l’impresa deve dimostrare con prove concrete di possedere i requisiti sostanziali di innovazione. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa: Un Ricorso per Liquidazione Controllata

Una società, costituita nel maggio 2018 e iscritta nella sezione speciale del registro delle imprese come start-up innovativa, depositava nel maggio 2024 un ricorso per l’apertura della liquidazione controllata, una procedura pensata per gestire la crisi dei soggetti non fallibili.

Il Tribunale di Milano, in prima istanza, dichiarava il ricorso inammissibile per due motivi principali:
1. La società era stata costituita da più di 6 anni (considerando anche la proroga di un anno concessa per l’emergenza Covid), superando così il limite temporale massimo di 60 mesi per mantenere la qualifica.
2. La società non possedeva neppure i requisiti per essere considerata ‘impresa minore’.

Contro questa decisione, la società proponeva reclamo alla Corte d’Appello.

La Decisione della Corte: un’analisi a due facce

La Corte d’Appello ha ribaltato parzialmente la valutazione del primo giudice su un punto cruciale, per poi però confermare la decisione finale per altre ragioni.

Innanzitutto, i giudici d’appello hanno corretto l’errore sul calcolo del requisito temporale. Hanno affermato che il termine di 60 mesi per la qualifica di start-up innovativa deve essere valutato al momento del deposito del ricorso e non al momento della decisione. Poiché il ricorso era stato presentato prima della scadenza dei sei anni dalla costituzione, il requisito temporale era, in realtà, rispettato. Questo principio è fondamentale per garantire certezza del diritto, evitando che le sorti di un’impresa dipendano dai tempi, spesso non prevedibili, della giustizia.

Inoltre, la Corte ha specificato che la qualifica di start-up innovativa è di per sé sufficiente per accedere alla liquidazione controllata, senza che sia necessario essere contemporaneamente anche ‘impresa minore’.

Le Motivazioni: la Prova della Sostanza oltre la Forma

Nonostante questi punti a favore della reclamante, la Corte d’Appello ha rigettato il reclamo. Il cuore della decisione risiede in un principio consolidato dalla giurisprudenza di Cassazione (sent. n. 21152/2022): l’iscrizione formale nel registro delle imprese non è una prova sufficiente. È una condizione necessaria, ma non basta.

La società deve dimostrare, nella sede giudiziale, il possesso effettivo e concreto dei requisiti sostanziali previsti dalla legge (art. 25 del D.L. 179/2012). Nel caso specifico, la società reclamante non è riuscita a provare nessuno dei requisiti alternativi richiesti, tra cui:

* Spese in ricerca e sviluppo uguali o superiori al 15% del maggiore valore tra costo e valore totale della produzione.
* La titolarità di un brevetto o di una privativa industriale collegata all’oggetto sociale.
* L’impiego di personale altamente qualificato (come dottori di ricerca) in misura significativa rispetto alla forza lavoro totale.

La Corte ha sottolineato che non solo mancava un’adeguata documentazione contabile a supporto delle spese in R&S, ma non era stata prodotta alcuna prova di brevetti o indicati i nominativi del personale qualificato. L’onere della prova era a carico della società, che ha fallito nel dimostrare la sua reale natura innovativa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Start-up

Questa pronuncia è un monito per tutte le start-up innovative. Non è sufficiente ‘vestire’ l’abito formale dell’innovazione attraverso la mera iscrizione camerale. Per godere delle tutele e dei benefici previsti dalla legge, specialmente in un momento critico come la gestione di una crisi d’impresa, è indispensabile essere in grado di dimostrare con fatti e documenti la propria sostanza innovativa. Le imprese devono quindi curare non solo la compliance formale, ma anche e soprattutto la raccolta e la conservazione delle prove che attestino il rispetto continuo dei requisiti sostanziali che ne definiscono l’identità: investimenti concreti in ricerca, sviluppo di proprietà intellettuale e valorizzazione del capitale umano qualificato.

Quando si calcola il requisito dei 60 mesi per una start-up innovativa che accede a una procedura di crisi?
Risposta: Secondo la Corte d’Appello, il limite temporale (60 mesi dalla costituzione, più eventuali proroghe) deve essere verificato alla data di presentazione del ricorso in tribunale, non alla data successiva in cui il giudice emette la sua decisione.

L’iscrizione nel registro speciale delle imprese è sufficiente per essere considerati una start-up innovativa in un procedimento giudiziario?
Risposta: No. Il decreto analizzato chiarisce, sulla scia della giurisprudenza della Cassazione, che l’iscrizione è una condizione necessaria ma non sufficiente. L’impresa ha l’onere di provare in concreto di possedere i requisiti sostanziali (es. spese in R&S, brevetti, personale qualificato) previsti dalla legge.

Una start-up innovativa deve essere anche un'”impresa minore” per accedere alla liquidazione controllata?
Risposta: No. La Corte ha affermato che la qualifica di ‘start-up innovativa’ è un presupposto autonomo e sufficiente per l’accesso alla liquidazione controllata, a prescindere dal rispetto dei limiti dimensionali previsti per le ‘imprese minori’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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