Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25751 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25751 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/09/2024
Oggetto: Indebito arricchimento -Struttura sanitaria accreditata -credito prestazioni erogate nell’ambito del SSN (analisi chimico-cliniche) -Superamento del tetto massimo di spesa – Onere della prova -Gravante sulla parte debitrice (RAGIONE_SOCIALE sanitaria locale).
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25353/2021 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME e del RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE , in persona del RAGIONE_SOCIALE rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, giusta procura speciale in calce al ricorso, con domicilio ex lege in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL; EMAIL);
-ricorrente – contro
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r.g.n. 25353/2021
Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE, in persona del rappresentante RAGIONE_SOCIALE pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO , giusta procura speciale in calce al controricorso, con domicilio eletto in Roma, presso lo RAGIONE_SOCIALE, INDIRIZZO (pec: EMAIL);
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di CATANIA n. 1417/2021, pubblicata il 28 giugno 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2024 dalla Consigliera, dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d ‘a ppello di Catania ha rigettato l’impugnazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. NOME COGNOME e del RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE (giudizio riassunto a seguito della declaratoria di giurisdizione dell’ a.g.o. da parte della Corte d’appello di Catania con sentenza n. 399/2013) avverso la sentenza del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE n. 248/2019 che, a sua volta, aveva accolto l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE, revocando il decreto ingiuntivo opposto.
Per quanto ancora qui di rilievo, la pretesa monitoria si fondava sul decreto ingiuntivo n. 357/2008 emesso dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE con cui il predetto RAGIONE_SOCIALE aveva intimato alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il pagamento del saldo delle prestazioni rese nel periodo gennaio -novembre 2007, quantificato nell’importo complessivo di Euro 142.057,54, oltre interessi moratori; la Corte d’appello ha ritenuto di condividere la decisione di primo grado nel non ritenere fondata la pretesa avanzata in via monitoria riguardante la differenza tra l’intero fatturato e quello liquidato applicando lo sconto tariffario .
Avverso la sentenza della Corte di Appello di RAGIONE_SOCIALE, il RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in nove motivi. Ha risposto con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE .
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Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
La parte ricorrente e la parte resistente hanno depositato rispettive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente RAGIONE_SOCIALE lamenta con il primo motivo di ricorso, la ‘ V iolazione di legge e/o nullità della sentenza e/o procedimento ex art. 360 c.p.c. 1. nn. 3 e 4 – Travisamento di fatti che, vertendo su un punto decisivo ha messo in crisi in modo irreversibile il percorso argomentativo del giudice/omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c. 1. n 5. ‘ ; in particolare, evidenzia che la sentenza impugnata non ha colto l’esatto oggetto del contendere e che ciò avrebbe viziato il percorso argomentativo della decisione, determinandone la nullità; difatti, a fronte di un credito certo, liquido ed esigibile, portato dalle rispettive distinte riepilogative relativo al periodo gennaio/novembre 2007, l’RAGIONE_SOCIALE sin dal primo atto aveva eccepito che le prestazioni di cui trattasi non erano state corrisposte in quanto ritenute extra budget e cioè in misura eccedente il tetto di spesa per l’anno 2007, mentre il Tribunale prima e la Corte d’appello poi , travisando i fatti e i documenti oggetto di lite, avevano ritenuto che fosse quella delle Tariffe/sconti l’eccezione su cui l’RAGIONE_SOCIALE aveva fondato la propria opposizione;
1.2. Il primo motivo di ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.
1.2.1. È inammissibile poichè la parte ricorrente, pur denunciando allo stesso tempo vizi di violazione di norme, motivazionali e di omessa pronuncia, addebita in concreto alla Corte territoriale un’erronea valutazione, un travisamento del materiale probatorio introRAGIONE_SOCIALEo nel giudizio, sicché la complessa censura ricade nel perimetro di azione del vizio motivazione ed è agevole, in proposito, rilevare in via generale che la censura non scalfisce il percorso argomentativo che non appare affatto anomalo o contestabile.
Nello specifico, il denunciato travisamento di fatti e documenti istruttori non integra un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che abbia
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formato oggetto di discussione tra le parti, se il fatto storico -come avvenuto nella specie – costituito dalla pretesa del RAGIONE_SOCIALE ricorrente di sottrarsi agli effetti del meccanismo degli sconti tariffari, sia stato comunque esaminato.
1.2.2. Né poi può esser taciuto e in questo senso il motivo non è fondato, che esso si risolve nel mero reiterare in questa sede le doglianze poste a fondamento del primo e secondo motivi d’appello mostrando di non confrontarsi, né con quanto ritenuto dal Giudice di prime cure che ha motivato l’accoglimento dell’opposizione e, q uindi, per converso, l’infondatezza della pretesa del RAGIONE_SOCIALE ricorrente, appellandosi alla tassatività del disposto normativo risultante dalla l. 296/2006 e alla piena espansione del meccanismo tariffario degli sconti una volta cessati gli effetti delle sospensive aRAGIONE_SOCIALEate in sede amministrativa, né con quanto ritenuto dalla Corte territoriale a conferma del decisum di prime cure, la quale ha debitamente richiamato quanto affermato dalla giuridprudenza di legittimità a proposito del meccanismo dello sconto tariffario in questione.
Al riguardo, questa Corte ha difatti evidenziato che «da un lato, detta disciplina ex lege costituisce la risultante di un bilanciamento a cui il legislatore ha inteso procedere tra le esigenze, di garantire egualmente a tutti i cittadini e salvaguardare sull’intero territorio RAGIONE_SOCIALE il diritto fondamentale alla salute nella misura più ampia possibile e di rendere compatibile la spesa sanitaria con la limitatezza delle disponibilità finanziarie che è possibile ad essa destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi da realizzare in questo campo (Corte Cost. sent. 94 del 1990), onde l’imperatività di essa e la cogenza che ne segue per le amministrazioni regionali sarebbe difficilmente controvertibile; dall’altro, che nella parabola vissuta dall’istituto nel tormentato teatro siciliano il D.A. 27.2.2008 n. 336 si era inRAGIONE_SOCIALEo a ripristinare il regime tariffario al netto degli sconti solo al fine di recepire gli effetti della sospensiva disposta dal giudice amministrativo dei precedenti DD.AA. 29.8.2007 n. 1745 e 28.9.2007 n. 1977, recettivi come detto dello sconto tariffario ex lege 796/2006, donde la sua efficacia era condizionata alla definizione del contenzioso riguardo a questi ultimi, di modo
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che al verificarsi della condizione risolutiva in esso prevista quale conseguenza della reiezione dei ricorsi avverso i predetti DD.AA. e quindi al venir meno degli effetti delle sospensive ivi aRAGIONE_SOCIALEate la temporanea sospensione degli sconti tariffari ha cessato di produrre ogni effetto ed ha ripreso pieno vigore il relativo meccanismo e con esso anche la riserva di ripetizione delle maggiori somme erogate in pendenza della sospensiva pure contenuta nel D.A. 336/2008» (v. sentenza impugnata pagg. 6 e 7, ove viene citata espressamente: Cass. Sez. 1, 10/07/2020 n. 14778; in senso conforme, tra tante, Cass. Sez. 6 – 1, 05/10/2021 n. 27007; Cass. Sez. 1, 22/03/2023 n. 8190).
Pertanto, la Corte d’ appello di Catania non ha commesso alcun errore o travisamento dei fatti nella individuazione dell’oggetto della controversia ed il motivo in esame va integralmente disatteso.
Con il secondo motivo denuncia ‘ In applicazione dell’art. 360 cpc. Comma 1, n. 3 ‘ la ‘ Violazione o falsa applicazione di legge in relazione alla data di operatività in Sicilia del tariffario ‘Bindi’, prevista dal Decreto Assessoriale del 28 settembre 2007 n. 1977 ‘ ; evidenzia di aver sostenuto che la sentenza di prime cure fosse ‘errata nella parte in cui ha ritenuto accogliere l’opposizione sul presupposto che andassero applicate all’intero credito ingiunto (gennaio – novembre 2007) i valori tariffari stabiliti dal D.A. n. 1977 del 2007′ (cfr. pag. 5/6 dell’ atto di appello) e che la sentenza d’appello non aveva tenuto assolutamente conto del fatto che all’epoca del deposito del decreto ingiuntivo e sino alla data di pubblicazione del D.A 170/2013, il D.A. 1799/07 era applicato il tariffario regionale.
Con il terzo motivo lamenta ‘ In applicazione dell’art. 360 cpc., comma 1 n. 3 ‘ la ‘ Violazione o falsa del principio del legittimo affidamento e dell’irretroattività dell’azione amministrativa. Motivazione insufficiente e/o perplessa ‘ ; in particolare, denuncia (con riguardo al primo motivo di appello) che la Corte d’appello ha altresì errato nel ritenere legittima l’applicazione del tariffario Bindi con decorrenza dal primo gennaio 2007, senza considerare che l’RAGIONE_SOCIALE aveva proceduto alle decurtazioni , oggetto di ingiunzione, a causa della
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RAGIONE_SOCIALE tardiva fissazione di un più penalizzante tetto di spesa in linea con il D.A. 22.11.2007, senza tenere adeguatamente conto dei principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa sulla illegittimità del taglio retroattivo dei tetti di spesa.
4. con il quarto motivo denuncia ‘ In applicazione dell’art. 360 cpc., comma 1 n. 3 ‘ la ‘ Violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’applicazione del DA n. 336 del 2008 che aveva sospeso l’applicazione delle tariffe scontate di cui alla citata legge RAGIONE_SOCIALE n. 296 del 2006 e del DA 170/2013, nonché in relazione all’applicazione del D.A. 1977/07 e del D.A. 22.11.2007 ‘ ; in particolare, contesta quanto motivato dalla Corte territoriale ( in merito al terzo motivo d’appello ) in quanto nella fattispecie in esame assume di aver provato il proprio credito in virtù delle non contestate distinte riepilogative, mentre l’RAGIONE_SOCIALE non avrebbe giustificato le decurtazioni;
4.1. Il secondo, il terzo e il quarto motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in virtù del nesso di connessione risultante anche della stessa prospettazione formulatane dalla parte ricorrente, sono tutti e tre inammissibili e vanno disattesi.
Anche con essi, la parte ricorrente denuncia, nel contempo, vizi di violazione di norme, vizi motivazionali e nullità processuali, deRAGIONE_SOCIALEi attraverso la pretesa insufficienza, perplessità dell’esame del materiale probatorio introRAGIONE_SOCIALEo nel giudizio, sicché anch’essi ricadono nel perimetro di azione del vizio motivazione ed è ancora sufficiente, in proposito, rilevare che il percorso argomentativo non appare viziato.
I motivi inoltre attengono a profili di fatto e tendono a suscitare dalla Corte di cassazione un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello formulato dalla Corte di appello, omettendo di considerare che tanto l’accertamento dei fatti, quanto l’a pprezzamento – ad esso funzionale – delle risultanze istruttorie è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad
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RAGIONE_SOCIALE esse sottesi (Cass. 04/07/2017, n. 16467; Cass.23/05/2014, n. 11511; Cass. 13/06/2014, n. 13485; Cass. 15/07/2009, n. 16499).
Come di recente ribadito da questa Corte (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 4832 del 2024; n. 10311/2023, n. 13367/2018 e n. 25845/2017), con orientamento cui va assicurata continuità per l’intrinseca coerenza tra le premesse e le conclusioni e la piena condivisi bilità dell’impostazione ermeneutica, la disciplina dettata dall’art. 1, comma 796, lett. o) della legge n. 296/2006 va interpretata nel senso che la potestà tariffaria delle Regioni si esercita nell’ambito delle tariffe massime fissate dell’autorità minis teriale, il cui superamento comporta che l’eventuale eccedenza resta a carico dei bilanci regionali, con la conseguenza che lo sconto trova applicazione sulla tariffa fissata in concreto dalla Regione nell’ambito della soglia massima determinata dal decreto ministeriale. Ed è stato altresì precisato (cfr. Cass. n. 17014/2022; n. 27366 e n. 3676/2020; n. 10582/2018) che la predetta disposizione non può trovare applicazione oltre il triennio 2007-2009, rilevando che: a) la sua vigenza non ha costituito oggetto di proroga da parte del d.l. n.248/2007, convertito con modificazioni dalla legge n. 31/2008; b) il legislatore con l’art. 79 del d.l. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n.133/2008, ha introRAGIONE_SOCIALEo l’obbligo di adeguamento delle tariff e secondo i costi standard delle prestazioni, in tal modo manifestando la volontà di superare definitivamente la disciplina transitoria e sommaria della tariffazione forfetaria, in quanto inadeguata a garantire una efficiente ed imparziale allocazione delle risorse.
D’altra parte, il carattere transitorio della disciplina in materia di sconti tariffari, risultante dall’art. 1, comma 796, lett. o), 1. 296/2006, trova conferma in quanto statuito successivamente dal Giudice delle leggi, che, nel confutare le riserve esternate in ordine alla ragionevolezza della norma (cfr. Corte cost. n. 94/2009 e n. 243/2010), ha fatto notare come nel relativo scrutinio «assuma rilievo il carattere transitorio della norma», senza rimarcare alcun elemento argomentativo che possa porsi a fondamento della tesi per cui la transitorietà della norma debba ritenersi prorogata sine die, sino, cioè, ad
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AVV_NOTAIO un termine altrimenti imprecisato, piuttosto che essere ancorata all’incipit di essa che ne fissa chiaramente la durata nell’arco di un triennio (da ultimo, Cass. Sez. 3, 3/04/2024 n. 8845).
A fronte di tale univoco e consolidato orientamento, il ricorso non offre nuovi elementi validi per un suo eventuale mutamento, in quanto riporta argomentazioni già vagliate ed analizzate da questa Corte nell’ambito degli altri giudizi aventi ad oggetto l’interpretazione dell’art. 1, comma 796, lettera o), della legge n. 296 del 2006. In definitiva, dando applicazione a detto orientamento, la Corte territoriale ha correttamente affermato che lo sconto previsto dalla legge n. 296/2006, non essendo applicabile dopo il triennio 2007/2009, è invece applicabile nel caso di specie nel quale era in discussione l’esistenza o meno dello sconto rispetto a prestazioni di specialistica ambulatoriale rese dal gennaio al novembre 2007.
5. Con il quinto motivo denuncia ‘In relazione all’art. 360 cpc., comma 1 n. 3’ la ‘Violazione o falsa applicazione delle norme di diritto sull’onere della prova (art. 2697 c.c.). Vizio di ultrapetizione. Omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione illegittimo ai se nsi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.’; il ricorrente RAGIONE_SOCIALE, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello circa la questione dell’onere della prova (che ha ritenuto gravare sul RAGIONE_SOCIALE medesimo), sottolinea che le eccezioni dell’RAGIONE_SOCIALE non si riferivano esclusivamente al diverso valore tariffario ma soprattutto all’eccepito mancato pagamento delle somme ingiunte in quanto somme che avevano travalicato il tetto di spesa.
5.1. Il quinto motivo è anch’esso inammissibile
.
Il RAGIONE_SOCIALE ricorrente mostra di non aver compreso la ratio decidendi della decisione impugnata con cui la Corte d’appello ha ritenuto in modo espresso che la censura recata dal terzo motivo di appello fosse assorbita poiché posta in via meramente alternativa stante che la motivazione della sentenza di prime cure aveva ritenuto carente di prova la domanda monitoria (pag. 7 della sentenza impugnata).
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6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia ‘ In riferimento all’art. 360 cpc., comma 1 nn. 1, 3 e 5, Violazione dell’art. 116 c.p.c., per omesso esame del fatto decisivo per il giudizio. Omessa pronuncia sulla questione dell’extra budget ritenuta dal giudice d’appello (er roneamente) assorbita dalla questione relativa ‘alla diversa valorizzazione delle tariffe’ e comunque di comp etenza del giudice amministrativo ‘ ; nello specifico, contesta che sia stata assorbita la questione dell’ extra budget nonostante rappresenti la vera ragione del mancato pagamento del credito ingiunto.
6.1. Inammissibile inoltre il sesto motivo.
Va in proposito richiamato l’orientamento espresso da questa Corte che ha affermato che ove l’azienda sanitaria comunichi alla struttura accreditata il limite di spesa stabilito per l’erogazione delle prestazioni sanitarie, manifesta implicitamente la sua contrarietà ad una spesa superiore, ovvero a prestazioni ulteriori rispetto a quelle il cui corrispettivo sarebbe rientrato nel predetto limite; pertanto, l’arricchimento che la RAGIONE_SOCIALE consegue dall’esecuzione delle prestazioni extra budget assume un carattere “imposto” che preclude l’esperibilità nei suoi confronti dell’azione di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c..
Allo stesso tempo, questa Corte ha affermato che in tema di pretese creditorie della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate nell’ambito del Servizio RAGIONE_SOCIALE, fa capo alla struttura medesima l’onere della prova dell’esistenza di risorse disponibili per la remunerazione delle prestazioni eseguite extra budget , essendo per la P.A. l’osservanza del tetto di spesa in materia sanitaria un vincolo ineludibile (v. Cass. Sez. 3, 06/07/2020, n. 13884).
Tanto richiamato, il ricorrente ne l denunciare ‘l’omesso esame’ non tiene conto che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto
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di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 28887 del 08/11/2019).
Pertanto, la Corte territoriale ha tenuto nella dovuta considerazione la questione delle tariffe applicabili per la corretta determinazione del fatturato, come pure del tetto massimo di spesa che, in ogni caso, rappresentava un limite ineludibile.
Con il settimo motivo denuncia ‘ In riferimento all’art. 360 cpc., comma 1 nn. 3 e 5: v iolazione dell’art. 116 c.p.c., per omesso esame del fatto decisivo relativamente rappresentato dalla derogabilità dei tetti di spesa per espressa previsione normativa. Violazione dell’art. 5 e 2 del D.A. n . 2547 ‘ ; nello specifico, il ricorrente ribadisce che la propria domanda sulla condanna al pagamento degli interessi moratori non era limitata al credito ingiunto, quanto piuttosto alla corresponsione degli interessi maturati su tutti gli importi liquidati dalla RAGIONE_SOCIALE per le prestazioni erogate nel periodo in contestazione (gennaio/novembre 2007) e denuncia che, nonostante ciò, il giudice del gravame con motivazione illogica ha ritenuto di non doversi pronunciare.
7.1. Inammissibile pure il settimo motivo.
La Corte territoriale ha ritenuto che non fosse stata proposta la domanda sugli interessi di mora di cui l’appellante si è doluto (pag. 8 della sentenza impugnata).
La doglianza proposta con il ricorso in esame, oltre ad essere generica, appare formulata avverso altra pronuncia della Corte territoriale non riferita alla controversia in esame (v. pag. 35 del ricorso rispetto a quanto affermato dalla sentenza impugnata a pag. 8) di tal che l’estraneità della questione della spettanza degli interessi moratori sugli importi già pagati dall’RAGIONE_SOCIALE rispetto all’oggetto del presente giudizio.
Con l’ottavo motivo lamenta ‘ In riferimento all’art. 360 cpc., comma 1 nn. 3 e 5: violazione dell’art. 116 c.p.c., per omesso esame del fatto decisivo per il giudizio relativamente rappresentato dalla derogabilità dei tetti di spesa per espressa previsione normativa. Violazione dell’art. 5 e 2 del NUMERO_DOCUMENTO e dell’errore di calcolo compiuto dall’Asp relativamente alla
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RAGIONE_SOCIALE liquidazione del budget con esclusione della quota ‘ticket’ e di non ben precisati riscontri sanitari ‘ ; in particolare, il RAGIONE_SOCIALE ricorrente denuncia sempre con riferimento al quinto motivo di appello l’errore logico in cui sarebbe incorsa la Corte d ‘ appello, nonostante che la RAGIONE_SOCIALE controparte ‘anche nella comparsa di costituzione del giudizio di appello ribadisce di avere trattenuto le somme del ticket rispetto al b udget assegnato sul presupposto che quest’ultimo su cui conteggiare le prestazioni da pagare doveva essere considerato al netto del ticket già corrisposto dagli assistiti (affermando espressamente va considerato ‘al netto del ticket’ (sommatoria di ticket percepiti e detrazioni per riscontri sanitari)’ ;
8.1. L’ottavo motivo è inammissibile perché , per un verso, propone una doglianza nuova con cui assume la illegittimità del provvedimento tetto budget 2007 sulla quale non è stato proposto motivo appello e per l’altro verso, neppure appare in tema rispetto a quanto motivato dal Giudice d’appello riguardo al sesto motivo di gravame (v. pag. 36 in ricorso posto in relazione alle pagg. 8-12 della sentenza impugnata punti 7 e 8 della motivazione).
Con il nono motivo lamenta la ‘ Erroneità della sentenza nella pronuncia di condanna alle spese di lite. Violazione e/o falsa applicazione del criterio della soccombenza ‘ .
9.1. Inammissibile, infine, il nono e ultimo motivo.
La Corte d’appello ha provveduto adeguatamente in merito alle spese di lite secondo il principio di soccombenza.
Neppure, infine, può essere valorizzato quanto affermato nella memoria illustrativa, non avendo parte ricorrente con essa offerto argomenti ulteriori rispetto a quelli contenuti nel ricorso oppure particolari ragioni di dissenso, essendosi limitata ad argomentare nuovamente in fatto, confermando le ragioni secondo cui il ricorso va integralmente rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità vengono poste a carico della parte ricorrente e liquidate secondo il principio della soccombenza come da dispositivo.
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La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controricorrente, che si liquidano in complessivi Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 30 aprile