Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6474 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6474 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 20785/2019 R.G. proposto da:
COGNOME C.f. LRSBMN53M21G942H, LO COGNOME NOMECOGNOME c.f. LRSNGL48T44G942W, COGNOME c.f. MTTLSN23T57G942L, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrenti
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente, ricorrente in via incidentale nonché contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma presso l’avv. NOME COGNOME nel suo studio in INDIRIZZO
contro
ricorrente
OGGETTO:
divisione –
spese del giudizio
RG. 20785/2019
C.C. 28-2-2025
avverso la sentenza n.293/2019 della Corte d’Appello di Potenza, depositata il 17-4-2019, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28-22025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Secondo quanto si legge nella sentenza di questa Corte n. 22001/2016 depositata il 31-10-2016 che aveva cassato con rinvio la sentenza n. 268/2012 della Corte d’appello di Potenza , NOME COGNOME decedette nel 1970, dopo avere disposto dei suoi beni con testamento pubblico a favore dei suoi sette figli; tra la data di apertura della successione e il 1988 decedettero tutti i figli, a eccezione di NOME lasciando a loro volta eredi diretti. Alcuni dei nipoti di NOME COGNOME figlia del figlio NOME; NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME figlie e vedova del figlio NOME; NOME e NOME figli del figlio NOME– citarono avanti il Tribunale di Potenza i fratelli e cugini, dei quali soltanto alcuni si costituirono, NOME e NOME COGNOME, figli di NOME e NOME COGNOME, vedova dello stesso, NOME COGNOME e NOME COGNOME, figli del figlio della de cuius NOME COGNOME e la vedova dello stesso NOME COGNOME.
Le attrici chiesero lo scioglimento della comunione derivante dalla successione di NOME COGNOME il convenuto NOME COGNOME eccepì la prescrizione del diritto delle controparti ad accettare l’eredità e chiese accertarsi l’acquisto in suo favore per usucapione della proprietà dei beni caduti in successione.
Con sentenza non definitiva n. 566/2003 il Tribunale di Potenza dichiarò prescritto il diritto di NOME NOME ed NOME COGNOME di a ccettare l’eredità di NOME COGNOME e rigettò la
medesima eccezione con riguardo a NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME rigettò l’eccezione di usucapione del convenuto.
I convenuti nei cui confronti era stata accolta l’eccezione di usucapione non proposero impugnazione né si costituirono nel giudizio di appello; proposero appello NOME COGNOME unitamente ad NOME COGNOME e NOME COGNOME e si costituirono nel giudizio di appello soltanto NOME COGNOME e NOME COGNOME. Con sentenza n. 268/2012 pubblicata il 15-112012 la Corte d’appello di Potenza rigettò o dichiarò inammissibili tutti i motivi di appello principale e incidentale, tra i quali anche il primo motivo di appello riferito al rigetto della tesi secondo cui NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME non erano eredi in ragione del fatto che non avevano accettato l’eredità di NOME COGNOME, figlio della de cuius in vita alla data di apertura della successione.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME unitamente ad NOME COGNOME e ad NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi e hanno resistito con separati controricorsi NOME COGNOME e NOME COGNOME anche quali eredi di NOME COGNOME mentre tutte le altre parti sono rimaste intimate.
Con la sentenza n. 22001/2016 la Corte Suprema di Cassazione ha rigettato il primo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti, lamentandosi del rigetto del loro primo motivo di appello, avevano sostenuto che le figlie di NOME COGNOME figlio di NOME COGNOME non fossero da comprendere tra gli eredi della de cuius; ha rigettato il terzo e il quarto motivo, con i quali si era dedotto il difetto del contraddittorio, ha accolto il secondo motivo, con il quale i ricorrenti avevano lamentato che la Corte d’ appello non avesse esaminato l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità nei confronti dei convenuti rimasti contumaci nel giudizio di appello; ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e ha rinviato alla
Corte d’appello di Potenza anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno riassunto il giudizio, nel quale si sono costituite soltanto NOME COGNOME e NOME COGNOME, mentre tutte le altre parti sono state dichiarate contumaci. Con sentenza n. 293/2019 pubblicata il 17-42019 la Corte d’appello di Potenza ha accolto l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità, come riproposta, con riguardo a NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME tutti quali eredi di NOME COGNOME figlio della de cuius , con riguardo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME figlio della de cuius, e nei confronti di NOME COGNOME. Ha compensato per la quota di un quinto le spese del giudizio di appello conclusosi con la sentenza cassata, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio, condannando in solido gli attori in riassunzione NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME alla rifusione a favore di NOME COGNOME e di NOME COGNOME delle spese di lite del giudizio di appello, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio per i restanti quattro quinti.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, esclusivamente per censurare la pronuncia sulla regolamentazione delle spese di lite nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, nel quale ha proposto anche un motivo di ricorso incidentale tempestivo.
NOME COGNOME ha resistito con separato controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 28-2-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Deve essere esaminato logicamente per primo il ricorso incidentale, con il quale NOME COGNOME sostiene che la pronuncia del giudice del rinvio in ordine all’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sia stata eseguita in violazione del giudicato che si era formato sulla sentenza del Tribunale di Potenza n. 566/2003, la quale già aveva accolto l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità di NOME COGNOME con riguardo a tutti i chiamati con eccezione di NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME
1.1.Il motivo è inammissibile.
La Cassazione con la sentenza n.22001/2016, accogliendo il secondo motivo di ricorso con il quale si lamentava l’omissione di pronuncia sull’eccezione di prescrizione, ha accertato che la Corte d’appello di Potenza, nel decidere l’impugnazione avverso la s entenza n. 566/2003 del Tribunale di Potenza, non aveva pronunciato sull’eccezione di prescrizione con riguardo ai convenuti rimasti contumaci nel giudizio di appello e per questo ha cassato la sentenza impugnata; in questo modo, la Cassazione ha presupposto che sull’eccezione di prescrizione relativamente a quei convenuti non si fosse formato il giudicato in forza della pronuncia di primo grado, in quanto il giudicato avrebbe comportato che l ‘eccezione di prescrizione, con riguardo a quei soggetti, non fosse stata devoluta al giudice di appello e quindi quel giudice non avesse l’obbligo di pronunciarsi sull ‘eccezione . Ne consegue che il giudice del rinvio, vincolato alla pronuncia della sentenza di cassazione con rinvio, è stato obbligato alla disamina nel merito dell’eccezione di prescrizione, senza potere rilevare alcuna questione, anche per ipotesi rilevabile d’ufficio, che non fosse stata considerata dalla Corte Suprema; a ritenere diversamente, si finirebbe nel porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza
di cassazione che ha disposto il rinvio, in contrasto con il principio della sua intangibilità (Cass. Sez. 2 10-8-2023 n. 24357 Rv. 668914-01).
2.Con il loro primo motivo di ricorso principale i ricorrenti deducono ‘ ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. Principio dell’impossibilità di condannare la parte vittoriosa a rifondere le spese di lite’ e lamentano che la sentenza impugnata, sottovalutando la rilevanza dell’eccezione di prescrizione ed evidenziando il solo dato aritmetico del rigetto delle altre istanze, abbia ritenuto di compensare le spese tra le parti costituite nei tre giudizi nella misura irrisoria di un quinto, con l’effetto di incorrere nella violazion e dell’art. 91 cod. proc. civ. Evidenziano di essere risultati vittoriosi nel giudizio di legittimità, in quanto è stato accolto il motivo essenziale relativo all’eccezione di prescrizione, e nel giudizio di rinvio, perché è stata accolta l’eccezione di pr escrizione. Sostengono che la sentenza impugnata abbia liquidato le spese di lite con esclusivo riferimento a ogni singolo grado del giudizio, attraverso una lettura superficiale ed erronea dell’effettivo svolgimento processuale, senza considerare come il motivo unico e assorbente del ritardato accoglimento dell’eccezione di prescrizione sia stata esclusivamente la strenua opposizione delle attrici NOME COGNOME.
Di seguito i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata abbia illegittimamente pronunciato sulle spese del giudizio conclusosi con la sentenza cassata, in quanto la sentenza n. 22001/2016 che ha disposto il rinvio aveva rinviato solo per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, la pronuncia sulle spese della prima sentenza d’appello non era stata impugnata ed era passata in giudicato. Sostengono di essere stati vittoriosi nel giudizio di cassazione e perciò di non poter essere condannati alla rifusione delle spese di quel giudizio; rilevano che anche nel giudizio di rinvio è stata rigettata la domanda delle
contro
parti, che solo la diligenza dei ricorrenti ha impedito l’estinzione del giudizio e che non si comprende neppure con quale criterio siano state liquidate le spese; evidenziano che la causa è stata introdotta per la divisione del patrimonio ereditario tra sette stirpi e quindi, con riferimento al valore complessivo della massa di Euro 52.000,00, la Corte d’appello doveva considerare la causa del valore di Euro 7.000,00 per ciascuna stirpe e non sulla base del valore complessivo della massa.
3.Con il secondo motivo i ricorrenti deducono ‘ ex art. 360 n. 3 c.p.c. -violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. Insussistenza della soccombenza dei ricorrenti. Opposizione delle attrici alla eccezione di prescrizione ex art. 480 c.c.” e lamentano di essere stati ritenuti soccombenti rispetto all’eccezione di prescrizione, solo da loro sollevata in primo grado e poi sostenuta fino all’accoglimento, con l’opposizione delle controparti NOME e NOME COGNOME; sostengono che il giudizio di cassa zione si sia svolto solo sull’eccezione di prescrizione esclusivamente da loro formulata ed evidenziano come tale eccezione sia stata accolta dal giudice del rinvio, che ha di conseguenza accolto l’appello che loro avevano proposto e rigettato la domanda come proposta da NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
4.Il primo e secondo motivo di ricorso principale, esaminati unitariamente in quanto aventi a oggetto le medesime questioni, sono inammissibili sotto vari profili e per il resto manifestamente infondati.
In primo luogo, si esclude che la sentenza impugnata abbia fatto erronea applicazione del principio di soccombenza.
La sentenza impugnata ha esaminato la questione della regolamentazione delle spese processuali con una serie di argomentazioni particolarmente articolate e corrette, da pag. 15 a pag. 19 della sentenza, che i ricorrenti neppure prendono in esame al fine di confutarle in modo pertinente, per cui i motivi sotto questo profilo
risultano carenti di specificità. Infatti, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ., a pena di inammissibilità delle censure, non solo di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, ma anche di raffrontarle con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che contrastano col precetto normativo (Cass. Sez. U 28-10-2020 n. 23745 Rv. 659448-01).
Inoltre, i ricorrenti lamentano che non sia stato applicato il principio della soccombenza valutato secondo l’esito del giudizio e poi, diversamente, fanno riferimento all’esito del giudizio nei diversi gradi al fine di sostenere di essere stati vittoriosi in quei gradi e di lamentare di essere invece stati condannati alla rifusione delle spese di lite per quei gradi. Al contrario, la sentenza ha enunciato e fatto corretta applicazione del principio consolidato secondo il quale la soccombenza, ai fini della liquidazione delle spese, deve essere stabilita in base a un criterio unitario e globale (Cass. Sez. U 8-11-2022 n. 32906 Rv. 666076-01, Cass. Sez. 6-3 6-10-2021 n. 27056 Rv. 662442-01, Cass. Sez. 3 12-4-2018 n. 9064 Rv. 648466-01, Cass. Sez. 3 11-6-2008 n. 15483 Rv. 603368-01, per tutte). I ricorrenti sostengono di essere stati vittoriosi per il fatto che è stata accolta la loro eccezione di prescrizione, non solo senza considerare e confutare l’analitica disamina dell’esito delle domande, dei motivi di appello e di ricorso per cassazione eseguita dalla sentenza impugnata, ma anche senza considerare il dato fondamentale e insuperabile per individuare in capo a loro la soccombenza nel giudizio: l’eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità è stata rigettata nei confronti di NOME e NOME COGNOME e sono stati rigettati tutti gli argomenti degli odierni ricorrenti volti a sostenere che le stesse non fossero eredi di NOME
NOME Specificamente, tale eccezione di prescrizione del diritto di accettare l’eredità nei confronti di NOME e NOME COGNOME e della loro madre, aventi causa del figlio della de cuius NOME COGNOME, è stata rigettata dal giudice di primo grado e la questione del fatto che le stesse fossero o meno eredi della de cuius è stata oggetto di motivo di appello e poi del primo motivo di ricorso per cassazione. Quindi, tra le parti costituite in causa, la questione della qualità di eredi di NOME NOME in capo a NOME e NOME COGNOME è stata risolta, soltanto all’esito del rigetto del primo motivo di ricorso per cassazione, a favore delle odierne controricorrenti; ciò comporta la soccombenza degli attuali ricorrenti nei loro confronti e la soccombenza è confermata dal fatto che anche l’eccezione di usucapione dei beni ereditari, proposta da NOME COGNOME al fine di opporsi alla domanda di scioglimento della comunione, è stata rigettata. Per il resto, il dato che l’eccezione di pres crizione sia stata accolta con riguardo agli altri chiamati all’eredità rimane irrilevante al fine di valutare la soccombenza tra le parti costituite in causa, essendo elemento che non incide sul diritto delle parti costituite in causa allo scioglimento della comunione, ma solo sulla determinazione dell’entità delle quote dei condividenti costituiti in causa. Invece, è il dato che l ‘ eccezione di prescrizione e le altre deduzioni volte a negare la qualità di eredi siano stata rigettate nei confronti di NOME, NOME COGNOME e della loro madre a impedire il consolidarsi dell’intero asse ereditario in capo agli attuali ricorrenti e quindi a comportare la soccombenza nel giudizio di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME nei confronti di NOME e NOME COGNOME; ciò, anche in ossequio al principio secondo il quale nei procedimenti di scioglimento della comunione trova applicazione la regola della soccombenza con riguardo alle spese che siano conseguite a inutili resistenze alla divisione (Cass. Sez. 2 24-
1-2020 n. 1635 Rv. 656848-01, Cass. Sez. 2 8-10-2013 n. 22903 Rv. 628295-01).
Dalle ragioni esposte consegue che non hanno pregio neppure le critiche alla modestia della quota di compensazione, in quanto esattamente la sentenza impugnata ha individuato la soccombenza in capo agli odierni ricorrenti e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, la determinazione della quota di compensazione ex art. 92 co. 2 cod. proc. civ., non essendo il giudice di merito tenuto neppure a rispettare una esatta proporzionalità tra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. 6-3 26-5-2021 n. 14459 Rv. 661569-01, Cass. Sez. 2 20-12-2017 n. 30592 Rv. 646611-01, Cass. Sez. 2 31-1-2014 n. 2149 Rv. 629389-01).
4.1.In ordine alle altre questioni prospettate dai ricorrenti, esattamente la sentenza impugnata ha statuito anche sulle spese del grado conclusosi con la sentenza cassata, per cui sul punto il primo motivo è manifestamente infondato.
Diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, la circostanza che la sentenza n. 22001/2016 della Cassazione, disponendo il rinvio, abbia rimesso al giudice del rinvio anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità non significa che la Corte d’appello dovesse statuire soltanto su quelle spese e non potesse disporre sulle spese del grado conclusosi con la sentenza cassata. La statuizione della Cassazione è stata eseguita ai sensi dell’art. 385 co. 3 cod. proc. civ., in quanto in forza di questa disposizione la Suprema Corte, allorché dispone il rinvio, può provvedere sulle spese del giudizio di legittimità o può rimetterne la pronuncia al giudice del rinvio e nella fattispecie ha esercitato questa seconda opzione. Invece, la statuizione sulle spese del grado conclusosi con la sentenza cassata è stata eseguita in forza del principio posto da ll’art. 366 co. 1 cod. proc. civ., secondo il quale
la cassazione parziale ha effetti anche sulle parti della sentenza dipendenti dalla parte cassata; la statuizione sulle spese del grado, in quanto accessoria e conseguenziale alla pronuncia sull’oggetto di causa, è sempre travolta dalla riforma o dalla cassazione parziale della sentenza e perciò si imponeva al giudice del rinvio anche la rinnovazione della statuizione sulle spese del grado conclusosi con la sentenza cassata e tale nuova statuizione ha integralmente sostituito la precedente pronuncia (Cass. Sez. U 4-7-2003 n. 10615 Rv. 56482901, Cass. Sez. 3 11-11-2024 n. 29056 Rv. 672654-01).
4.2.In ordine alla lamentata entità degli importi dei compensi liquidati, in via assorbente rispetto a ogni altra questione, il primo motivo risulta manifestamente infondato.
Infatti, la pretesa dei ricorrenti di determinare il valore della causa ai fini della liquidazione dei compensi a carico della parte soccombente sulla base del valore della quota di eredità spettante a ciascuna stirpe si scontra con la previsione dell’art. 12 ult. co. cod. proc. civ., secondo cui il valore della causa di divisione si determina in base a quello della massa attiva da dividere; si scontra altresì con la previsione dell’art. 5 D.M. 10 marzo 2014 n. 55 -esattamente applicato ratione temporis dalla sentenza impugnata, in quanto la liquidazione è avvenuta dopo la sua entrata in vigore (Cass. Sez. 3 13-7-2021 n. 19989 Rv. 66183901, per tutte)-, secondo cui, quando nei giudizi di divisione la controversia interessa anche la massa da dividere, si ha riguardo a quest’ultima. Nella fattispecie la controversia, in quanto avente a oggetto anche l’individuazione dei soggetti aventi la qualità di eredi e perciò aventi diritto alla divisione, interessava l’intera massa da dividere e non la singola quota.
5. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione del principio del limite della domanda (chiesto e pronunciato). Ulteriore violazione dell’art. 91
c.p.c.’; evidenziano che nel giudizio di rinvio NOME COGNOME ha chiesto la vittoria delle spese del grado e la compensazione delle spese del giudizio di legittimità e a sua volta NOME COGNOME ha chiesto la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e non ha chiesto la rifusione delle spese del giudizio di rinvio. Quindi, sostengono che la pronuncia che ha riconosciuto a loro favore le spese in termini ulteriori rispetto alla domanda sia stata emessa in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; in via subordinata, deducono che la liquidazione di compensi per intero in favore della medesima stirpe sia stata illegittima.
5.1.Il motivo è infondato.
E’ acquisito il principio secondo il quale la condanna al pagamento delle spese di lite è una pronuncia accessoria e consequenziale alla definizione del giudizio e pertanto può essere posta anche d’ufficio a carico della parte soccombente, purché non sussista una espressa volontà contraria della parte vittoriosa (Cass. Sez. 1 12-3-2003 n. 3648 Rv. 561104-01, Cass. Sez. 3 10-6-1997 n. 5174 Rv. 505079-01, Cass. Sez. U 18-11-1988 n. 6242 Rv. 460591-01) . In quest’ottica è stato enunciato anche il principio secondo il quale, qualora la parte vittoriosa in un procedimento a carattere contenzioso abbia chiesto la compensazione delle spese, la condanna del soccombente al relativo pagamento si pone in contrasto con l’art. 112 cod. proc. civ., poiché tale statuizione, nonostante abbia carattere consequenziale e accessorio e quindi debba essere emessa dal giudice anche in assenza di espressa istanza dell’interessato, può essere oggetto di rinuncia (Cass. Sez. 2 12-6-2018 n. 15326 Rv. 649173-01). Quindi, la questione è quella di individuare l’espressa volontà contraria della parte vittoriosa e cioè il ricorrere dell’ esplicita dichiarazione di volontà diretta a rinunciare al rimborso delle spese, per cui è stato anche escluso che nell’errore di individuazione del soggetto tenuto alla
rifusione delle spese sia ravvisabile una esplicita rinuncia alla richiesta di condanna della parte effettivamente obbligata (Cass. Sez. 2 3-71999 n. 6893 Rv. 528270-01).
Nella fattispecie gli argomenti dei ricorrenti non individuano tale esplicita dichiarazione di volontà diretta a rinunciare alla condanna alle spese dei soccombenti, perché la circostanza che NOME COGNOME secondo l’allegazione dei ricorrenti, non avesse chiesto la liquidazione delle spese del giudizio di rinvio era elemento che in sé imponeva la statuizione d’ufficio sulle spese. Analogamente, la circostanza che NOME COGNOME avesse chiesto la compensazione delle spese del giudizio di legittimità, accompagnandola alla richiesta di rifusione delle spese del giudizio di rinvio, non integrava una esplicita dichiarazione di rinuncia alle spese ma manifestava, al più, l’erronea convinzione di una sua soccombenza nel giudizio di legittimità, che ella voleva evitare si risolvesse a suo discapito; diversamente, non avrebbe nel contempo chiesto la rifusione delle spese del giudizio di rinvio.
Invece, gli argomenti con i quali i ricorrenti censurano l’entit à della liquidazione delle spese di lite, in via assorbente rispetto a ogni altra questione, risultano manifestamente infondati per le ragioni sopra esposte: il valore della lite è stato esattamente determinato sulla base della massa da dividere ed esattamente le spese sono state riconosciute alle due coeredi NOME COGNOME e NOME COGNOME distintamente con riguardo ai gradi del giudizio nei quali si sono costituite con diversi difensori e hanno svolto attività difensive distinte.
6.In conclusione sono rigettati il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Stante la reciproca soccombenza, sono compensate le spese del giudizio di legittimità tra i ricorrenti e la ricorrente incidentale NOME COGNOME In applicazione del principio della soccombenza, i ricorrenti devono essere condannati alla rifusione a favore della controricorrente
NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso principale e del ricorso incidentale , ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità tra i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale;
condanna i ricorrenti principali alla rifusione a favore della controricorrente NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.200,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto rispettivamente per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione