Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18433 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18433 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 29330/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE DI RAGIONE_SOCIALE, p.i. P_IVA, in persona dei soci e amministratori NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE p.i. 02122850692, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n.1317/2020 della Corte d’ appello d ell’Aquila , depositata il 12-10-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 11-6-2025 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO:
appalto
RG. 29330/2020
C.C. 11-6-2025
FATTI DI CAUSA
1.In accoglimento del ricorso ex art. 633 cod. proc. civ. di RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Pescara ha ingiunto a RAGIONE_SOCIALE di pagare alla ricorrente Euro 6.050,00, oltre interessi ex art. 5 d.lgs. 231/2002 e spese del procedimento, quale saldo per la fornitura e il montaggio di arredi.
Avverso il decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione, che il Tribunale di Pescara con sentenza n. 1053/2016 pubblicata il 15-6-2016 ha integralmente rigettato.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello, che con sentenza n. 1317/2020 depositata il 12-10-2020 la Corte d’appello dell’Aquila ha accolto, revocando il decreto ingiuntivo e rigettando la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE
La sentenza ha dichiarato che bastava esaminare il preventivo di spesa per comprendere che l’incontro delle volontà era avvenuto tra RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME le cui sottoscrizioni erano in calce al documento; quindi ha dichiarato la domanda proposta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE non poteva essere accolta; ha specificato che non si trattava di un difetto di legittimazione passiva, perché la domanda era stata correttamente proposta verso il soggetto che, secondo la tesi attorea, aveva assunto l’obbligazione, ma di infondatezza della domanda nel merito, in quanto il preventivo riferito alle opere per cui era causa era stato sottoscritto da NOME COGNOME in proprio e non nella qualità di legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE; ha aggiunto che non poteva sostenersi che RAGIONE_SOCIALE avesse rinunciato in appello alla relativa eccezione, in quanto aveva testualmente scritto, nelle conclusioni dell’atto di appello «…che la RAGIONE_SOCIALE, se legittimata passiv a, è legittimata alla proposizione dell’eccezione di inadempimento ».
2.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, con il quale ha formulato due motivi ricorso incidentale.
RAGIONE_SOCIALE ha replicato con controricorso al ricorso incidentale.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 11-6-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, proposto deducendo la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ., la ricorrente, riproducendo nel corpo del motivo l’atto di appello di RAGIONE_SOCIALE, sostiene che l’appello avrebbe d ovuto essere dichiarato inammissibile per mancanza di specificità dei motivi.
1.1.Il motivo è infondato.
Secondo l’indirizzo della Cassazione a Sezioni Unite, gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. nel testo formulato dal decreto legge 83/2012 conv. con mod. dalla legge 132/2012 vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. U 13-12-2022 n. 36481 Rv. 666375-01, Cass. Sez. U 16-11-2017 n. 27199 Rv. 645991-01).
Nella fattispecie l’appello affiancava alla parte volitiva la parte argomentativa, perché l’appellante società RAGIONE_SOCIALE non solo aveva individuato gli errori che imputava alla sentenza impugnata, riferiti alla pronuncia sulla sua eccezione di difetto di legittimazione passiva e all’erroneo accertamento dei fatti di causa ; aveva anche esposto le argomentazioni in forza delle quali aveva ritenuto che le statuizioni fossero state erronee, con riguardo al fatto che, nel momento in cui aveva rigettato l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, il giudice non poteva anche ritenere che la società non fosse legittimata a eccepire l’inadempimento e con riguardo al fatto che erano stati dimostrati in causa i vizi del mobilio e la tempestiva denuncia dei vizi; le deduzioni, in quanto sufficientemente specifiche, erano idonee a devolvere al giudice d’appello la decisione su quelle questioni e sulle domande.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. dell’art. 346 cod. proc. civ. ; dichiara che in primo grado l’opponente Meditek aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, ma l’eccezione era stata rigettata dal Tribunale e non era stata riproposta con l’atto di appello, nel quale l’appellante aveva svolto argomenti incompatibili con l’eccezione; infatti, evidenzia che RAGIONE_SOCIALE si è limitata a prendere atto della decisione sulla questione della legittimazione e a sostenere di avere titolo per fare valere la garanzia per i vizi delle opere, per cui era precluso al giudice di appello esaminare nuovamente la questione della legittimazione.
2.1.Il motivo è inammissibile, perché non coglie la ratio della sentenza impugnata.
La sentenza ha espressamente dichiarato che non poteva essere accolta la domanda in quanto il contratto non era stato concluso dalla società RAGIONE_SOCIALE e non si trattava di questione di difetto di legittimazione passiva, in quanto la domanda era stata correttamente
proposta verso il soggetto che, secondo la tesi attorea, aveva assunto l’obbligazione, ma di infondatezza della domanda nel merito, in quanto il contratto era stato concluso da NOME COGNOME persona fisica. Con questo contenuto, la sentenza ha preso atto che la questione della legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE era acquisita in causa e non era più in discussione, ma ha esaminato la diversa questione della titolarità del rapporto controverso, che ha escluso facesse capo a RAGIONE_SOCIALE. Ciò, sulla base della tradizionale distinzione tra la legitimatio ad causam, attiva e passiva, consistente nella titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto secondo la prospettazione della parte, e l’effettiva titolarità del rapporto controverso, che attiene al merito (Cass. Sez. 1 27-3-2017 n. 7776 Rv. 644832-01, Cass. Sez. L 12-8-2016 n. 17092 Rv. 640784-01, per tutte).
3.Con il terzo motivo, intitolato con riferimento alla violazione degli artt. 81 e 100 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta che la sentenza abbia escluso la titolarità passiva del rapporto controverso, senza considerare che RAGIONE_SOCIALE non solo era stata destinataria delle fatture emesse da RAGIONE_SOCIALE per gli acconti, ma aveva anche eseguito i relativi pagamenti, aveva poi interloquito con l’appaltatrice riservandosi di corrispondere il corrispettivo residu o, aveva contestato l’opera con note del 17 -102012 e del 22-12-2012. Specificamente la ricorrente evidenzia, riproducendone nel ricorso anche il testo, che con la missiva 22-122012 -documento 7 allegato alla memoria autorizzata di data 26-1122013- sottoscritta da NOME COGNOME quale legale rappresentante di Meditek, era stata comunicata la risoluzione del contratto per grave inadempimento della società appaltatrice ed era stata chiesta anche la restituzione degli accolti versati, e perciò era stata eseguita attività che
poteva svolgere solo l’effettiva contraente e non la semplice beneficiaria dell’appalto.
3.1.Il motivo, laddove proposto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., è fondato con riguardo all’omesso esame del fatto decisivo riferito alla comunicazione della risoluzione del contratto eseguita dalla società con la missiva del 22-12-2012.
Posto che il motivo ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. è formulato in modo ammissibile, in quanto la ricorrente indica in modo preciso quando aveva prodotto il documento in questione, ne esamina in modo compiuto il contenuto e specifica anche in quali atti di causa lo aveva valorizzato, sia in primo grado che in secondo grado, il motivo è altresì fondato per il fatto che la sentenza ha omesso qualsiasi disamina del fatto risultante dal documento. Invece, il fatto emergente dal documento era decisivo, in quanto soltanto la parte che aveva concluso il contratto poteva chiederne la risoluzione e la restituzione degli importi pagati; quindi, la sentenza avrebbe dovuto verificare se l’affermazione secondo la quale il contratto era stato concluso con la persona fisica di NOME COGNOME resistesse anche a fronte delle risultanze della missiva 22-12-2012.
4.Con il quarto motivo, proposto deducendo la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1362, 1388 e 1399 cod. civ., la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che la scrittura privata di cui al preventivo vincolasse NOME COGNOME in proprio, senza considerare che nei contratti per i quali non è richiesta la forma scritta l’esternazione del potere rappresentativo può avvenire anche senza espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato; aggiunge che sussistono elementi tali da fare ritenere indubbia l’esternazione del potere rappresentativo, con riguardo al pagamento degli acconti da parte di RAGIONE_SOCIALE, alle fatture emesse a suo carico, alla circostanza che le opere erano destinate alla sede della
società. Rileva che anche l’applicazione dell’art. 1362 co. 2 cod. civ. avrebbe dovuto condurre a tale soluzione, in quanto dal comportamento complessivo delle parti anche successivo alla conclusione del contratto risultava che il legale rappresentante della società aveva agito in nome e per conto della stessa; infine sostiene che vi erano anche i presupposti per ritenere che RAGIONE_SOCIALE avesse ratificato il contratto.
4.1.Il motivo è fondato sotto il profilo della dedotta falsa applicazione dell’art. 1388 cod. civ., che risulta assorbente rispetto a tutti gli altri.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto fosse stato concluso da NOME COGNOME in proprio esclusivamente per il fatto che lo stesso aveva sottoscritto il preventivo ‘in proprio e quale persona fisica, e non nella qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, e cioè senza spendere il nome della società ; sulla base di questo dato, definito ‘così pregnante’ , ha espressamente dichiarato che erano irrilevanti gli altri elementi. In questo modo la sentenza in sostanza ha erroneamente ritenuto che la spendita del nome della società dovesse necessariamente risultare dall’atto scritto, nonostante il contratto concluso non richiedesse la forma scritta né ad substantiam né ad probationem e quindi ha erroneamente applicato le disposizioni sulla rappresentanza . Infatti, è già stato enunciato e deve essere data continuità al principio secondo il quale, nei contratti a forma libera, l’esternazione del potere rappresentativo non richiede la espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato o formule sacramentali, ma può essere manifestata anche attraverso comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente (Cass. Sez.
2 10-9-1019 n. 22616 Rv. 655238-01, Cass. Sez. 1 31-3-2011 n. 7510 Rv. 617392-01, Cass. Sez. 3 30-6-2005 n. 13978 Rv. 582750-01); è stato altresì enunciato il principio secondo il quale è sufficiente che anche dalle modalità e dalle circostanze con cui il soggetto ha svolto l’attività negoziale e dalla struttura e dall’oggetto del negozio i terzi possano riconoscerne l’inerenza all’impresa sociale sì da potere presumere, secondo i criteri correnti nella vita degli affari, che l’attività è espletata nella qualità di rappresentante di altro soggetto (Cass. Sez. L 16-11-2010 n. 23131 Rv. 615558-01).
5.Con il suo primo motivo la ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1460, 1667 e 2697 cod. civ., evidenziando come RAGIONE_SOCIALE non abbia dato prova di avere eseguito le opere commissionate a regola d’arte e come, al contrario, la c.t.u. svolta in altro giudizio e prodotta in causa dimostri i vizi della fornitura.
6.Con il suo secondo motivo la ricorrente incidentale deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. in ordine all’omesso esame della c.t.u., attestante anche i costi per il ripristino.
7.Entrambi i motivi di ricorso incidentale, in quanto hanno oggetto questioni rimaste assorbite nel giudizio di appello, non possono essere esaminati in questa sede e ineriscono a questioni che potranno essere riproposte nel giudizio di rinvio.
8.In conclusione, sono accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso principale, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e il rinvio alla Corte d’appello dell’Aquila, che deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo di ricorso principale, rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso principale, assorbito il ricorso
incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello dell’Aquila in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione