Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 216/2024 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, domicilio digitale come per legge
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Napoli n. 2229/2023, pubblicata in data 17 maggio 2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4 aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOMECOGNOME COGNOME
Fatti di causa
Con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., BPER Credit Management S.C. p.a., quale mandataria di BPER Banca s.p.a., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, RAGIONE_SOCIALE chiedendo sia la risoluzione del contratto di locazione finanziaria concluso dalle parti nel gennaio 2007, come integrato e modificato in data 21 marzo 2013, avente ad aggetto un complesso immobiliare adibito a casa di cura, per essersi la utilizzatrice resa morosa nel pagamento dei canoni pattuiti, sia la condanna della convenuta alla restituzione del bene.
La convenuta eccepiva la nullità del contratto per violazione del patto commissorio, la usurarietà degli interessi applicati e, in subordine, chiedeva la restituzione dei canoni versati.
Il Tribunale adito, con ordinanza, dichiarava intervenuta in data 13 febbraio 2018 la risoluzione del contratto di leasing , condannando la RAGIONE_SOCIALE alla restituzione del complesso immobiliare, e rigettava le eccezioni sollevate dalla utilizzatrice.
L a Corte d’appello di Napoli ha dichiarato inammissibili i motivi ex art. 342 cod. proc. civ., con i quali l’appellante RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto la nullità dell’ordinanza impugnata per omessa pronuncia sul mutamento del rito (primo motivo), per erronea e/o falsa applicazione del principio di divieto del patto commissorio (secondo motivo), per mancata ammissione sulla richiesta di consulenza tecnica d’ufficio (terzo motivo), nonché per mancata ammissione (o omessa pronuncia) della prova testimoniale (quarto motivo).
In sintesi, la Corte territoriale, esaminando congiuntamente il primo, il terzo ed il quarto motivo, li ha ritenuti inammissibili per difetto di specificità, rilevando che la RAGIONE_SOCIALE non aveva specificato quale concreta lesione del proprio diritto di difesa avesse subito a seguito del mancato mutamento del rito da sommario ad ordinario e dalla mancata ammissione dei mezzi istruttori (c.t.u. contabile, c.t.u. per la stima del complesso immobiliare, ordine di esibizione dei documenti riportanti l’intera esposizione debitoria dell’appellante e prova per testi), né allegato quale mezzo istruttorio decisivo avrebbe potuto espletare in caso di conversione del rito. Scrutinando, poi, il secondo motivo di appello, ha ritenuto parimenti generiche le circostanze allegate a supporto dell’eccezione di nullità del contratto, come tali non idonee a confutare il percorso argomentativo della ordinanza del giudice di primo grado, fondata sull’assenza di elementi che provassero l’esistenza del patto commissorio.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della suddetta sentenza, con tre motivi, cui resiste BPER Banca s.p.a. mediante controricorso.
È stata formulata proposta di definizione accelerata ex art. 380bis cod. proc. civ. e la ricorrente ha depositato istanza di decisione.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
La ricorrente ha deposita memoria.
L’atto depositato dalla controricorrente non può qualificarsi tale, in difetto dei relativi requisiti di legge.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denunzia ‹‹ nullità della sentenza e/o del procedimento non avendo applicato le disposizioni di cui agli artt. 702bis , comma 3 e 5, e 702quater cod. proc. civ., nonché degli artt. 111 e 24 Cost., ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.›› , per avere la Corte
d’appello , pur a fronte delle eccezioni riconvenzionali sollevate, omesso di procedere al mutamento del rito da sommario ad ordinario, così violando il suo diritto di difesa e ad un giudizio a cognizione piena. Con riguardo alla declaratoria di inammissibilità del motivo di gravame ex art. 342 cod. proc. civ., aggiunge che, ai fini della specificità del gravame, è sufficiente l’esposizione delle singole doglianze rivolte al provvedimento impugnato, senza necessità di proporre una pronuncia alternativa, e che, nella specie, sono stati rispettati i canoni previsti dal citato art. 342 cod. proc. civ., sicché il giudice di merito, sulla scorta delle eccezioni formulate ed in presenza di un contratto definito di sale and lease back , avrebbe dovuto istruire il giudizio per accertare se si fosse in presenza di una violazione del divieto di patto commissorio, sanzionabile con la nullità, e non limitarsi alla dichiarazione di risoluzione del contratto per inadempimento.
Richiama, pure, a supporto della doglianza la pronuncia della Corte costituzionale n. 253 del 2020, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 702 -ter , secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede che, qualora con la domanda riconvenzionale sia proposta una causa pregiudiziale a quella oggetto del ricorso principale e la stessa rientri tra quelle in cui il Tribunale giudica in composizione collegiale, il giudice adito possa disporre il mutamento del rito fissando l’udienza di cui all’art 183 cod. proc civ.
1.1. La censura è inammissibile per diverse ragioni.
1.2. Giova premettere che il ‘procedimento sommario di cognizione’ già disciplinato dal Capo III bis del Titolo I del Libro IV del codice di procedura civile (artt. 702 bis -702 quater), introdotto dalla legge n. 69 del 2009 e, ora, abrogato dal d.lgs. n. 149/2022, che ha disposto la ricollocazione del procedimento sotto il nuovo Capo III quater del Titolo I del Libro II (artt. 281 decies -281 terdecies ),
con la nuova denominazione di ‘procedimento semplificato di cognizione’ non è un procedimento a cognizione sommaria, ma un procedimento a cognizione piena con rito sommario; si caratterizza per essere governato da un rito deformalizzato che lo contrappone ai procedimenti con rito formale (proprio dell’ordinario processo di cognizione), ma mantiene pur sempre la pienezza della cognizione, ovverosia il carattere non superficiale dell’istruzione probatoria e del conseguente accertamento. In tal senso va letto l’art. 702 -ter , quinto comma, cod. proc. civ. (nella formulazione vigente ratione temporis ), il quale circoscrive la sommarietà al rito (ove «è omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio») senza estenderla alla cognizione, in quanto il giudice procede, sia pure nel modo che ritiene più opportuno, agli atti di istruzione «rilevanti» in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e non solo a quelli «indispensabili» ai fini di un giudizio di verosimiglianza.
1.3. Posto ciò, il motivo in esame si rivela, anzitutto, inammissibile perché non si confronta con la inammissibilità, per difetto di specificità ex art. 342 cod. proc. civ., del primo motivo di gravame (il cui è contenuto è esattamente corrispondente a quello che ci occupa), dichiarata dal giudice di appello, che ha posto in rilievo che l ‘allora appellante, ora odierna ricorrente, non aveva in concreto specificato quale concreta lesione al proprio diritto di difesa avesse subito per effetto del mancato mutamento del rito da sommario a ordinario, né tanto meno allegato la decisività delle richieste istruttorie che avrebbe potuto espletare ove fosse stata disposta la conversione del rito.
Quando, come nella specie, il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile uno dei motivi di gravame, ritenendolo privo di specificità, il ricorrente per cassazione contro tale sentenza, ove intenda impedirne il passaggio in giudicato sulla dichiarata
inammissibilità, ha l’onere di denunziare l’errore in cui è incorsa la sentenza gravata e di dimostrare che il motivo d’appello, ritenuto non specifico, aveva invece i requisiti richiesti dell’art. 342 cod. proc. civ. (Cass., sez. 3, 09/03/1995, n. 2749; Cass., sez. L, 14/05/2004, n. 9243; Cass., sez. 2, 20/08/2019, n. 21514); tale onere non risulta assolto dalla ricorrente che non si confronta minimamente con il percorso argomentativo che sorregge la decisione impugnata.
1.4. Del tutto inconferente è, d’altro canto, il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2020, la quale, facendo riferimento ai principi già espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 11512/2012, ha ribadito che ‘dalla denominazione ‘sommario’ del procedimento disciplinato dagli artt. 702 bis e ss. cod. civ. non deve trarsi una indicazione, come potrebbe pure apparire, circa la sommarietà della cognizione, che resta piena, dovendo riferirsi tale denominazione, piuttosto, alla descritta ‘destrutturazione’ formale del procedimento ‘ ; ed ha pure riaffermato che ‹‹ rientra nel potere discrezionale dell’autorità giudiziaria adita indirizzare il giudizio di primo grado, incardinato dall’attore nelle forme ordinarie del secondo libro del codice di procedura civile ovvero in quelle sommarie di cui agli artt. 702bis e seguenti cod. proc. civ., verso il rito più adeguato, tenuto conto delle esigenze derivanti dall’istruttoria e dalla complessità, in fatto e in diritto, della controversia ›› .
Con il secondo motivo è dedotta la ‹‹ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 702bis e segg. c.p.c., 2744 c.c., 1344 c.c. e 1418, secondo comma, c.c., nonché artt. 101, 112, 132 c.p.c. e 24 e 111 Cost. – difetto e/o mancata motivazione in ordine alla eccezione riconvenzionale di nullità del contratto per violazione del divieto di patto commissorio e conseguente richiesta di mutamento di rito, nullità della sentenza e/o del procedimento, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c. ›› .
La ricorrente si duole che la Corte d’appello a bbia negato l’ammissione di qualsiasi mezzo istruttorio da essa richiesto al fine di dimostrare l’esistenza della violazione del diviet o di patto commissorio, con conseguente ‘soppressione’ del diritto di difesa e del diritto al contraddittorio, in violazione delle norme costituzionali.
Ribadisce anche in questa sede che, a fronte della domanda di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento derivante dal mancato pagamento dei canoni, aveva formulato eccezione riconvenzionale volta ad accertare la nullità del contratto per violazione del divieto di patto commissorio, sostenendo che si era in presenza di un contratto di sale and lease back , operazione che poteva ritenersi fraudolenta a fronte di alcuni indici sintomatici, quali l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria e l’impresa utilizzatrice, le difficoltà economiche di quest’ultima e la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente. Lamenta che, pur avendo prodotto documentazione e richiesto una c.t.u. contabile ‘anche per ottenere una valutazione degli immobili’, la Corte d’appello avrebbe omesso ogni valutazione in merito all’eccezione riconvenzionale sollevata.
La censura è inammissibile perché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza gravata che, soffermandosi ad esaminare il secondo motivo di appello, concernente proprio la eccepita nullità del contratto di leasing per violazione del divieto di patto commissorio, lo ha reputato non specifico, così motivando: ‹‹ le circostanze allegate sono generiche, rappresentano mere supposizioni, che non sono in grado di confutare il percorso argomentativo del primo giudice, fondato sull’assenza di elementi che provino l’esistenza di patto commissorio e sul testo del contratto di compravendita dell’immobile per notar COGNOME che, in modo esplicito, nega la ricorrenza di un
patto commissorio…››
.
Le argomentazioni della c orte d’appello non so no in questa sede idoneamente censurate, perché la ricorrente ripropone le medesime deduzioni già esposte nel giudizio di merito, senza preoccuparsi di confutare gli specifici rilievi mossi dal giudice di merito che ha ritenuto generiche le circostanze allegate e non rilevanti le istanze istruttorie dedotte a dimostrazione dell’eccezione riconvenzionale di nullità del contratto. La ricorrente non assolve , invero l’onere di precisare, in ricorso, le ragioni per le quali ritiene erronea la statuizione di inammissibilità, evidenziandone la pretesa specificità e non limitandosi a reiterare argomentazioni e deduzioni già vagliate dal giudice d’appello e da questi ritenute del tutto generiche ed inidonee a supportare la censura rivolta alla sentenza di primo grado.
3. Con il terzo motivo, deducendo la ‹‹ violazione e falsa applicazione degli artt. 132, 101 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. -nullità della sentenza e del procedimento ››, la ricorrente contesta ai giudici d’appello di essersi limitati ad una motivazione ‘ricettizia’ e ‘apparente di quella adottata dal primo giudice’. Sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto esaminare nel merito la vicenda procedendo all’istruttoria e che invece essa ha evitato ogni indagine, sottraendosi in tal modo all’obbligo di motivazione e comunque rendendo una motivazione solo apparente che non spiega le ragioni della decisione.
Il motivo è inammissibile, in quanto la c orte d’appello ha reputato inammissibili, perché aspecifici, i motivi di gravame, così disattendendo anche le richieste istruttorie formulate, il che esclude che la sentenza incorra in una di quelle gravi anomalie motivazionali individuate dalle Sezioni Unite con le note sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014. Deve, invero, ribadirsi il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui la motivazione è apparente -e la sentenza
è nulla perché affetta da un error in procedendo -quando non renda percepibile il fondamento della decisione, perché reca argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento (Cass., sez. U, 03/11/2016, n. 22232); tale vizio non è ravvisabile nella impugnata sentenza che consente di comprendere l’iter logico seguito per pervenire al risultato enunciato.
All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
La ricorrente va altresì condannata al pagamento di somme, liquidate come in dispositivo in favore rispettivamente della controricorrente e della Cassa delle ammende, ex art. 96, 3° e 4° co., cod. proc. civ., ricorrendone i rispettivi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 20.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge; al pagamento della somma di euro 20.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 4.000,00 in favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96 , 4° co., c.p.c.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione