Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27461 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 27461 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16100/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante legale p.t., NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME (CODICE_FISCALE), pec:
EMAIL;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di RIETI n. 104/2023 depositata il 08/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO
Il sig. NOME COGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, avverso la pronuncia n. 104/2023 del Tribunale di Rieti, resa pubblica in data 8/3/2023, di rigetto del gravame interposto in relazione alla pronuncia n. 96/2022 del Giudice di Pace di Rieti.
Rappresenta in fatto che: a) aveva acquistato, in 15/10/2018, una smerigliatrice risultata difettosa; b ) aveva chiesto il 23/02/2020, alla RAGIONE_SOCIALE, che gestiva il punto vendita ove l’aveva acquistata, la sostituzione ovvero il risarcimento del danno consistente nella restituzione del prezzo dell’acquisto pari a € 59,95; c ) la RAGIONE_SOCIALE aveva ritirato la smerigliatrice, si era impegnata ad avviarla all’assistenza e aveva chiesto una settimana di tempo per la sostituzione o la riparazione; d ) aveva rifiutato la riparazione e chiesto la sostituzione con un nuovo prodotto ovvero la risoluzione del contratto con la restituzione del prezzo ovvero lo storno del prezzo per l’acquisto sul momento di altra smerigliatrice, avendo necessità del suo utilizzo; e ) stante il rifiuto della RAGIONE_SOCIALE, aveva inviato una pec in data 27 febbraio 2020, tramite l’AVV_NOTAIO, insistendo nella richiesta di sostituzione della smerigliatrice o di risoluzione del contratto; f) la RAGIONE_SOCIALE aveva replicato con pec del 3 marzo 2020, indirizzata all’AVV_NOTAIO, dichiarandosi disponibile alla sostituzione dell’oggetto, ma rifiutando di pagare le spese per l’assistenza stragiudiziale, giudicandole immotivate e, successivamente, in data 6 marzo, aveva rifiutato di consegnargli la smerigliatrice in sostituzione di quella difettosa, ove l’AVV_NOTAIO non avesse rinunciato alle spese per l’assistenza stragiudiziale; g) non avendo quest’ultimo desistito, ne era insorta la controversia per cui è causa, promossa dinanzi al Giudice di Pace di Rieti, per chiedere che, ai sensi
dell’art. 130 del codice del consumo, la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata alla risoluzione del contratto di acquisto del prodotto e alla restituzione del prezzo di € 59,95 pagato per suo acquisto oltre al pagamento delle spese legali per l’intervento legale dell’AVV_NOTAIO per l’importo di € 200,00, oltre IVA e CPA.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denunzia , ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione degli artt. dell’art 112, 115 e 116 cod.proc.civ. e dell’art. 2697 cod. civ. per non essersi il Tribunale attenuto al principio tra il chiesto ed il pronunciato, della non contestazione e della valutazione delle prove.
Attinta da censura è la statuizione con cui il Tribunale ha rigettato il motivo di appello ove veniva lamentata la omessa pronuncia da parte del Giudice di Pace sulla domanda intesa al riconoscimento della garanzia del prodotto acquistato, ovvero alla sostituzione dello stesso, ed in alternativa ad ottenere la risoluzione del contratto con la restituzione del prezzo di acquisto di € 59,952) , ritenendo che il Giudice di pace si fosse pronunciato, là dove aveva negato che la convenuta si fosse rifiutata di sostituire la smerigliatrice, essendosi la stessa rifiutata esclusivamente di pagare le spese di assistenza stragiudiziale.
Secondo il ricorrente, non si tratterebbe di ‘una dichiarazione di accertamento e riconoscimento di un diritto’.
Il motivo è inammissibile.
Le censure sono pacificamente volte ad una rivalutazione dei fatti di causa, come in tutta evidenza si inferisce dal fatto che secondo il ricorrente il Tribunale avrebbe smentito ‘la realtà dei fatti’, quale risulterebbe dalle dichiarazione dei testi escussi e dai documenti
allegati all’atto di citazione, basandosi solo sulla testimonianza della responsabile del centro vendite della controricorrente, ritenuta incapace di testimoniare, e su una telefonata, la cui ricorrenza sarebbe stata sempre smentita.
Con il secondo motivo il ricorrente, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 130 del codice del consumo per omessa applicazione della garanzia su prodotto difettoso vendutogli.
Avrebbe errato il Tribunale nel ritenere che il secondo motivo di appello fosse stato formulato limitandosi a dedurre che il giudice ‘aveva omesso l’esame della documentazione prodotta per fondare il proprio convincimento sulle prove testimoniali offerte dai testi della convenuta pur essendo contrastanti con la documentazione prodotta da parte attrice’ senza, tuttavia in alcun modo argomentare in ordine a tale asserito esame, né specificare per quale ragione le prove testimoniali ‘contrasterebbero con la documentazione prodotta.’; il ricorrente sostiene al contrario, di avere ‘già ampiamente argomentato nel motivo d’appello ad oggetto la violazione degli artt. 112, 115 e 116 cod.proc.civ. precedente e la ripetizione dei motivi sarebbe risultata superflua e ripetitiva’, di essersi riportato ‘alle motivazioni dell’atto di citazione in giudizio, trascrivendole anche nell’atto di citazione in appello, trascrivendo altresì integralmente nel primo motivo di appello tutta la motivazione della sentenza del Giudice di Pace’, rilevando che tra le motivazioni dell’atto di citazione e la motivazione della sentenza del Giudice di Pace non vi era alcun collegamento, che il giudizio era stato istruito documentalmente.
Il motivo è inammissibile per l’assorbente ragione che il contenuto espositivo non prospetta un’erronea applicazione dell’art. 130 cod. cons. nel testo vigente ratione temporis .
La giurisprudenza di questa Corte è costante nel rilevare che il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di
diritto, risolvendosi nella negazione o nell’affermazione erronea della esistenza o della inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra, invece, nell’ambito applicativo dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità. Una censura così argomentata è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 30/12/2015, n. 26110; Cass. 13/10/2017, n. 124155; Cass. 11/01/2016, n. 195).
3) Con il terzo motivo il ricorrente denunzia , ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 2697 cod. civ. e 115, 116, 163 comma 3 n. 4 e 246 comma 1 cod.proc.civ. per imparzialità e non terzietà del giudicante; per illegittima valutazione delle prove testimoniali contraddette da prove documentali; violazione del petitum e per incapacità a testimoniare della responsabile del punto vendita che aveva un interesse nella causa, essendo parte in causa sia come responsabile del centro vendite che come persona che aveva trattato la controversia e riferito come teste sulle attività svolte per conto della RAGIONE_SOCIALE
Lamenta che il giudice dell’appello ha errato nel ritenere la responsabile del punto vendita della RAGIONE_SOCIALE attendibile e capace
di testimoniare, basando, come già il Giudice di Pace, la decisione sul contenuto della sua testimonianza, quanto al fatto che nel corso di una telefonata le avrebbe anticipato di aver subordinato la sostituzione della smerigliatrice al pagamento delle spese legali, nonostante la stessa fosse smentita da alcune emergenze istruttorie e dal contenuto dell’atto di citazione in primo grado che riguardava la richiesta di sostituzione della smerigliatrice o di risoluzione del contratto, oltre al pagamento delle spese legali
Il motivo è inammissibile.
La incapacità della teste è stata esclusa con una statuizione corretta in iure , atteso che nei giudizi in cui una società con personalità giuridica sia parte (o comunque possa avervi interesse a partecipare nella qualità di parte), non possono essere chiamate a testimoniare, a norma dell’art. 246 cod.proc.civ., le sole persone fisiche che, in virtù del rapporto di rappresentanza organica, siano legittimate processualmente a costituirsi in nome e per conto di detta società, rappresentandole (Cass. 23/07/2018, n. NUMERO_DOCUMENTO).
Pacificamente, invece, la teste indicata non aveva in alcun modo il potere di rappresentare la RAGIONE_SOCIALE, neppure con riferimento al punto vendita presso il quale è stato acquistato il prodotto difettoso, né aveva alcuna delega di gestione dell’area contrattuale a cui si riferisce il contenzioso che fosse tale da legittimarne l’interesse giuridico e concreto del a partecipare al giudizio in qualità di parte.
D’altronde, un astratto interesse di mero fatto all’esito del giudizio, peraltro nella specie insussistente secondo il Tribunale, non costituisce valida ragione ostativa della capacità di deporre come teste, ma incide esclusivamente sulla valutazione di relativa attendibilità (Cass. 22/12/2023, n.35814).
Quanto a quest’ultima va ribadito che spetta al giudice del merito pronunciarsi sull’attendibilità del testimone, trattandosi di un giudizio di fatto che afferisce alla veridicità della deposizione che
il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite.
In ordine all’imparzialità del giudice, non vi sono evidentemente i presupposti per ritenere che sia stato imparziale -né quello soggettivo, che richiede la sussistenza di un personale pregiudizio o prevenzione in un dato procedimento, né quello oggettivo, che richiede la verifica del se l’organo giudicante non offrisse garanzie sufficienti ad escludere ogni legittimo dubbio sulla sua imparzialitàsolo perché ha ritenuto capace di testimoniate ed attendibile la teste.
Le restanti censure attengono inequivocabilmente alla valutazione della prova testimoniale che si collocano all’esterno del perimetro del sindacato di legittimità.
Per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 116 cod.proc.civ. è necessario considerare che, poiché l’art. 116 cod. proc. civ. prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi del n. 4 dell’art. 360 cod. proc. civ., è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l’ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente
applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi: Cass. 19/8/2020, n. 17131).
Con il quarto motivo il ricorrente denunzia, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 132, 2° comma, n. 4 cod.proc.civ. ed art. 118 disp. att. cod.proc.civ. per nullità della sentenza per totale carenza di motivazione in fatto ed in diritto
Attinta da censura è la statuizione reiettiva del motivo di appello con cui era stato denunciato il fatto che il giudice di pace si fosse pronunciato su un petitum non richiesto -la tempestività della disponibilità a sostituire la smerigliatrice -piuttosto che sull’applicazione della garanzia di cui all’art. 130 cod. cons. il Tribunale ha rigettato il motivo, ritenendo che la controricorrente si fosse immediatamente resa disponibile a sostituire il bene difettoso, ma -afferma il ricorrente -non si sarebbe tenuto conto del fatto che pur dichiarandosi disponibile, non aveva poi in concreto sostituito la merce, perché aveva subordinato la sostituzione alla rinuncia alle spese di assistenza stragiudiziale.
Il motivo è inammissibile, non risultando dal ricorrente (quantomeno idoneamente) censurata la ratio decidendi della impugnata sentenza.
Il Tribunale ha chiarito l’infondatezza della domanda, perché non era stato dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE si fosse rifiutata di sostituire la smerigliatrice né che avesse subordinato la sostituzione alla rinuncia alle spese di assistenza stragiudiziale, avendo solo rifiutato di assumersene il carico, perché il ricorso all’assistenza dell’AVV_NOTAIO era stato inutile.
Ciò che si cela dietro la denuncia del vizio motivazionale è in verità la sollecitazione ad una diversa valutazione dei fatti di causa, incompatibile con i caratteri morfologici funzionali del giudizio di legittimità.
5) Con il quinto motivo il ricorrente denunzia , ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 92, 115 e 116 cod.proc.civ., dell’art. 2967 cod. civ. e dell’art. 20 del D.M. 55/2014
Lamenta che, proprio allo scopo di evitare che il prodotto fosse riparato e non sostituito, come richiesto, e che potesse instaurarsi un contenzioso tra le parti, si è rivolto a un legale; ciò risulta comprovato dalla risposta della RAGIONE_SOCIALE alla pec del 2 marzo 2020, da cui si evinceva che la sostituibilità della smerigliatrice non era stata rimessa alla scelta del consumatore, ma alla casa produttrice del prodotto, la Dyaney, che avrebbe dovuto verificare, seguendo la procedura istituzionale, la fattibilità della sostituzione .
La quaestio iuris che il ricorso pone, cioè se la scelta in ordine al se sostituire la merce o ripararla spettasse alla RAGIONE_SOCIALE ovvero all’odierno ricorrente oltre a non trovare corrispondenza nei vizi indicati nell’epigrafe del motivo – non è dedotta dal ricorrente prospettando un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle richiamate norme di diritto, ma allegando l”erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa (la pec del 2 marzo 2020) che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (Cass. 30/12/2015, n. 26110; Cass. 13/10/2017, n. 124155; Cass. 11/01/2016, n. 195).
Il ricorrente omette del tutto di confrontarsi con le argomentazioni addotte a sostegno della statuizione reiettiva: a) la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai rifiutato di sostituire la merce; b) la RAGIONE_SOCIALE non aveva mai subordinato la sostituzione della smerigliatrice alla rinuncia alle spese di assistenza stragiudiziale; c) la RAGIONE_SOCIALE si era rifiutata di pagare le spese di assistenza stragiudiziale, reputandole inutili; d) era stato l’appellante a condizionare l’accettazione della sostituzione al pagamento delle spese domandate dall’AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO; e) le spese di assistenza stragiudiziale erano risultate inutili, ‘non essendo l’intervento del difensore servito a dirimere la questione ed essendo, oltre tutto, la pretesa attorea risultata infondata’.
Lo sforzo confutativo del ricorrente non scalfisce il ragionamento del Tribunale. È evidente, infatti, che solo se l’odierno ricorrente, legittimato a prendere la sostituzione piuttosto che la riparazione della smerigliatrice, fosse stato costretto a ricorrere all’assistenza stragiudiziale dell’AVV_NOTAIO per ottenere la sostituzione della smerigliatrice illegittimamente rifiutata dalla RAGIONE_SOCIALE avrebbe avuto ragione di dolersi del mancato riconoscimento delle spese di assistenza stragiudiziale. La giurisprudenza di questa Corte ritiene le spese stragiudiziali un danno emergente, ai sensi dell’art. 1223 cod.civ., e come tali soggette come qualunque altra voce di danno alle regole generali; sicché non è dovuto il risarcimento del danno per le spese che la vittima avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza (art. 1227, 1° comma, cod.civ.); non sarà dovuto il risarcimento per le spese che, pur necessarie, sono state sostenute in misura esagerata (art. 1227, 2° comma, cod.civ.); non sarà dovuto il risarcimento per le spese non legate da un nesso di causa rispetto al fatto illecito (art. 1223 cod.civ.): Cass. 02/02/2018, n.2644 e successiva giurisprudenza conforme.
Essendo rimasto accertato che la RAGIONE_SOCIALE si è offerta di sostituire la smerigliatrice, essendo stato l’odierno ricorrente a non accettare la smerigliatrice offertagli in sostituzione di quella danneggiata qualora non gli fossero state rimborsate le spese di assistenza stragiudiziale, deve escludersi che al Tribunale possa muoversi alcuna censura.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate nella misura determinata nel dispositivo in favore della società controricorrente società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
7) il ricorrente va altresì condannata a somma, liquidata come in dispositivo in favore della società controricorrente, ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ., ricorrendone le condizioni di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 400,00, di cui euro 200,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; nonché al pagamento di euro 400,00 ex art. 96, 3° comma, cod.proc.civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, a favore dell’ufficio di merito competente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione civile