Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 19589 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 19589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15156/2023 R.G. proposto da : COGNOME COGNOME COGNOME, rappresentati e difesi da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-ricorrenti- nonché sul ricorso di:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa da ll’avvocato
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliazione telematica legale
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 187/2023 depositata il 30/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che
NOME e NOME, premesso che con atto del 26.5.2005 avevano definito in via transattiva vertenze pendenti con la società RAGIONE_SOCIALE e con NOME NOME, COGNOME NOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, e che, non avendo successivamente la società RAGIONE_SOCIALE adempiuto alle obbligazioni derivate dall’accordo transattivo, avevano ottenuto dal Tribunale di Lagonegro l’emissione di un’ingiunzione di pagamento per la somma di € 1.000.000,00, pari alla penale pattuita, oltre interessi, deducevano che la RAGIONE_SOCIALE con atto pubblico del 5.11.2007 aveva ceduto alla RAGIONE_SOCIALE un
ramo di azienda per il corrispettivo di € 231.654,12, e con atto pubblico del 12.4.2007 aveva ceduto a titolo oneroso a NOME l’usufrutto per l’intero, nonché a NOME e NOME la nuda proprietà, di numerosi immobili;
secondo gli attori dopo i predetti trasferimenti la RAGIONE_SOCIALE aveva ridimensionato la propria attività, e anche la consistenza effettiva del suo patrimonio si era ridotta in quanto le somme ricavate dalle indicate vendite non erano state reinvestite nell’azienda, sicché, ritenendo sussistenti i presupposti dell’azione ex art. 2901 cod. civ., essi convenivano dinanzi al Tribunale RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, affinché fosse dichiarata l’inefficacia nei propri confronti dei menzionati atti pubblici;
nel giudizio spiegava successivamente intervento RAGIONE_SOCIALE in qualità di procuratore speciale di Intesa Sanpaolo s.p.a., che aderiva alla domanda proposta dagli attori e chiedeva che anche nei confronti di Intesa Sanpaolo fosse dichiarata l’inefficacia in discussione;
il Tribunale accoglieva la domanda proposta dagli attori e quella spiegata dalla parte intervenuta, dichiarando l’inefficacia nei confronti di NOME e NOME Rocco nonché della s.p.a. Italfondiario degli atti pubblici del 5.11.2007 e del 12.4.2007;
con distinti atti di citazione tutte le originarie parti convenute nel giudizio di primo grado proponevano appello: la RAGIONE_SOCIALE conveniva NOME COGNOME e NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, affinché, in riforma della sentenza impugnata, fosse accertata l’insussistenza dei presupposti per la revocatoria dell’atto di cessione di ramo d’azienda del 5.11.2007; la RAGIONE_SOCIALE conveniva NOME COGNOME e NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE affinché, in riforma della sentenza impugnata, fosse accertata l’insussistenza dei presupposti per la revocatoria dell’atto
di cessione di ramo d’azienda del 5.11.2007, nonché dell’atto di compravendita immobiliare del 12.4.2007;
si costituivano in ciascun giudizio NOME COGNOME nonché la RAGIONE_SOCIALE in veste di procuratrice di RAGIONE_SOCIALE, divenuta nelle more titolare del credito già vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE da Intesa Sanpaolo s.p.a., di cui RAGIONE_SOCIALE era a sua volta procuratrice;
non si costituiva NOME COGNOME
veniva dichiarata l’interruzione del processo in conseguenza del fallimento della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
riassumevano il giudizio NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME;
si costituiva nel processo riassunto NOME COGNOME e altrettanto facevano la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE;
non si costituiva nel processo riassunto il Fallimento della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione;
la Corte di appello, rigettata l’eccezione d’inammissibilità per genericità degli appelli di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE:
-rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE poiché: non era stata sollevata specifica censura quanto all’elemento soggettivo della consapevolezza in ordine al pregiudizio arrecato ai creditori, fermo che correttamente aveva deciso in senso affermativo il Tribunale, in chiave presuntiva, a mente degli incontestati rapporti di parentela tra i soggetti partecipanti alla cessione del ramo aziendale ovvero delle incontestate qualità di soci nelle diverse compagini sociali; non era stato provato, come solo affermato, che la cessione del ramo aziendale fosse stato l’unico mezzo per adempiere all’indicato debito scaduto nei confronti di Equitalia Basilicata s.p.a., né che l’incasso fosse stato versato in adempimento dello stesso; il credito nei confronti della Regione Basilicata, pure dedotto come
sussistente ai fini della consistenza patrimoniale della società, era stato indicato come insorto dopo gli atti revocandi, ed era stato supportato da documentazione prodotta solo tardivamente che, comunque, non provava alcun effettivo impegno di spesa, né liquidazioni di sorta;
-rigettava l’appello della RAGIONE_SOCIALE, per sovrapponibili ragioni, specificando inoltre che: la definitiva sottrazione del ramo di azienda e dei cospicui immobili, beni tutti di valore non trascurabile, dalla massa delle ricchezze della RAGIONE_SOCIALE era in grado, di per sé, di creare un concreto pericolo d’incapienza, integrando anche il requisito soggettivo della conoscenza di mettere a repentaglio la legittima aspettativa del creditore; la considerazione che la cessione avesse avuto ad oggetto licenze per il trasporto passeggeri ed automezzi detenuti in leasing dalla cedente il cui trasferimento alla RAGIONE_SOCIALE non sarebbe valso a generare nessun concreto pregiudizio alla garanzia patrimoniale della debitrice perché si sarebbe trattato di beni non assoggettabili ad esecuzione forzata, era irrilevante, essendo sufficiente generare un pericolo di danno derivante, tipicamente, da una minore aggredibilità dei beni residui nel patrimonio del debitore, essendo innegabile che anche le concessioni di servizi pubblici di trasporto passeggeri e i diritti di utilizzo degli automezzi detenuti in leasing costituivano beni suscettibili di valutazione economica e, quindi, commerciabili, giacché diversamente non avrebbe trovato giustificazione logica l’impegno di spesa per l’acquisito stesso; quanto alla deduzione per cui la cessione fosse destinata ad assolvere il pagamento di debiti scaduti gravanti sulla Rocco s.r.lRAGIONE_SOCIALE nei confronti di Equitalia RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE e nei confronti di propri dipendenti cui spettavano le somme per il
trattamento di fine rapporto, non vi era stata specificazione di quali fossero e quale consistenza avessero i presunti debiti scaduti nei confronti di Equitalia Basilicata S.p.a. e nei confronti di propri, mai identificati, dipendenti; quanto alla deduzione per cui gli immobili ceduti fossero gravati da pregiudizi a garanzia di finanziamenti e i cessionari si fossero accollati la parte di mutuo oltre a corrispondere una cospicua somma di denaro destinata a coprire le esposizioni debitorie della cedente, non erano stati indicati gli immobili gravati da pregiudizi e neppure la natura e la specie dei pregiudizi in questione; quanto, infine, alla deduzione per cui gli stessi immobili fossero ubicati in luoghi di scarso interesse residenziale, turistico e commerciale, fossero di difficile alienazione e il loro mantenimento apparisse antieconomico, era mancata la puntuale descrizione del luogo di ubicazione e della conformazione e delle caratteristiche di ciascun cespite, nonché la prova della difficoltà di alienazione degli stessi e dei costi di mantenimento di essi;
-dichiarava inammissibile l’appello di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME poiché: non era stato provato l’allegato miglioramento della condizione patrimoniale della s.rRAGIONE_SOCIALE. NOME a séguito dell’alienazione immobiliare in discussione, né vi era spiegazione e prova dell’ulteriore assunto secondo cui, alla data del perfezionamento dell’atto pubblico di compravendita in discorso, la Rocco RAGIONE_SOCIALE risultasse proprietaria di una residua e notevole consistenza patrimoniale che sarebbe stata alienata in epoca successiva, vale a dire nel novembre 2007, sicché, nella prospettiva assunta, l’atto che aveva, in tesi, realizzato l’incapienza patrimoniale
avrebbe dovuto essere identificato non già in quello attinto dalla domanda di revocatoria, ma in quello posto in essere in epoca posteriore; da ultimo, premesso che alla fondatezza dell’azione revocatoria era sufficiente l’avere reso maggiormente incerto il recupero del credito, l’impugnazione era aspecifica essendo mancata del tutto non solo la prova ma anche l’allegazione di quali ulteriori beni immobili o mobili residuassero nel patrimonio della RAGIONE_SOCIALE dopo il perfezionamento dell’atto del 12.4.2007, e per quali motivi non sarebbe comunque derivata l’insufficienza o inidoneità patrimoniale della società cedente, non potendo rimettersi al giudicante la ricerca, nell’ambito delle deduzioni e acquisizioni istruttorie, di tali ragioni e correlati quanto specifici supporti alle stesse;
avverso tale decisione hanno proposto ricorso dapprima NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME articolando un motivo unico, e, parimenti con una sola censura, successivamente la sRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
hanno resistito con separati controricorsi avverso entrambi i ricorsi sia la società RAGIONE_SOCIALEe, per essa, la procuratrice società RAGIONE_SOCIALE) che la sig. NOME COGNOME
la RAGIONE_SOCIALE, per la RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria.
Rilevato che
con il motivo del ricorso in via principale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342, cod. proc. civ., poiché la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la sentenza era stata idoneamente censurata nella parte in cui era stata allegata e dimostrata la sussistenza di adeguato patrimonio residuo in capo alla società poi fallita RAGIONE_SOCIALE, emergendo la prova di detto patrimonio residuo dalla stessa prospettazione
attorea, che aveva infatti impugnato un atto successivo di un anno al primo e dalla cui produzione in giudizio risultava che il valore della seconda cessione era superiore al credito azionato in revocatoria: in particolare, la cessione di ramo d’azienda, avvenuta il 5.11.2007, era stata fatta per pagare un debito scaduto della Rocco sRAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE nei confronti di Equitalia Basilicata s.p.a. , e il mancato pagamento mensile di tali debiti avrebbe comportato la restituzione dei beni mobili registrati alle società concessionarie, con l’evidente impossibilità di poter eseguire il servizio trasporto passeggeri sulle linee provinciali e regionali, gli automezzi ceduti non essendo di proprietà della RAGIONE_SOCIALE che, invece, era semplice utilizzatrice in ragione del leasing stipulato su ognuno dei beni;
con l’unico motivo del ricorso successivo e pertanto incidentale si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 342, cod. proc. civ., poiché la corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la sentenza era stata idoneamente censurata imputando alla stessa di non avere tenuto in nessun conto l’anteriorità dell’atto impugnato rispetto al sorgere del credito, in quanto funzionalmente collegato ad altro contratto versato in atti di data anteriore, nonché nella parte in cui era stata allegata e dimostrata la sussistenza di adeguato patrimonio residuo in capo alla società poi fallita RAGIONE_SOCIALE emergendo la prova di detto patrimonio dalla stessa prospettazione attorea, che aveva infatti impugnato un atto successivo di un anno al primo e dalla cui produzione in giudizio risultava che il valore della seconda cessione era superiore al credito azionato in revocatoria.
Considerato che
i motivi di entrambi i ricorsi, che possono essere congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili;
le censure affermano di aver prospettato deduzioni senza minimamente illustrare e specificare in quali parti ed esatti termini degli atti di appello, cui genericamente si rimanda, sarebbero state
svolte le pretese censure di merito, in aperta violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. U., 27/12/2019, n. 34469), principio che, afferendo all’ammissibilità dell’impugnazione si applica anche agli errori in procedendo , con necessità di trascrizione nel ricorso della parte essenziale degli atti e dei documenti rilevanti e fondanti la censura, suscettibili solo successivamente di verifica con accesso agli stessi (cfr. Cass., 30/07/2024, n. 21346, Cass., 04/02/2022, n. 3612, Cass., 23/12/2020, n. 29495, Cass., 10/01/2012, n. 86);
peraltro:
l’appello di RAGIONE_SOCIALE stato dichiarato infondato e non inammissibile, e la Corte distrettuale ha motivato, in fatto, sul pregiudizio arrecato ai creditori anche solo per la maggiore difficoltà di recupero del credito, e sulla mancata dimostrazione di un patrimonio residuo in tal senso idoneo;
l’appello di COGNOME e NOME è stato dichiarato inammissibile proprio per la mancata specificazione del come e perché non vi sarebbe stato pregiudizio ai creditori ovvero patrimonio residuo utile, e da quali specifiche basi istruttorie, pur rivalutabili, si sarebbe dovuta trarre la conclusione: tale omissione si riflette, ora, nell’aspecificità assertiva della censura in scrutinio in questa sede;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna delle controricorrenti NOME COGNOME e società RAGIONE_SOCIALE seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi, in via principale e incidentale. Condanna i ricorrenti, in via principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 13.200,00, di cui euro 13.000,00 per
onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente NOME COGNOME; in complessivi euro 10.200,00, di cui euro 10.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti COGNOME e NOME in solido e da parte della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, al competente ufficio di merito, se dovuto e nella misura dovuta, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 16/5/2025