Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4010 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4010 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35906 R.G. anno 2019 proposto da:
COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, domiciliat o presso l’avvocato NOME COGNOME ;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e dall ‘avvocato NOME COGNOME;
contro
ricorrente avverso la sentenza n. 1671/2019 depositata il 15 aprile 2019 della Corte di appello di Milano.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20 dicembre 2023 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. NOME COGNOME ha evocato in giudizio Banca RAGIONE_SOCIALE San Paolo s.p.a., poi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a., con riguardo a una complessa operazione consistente, da un lato, nell’erogazione di un mutuo per l’importo di euro 550.000,00, destinato all’estinzione di pregresse passività – finanziamento di cui era beneficiaria RAGIONE_SOCIALE -e nella prestazione, da parte dello stesso attore, di un pegno in titoli di Stato per l’importo di euro 330.000,00, il quale era finalizzato a garantire il rimborso del suddetto finanziamento.
COGNOME ha domandato l’accertamento della nullità del contratto di pegno per difetto o illiceità della causa, l’annullamento dello stesso per errore o dolo, nonché l’accertamento della nullità o della simulazione del contratto di mutuo; ha chiesto, in subordine, la risoluzione del contratto di pegno per grave inadempimento della banca.
Nella resistenza di Banca RAGIONE_SOCIALE San Paolo il Tribunale di Pavia ha respinto le domande attrici.
2 . -Il gravame proposto avanti alla Corte di appello di Milano è stato rigettato con sentenza del 15 aprile 2019. La decisione poggia sul rilievo per cui il finanziamento era stato concesso per appianare i debiti di altre società del gruppo cui apparteneva RAGIONE_SOCIALE: e cioè RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; in conseguenza, secondo la Corte di merito, l’attuabilità del programma negoziale di ristrutturazione del debito andava apprezzata avendo riguardo alle complessive capacità di questi tre soggetti. In capo alle dette società sussistevano, poi, ad avviso del Giudice distrettuale, «condizioni economiche non ostative alla restituzione delle somme mutuate». Il contratto di pegno non era dunque affetto da nullità per difetto o illiceità della causa, in quanto, accertata la sostenibilità del mutuo in capo alle tre società, doveva escludersi che la garanzia prestata avesse assunto la funzione di mezzo di pagamento del credito della banca; non era nemmeno configurabile
l’annullamento del contratto di pegno per dolo o errore, mentre la simulazione della convenzione di mutuo andava parimenti esclusa «in quanto la volontà delle parti era proprio quella dichiarata di ripianare i debiti delle tre società, ottenere una dilazione dei pagamenti, offrendo nel contempo una garanzia alla banca in caso di un eventuale inadempimento dell’obbligazione restitutoria»; non ricorreva la nullità del contratto di finanziamento, che era un mutuo di scopo effettivamente portato ad esecuzione attraverso la destinazione della somma mutuata al consolidamento dei debiti contratti dalle tre società; tantomeno erano ipotizzabili, secondo la Corte distrettuale: la nullità del contratto di finanziamento per mancanza di causa; l’illiceità dello stesso per essere diretto – come dedotto dall’appellante a eludere il disposto dell’art. 67 l. fall. ; la violazione dei principi di correttezza e buona fede della banca nella conduzione delle trattative e nell’esecuzione del contratto; la risolubilità del negozio costitutivo del pegno per inadempimento.
3. NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso tale pronuncia facendo valere nove motivi. L’impugnazione è resistita con controricorso da RAGIONE_SOCIALE, quale procuratrice di RAGIONE_SOCIALE. Il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il primo motivo lamenta la violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., 118, comma 1, disp. att. c.p.c. e 111, comma 6, Cost.. Il ricorrente rileva, in sintesi, che l’unico soggetto mutuatario era RAGIONE_SOCIALE e che le altre società non erano tenute all’ adempimento nei confronti della banca in forza del contratto di mutuo intercorso, onde nessun significato poteva assumere il richiamo, da parte della Corte di appello, alle capacità reddituali di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Secondo il ricorrente, la Corte di merito non avrebbe chiarito la ragione per cui le dette società sarebbero state coobbligate al pagamento delle rate insieme a RAGIONE_SOCIALE.
La Corte di appello ha spiegato che il contratto di mutuo concluso da quest’ultima prevedeva che il finanziamento era finalizzato al consolidamento delle passività delle tre società, ammontante a complessivi euro 519.129,56. Dalla sentenza impugnata non si ricava affatto che l’obbligazione di rimborso della somma mutuata gravasse anche su RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE: dalla pronuncia si desume, semmai, che RAGIONE_SOCIALE, con l’importo ricevuto , aveva assunto l’impegno di ripianare non solo la propria esposizione debitoria, ma anche quella delle altre due società del gruppo. Tale ricostruzione risulta coerente con quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, il cui impianto motivazionale è stato condiviso dalla Corte di appello: il Tribunale aveva difatti rilevato come il contratto concluso era un mutuo di scopo, essendo il finanziamento «destinato a estinguere il debito delle tre società del gruppo , allungare i tempi di restituzione, oltre a porre l’intero debito a carico della sola RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» (sentenza di appello, pag. 7).
Dopodiché, non è certamente contraddittorio riconoscere che, in sostanza, la mutuataria avrebbe potuto contare sugli apporti delle altre due società del gruppo per l’adempimento di obbligazioni che erano state contratte anche nell’interesse delle medesime. Nel ritenere necessaria la considerazione dello stato economico e patrimoniale di tali società, ai fini dell’ apprezzamento del la sostenibilità dell’operazione , la Corte di appello ha evidentemente supposto che RAGIONE_SOCIALE avesse agito per conto del gruppo unitariamente inteso: opzione ricostruttiva, questa, del tutto plausibile visto che la provvista ricevuta doveva essere pacificamente impiegata per ripianare il debito del gruppo stesso.
Nella sentenza impugnata la ragionevolezza di una tale conclusione si salda, del resto, con un preciso dato fattuale: quello per cui era stato lo stesso attore a rappresentare che il gruppo composto dalle tre società non era in grado di sostenere la rata del mutuo, ancorché contratto da una sola di esse; tale deduzione si spiega proprio
nella prospettiva del divisato coinvolgimento indiretto delle richiamate società, le quali, pur non essendo parti del contratto di mutuo concluso da RAGIONE_SOCIALE – e pur non potendo dirsi giuridicamente tenute, di conseguenza, al rimborso in favore di Banca RAGIONE_SOCIALE -erano destinatarie finali, insieme alla consorella, del risultato ultimo che l’erogazione del mutuo avrebbe dovuto propiziare.
Ciò detto, il ricorrente mostra di non cogliere il senso della decisione impugnata, la quale non ha individuato veri e propri obblighi in capo a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. La ravvisata mancata aderenza del motivo al decisum destina pertanto lo stesso alla statuizione di inammissibilità (Cass. 3 luglio 2020, n. 13735; Cass. 7 settembre 2017, n. 20910; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490).
Il secondo mezzo oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 1372, comma 2, c.c.. Il ricorrente si duole che la Corte di merito abbia «esteso al di fuori di un qualsiasi obbligo di natura contrattuale o normativa a soggetti estranei al contratto di mutuo, ed in assenza di qualunque loro garanzia di firma o reale, l’obbligo, il dovere o l’impegno di concorrere al pagamento delle rate di mutuo contratto da altri».
L’assunto non risponde al vero, dovendosi richiamare, in proposito, quanto rilevato nella trattazione del primo motivo.
Anche tale mezzo si profila dunque inammissibile.
Col terzo motivo la sentenza impugnata è censurata per violazione o falsa applicazione dell’art. 117 , comma 4, t.u.b.. Viene rilevato che il contratto di mutuo stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e la banca era un contratto soggetto alla forma scritta ad substantiam : in conseguenza, unico soggetto mutuatario doveva essere considerato la detta società, dovendosi escludere che il negozio potesse essere integrato da accordi verbali (quelli che si assumono intercorsi con le altre società del gruppo).
Al pari dei precedenti, tale motivo manca di confrontarsi con la sentenza impugnata , alla quale è estranea l’affermazione che il
contratto di mutuo prevedesse l’esistenza di una pluralità di mutuatari. Il mezzo di censura segue perciò la sorte che è riservata agli altri motivi fin qui esaminati.
4. Il quarto motivo prospetta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1423 c.c. e 117, comma 3, t.u.b.. Assume il ricorrente che la Corte di appello avrebbe dapprima trascurato di prendere in esame la nullità del contratto di mutuo, provvedendo, poi, a sanare il vizio valorizzando l’irrilevante evenienza consistente nella prospettazione, in giudizio, di un «concorso delle altre società al rientro del debito». La doglianza verte su questo: la Corte di appello, dopo aver osservato che dal tenore letterale del contratto di mutuo emergeva che il finanziamento era stato concesso per appianare i debiti di RAGIONE_SOCIALE, di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, ha evidenziato che nell’atto di citazione l’attore aveva confermato che l’operazione economica coinvolgeva le tre società e che queste non sarebbero state in grado di far fronte al complessivo esborso del debito. Secondo il ricorrente, la Corte di appello non avrebbe potuto valorizzare quanto da lui precisato nell’atto introduttivo, in quanto il contratto nullo non è suscettibile di convalida, giusta l’art. 1423 c.c.: l’invalidante carenza della forma scritta sarebbe stata quindi insuscettibile di alcuna sanatoria.
Come in precedenza osservato, la nullità del contratto di mutuo non si ravvisa, visto che, a dispetto di quanto opinato dal ricorrente, il Giudice distrettuale non ha attribuito valore ad alcuna pattuizione negoziale non consacrata per iscritto. Ne discende che l’argomento basato sulla non attuabilità della convalida risulta privo di concludenza. Anche il quarto motivo deve essere allora dichiarato inammissibile.
5. Il quinto motivo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1411 c.c.. Si imputa alla Corte di appello di aver ritenuto che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, «in quanto beneficiate dal finanziamento, concluso anche in loro favore da RAGIONE_SOCIALE
sRAGIONE_SOCIALE, seppur ad esso estranee contrattualmente, dovessero concorrere al rientro di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE».
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente evoca lo schema del contratto in favore del terzo -fattispecie del tutto estranea alla sentenza della Corte di Milano -, senza rendere intellegibile la propria ricostruzione e senza chiarire quali siano le conseguenze giuridiche di questa. Mette conto di rammentare che il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione (cfr.: Cass. 18 febbraio 2011, n. 4036; Cass. 3 agosto 2007, n. 17125; cfr. pure Cass. 24 febbraio 2020, n. 4905).
6. Col sesto motivo si censura l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Si deduce che la Corte di appello, non aderendo alla richiesta di rinnovazione delle indagini tecniche rispetto alle quali erano state sollevate specifiche doglianze, avrebbe «omesso ogni esame sul punto, all’evidenza intriso di decisività». La censura pare investire il passaggio della motivazione in cui la Corte di appello ha recepito le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, nominato dal Tribunale, il quale aveva concluso nel senso che «l’aggregato delle tre società» in base al flusso di cassa della gestione corrente, avrebbe potuto far fronte al rimborso del finanziamento. È, questo, il giudizio quanto alla «sostenibilità del mutuo» che la Corte di appello ha ragguagliato, come si è visto, alle potenzialità economiche delle tre società del gruppo e non alla sola mutuataria RAGIONE_SOCIALE.
Il mezzo di censura, oltre a risultare confuso, si fonda su supposti errori di valutazione del c.t.u. (si veda, in particolare, pagg. 32 s. del ricorso, ove si censura l’uso di criteri di valutazione quanto alla consistenza patrimoniale delle società di cui qui si dibatte). Come è ben noto, il vizio di cui all’art. 360, n. 5. c.p.c. si riferisce all’omesso esame
di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo: per il che il ricorrente ha l’onere di indicare il « fatto storico », il cui esame sia stato omesso, il « dato », testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il « come » e il « quand o» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua « decisività » (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Il motivo in esame si arresta, invece, alla rappresentazione di apprezzamenti erronei quanto alle risultanze contabili oggetto di ricognizione da parte del c.t.u..
Il motivo è dunque inammissibile.
Col settimo motivo è lamentata la violazione o falsa applicazione dell’art. 2784 c.c. in relazione agli artt. 1418 e 1325, n. 2, c.c., oltre che degli artt. 1372, 1423, 1477 c.c. e 117 t.u.b.. Sostiene il ricorrente che il «reale elemento causale sotteso al contratto di pegno» risultava essere «l’utilizzo dello stesso quale mezzo di pagamento del credito della banca».
La doglianza si fonda sulla confutazione della proposizione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la «sostenibilità del mutuo in capo alle tre società»: proposizione che costituisce la premessa per la successiva negazione dell’assunto per cui il pegno avrebbe svolto la funzione di mezzo di estinzione del credito della banca.
Il motivo è inammissibile, in quanto investe un accertamento di fatto non sindacabile nella presente sede.
– L’ottavo motivo denuncia la nullità della sentenza per omessa ed apparente motivazione quanto alla contestata simulazione del contratto di mutuo. Deduce il ricorrente che quanto osservato dalla Corte di appello per rigettare la domanda di accertamento della simulazione de mutuo non integrerebbe una motivazione.
Il mezzo è inammissibile, in quanto non coglie, nella sua
completezza, la ratio decidendi della statuizione impugnata, incentrata su un accertamento di fatto, non controvertibile nel giudizio di legittimità, quanto all’esistenza di un accordo diretto al ripianamento dei debiti delle tre società, alla dilazione dei pagamenti e alla prestazione di una garanzia alla banca operante in caso di inadempimento dell’obbligazione restitutoria.
Nel corpo del motivo il ricorrente sostiene che l’ impossibilità del conseguimento dello scopo del contratto sarebbe stata nota a entrambe le parti e che, in conseguenza, tale finalità avrebbe dovuto ritenersi solo apparente. La tesi si scontra con l’ac certamento dalla Corte territoriale, la quale ha ritenuto, al contrario, che le condizioni economiche delle tre società consentissero il rimborso del finanziamento. Anche la deduzione in esame si mostra pertanto priva di aderenza alla decisione impugnata.
Col nono motivo si oppone l’omessa e apparente motivazione in relazione alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1372, 1423, 1477 c.c. e 117 t.u.b.. Il mezzo di censura investe la statuizione di rigetto della domanda di risoluzione del contratto di pegno.
La doglianza è basata sul rilievo per cui la sentenza poggerebbe, al riguardo, «su ll’i nfondato presupposto giuridico della sostenibilità, come gruppo, del debito in capo alla mutuataria»: ma una tale contestazione nulla ha a che vedere col vizio denunciato, il quale sussiste solo in presenza di un’ anomalia motivazionale che si traduca in violazione di legge costituzionalmente rilevante: anomalia che si esaurisce nella « mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico », nella « motivazione apparente », nel « contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili » e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile », esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054, citt.); il vizio, del resto, deve risultare « dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali » (sentenze da ultimo citt.), mentre il ricorrente fa questione di «evidenze fattuali, documentali e istruttorie».
Il motivo va dunque respinto.
10 . -In conclusione, il ricorso è infondato.
-Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1ª Sezione