Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21773 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21773 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20847/2020 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende, con domicilio digitale ex lege
-ricorrenti- contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO PALAZZO VARESE SC. A P. 3, presso lo studio dell’avvocato COGNOME-) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege
Avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di CASSINO n. 156/2020 depositata il 7/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 20 luglio 2020 COGNOME NOME e COGNOME NOME impugnano per cassazione la sentenza del Tribunale di Cassino n. 156/2020, pubblicata il 7 febbraio 2020. COGNOME NOME in data 11 febbraio 2020, ha notificato controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Per quanto ancora di interesse, in un’azione risarcitoria avviata da NOME COGNOME nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME per avere questi ultimi effettuato il taglio di legname in un fondo che l’attore qui ricorrente asseriva essere di sua proprietà per la quota di 2/3, in qualità di erede dei legittimi proprietari, nonché di donatario in base ad atto che produceva, il Giudice di Pace adito statuiva che l’attore aveva provato di essere proprietario dei fondi e gli riconosceva un risarcimento di € 2.000,00, oltre le spese giudiziali liquidate a suo favore.
Proposto appello dai COGNOME innanzi al Tribunale di Cassino, il giudice di secondo grado riteneva irrilevante la proposta querela di falso, in quanto riferita ad una scrittura privata non qualificabile come atto di donazione, contenendo essa una semplice procura, e riteneva comunque non provata la titolarità dei diritti asseritamente lesi in capo all’ attore appellato, e ciò sulla base della documentazione prodotta ai fini della dimostrazione che egli era subentrato quale erede nella proprietà dei suddetti fondi, non dimostrando tale documentazione la qualità di proprietari dei fondi in questione dei danti causa dell’attore, bensì la sola qualità di quest’ultimo di
erede dei predetti. Pertanto, riformava la precedente sentenza di condanna al risarcimento e alle spese di lite e compensava le spese del secondo grado, ritenendo sussistere i presupposti per compensarle in ragione della inutile iniziativa di querela di falso proposta dagli appellanti.
Motivi della decisione
Il ricorso è affidato a due motivi.
MOTIVO: si deduce la violazione dell’art. 91 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 3 c.p.c. conseguente alla violazione della norma di diritto di cui all’art. 91 c.p.c. e 112 c.p.c. in quanto il giudice di secondo grado avrebbe omesso di provvedere sulla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado. I ricorrenti chiedono la condanna dell’attore alle medesime spese legali cui erano stati condannati i COGNOME con la sentenza di primo grado depositata dai ricorrenti, ovvero € 1.500,00, oltre il 15 % L.P., iva e cap come per legge. Parte controricorrente deduce che la restituzione da parte dell’attore di quanto ottenuto in esecuzione della sentenza di primo grado comporti una ‘compensazione di fatto con comportamento civilissimo e lodevole’ da parte dello COGNOME.
1.1. Il motivo è fondato. Testualmente il giudice dell’appello, nel riformare la sentenza di primo grado, ha ‘revocato’ il provvedimento di primo grado di condanna dei convenuti al risarcimento, limitando la statuizione di compensazione delle spese di lite al secondo grado.
1.2. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione
delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, mentre, in caso di conferma della sentenza impugnata, la decisione sulle spese può essere modificata soltanto se il relativo capo della sentenza abbia costituito oggetto di specifico motivo d’impugnazione (Cass. Sez. 6 -L, ord., n. 6259 del 18/03/2014; Cass., Sez. 3 -, ord., n. 9064 del 12/04/2018; Cass. Sez. 6 -3, ord., n. 27056 del 06/10/2021). È stato pure precisato che in tema di regolamento delle spese processuali da parte del giudice d’appello, ‘ il principio della soccombenza di cui all’art.91 cod. proc. civ. o di reciproca soccombenza di cui all’art. 92 cod. proc. civ. che conduce alla compensazione delle spese processuali, se letto alla luce del principio dell’infrazionabilità della domanda, comporta che nella domanda formulata dall’appellante alla condanna della controparte alla refusione delle spese di lite, deve ritenersi implicita la richiesta di regolamento anche di quelle di primo grado, e la soccombenza o reciproca soccombenza dev’essere individuata non avuto riguardo ai singoli segmenti (grado e fase) del giudizio, bensì al processo considerato unitariamente ex post all’esito della lite decisa dal giudice d’appello ‘ (cfr. Cass. Sez. 5 -, ordinanza n. 23639 del 03/09/2024; Cass. Sez. U -, sentenza n. 32061 del 31/10/2022; Cass. Sez. 6 -3, sentenza n. 5820 del 23/03/2016; Cass. Sez. 6 -3, ordinanza n. 19122 del 28/09/2015).
1.3. Essendo pertanto il giudice tenuto ad applicare uniformemente il principio di riparto delle spese giudiziali in base al principio di soccombenza, l’omessa considerazione delle spese del primo grado, una volta riformata la sentenza con accoglimento dell’appello degli odierni ricorrenti, nonché la compensazione delle spese del secondo grado, costituisce violazione della norma che impone al giudice dell’impugnazione di regolamentare le spese dell’intero giudizio in base all’esito
della lite in sede di appello che, obiettivamente, è risultato favorevole per i ricorrenti
2. MOTIVO: violazione dell’art. 92, co.1. c.p.c. in relazione all’art. 88 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 3 c.p.c., conseguente alla violazione o falsa applicazione al caso in esame dell’art. 92, co. 1, c.p.c. -Violazione dell’art. 92, co. 2 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 3 conseguente alla violazione o falsa applicazione al caso in esame dell’art. 92, co. 2, c.p.c., in quanto non ricorrendo le gravi ed eccezionali ragioni, specie in una situazione dove controparte aveva dato prova di malafede processuale nell’uso di detta fotocopia e nella formazione di altri documenti prodotti, in cui l’attore attestava falsamente che l”asserita’ madre, NOME fosse proprietaria del fondo, il giudice avrebbe dovuto seguire il principio della soccombenza e riconoscere la responsabilità aggravata.
2.1. Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo che, in virtù del principio di cui sopra, comporta un nuovo riparto delle spese di lite di ciascuna fase in base al principio della soccombenza.
Conclusivamente, la Corte, in accoglimento della prima censura, assorbita la seconda, cassa la sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti in merito, in base al criterio della soccombenza, pone le spese del primo e secondo grado a carico di COGNOME NOME, liquidandole per il primo grado in € 1.500,00, oltre € 200,00 per esborsi e ulteriori oneri (15% di spese forfetarie, IVA e CPA), e in € 2.500,00, oltre € 200,00 per esborsi e ulteriori oneri (15% di spese forfetarie, IVA e CPA), per il secondo grado, oltre a quelle del presente giudizio liquidate sulla base delle vigenti tariffe come di seguito, disponendosene la distrazione in favore del difensore antistatario dei ricorrenti.
Non sussistono i presupposti per la condanna del controricorrente ex art. 96 c.p.c. chiesta dai ricorrenti in memoria, stante la particolarità delle questioni trattate e l’alternante esito delle fasi di merito.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, quanto al primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna COGNOME Pietro al pagamento delle spese di giudizio, liquidandole per il primo grado in € 1.500,00, oltre € 200,00 per esborsi e ulteriori oneri (15% di spese forfetarie, IVA e CPA), e in € 2.500,00, oltre a € 200,00 per esborsi e ulteriori oneri (15% di spese forfetarie, IVA e CPA) per il secondo grado;
condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per il primo in Euro 1600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, e agli accessori di legge;
dispone la distrazione di dette spese in favore del difensore antistatario dei ricorrenti.
Così deciso in Roma, il 22/05/2025.