Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2648 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 29/01/2024
R.G.N. 20158/2022
C.C. 17/01/2024
PRELIMINARE DI VENDITA
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale rilasciata su foglio separato materialmente allegato al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del seguente indirizzo pec: EMAIL;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale rilasciata in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del seguente indirizzo pec: EMAIL;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 1141/2021 (pubblicata il 15 giugno 2021);
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 gennaio 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con ricorso del marzo 2003 depositato presso la cancelleria del Tribunale di Trani-Sezione distaccata di Ruvo di Puglia, COGNOME NOME chiedeva l’emissione di un decreto ingiuntivo per la somma di euro 51.645,58, sulla base di un assegno bancario rimasto insoluto firmato da COGNOME NOME, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, di cui la stessa COGNOME era anche legale rappresentante.
A sostegno della domanda monitoria, il COGNOME faceva presente di aver stipulato il 30.12.2000, in qualità di promittente venditore, insieme alla moglie, un preliminare di compravendita relativo ad un fondo edificabile di proprietà di essi coniugi, con la citata COGNOME NOME, quale promissaria acquirente, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della suddetta società, quale garante delle obbligazioni contratte da essa promissaria acquirente in proprio, tra cui, ovviamente, quella di corrispondere, sulla scorta del concordato dilazionamento, il prezzo convenuto per la vendita dell’immobile.
Il COGNOME aggiungeva, poi, che, per effetto dell’assunzione di tale obbligazione, riceveva, quale acconto del prezzo complessivo, un assegno bancario, a firma della menzionata COGNOME, amministratrice della suddetta società, dell’importo di euro 51.645,68 in data 26.2.2002, successivamente non andato a buon fine per ‘scadenza termini e mancanza di fondi’, ragion per cui, per l’ottenimento di questa somma, chiedeva l’emissione del suddetto decreto ingiuntivo.
L’ingiunta proponeva opposizione invocando la revoca del decreto ingiuntivo per asserita nullità del rapporto fondamentale relativo al titolo azionato, riconducibile al suddetto preliminare di vendita, per mancata sottoscrizione dello stesso da parte dell’effettiva promissaria acquirente nella persona della COGNOME NOME, da considerarsi,
però, intervenuta esclusivamente quale legale rappresentante della società assuntasi mera garante, ma non anche in proprio.
Si costituiva l’opposto COGNOME NOME, il quale contestava la pretesa nullità del contratto preliminare (l’accertamento delle cui obbligazioni e la riferibilità soggettiva delle stesse erano venute a costituire l’oggetto dell’opposizione formulata ai sensi dell’art. 645 c.p.c.), ritenendo sufficiente l’unica sottoscrizione della COGNOME, rivestendo la stessa la duplice veste in precedenza precisata, a nulla rilevando la collocazione della sua firma in sovrapposizione al timbro della società, poiché la stessa era, per l’appunto, intervenuta nel contratto preliminare sia in proprio che quale legale rappresentante della indicata società.
L’adito Tribunale di Trani accoglieva, con la sentenza n. 1660/2016, la formulata opposizione a decreto ingiuntivo.
Decidendo sull’appello avanzato dal COGNOME NOME, cui resisteva l’RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, la Corte di appello di Bari, con la sentenza n. 1141/2021, lo rigettava, condannando l’appellante alla rifusione delle spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte barese rilevava sul pacifico presupposto che l’assegno, firmato dalla COGNOME NOME, posto a fondamento del ricorso monitorio rinveniva la sua causa nelle obbligazioni che erano state assunte con il controverso contratto preliminare -che la sottoscrizione apposta dalla COGNOME su tale contratto si dovesse riferire alla sola società ‘RAGIONE_SOCIALE, di cui la stessa era legale rappresentante, difettando una firma alla stessa imputabile quale obbligata in proprio, dovendosi, perciò, attribuire l’unica sottoscrizione dalla medesima apposta sul suddetto contratto alla sola spendita della sua qualità di amministratrice di detta società (tanto evincendosi anche dalla
sovrapposizione della stessa sul timbro societario), così ravvisandosi l’infondatezza della tesi dell’appellante – siccome risultata priva di alcun supporto logico e giuridico – sostenitrice della contestuale attribuzione della sottoscrizione alla COGNOME sia quale obbligata in proprio sia quale legale rappresentante della menzionata società.
Contro la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, il COGNOME NOME, resistito con controricorso dall’intimata RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Il consigliere delegato ai sensi del novellato art. 380bis c.p.c. formulava una proposta di manifesta infondatezza del ricorso, con riferimento alla quale, però, la parte ricorrente chiedeva la decisione del ricorso nella forma e nel termine previsti dal secondo comma di detta norma.
In prossimità della fissata adunanza camerale la difesa del ricorrente depositava anche memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, il ricorrente ha denunciato -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -l’omesso esame e travisamento della prova di un fatto storico decisivo e controverso relativo alla presenza della firma di COGNOME NOME, in proprio, sulla scrittura privata (contenente il controverso contratto preliminare) del 30.12.2000 e alla rilevanza dell’apposizione del timbro della società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ sulla stessa scrittura privata.
Sostiene il ricorrente che egli, in realtà, più che non contestare la mancanza della sottoscrizione della COGNOME in proprio, aveva addotto che era necessaria una sola sottoscrizione della COGNOME sulla scrittura privata integrante il contratto preliminare del 30.12.2000 e
che tale unica sottoscrizione (pacificamente presente sul documento in questione) fosse a lei attribuibile sia in proprio che come amministratrice della citata società, da lei, quindi, legalmente rappresentata. Pertanto, aggiunge ancora il ricorrente, la Corte territoriale aveva travisato il contenuto della richiamata allegazione probatoria ed omesso qualsiasi motivazione su detta presunta mancata contestazione, oltre a ritenere, erroneamente, l’attribuzione alla sola società ‘RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE‘ dell’unica firma della COGNOME sulla base della sovrapposizione di detta firma sul timbro societario.
Con la seconda censura, il ricorrente ha dedotto -in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 1325, 1326, 1350, comma 1, 1351, 1418, 2697 e 2702 c.c.
Al riguardo, il COGNOME rappresenta che non poteva esservi alcun dubbio sul fatto che il documento in questione, costituente il contratto preliminare del 30.12.2000 riferito ad un immobile, prodotto sin dal primo grado, potesse e dovesse considerarsi quale scrittura privata ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1350, n. 1, 1351 e 2702 c.c., rispetto alla quale la paternità si sarebbe dovuta considerare attribuibile alla COGNOME, nella predetta duplice qualità. Ciò perché, nel contenuto dell’atto, era stato attestato che la COGNOME intervenne sia in proprio (assumendo la qualità di promissaria acquirente) che quale legale rappresentante della suddetta società (costituitasi quale garante), ragion per cui non sarebbe stato dubitabile che il contratto preliminare, dalla stessa sottoscritto (senza che fosse stata mai contestata l’autenticità della firma), era certamente attribuibile alla medesima COGNOME anche in proprio (quale obbligata principale a titolo di promissaria acquirente).
Pertanto, una volta accertato che la COGNOME aveva sottoscritto l’atto in discorso, ne doveva conseguire che aveva fatto proprio il suo contenuto e le volontà negoziali in esso espresse, senza che potesse rilevare la eventuale pluralità di qualità in forza delle quali ella aveva, per l’appunto, manifestato più volontà negoziali.
Il ricorso è fondato in relazione ad entrambe le formulate censure, esaminabili unitariamente siccome connesse.
Occorre rilevare che la motivazione della sentenza impugnata (in relazione alla quale si prospetta ammissibile il vizio fatto valere ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., difettando i presupposti per la declaratoria di inammissibilità ex art. 348-ter, comma 5, c.p.c., avendo il ricorrente -cfr. pag. 10 del ricorso – idoneamente specificato la non perfetta sovrapponibilità tra la motivazione della sentenza di primo grado e quella di appello, evidenziando che quest’ultima ha aggiunto ulteriori, e in parte diverse, argomentazioni) si fonda sull’assunto che la COGNOME non fosse intervenuta nel contratto preliminare dedotto in giudizio (anche) in proprio ma nella sola qualità di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE.
Senonché, il ricorrente -con i proposti motivi -ha inteso contestare tale limitata ed errata valutazione, deducendo che la COGNOME (la cui sottoscrizione non è stata pacificamente disconosciuta), con l’apposizione della sua firma sulla scrittura privata integrante il contratto preliminare del 30 dicembre 2000, avesse, invece, speso la doppia qualità, ovvero intervenendo in proprio e nella qualità di legale rappresentante della suddetta società, donde la configurabilità dell’assunzione dei relativi obblighi contrattuali anche a titolo personale.
L’aver ricondotto l’attribuibilità alla COGNOME della sola qualità di legale rappresentante di detta società per la sovrapposizione della sua firma sul timbro societario non poteva costituire un elemento determinante, di per sé, ad escludere il fatto che la COGNOME fosse intervenuta anche in proprio; la relativa circostanza è confortata anche dalla specificazione della spendita della COGNOME, nel contenuto della citata scrittura privata, della doppia qualità, donde la riferibilità alla stessa quale obbligata (anche) in proprio (risultando, anzi, dalla medesima scrittura quale promissaria acquirente in via diretta) rispetto alle obbligazioni assunte con la stipula del contratto preliminare e con l’intervento della distinta società quale garante, di cui la stessa era amministratrice unica.
Non è, quindi, condivisibile il percorso motivazionale risultante dalla sentenza di appello in base al quale la contestuale attribuzione della sottoscrizione alla stessa COGNOME dell’indicata doppia qualità fosse rimasta priva di supporto logico e giuridico.
Pertanto, una volta accertata la sottoscrizione (ancorché unica) della COGNOME -da coordinarsi con il riferimento al chiaro contenuto della scrittura privata in cui le parti avevano espresso la loro volontà circa l’assunzione delle rispettive e reciproche obbligazioni -, è consequenziale ritenere che la stessa fosse intervenuta nella duplice qualità, perciò anche in proprio, senza che, peraltro, risultasse necessario esteriorizzare detta doppia qualità con l’aggiunta di apposite ulteriori specificazioni (cfr., per riferimenti, Cass. n. 1501/2001 e Cass. n. 6753/2018).
Da tanto deriva che la Corte avrebbe dovuto ritenere perfezionato (nel rispetto anche della forma scritta prevista dalla legge) e, quindi, valido ed efficace (anziché nullo) il contratto preliminare concluso tra il COGNOME (quale promittente venditore), da una parte
(unitamente al coniuge), e la promissaria acquirente COGNOME NOME quale obbligata in proprio, unitamente alla società RAGIONE_SOCIALE quale garante (di cui era legale rappresentante la stessa COGNOME), dall’altra parte e, quindi, ritenere provato tra tali parti, nelle qualità spese, il rapporto causale posto a fondamento della pretesa creditoria vantata dall’odierno ricorrente.
4. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il derivante rinvio della causa alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione (che terrà conto dei suddetti rilievi ai fini della riferibilità dell’assunzione delle obbligazioni riconducibili al contratto dedotto in giudizio anche alla RAGIONE_SOCIALE in proprio, da cui la valutazione della validità del contratto preliminare dedotto in giudizio), la quale provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Bari, in diversa composizione.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile