Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8179 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8179 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 707/2020 R.G. proposto da
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME (PEC: EMAIL; EMAIL), elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO come da procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, (PEC:
Oggetto: Responsabilità civile -Domanda risarcitoria – Danni da allagamento -Spese di lite- Solidarietà passiva.
CC 19.01.2024
Ric. n. 707/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
EMAIL) come da procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO ;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE , in persona dei Curatori pro tempore , rappresentata e difesa, in forza di mandato in calce al controricorso dall’AVV_NOTAIO (PEC EMAIL) e con quest’ultimo elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ( già RAGIONE_SOCIALE )
e
NOME COGNOME
-intimati – avverso la sentenza n. 2084/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, pubblicata il 9/10/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/01/2024
dalla Consigliera DottAVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Fatti di causa
La Corte d’Appello di Bari, in accoglimento dei due distinti atti di appello proposti da RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE, e ancora prima, RAGIONE_SOCIALE) e dal Comune di Conversano ed in riforma della sentenza n. 412/2014 del Tribunale di Rutigliano, ha rigettato la domanda proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME e li ha condannati in solido tra loro, a rifondere agli appellanti le spese del doppio grado di giudizio.
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Ric. n. 707/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
Per quanto ancora qui di rilievo, la Corte barese stralciava dal giudizio , i danni da infiltrazioni d’acqua che erano stati oggetto di altri due giudizi azionati dal ricorrente R.G. nn. 977/2015 nonché 1440/2014, che erano stati risarciti, rispettivamente, con le sentenze n.925/2018 (danni da infiltrazioni derivanti dalla rottura dell’autoclave nel locale di proprietà Pascale) e n. 34/2019 (fenomeni infiltrativi derivanti dai lavori di demolizione e ristrutturazione del fabbricato ex proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, in occasione delle abbondanti piogge cadute il 20 maggio 2002), escludeva la sussistenza del ‘danno estetico’ e quel lo quantificato in Euro euro 2.624,23, con rigetto integrale della domanda.
Il Giudice di prime cure aveva accolto la domanda proposta da NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE, (oggi RAGIONE_SOCIALE) nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE, già società RAGIONE_SOCIALE) -assumendo che a seguito dei lavori di demolizione e ristrutturazione del fabbricato di proprietà della società convenuta, in occasione delle abbondanti piogge cadute il 20 maggio 2002, il deposito del negozio si era allegato e successivamente, nel settembre dello stesso anno, si era allagato anche il negozio posto al piano terreno-, e aveva condannato, in solido tra loro, il Comune di Conversano, la RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE) nonché la ditta RAGIONE_SOCIALE, a risarcire il danno complessivamente quantificato in Euro 332.945,23, oltre accessori.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi avverso la decisione della Corte d’appello di Bari. Hanno resistito con distinti atti di controricorso il Comune di Conversano e la RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE). Seppur intimate, la ditta RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE ) non hanno ritenuto di svolgere difese nel giudizio di legittimità.
Ai fini della decisione del presente ricorso questa Corte ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 3 80 bis.1 c.p.c..
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Ric. n. 707/2020
Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia ‘ in relazione all’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c.: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ‘ ; in particolare, impugna la parte di sentenza in cui la Corte d’appello ha negato il risarcimento della somma di € 10.000,00 (riconosciuto invece dal Tribunale) valorizzando la sola fotografia n. 4) allegata all’ elaborato del CTU e ritenendo di conseguenza che la medesima avesse ad oggetto le rotture murarie ed il fregio ricadenti nella proprietà della RAGIONE_SOCIALE; viceversa, dalla lettura dell’atto di citazione e dall ‘esame delle altre fotografie allegate alla CTU, emerge che la causa del danno, così come prospettata, concerneva le demolizioni in proprietà RAGIONE_SOCIALE le cui conseguenze si erano verificate sulla proprietà (nella specie, consistite in crepe e fessurazioni murarie nella parte della facciata di proprietà COGNOME e interruzione del fregio e dell’andamento murario del preesistente cinema, con danneggiamento estetico a causa della interruzione della cortina storica di appartenenza).
Con il secondo motivo ‘ In relazione all’art. 360, comma l, n. 4 cpc: violazione art. 112 c.p.c. Error in procedendo per errata qualificazione della domanda attorea ‘ censura, in particolare, l’errore commesso dalla Corte d’appello nella interpretazione della domanda di risarcimento per il fregio danneggiato sulla facciata dell’immobile originariamente di proprietà della società RAGIONE_SOCIALE, laddove nell’atto di citazione risultava contestata la demolizione da parte della stessa società dell’antico arco e, quindi, dei fregi della cortina di appartenenza rientranti nella proprietà COGNOME, nonché richiesto il risarcimento per il danno estetico causato al COGNOME dalla interruzione della cortina di appartenenza e da crepe e fessurazioni sulla sua proprietà.
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Pres. COGNOMENOME Scrima
RAGIONE_SOCIALE
Con il terzo motivo ‘ In relazione all’art. 360, comma I, n. 4 cpc: nullità della sentenza per assenza di motivazione sul rigetto della domanda volta al risarcimento dei danni alla porta di ingresso del negozio; violazione, relativamente a tale profilo, dell’art. 132, comma II, n. 4) c.p.c. ‘ , il ricorrente lamenta la mancanza di motivazione in ordine all’accoglimento dell’appello e al rigetto della domanda relativa al danno arrecato dagli allagamenti verificatisi al piano terra, alla porta d’ingresso ed ai montanti della stessa nel locale di proprietà COGNOME posto al piano terreno.
Con il quarto motivo, rubricato ‘ Sulla regolamentazione delle spese processuali. In relazione all’art. 360, comma l, n. 3 cpc: violazione art. 97, comma I e II, cpc ‘ , il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello nella parte in cui lo ha condannato al pagamento delle spese processuali, in solido, con RAGIONE_SOCIALE (ex RAGIONE_SOCIALE), pur essendovi una diversità di interesse, peraltro determinandole in base al valore complessivo della controversia, sebbene mancasse una ipotesi di solidarietà attiva, trattandosi di cause scindibili (in quanto relative a diritti autonomi del sig. COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE); pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto applicare l’art. 97, comma I, c.p.c., secondo cui ”Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa’”, e condannare il COGNOME al pagamento delle spese liquidate in relazione al valore della domanda ovvero nella misura di € 5.240,00 , o al valore della condanna di primo grado (oggetto di appello) pari a € 12.624,23, laddove sono state liquidate in relazione all’intero valore della controversia, pari a poco meno € 333.000,00.
I primi due motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati per evidenti ragioni di connessione, -attenendo entrambi alla questione del risarcimento negato dalla Corte d’appello per il danno estetico, liquidato in prime cure
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RAGIONE_SOCIALE nell ‘importo di € 10.000,00 , conseguito alla demolizione del fregio sulla facciata del fabbricato, alle fessurazioni e crepe murarie -, vanno disattesi perché inammissibili sotto un duplice profilo.
5.1. In primo luogo, è ben noto che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che la riformulazione dell’art.360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv . in l. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 c.p.c. -applicabile alle sentenze pubblicate dopo l´11 settembre 2012 e dunque pacificamente anche alla pronuncia impugnata con il ricorso in esame, depositata nel l’ottobre del 2019 -il controllo sulla motivazione è dunque possibile, per un verso, solo con riferimento al parametro dell’esistenza e della coerenza (e non più, della insufficienza), per l’altro, solo con riferimento all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che abbia costituito oggetto di discussione e sia decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
Nella fattispecie, il fatto di cui il ricorrente lamenta l’omesso esame consiste nel non aver la Corte di merito ritenuto che fosse necessario eliminare ciò che restava del fregio sulla proprietà COGNOME per garantire una qualità estetica di continuità della facciata, come chiarito dal CTU nella relazione, il quale aveva quantificato monetariamente il danno in esame al fine di eliminare il fregio monco nella proprietà COGNOME (e non di quello esistente in proprietà RAGIONE_SOCIALE) e per il ripristino dei muri fessurati e danneggiati, danno riconosciuto e liquidato nell’importo stimato dal Tribunale in prime cure .
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RAGIONE_SOCIALE
Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte territoriale, nel legittimo esercizio del potere di interpretare e qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti o ritenuto dal giudice di primo grado (cfr. in tal senso da ultimo Cass. Sez. 3, 28/12/2023 n. 36272), non ha omesso di esaminare il fatto che, se analizzato, avrebbe potuto comportare una decisione diversa; viceversa, ha osservato che il richiesto risarcimento di Euro 10.000,00 non fosse fondato, essendosi il CTU «limitato ad indicare i costi dei lavori per eliminare il danno estetico, senz’altro aggiungere (cfr. pag. 20); ma nella riproduzione fotografica n. 4 ha evidenziato, con un tratteggio, che la parte rimossa del decoro ricade nella proprietà ex RAGIONE_SOCIALE e non in quella RAGIONE_SOCIALE» (pag. 9 della sentenza impugnata).
La parte ricorrente – deducendo che il danno estetico in questione fosse relativo alla parte di proprietà della facciata del fabbricato RAGIONE_SOCIALE e, non a quella di proprietà RAGIONE_SOCIALE – prospetta una lettura alternativa degli atti di causa (citazione) e degli elementi istruttori, limitandosi a riportare stralci della Consulenza tecnica d’ufficio, senza neppure riportare brani dell’atto di citazione che diano fondamento alle proprie censure.
5.2. In secondo luogo, non sussiste la paventata violazione del l’art. 112 c.p.c. per l’errata qualificazione della domanda da parte della Corte d’appello , atteso che, come veduto nel punto precedente, la Corte territoriale, in virtù del potere di riconsiderare e riqualificare la domanda, (peraltro, neppure, come già detto, riportata testualmente per la parte qui rilevante), ha statuito al riguardo sulla base di un giudizio di fatto in merito al capo della sentenza in questione, coinvolto dal motivo di gravame.
In definitiva, la censura con cui il ricorrente deduce il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. viene posta, in sostanza, inammissibilmente attraverso la mancata valutazione di circostanze fattuali; è sufficiente in proposito osservare, infatti, come il vizio di
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RAGIONE_SOCIALE omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto, e nel caso in cui venga dedotto con riferimento al giudizio di appello si configura allorché manchi completamente l’esame di una censura mossa al giudice di primo grado.
6. Il terzo motivo di ricorso è infondato.
A dispetto di quanto prospettato dal ricorrente, non sussiste la nullità della sentenza per omessa motivazione, in quanto la Corte d’appello ha ritenuto con motivazione espressa che, quanto al danno quantificato dal Tribunale in euro 2.624,23, corrispondente a quello al portone di ingresso e alla scaffalatura metallica (come conferma lo stesso ricorrente a pag. 18 del ricorso), non vi fosse prova dei danni conseguiti agli allagamenti de quibus, e che essi erano dovuti, come ritenuto dalla CTU, piuttosto alla «esposizione continua degli arredi agli agenti atmosferici in quanto le porte di accesso alla ‘galleria vetrina’ sono munite di inferriate, sprovviste di infissi » (pag. 11 della sentenza impugnata).
7. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Questa Corte ha già affermato che in materia di spese processuali, la condanna di più parti soccombenti al pagamento in solido può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi, che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute, ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20916 del 17/10/2016). Ne consegue che la condanna in solido è consentita anche quando i vari soccombenti abbiano proposto domanda di valore notevolmente diverso, purché accomunate dall’interesse al
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RAGIONE_SOCIALE I. AVV_NOTAIO riconoscimento di un fatto costitutivo comune, rispetto al quale vi sia stata convergenza di questioni di fatto e di diritto, ma tanto non si verifica nei confronti della parte che abbia proposto un intervento autonomo nel processo (Cass. Sez. 1, 19/01/2022 n. 1650).
Il ricorrente, infatti, in appello ha concluso per il rigetto del gravame e la conferma della sentenza di prime cure, non indicando in quale misura le posizioni e le argomentazioni difensive di ciascuno degli appellati sarebbero state divergenti. Ed invero, vi è sostanziale identità della domanda proposta dagli originari attori, né altro che possa far presumere una differente posizione processuale, ovvero che possa dare luogo ad una diversa ripartizione delle spese di soccombenza.
In conclusione, il ricorso è rigettato e la parte ricorrente, in ossequio al principio di soccombenza, va condannata a rivalere ciascuna delle controparti delle spese sopportate nel giudizio di cassazione, così come liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13 (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione in favore di ciascuna delle controricorrenti, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il
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RAGIONE_SOCIALE
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione