Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25324 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25324 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6458/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME (EMAIL), che lo rappresenta e difende.
-ricorrente – contro
COGNOME, elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), che lo rappresenta e difende.
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 266/2023 depositata il 09/02/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/07/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Nell’anno 2000 NOME aveva acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE un appartamento in Ancona, sovrastato da un lastrico solare in parte di proprietà di COGNOME NOME ed in parte di proprietà di COGNOME NOME.
Essendosi verificate delle infiltrazioni d’acqua in diverse stanze, nel 2010 il NOME richiedeva un accertamento tecnico preventivo, cui ne faceva seguire, persistendo le infiltrazioni , un altro nell’anno 2015, notificandolo a COGNOME NOME, a COGNOME NOME ed al Condominio di INDIRIZZO in Ancona.
Si costituiva il RAGIONE_SOCIALE, contestando ogni sua responsabilità.
1.1. Successivamente COGNOME NOME, ritenendosi vittorioso all’esito del predetto procedimento, conveniva innanzi al Tribunale di Ancona NOME NOME e, affermando l’applicabilità del principio della soccombenza anche ai procedimenti di istruzione preventiva, sul presupposto di una presunta soccombenza del COGNOME, ne chiedeva la condanna alla rifusione delle spese legali e di consulenza tecnica di parte sostenute nell’ambito dell’accertamento tecnico preventivo.
Si costituiva, resistendo, il NOME.
1.2. Con sentenza n. 1810/2017 il Tribunale di Ancona rigettava la domanda del COGNOME e lo condannava alle spese di lite.
Avverso tale sentenza il COGNOME proponeva appello; si costituiva il NOME, resistendo al gravame.
2.1. Con sentenza n. 266/2023 del 9 febbraio 2023 la Corte d’Appello di Ancona rigettava l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
Resiste con controricorso NOME NOME.
Il Consigliere delegato formulava proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. del seguente tenore: ‘I motivi di ricorso sono inammissibili per le seguenti
ragioni: 1) nella parte in cui costituiscono denuncia di vizio motivazionale sono inammissibili per la presenza di doppia conforme; 2) estraneità alla ratio decidendi , e dunque difetto di decisività, perché mentre nella sentenza di merito si intende, correttamente, il nesso di strumentalità in senso giuridico fra ATP e domanda di merito, nell’odierno ricorso la strumentalità è intesa nel senso di fatto, considerando le spese per ATP quale presupposto di fatto della domanda risarcitoria, la quale ha evidentemente una causa petendi diversa da quella che avrebbe avuto la domanda soggiacente all’ATP; 3) le spese per la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c., rientrando nelle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite, non hanno natura giudiziale, con la conseguenza che non danno luogo ad un’autonoma liquidazione da parte del giudice che ha disposto la consulenza, ma devono essere liquidate all’esito del giudizio di merito, come danno emergente, purché provate e documentate (Cass. n . 30854 del 2023)’.
4.1. Il ricorrente depositava telematicamente istanza per la decisione del ricorso.
Veniva pertanto fissata adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in più censure, il ricorrente, in relazione all’art. 360, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., denunzia: ‘A) Nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 cod. civ.; B) Omesso esame di circostanze decisive oggetto di discussione tra le parti; Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 696- 698-91-92 115-116 cod. proc. civ., 2697 cod. civ.; D) Nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 111 Cost.’.
1.1. Censura l’impugnata sentenza là dove ha affermato la non riconducibilità del giudizio instaurato da NOME al giudizio di merito
seguente la fase di istruzione preventiva, sul presupposto che i provvedimenti di istruzione preventiva sono legati da rapporto di strumentalità con l’instaurando, successivo, giudizio di merito, che dovrebbe, dall’analisi del petitum e della causa petendi , trovare fondamento nelle risultanze del precedente accertamento tecnico, mentre il giudizio svoltosi in primo grado è riconducibile ad una azione risarcitoria ex art. 2043 cod. civ., volta a far accertare la responsabilità del NOME per aver ingiustamente coinvolto il COGNOME nel procedimento di a.t.p., che non trova tuttavia fondamento nei rilievi tecnici effettuati in sede di a.t.p., ma sul diverso fondamento di aver attivato il procedimento di istruzione preventiva in assenza di validi presupposti di diritto.
Deduce che, così motivando, la corte di merito ha omesso di valutare il contenuto dell’atto di citazione dinanzi al tribunale ed in appello, come pure le richieste istruttorie funzionali alla domanda ed ha trascurato l’effettivo contenuto sostanziale della domanda stessa, chiaramente finalizzata all’accertamento della esclusione di ogni responsabilità del COGNOME per i danni lamentati dal NOME con il ricorso per a.t.p. ed alla conseguente condanna di questi alla rifusione delle spese di lite.
La corte territoriale sarebbe pertanto incorsa nella violazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., nonché nel vizio di omesso esame di circostanze decisive che sono state oggetto di discussione tra le parti nel corso del giudizio di primo grado, identificate nella prospettazione di cui all’atto di cita zione introduttivo del giudizio avanti al Tribunale di Ancona, da cui risulta che l’a.t.p. ha accertato che ‘ i danni lamentati, per stessa ammissione di parte attrice, si sono verificati sin dall’inizio, dalla consegna dell’immobile da parte dell’impresa esecutrice e quindi appare evidente che gli stessi siano attribuibili a gravi difetti di costruzione ‘ e che ‘ i sig.ri COGNOME e COGNOME sono assolutamente esclusi da ogni responsabilità per quanto verificat osi ‘, per cui COGNOME NOME non aveva ragione alcuna per coinvolgere COGNOME NOME nel procedimento di accertamento tecnico preventivo.
1.2. Lamenta, altresì, che il giudice di appello ha basato la decisione su fatti costitutivi e ragioni della domanda diversi e difformi da quelli indicate
dalla parte, incorrendo così nella violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
1.3. Deduce, ulteriormente, che l’impugnata sentenza è incorsa nella violazione ovvero errata applicazione degli artt. 696, 698, 91, 92, 115, 116 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ.; avrebbe infatti dovuto prendere in considerazione le spese dell’accertamento preventivo come spese giudiziali, in virtù del principio per cui le spese dell’accertamento vanno prese in considerazione nel successivo giudizio di merito, ove l’accertamento tecnico sarà acquisito, come spese giudiziali da porre a carico della parte soccombente (vengono richiamate Cass., 324/2017; Cass., 18918/20).
E l’applicazione di dett o principio, a dire del l’odierno ricorrente, non vieta che il giudizio di merito sia introdotto dal resistente ai fini dello scrutinio della soccombenza del ricorrente per la conseguente condanna alle spese sostenute nel precedente a.t.p.
Con il secondo motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360, n. 3, n. 4 e n. 5, cod. proc. civ., denunzia ‘A) Omesso esame di circostanze decisive, oggetto di discussione tra le parti, desumibili dal ricorso per a.t.p. del COGNOME, dalla relazione del c.t.u. 18/04/16 e dal verbale ad essa allegato, nonché dall’atto di citazione del COGNOME – Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115- 116 cod. proc. civ. – B) Nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ., 111 Cost.’.
2.1. Lamenta che la corte d’appello ha omesso di considerare, quali fatti decisivi, che già prima dell’instaurazione dell’a.t.p., precedenti accertamenti tecnici riconducevano le infiltrazioni a vizi costruttivi, per cui, perlomeno con condotta gravemente colposa, il COGNOME aveva instaurato il procedimento di accertamento tecnico preventivo nei confronti di esso esponente COGNOME, pur dovendone già conoscere la estraneità ai fenomeni infiltrativi lamentati.
2.2. Lamenta, inoltre, che, erroneamente, la corte d’appello ha escluso la riconducibilità del giudizio di merito introdotto dal COGNOME all’a.t.p. espletato in precedenza ed ha invece qualificato la domanda come autonoma azione ex art. 2043 cod. civ., così, sempre erroneamente, pervenendo a concludere che esso COGNOME non avesse assolto al relativo onere probatorio.
2.3. Deduce, infine, che ‘la pressoché totale dissociazione’ tra quanto affermato dalla corte di merito e quanto invece emergeva dagli atti rende del tutto apparente la motivazione dell’impugnata sentenza.
Con il terzo motivo il ricorrente, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., denuncia ‘Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2043, 2697 e 91 e 92, cod. civ.’.
Deduce che, secondo l’orientamento di legittimità, le spese di assistenza stragiudiziale sostenute per l’attività svolta nella fase precontenziosa, come quella di istruzione preventiva, hanno natura di danno emergente, e come tali devono essere risarcite.
La corte d’appello, non riconoscendo il risarcimento delle spese sostenute da esso esponente COGNOME nel corso dell’a.t.p., ha violato questi principi ed ha omesso di considerare che, nel proporre ricorso per accertamento tecnico preventivo, COGNOME ha colposamente intrapreso una iniziativa antigiuridica, in quanto risultata infondata, che ha arrecato al COGNOME un danno ingiusto, ossia non giustificato, costituito appunto dalle spese di assistenza legale e tecnica da questi sostenute e risultate necessarie per contrastare la iniziativa del NOME.
I tre motivi, che per la loro stretta connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
In disparte il non marginale rilievo per cui, nel primo e nel secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. in presenza di cd. doppia conforme, e dunque in violazione dell’art. 348 -ter cod. proc. civ., tutti i motivi sollecitano un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità.
L’impugnata sentenza, confermando sotto tale profilo la sentenza di primo grado, ha acclarato che gli accertamenti svolti nel giudizio di istruzione preventiva non consentivano di acclarare alcuna condotta del NOME tale da determinare un danno ingiusto meritevole di risarcimento.
Nel primo motivo, inoltre, non viene dedotta correttamente né la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., che attengono all’interpretazione di un atto negoziale secondo le regole di ermeneutica
contrattuale e non, come invece prospettato dal ricorrente, all’interpretazione degli atti processuali, né la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dato che per consolidato orientamento di legittimità il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato deve ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione, attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum , rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo ( causa petendi ) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda (cfr. Cass. 19 giugno 2004 n. 11455; Cass. 6 ottobre 2005 n. 19475; Cass. 11 gennaio 2011 n. 455; Cass. 24 settembre 2015 n. 18868), mentre l’interpretazione delle domande, eccezioni e deduzioni delle parti dà luogo ad un giudizio di fatto riservato al giudice di merito.
In particolare, poi, il secondo ed il terzo motivo risultano vieppiù infondati, dal momento che, pur correttamente evocando il principio di diritto per cui ‘Le spese per la consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ., rientrando nelle spese stragiudiziali sopportate dalla parte prima della lite, non hanno natura giudiziale, con la conseguenza che non danno luogo ad un’autonoma liquidazione da parte del giudice che ha disposto la consulenza, ma devono essere liquidate all’esito del giudizio di merito, come danno emergente, purché provate e documentate’ (Cass., n. 30854 del 06/11/2023), pretendono di applicarlo in una ipotesi in cui non sussiste -ed è stata esclusa dall’impugnata sentenza -la strumentalità tra l’espletato a.t.p. richiesto dal NOME e la causa instaurata ex art. 2043 cod. civ. dal COGNOME, come da condivisibile rilievo della proposta di definizione accelerata, per cui nella impugnata sentenza si intende, correttamente, il nesso di strumentalità in senso giuridico fra a.t.p. e domanda di merito, mentre nell’odierno ricorso la
strumentalità è intesa di fatto, cioè considerando le spese per a.t.p. quale presupposto di fatto della domanda risarcitoria, la quale ha evidentemente una causa petendi diversa da quella che avrebbe avuto la domanda soggiacente all’a.t.p.
In conclusione, il ricorso va definito conformemente alle condivisibili ragioni illustrate nella proposta di definizione anticipata, come sopra integralmente riportate, e va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
Inoltre, il ricorrente, in forza del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ., deve essere condannato ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, nella misura parimenti indicata in dispositivo, nonché, ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. al pagamento di una ulteriore somma, sempre liquidata in dispositivo, in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.400,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, della somma di euro 700 ,00, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 500,00 , ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione