Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16351 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16351 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Condominio
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5692/2024 R.G. proposto da: COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME rappresentati e di fesi dall’avvocato NOME COGNOME
Ricorrenti –
Contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
Controricorrente –
E contro
COGNOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
Controricorrenti –
E contro
rappresentato e difeso dall’avvocato
CONDOMINIO C.INDIRIZZO, NOME COGNOME.
Controricorrente –
Avverso la sentenza del la Corte d’appello di Catania n. 61/2024 depositata il 09/01/2024.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 12 giugno 2025.
Rilevato che:
con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato il 04/08/2015, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, proprietari di unità immobiliari facenti parte del Condominio INDIRIZZO, in Catania, assumendo di avere dovuto compiere dei lavori urgenti alla copertura e all’impianto di smaltimento delle acque meteoriche dello stabile condominiale assai deteriorati, chiesero al Tribunale di Catania la condanna degli altri condòmini al rimborso della somma di euro 60.704,61, oltre accessori, in base ai millesimi (616,847) di proprietà condominiale dei convenuti.
Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 2459 del 2022, nel contraddittorio dei convenuti, rigettò la domanda e condannò gli attori alle spese del grado;
l a Corte d’appello di Catania ha respinto il gravame e ha condannato gli appellanti alle spese processuali, in ragione della ravvisata insussistenza dell’urgenza della spesa ex art. 1134 c.c., sia perché gli appellanti avrebbero potuto porre in esecuzione un provvedimento di urgenza (ordinanza del 30/06/2011) che obbligava il condominio a rimediare alle gravi carenze manutentive della copertura dello stabile, sia perché le percolazioni di acqua risalivano a tre anni addietro, ciò che fa ceva venire meno il carattere dell’urgenza e dell’assoluta indifferibilità della spesa ex art. 1134 c.c., come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità;
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui hanno
resistito, con distinti controricorsi, rispettivamente, NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME, ed il Condominio INDIRIZZO.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso denuncia , ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 1134 c.c., 132 e 156 c.p.c., nonché dell’art. 111 Cost.
La sentenza è viziata da motivazione contraddittoria e apparente, e non ha applicato in maniera conforme a diritto l’art. 1134 c.c. perché, da un lato, afferma correttamente che, in base all’art. 1134 c.c., la spesa eseguita dal comproprietario sulla cosa comune è rimborsabile nella misura in cui è urgente, il che si verifica senz’altro quando dalla cosa comune promani un rischio di nocumento per il condòmino, per i terzi o per la cosa comune medesima ; dall’altro lato, pur constatata l’oggettiva sussistenza di un rischio di danno per le persone e per la cosa stessa, con motivazione contraddittoria rispetto a tali giuste premesse, nega l’urgenza vuoi perché i comproprietari ricorrenti avevano a disposizione una pregressa ordinanza cautelare che avrebbero potuto porre in esecuzione per ottenere il medesimo risultato, vuoi perché il rischio di nocumento si era manifestato almeno tre anni addietro;
il secondo motivo censura la violazione dell’art. 91 c.p.c. : si sostiene che il giudice d’appello avrebbe dovuto dichiarare soccombenti gli appellati, che, conseguentemente, avrebbe dovuto condannare alle spese dei gradi di merito;
il primo motivo, articolato in diverse censure, è infondato;
in primo luogo, al contrario di quanto si prospetta in ricorso, la motivazione della sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non è perciò né apparente né contraddittoria (aspetto, questo, su cui si tornerà immediatamente), consentendo un
«effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 8053 del 2014; Cass. nn. 22232/2016, 2767/2023);
in secondo luogo, non è fondatamente invocabile il vizio di cui all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. , che si sostanzia nell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto storico che la censura all’attenzione del Collegio non individua), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, ossia che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia;
e, terzo, il giudice d’appello non ha commesso alcun errore di diritto, come si evince dalle considerazioni che seguono.
La premessa è che, per la giurisprudenza della S.C. (cfr., da ultimo, Cass. n. 8252/2025; in termini, Cass. nn. 18759/2016, 9280/2018, 33158/2019, 27106/2021) – che il Collegio, che la condivide, intende riaffermare – consolidatasi prima dell’entrata in vigore della legge n. 220 del 2012, che ha modificato la disciplina del condominio, sulla base di argomenti che valgono anche rispetto al testo attuale dell’art. 1134 c.c. (rubricato: ‘Gestion e di iniziativa individuale’), vertendosi (come nella specie) nell’ambito di condominio edilizio, quest’ultima è la norma di riferimento, la quale, a differenza dell’art. 1110 c.c., che opera in materia di comunione ordinaria, subordina il rimborso delle spese di gestione delle parti comuni sostenute dal partecipante non alla mera trascuranza o tolleranza degli altri partecipanti, quanto al diverso e più stringente presupposto dell ‘ urgenza, intendendo la legge trattare nel condominio con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nell’amministrazione dei beni in comproprietà. Ne discende che, istaurandosi il condominio sul fondamento della relazione di
accessorietà tra i beni comuni e le proprietà individuali, la spesa autonomamente sostenuta da uno di essi è rimborsabile soltanto nel caso in cui abbia i requisiti dell ‘ urgenza, ai sensi dell ‘ art. 1134 c.c. (Cass. Sez. Unite n. 2046 del 2006; Cass. n. 18759 del 2016). Tale requisito dell’urgenza condiziona il diritto al rimborso del condomino gestore, il quale deve darne prova, e si spiega non soltanto come dimostrazione che le spese anticipate dal singolo fossero indispensabili per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, ma altresì che le opere dovessero essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l ‘ amministratore o gli altri condòmini, sulla base di accertamento di fatto spettante al giudice del merito (Cass. n. 29336 del 2023; n. 14326 del 2017; n. 27106 del 2021). Nulla è invece dovuto in caso di mera trascuranza degli altri comproprietari, non trovando applicazione le norme in materia di comunione (art. 1110 c.c.). La stessa giurisprudenza spiega che, s e l’assemblea, a fronte dell’urgenza dell’intervento conservativo delle cose comuni, non vi provvede o non raggiunge la necessaria maggioranza, o se la deliberazione adottata non viene eseguita, il rimedio è dato dal ricorso all ‘autorità giudiziaria, come previsto dall’art. 1105, comma 4, c.c. (e dall’art. 1139 c.c.), e non dall’iniziativa individuale di uno o più condòmini che assumano la gestione delle parti condominiali degradate (Cass. n. 29336 del 2023; n. 9280 del 2018; n. 21015 del 2011).
Ciò posto sul piano dei principi, è agevole comprendere la ragione dell ‘ infondatezza della doglianza: come ha rilevato il giudice d’appello , la spesa non era urgente nel senso che i singoli condòmini non avevano necessità di assumere in proprio la gestione delle parti comuni, accollandosi le spese di ripristino della copertura e del sistema di smaltimento delle acque ammalorati, salvo poi
pretenderne il rimborso pro quota da parte degli altri comproprietari, perché già esisteva un provvedimento d’urgenza dell’A.G. – che ordinava gli interventi di ripristino, la cui attuazione ex art. 669 duodecies c.p.c., anche in relazione alle modalità e ai tempi dell’intervento ripristinatorio , doveva avvenire sotto il controllo del giudice della cautela -suscettibile di produrre il medesimo risultato pratico (cioè, il ripristino delle parti comuni deteriorate), perseguito dai condòmini mediante l’in utile iniziativa gestoria.
Va enunciato il seguente principio di diritto: il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell ‘ amministratore o dell ‘ assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso purché ne dimostri, ex art. 1134 c.c., l ‘ urgenza, ossia che le opere, per evitare un possibile nocumento allo stesso condomino, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l ‘ amministratore o gli altri condòmini. Nella fattispecie in esame, pertanto, non è dovuto alcun rimborso al condomino ove la spesa di conservazione sia stata precedentemente ordinata dal giudice, con provvedimento d’urgenza , soggetto ad attuazione ai sensi dell’art. 669 duodecies c.p.c.;
4. il secondo motivo è inammissibile;
il rilievo critico manca di autonomia perché, senza appuntarsi contro l’erroneità della decisione del giudice d’appello sulle spese dei gradi di merito, si limita ad auspicarne la cassazione quale effetto della prospettata, ma, per le ragioni che precedono, insussistente, fondatezza della domanda e del conseguente ribaltamento dell’esito del giudizio;
5. il ricorso, pertanto, è rigettato, con condanna dei ricorrenti alle spese del giudizio, nella misura liquidata in dispositivo, a favore di ciascuno dei controricorrenti;
6. ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore di ciascuna parte controricorrente, in euro 1.000,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione