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Spese legali azione revocatoria: come si calcolano?

Una Corte di Appello ha riformato una decisione di primo grado riguardo alla liquidazione delle spese legali in una causa di azione revocatoria. La sentenza stabilisce che il valore della causa, ai fini del calcolo dei compensi professionali, deve essere commisurato all’importo del credito tutelato (€ 208.600) e non a uno scaglione di valore inferiore, come erroneamente stabilito dal Tribunale. Di conseguenza, la Corte ha riliquidato i compensi per il primo grado e liquidato quelli per l’appello, applicando il corretto scaglione tariffario e confermando che la fase di trattazione va sempre compensata.

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Spese legali nell’azione revocatoria: la guida al calcolo corretto

La corretta liquidazione delle spese legali in un’azione revocatoria è un tema cruciale che incide direttamente sui diritti delle parti. Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma chiarisce in modo definitivo come determinare il valore della causa ai fini del compenso dell’avvocato, correggendo un’errata valutazione del giudice di primo grado. Questa decisione rappresenta un importante riferimento per creditori e professionisti legali, garantendo che il compenso sia proporzionato all’effettivo interesse economico in gioco. Vediamo insieme i dettagli del caso e i principi affermati dalla Corte.

I fatti di causa

Un creditore, vantando un credito di oltre 208.000 euro confermato da una sentenza, avviava un’azione legale per tutelare le proprie ragioni. Nelle more del giudizio precedente, il suo debitore aveva compiuto due atti di disposizione immobiliare ritenuti pregiudizievoli. In particolare, il debitore aveva ceduto alcuni immobili a una prima società, la quale, a sua volta, li aveva trasferiti a una seconda società.

Il creditore, ritenendo tali operazioni finalizzate a sottrarre i beni alla sua garanzia patrimoniale, chiedeva al Tribunale di dichiarare l’inefficacia di tali atti tramite un’azione revocatoria. Inizialmente, aveva anche formulato domande di nullità e simulazione, alle quali ha poi rinunciato nel corso del giudizio d’appello.

La decisione di primo grado e i motivi di appello

Il Tribunale accoglieva la domanda di azione revocatoria del creditore, dichiarando inefficaci i due trasferimenti immobiliari. Tuttavia, al momento di liquidare le spese legali, il giudice commetteva un errore. Pur essendo il credito tutelato di quasi 209.000 euro, il Tribunale liquidava i compensi basandosi su uno scaglione di valore molto più basso (da 5.201 a 26.000 euro), motivando la scelta con la natura documentale della causa e l’assenza di una fase istruttoria complessa.

Il creditore, pur vittorioso nel merito, decideva di impugnare la sentenza limitatamente a questo punto, contestando l’errata individuazione del valore della causa e la conseguente, ingiusta, riduzione dei compensi legali.

La corretta liquidazione delle spese legali nell’azione revocatoria secondo la Corte d’Appello

La Corte di Appello ha accolto il motivo di gravame del creditore, riformando la sentenza di primo grado sul punto delle spese. I giudici di secondo grado hanno ribadito con forza i principi consolidati dalla Corte di Cassazione in materia.

Il punto centrale della decisione è che il valore di una causa di revocatoria, ai fini della determinazione dei compensi professionali, si determina sulla base dell’importo del credito per il quale si agisce (il cosiddetto criterio del disputatum). L’azione, infatti, ha natura conservativa e mira a tutelare il creditore per un ammontare pari al suo credito.

Poiché il credito in questione era di € 208.600, lo scaglione corretto da applicare per le tariffe professionali era quello compreso tra € 52.000,01 ed € 260.000,00, e non quello, nettamente inferiore, utilizzato dal Tribunale.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali.

Il primo riguarda il valore della causa. Richiamando un orientamento costante della Cassazione, i giudici hanno spiegato che l’azione revocatoria non mira a far rientrare il bene nel patrimonio del debitore, ma a paralizzare l’efficacia di un atto dispositivo per consentire al creditore di aggredire quel bene come se fosse ancora del debitore. Il valore della controversia, quindi, non è il valore del bene trasferito, ma il valore del credito che si intende proteggere. Di conseguenza, le tariffe forensi devono essere calcolate su quest’ultimo importo.

Il secondo pilastro riguarda la liquidazione della fase di trattazione/istruttoria. La Corte ha chiarito che il D.M. 55/2014 prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che include anche quella istruttoria. Questo compenso è dovuto indipendentemente dal concreto svolgimento di attività istruttorie in senso stretto (come l’escussione di testimoni). Anche la sola redazione e lo scambio di memorie scritte, come avvenuto nel caso di specie, integrano pienamente la fase di trattazione e devono essere remunerate. Pertanto, la motivazione del primo giudice, che aveva ridotto i compensi per la presunta assenza di istruttoria, è stata ritenuta infondata.

Conclusioni

La sentenza in esame offre un importante vademecum sulla liquidazione delle spese legali nelle azioni revocatorie. Le implicazioni pratiche sono significative: i creditori e i loro legali possono avere la certezza che il compenso per l’attività svolta sarà commisurato all’effettivo valore dell’interesse protetto. La decisione riafferma il principio di proporzionalità e correttezza, impedendo che valutazioni discrezionali e non conformi alla legge possano penalizzare la parte vittoriosa. In definitiva, un promemoria essenziale: nell’azione revocatoria, è il credito a dettare il valore della causa e, di conseguenza, l’entità dei compensi.

Come si calcola il valore di una causa di azione revocatoria ai fini delle spese legali?
Il valore della causa si determina in base all’importo del credito per il quale si agisce. La funzione dell’azione è conservativa e mira a tutelare il creditore per l’ammontare del suo credito, quindi è questo valore (il “disputatum”) che funge da riferimento per calcolare i compensi professionali, non il valore dell’immobile oggetto dell’atto revocato.

La fase istruttoria deve essere sempre liquidata nei compensi, anche se ci sono state solo memorie scritte?
Sì. Secondo la normativa (D.M. 55/2014), il compenso per la fase di trattazione è unitario e comprende anche l’istruttoria. Questo compenso spetta a prescindere dal suo concreto svolgimento e deve essere riconosciuto anche quando la fase si esaurisce con la sola redazione e scambio di scritti difensivi, senza l’assunzione di prove formali.

Cosa succede se un appellante rinuncia ad alcune delle domande iniziali durante il giudizio di appello?
Per le domande a cui si rinuncia, la sentenza di primo grado diventa definitiva e passa in giudicato, come previsto dall’art. 338 c.p.c. Il giudizio di appello prosegue unicamente per i motivi e le domande che non sono state oggetto di rinuncia, come nel caso di specie, dove l’appello è proseguito solo sulla questione delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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